Relativamente ai redditi per il 2007 gli studi di settore sono giunti ormai al 10° anno di vita. Per questo motivo è stato opportuno ricorrere ad un “tagliando” per adeguarli maggiormente all’evoluzione dei settori oggetto di controllo.
Ma cosa sono in sintesi gli studi di settore? Sono delle metodologie informatiche-statistiche di calcolo dei ricavi o dei compensi presunti relativi all’attività di imprese e professionisti utilizzabili come strumento di accertamento.
In pratica basta inserire i propri dati contabili e fiscali nel programma Gerico realizzato per conto del Ministero delle Finanze, insieme ad altri dati relativi allo svolgimento dell’attività, per ottenere il responso, o meglio i responsi, che confermano o meno la regolarità dell’impresa o professionista.
Attualmente gli studi di settore sono 206 e sono relativi alle varie attività economiche svolte dai lavoratori autonomi. Di questi, 138 sono definitivi, cioè consentono l’utilizzo pieno ai fini dell’accertamento. In caso di adeguamento, cioè se il contribuente riconosce di aver omesso dei ricavi o compensi, è dovuta la maggiorazione del 3%, qualora gli importi dichiarati in meno siano superiori al 10% del totale calcolato da Gerico. Per i definitivi sono inoltre applicabili gli indicatori di normalità economica (INE), che servono a individuare anomalie che possono derivare da una indicazione infedele nel quadro dei redditi d’impresa o professione, nonché per quantificare i maggiori ricavi o compensi conseguenti. I nuovi indicatori introdotti da quest’anno sono relativi al costo dei beni ammortizzabili, la durata delle scorte e l’incidenza dei costi residui di gestione sul totale dei ricavi.
68 sono revisionati, vale a dire risultano dall’evoluzione di precedenti studi esistenti, e sono considerati al pari dei nuovi studi. Ciò significa che non è dovuta la maggiorazione del 3% in caso di adeguamento per importi di ricavi superiori al 10%. Agli studi revisionati si applicano, oltre agli indicatori di normalità definitivi, gli indicatori di coerenza che incidono direttamente sul calcolo della congruità. La novità di quest’anno è che è ora possibile dare giustificazioni in caso di situazioni anomale ed anche di “forzare” il calcolo proposto dal software ministeriale.
4 studi, infine sono monitorati e cioè non sono ancora utilizzabili direttamente ai fini dell’accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate. La compilazione è comunque utile a quest’ultima per selezionare eventuali posizioni anomale ai fini del controllo.
Il raggiungimento della congruità e della coerenza mette al riparo non solo dagli accertamenti basati sugli studi di settore, che sono i più frequenti, ma anche da quelli analitico-induttivi.
In sostanza i “contribuenti virtuosi” naturalmente o anche in seguito ad adeguamento, sono al riparo dagli accertamenti se l’ammontare dei ricavi o compensi non dichiarati è pari o inferiore al 40 % del totale. E’ previsto un massimo di 50.000 euro alle attività eventualmente non dichiarate. In pratica se ho dichiarato un reddito pari a 100.000 euro, non posso subire accertamenti analitico-induttivi se i maggiori compensi non sono superiori a 40.000 euro (40% del dichiarato) o, in ogni caso se non sono maggiori di 50.000 euro. Nel caso in cui si subisca un accertamento ulteriore le sanzioni pecuniarie dovute saranno maggiorate del 10% per le violazioni di omessa o infedele indicazione dei dati indicati nei modelli per gli studi di settore o delle inesistenti cause di esclusione o inapplicabilità degli stessi.
giovedì 10 luglio 2008
venerdì 4 luglio 2008
Ma le tasse sono davvero aumentate? Tutta la verità, nient’altro che la verità.
Vorrei fare alcune precisazioni a proposito del post di BML del 31 maggio scorso.
Probabilmente il caldo ha giocato un brutto scherzo al nostro amico che, partendo da un presupposto giusto, si è perso nei calcoli. Peraltro nemmeno i nostri lettori si sono accorti di nulla, o meglio, non lo hanno manifestato.
Quindi scateniamoci nella caccia all’errore… Occhio all’esempio portato da BML relativo al pensionato con 15.000 euro di reddito. La verità è che le tasse dal 2006 al 2007 non sono aumentate affatto!!!
****
La soluzione, ovvero l’errore svelato, è il seguente.
Per il 2006 l’IRPEF dovuta è in realtà pari a 2.335 euro.
Per il 2007 il conteggio era già corretto e pari a € 2.195.
Quindi l’importo è in realtà diminuito di 140 euro, con un risparmio di circa il 6%.
Per completare il contesto consideriamo anche le addizionali regionali e comunali.
Prendiamo ad esempio la Regione Emilia Romagna e la città di Reggio Emilia.
Le addizionali per il 2006 sono: 135+30=165
Quelle per il 2007: 165+30=195
Per cui il totale imposte è pari a 2.500 nel 2006, contro 2.390 nel 2007. Quindi il “risparmio” è stato di 110 euro.
Questo per la correttezza dei conteggi, visto che la matematica non è un’opinione.
In sostanza possiamo dare l’assoluzione a Visco e a Prodi in merito all’affermazione che le aliquote sono diminuite, per i redditi fino ad una certa soglia.
Quello che però bisogna considerare è che i veri aggravi di imposta ci sono stati relativamente ai redditi d’impresa e di lavoro autonomo. Come si è più volte ripetuto, ciò che conta è l’effetto complessivo delle manovre fiscali, non quello delle singole disposizioni. Ad esempio, se da un lato si abbassano le aliquote, e dall’altro si riduce la deducibilità dei costi dai ricavi d’impresa o professione, complessivamente è probabile che le imposte complessivamente dovute aumentino. Cosa che in realtà succede. Per non parlare dell’inasprimento degli studi di settore che quest’anno vedono ridurre di parecchio il numero dei contribuenti congrui, cioè considerati “in regola” dal fisco. E su questo aspetto ritorneremo a breve con un post dedicato.
Quindi il consiglio che mi sento di dare è di leggere la propria dichiarazione dei redditi, cercare di capirla, confrontarla voce per voce con quella dell’anno predente al fine di stabilire, senza preconcetti, che cosa è cambiato, se in meglio o in peggio.
Probabilmente il caldo ha giocato un brutto scherzo al nostro amico che, partendo da un presupposto giusto, si è perso nei calcoli. Peraltro nemmeno i nostri lettori si sono accorti di nulla, o meglio, non lo hanno manifestato.
Quindi scateniamoci nella caccia all’errore… Occhio all’esempio portato da BML relativo al pensionato con 15.000 euro di reddito. La verità è che le tasse dal 2006 al 2007 non sono aumentate affatto!!!
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La soluzione, ovvero l’errore svelato, è il seguente.
Per il 2006 l’IRPEF dovuta è in realtà pari a 2.335 euro.
Per il 2007 il conteggio era già corretto e pari a € 2.195.
Quindi l’importo è in realtà diminuito di 140 euro, con un risparmio di circa il 6%.
Per completare il contesto consideriamo anche le addizionali regionali e comunali.
Prendiamo ad esempio la Regione Emilia Romagna e la città di Reggio Emilia.
Le addizionali per il 2006 sono: 135+30=165
Quelle per il 2007: 165+30=195
Per cui il totale imposte è pari a 2.500 nel 2006, contro 2.390 nel 2007. Quindi il “risparmio” è stato di 110 euro.
Questo per la correttezza dei conteggi, visto che la matematica non è un’opinione.
In sostanza possiamo dare l’assoluzione a Visco e a Prodi in merito all’affermazione che le aliquote sono diminuite, per i redditi fino ad una certa soglia.
Quello che però bisogna considerare è che i veri aggravi di imposta ci sono stati relativamente ai redditi d’impresa e di lavoro autonomo. Come si è più volte ripetuto, ciò che conta è l’effetto complessivo delle manovre fiscali, non quello delle singole disposizioni. Ad esempio, se da un lato si abbassano le aliquote, e dall’altro si riduce la deducibilità dei costi dai ricavi d’impresa o professione, complessivamente è probabile che le imposte complessivamente dovute aumentino. Cosa che in realtà succede. Per non parlare dell’inasprimento degli studi di settore che quest’anno vedono ridurre di parecchio il numero dei contribuenti congrui, cioè considerati “in regola” dal fisco. E su questo aspetto ritorneremo a breve con un post dedicato.
Quindi il consiglio che mi sento di dare è di leggere la propria dichiarazione dei redditi, cercare di capirla, confrontarla voce per voce con quella dell’anno predente al fine di stabilire, senza preconcetti, che cosa è cambiato, se in meglio o in peggio.
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