venerdì 23 novembre 2007

La tassazione dei redditi delle prostitute. Come il fisco vuole tassare le "lucciole"

Dopo aver letto i giornali nei giorni scorsi fra cui vi segnalo l’articolo del Corsera, che riportano la notizia che la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia che ha condannato una ex prostituta al pagamento di circa 70 mila euro di imposte evase, sanzioni e interessi per i redditi non dichiarati negli anni della sua attività, sorgono alcuni interrogativi. Pur non avendo in mano la sentenza vorrei esprimere alcune osservazioni.
Il giudice tributario ha sentenziato che la donna non è riuscita a fornire la prova anche documentale che il suo reddito derivasse effettivamente dall’attività di prostituzione e i relativi ammontari prodotti. Quindi mi pare di capire che il vero problema non è tanto se tassare o meno i redditi da prostituzione, quanto piuttosto la dimostrazione che effettivamente di tali redditi si tratti. In mancanza di prova infatti, il fisco potrebbe tranquillamente pensare che la signora non abbia mai esercitato il mestiere più antico del mondo, ma semplicemente svolto un’attività in nero poi “coperta” con una bugia. Vi dirò di più. Visto che in Italia abbiamo tanti evasori fiscali, vogliamo avere anche altrettanti sedicenti prostitute o “prostituti”, nel momento in cui il loro tenore di vita viene passato al setaccio dalla GDF o dell’Agenzia delle Entrate? Chi non sarebbe disposto a mentire pur di scampare all’accertamento fiscale? A parte il problema morale…
Perciò mi sentirei di tranquillizzare chi svolge quell’attività che non gli verrà chiesto di pagare le tasse sui redditi prodotti. Giusto o sbagliato che sia. Infatti in altri Stati europei le prostitute pagano le tasse e versano i contributi previdenziali. E magari pagano anche l’assicurazione per gli infortuni sul lavoro. Non si sa mai…
A livello processuale tributario, la prova dell’effettivo esercizio dell’attività la si potrebbe fornire esibendo i verbali delle forze dell’ordine in occasione delle “retate” oppure chiedendo una dichiarazione della Questura in cui si indica che la persona è dedita (o lo è stata) alla prostituzione. Forse il problema della donna di Milano lo potrebbero avere le escort di alto bordo, che magari non sono note alle forze dell’ordine. Ma di questo passo potrebbero trovarsi nei guai anche le semplici “mantenute” amanti o simili, che vivono di regali e di generosità (oltre che di amore) che conducono un tenore di vita ben superiore rispetto ai redditi dichiarati. In questo caso chiamare a testimoniare l’amante non è possibile perché nel processo tributario non è ammessa tale prova. Oppure se l’amante stesso, volendo salvare la sua bella, voglia e sia in grado esibire le ricevute delle rimesse che le ha effettuato.
Mi sorge un dubbio: non è che Visco ha trovato un nuovo filone d’oro per rimpinguare le casse dello Stato? Tanto si colpirebbero i ricchi…

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