Visualizzazione post con etichetta contro le tasse. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta contro le tasse. Mostra tutti i post

mercoledì 9 aprile 2008

Elezioni politiche 2008. Per chi vota chi odia le tasse?

Dopo aver illustrato a lungo cosa propongono i vari partiti in ambito fiscale è doveroso fare qualche considerazione. L’interrogativo che si pone è: cosa vota chi odia davvero le tasse? O meglio cosa dovrebbe votare per non contraddire il suo credo (e pagare poi di tasca sua il dazio per gli errori commessi nell’urna!)

MINI GUIDA AL VOTO

1) NON E’ TUTTO ORO QUELLO CHE LUCCICA. Avrete notato che in queste elezioni politiche 2008 si è assistito a numerose invasioni di campo reciproche da parte delle forze politiche principali, PDL e PD in testa. Anzi hanno ingaggiato una vera e propria gara nel cercare di sottrarre gli elettori al proprio avversario, non proponendogli soluzioni alternative, ma in più di un’occasione, le stesse! Nel caso specifico che qui interessa (LE TASSE) state bene in guardia, perché se anche quasi tutti i partiti hanno dichiarato di volerle abbassare, chi più, chi meno, non bisogna credere alle lingue biforcute, che sono solite mentire (lo fanno di mestiere)!
2) LE TASSE NON SONO NE’ DI DESTRA NE’ DI SINISTRA. Come dice Oscar Giannino nel suo libro “Contro le tasse”, “abbattere le tasse si può, si deve e che non è affatto di destra”.
A tal proposito vi consiglio di andarvi a rileggere il post dedicato al suo libro.
Quindi non esiste una forza politica che possa accaparrarsi il diritto di ridurre le tasse, così come non ci può essere chi si arroga il merito di essere l’unico a fare la lotta all’evasione fiscale, che è una prerogativa di tutti i governi. Purtroppo i politici agitano molto i propri “cavalli di battaglia” e cercano sempre di attribuirsi qualcosa in esclusiva che gli altri non hanno. Ma non è così.
3) RESTRINGIAMO IL CAMPO DI SCELTA. Non so se avete seguito le polemiche sul cosiddetto voto utile, che consiste nel non disperdere i voti fra diverse forze politiche in campo, ottenendo il risultato di non far vincere nessuno. Ebbene, purtroppo è vero.
I programmi dei partiti minori, anche se realizzati con cura ( e in certi casi è vero!) rischiano di rimanere puri esercizi di stile!Quindi se avete poco tempo e non avete voglia di leggervi tutti i programmi elettorali in cerca di quello che può fargli risparmiare qualcosa in termini di tasse, provate a restringere il campo e concentratevi sulle forze maggiori. E cioè il PD e il PDL. Solo con una vittoria netta di uno dei due schieramenti si può garantire la vita ad un governo che possa realizzare qualcosa di buono per il paese. O anche semplicemente qualcosa!Purtroppo è così grazie ad una legge elettorale che non si è potuto cambiare, e bisogna adattarsi…
4) LA CREDIBILITA’ E LO STORICO. Abbiamo la fortuna che i due principali contendenti non sono forze politiche nuove (a parte la storiella per bambini che racconta Veltroni sulla novità del PD, che noi ovviamente non ci beviamo!). Pertanto possiamo valutare cosa in passato hanno fatto il centro destra e il centro sinistra in tema di tasse. Limitiamoci alla storia recente. In occasione delle ultime elezioni politiche 2006 l’allora candidato premier Romano Prodi, incalzato dagli avversari che sapevano come sarebbe finita, disse: NOI NON ALZEREMO LE TASSE!
Sappiamo già come è andata a finire. Per onore di cronaca ricordo l’abbassamento delle aliquote IRES e IRAP a decorrere dal 2008, ampiamente controbilanciato dai numerosi provvedimenti restrittivi per società, imprese e professionisti, che hanno di fatto peggiorato la situazione. Oltre al danno la beffa!
Dall’altra parte il centro destra, non ha obiettivamente mai alzato alcuna imposta, ne ha abolite molte, alcune ripristinate prontamente dalla sinistra (vedi imposta di successione), ed ha perlomeno sempre messo il proprio impegno per ridurle.
Quindi la credibilità di chi propone di ridurre le tasse è molto diversa.
5) IL PRINCIPIO DELL’ALTERNANZA. Comunque sia, io credo che la democrazia sia bella perché consente agli elettori di decidere chi viene confermato e chi torna a casa. E’ la regola basilare, che consente di premiare chi ha governato bene e punire chi non lo ha fatto. Per cui se c’è qualcuno che crede che Prodi abbia governato bene, farà benissimo a confermare il voto a favore del suo partito, il PD. Per tutti gli altri, non c’è altra soluzione che votare per il PDL. Non mi sembra che ci sia alternativa. Le vostre tasche, ultimamente troppo vuote, tartassate e svuotate, ve lo chiedono. Sicuramente il PDL non farà i miracoli, ma almeno, se ci sarà qualcosa che si potrà fare, lo farà.
ULTIMISSIME RACCOMANDAZIONI. Possibilmente ANDATE A VOTARE, per non lasciare decidere altri al posto vostro.
NON VOTATE SCHEDA BIANCA: pare che nei seggi accadano cose strane, tipo trasformazioni del voto nullo in voto a favore di qualche lista. Anche qui, non lasciate votare altri al posto vostro. Piuttosto non ci andate. ATTENTI A FARE LA CROCE! Quest'anno è più difficile votare. Se non ve la sentite fate allenamento sui fac-simile delle schede elettorali, per essere sicuri di centrare il simbolo del vostro partito. BUON VOTO A TUTTI.

martedì 8 gennaio 2008

Ridurre le tasse per far ripartire il Paese.

La teoria sostenuta da eccelsi economisti d’oltreoceano ed europei secondo cui la chiave di volta per incentivare lo sviluppo economico di un Paese consiste nella riduzione delle imposte, è già stata illustrata nel post dedicato al libro di Oscar Giannino intitolato “Contro le tasse”. Da un po’ di tempo a questa parte sono stati numerosi gli esponenti politici gli economisti e gli imprenditori che hanno avvalorato e sostenuto la medesima tesi.
Ora è stato pubblicato uno studio di Bankitalia che sostiene che una riduzione di un solo punto percentuale dell’IRPEF sui redditi da lavoro, comporterebbe una crescita in termini di PIL pari allo 0,4% con effetto immediato, ed in seguito si stabilizzerebbe fra lo 0,32 e lo 0,37% per i successivi 3 anni.
Questa è la ricetta economica di Bankitalia che, anche se non molto coraggiosa, (io avrei cercato di ridurre le imposte del 5-10%, per capire cosa sarebbe successo! Se tanto mi dà tanto….), rappresenta quanto di più sensato si possa fare immediatamente per salvare il Paese.
La politica ovviamente ragiona in modo diverso. O meglio, probabilmente non ragiona affatto! Infatti alla voce che il Governo stava studiando delle misure per calare le imposte sui redditi da lavoro, mi sono un po’ rallegrato. Purtroppo però alla notizia buona, segue la cattiva…. Infatti gli strateghi del Governo stanno pensando di finanziare il calo di IRPEF sui redditi da lavoro con l’aumento delle tasse sulle rendite finanziarie! Orrore!! Quella che viene chiamata “armonizzazione della tassazione sulle rendite finanziarie” è un’altra manovra sbagliatissima, specie in Italia, dove è lo Stato con il suo debito pubblico che sostanzialmente ci rimetterebbe, in seguito al certo innalzamento dei tassi sui BOT e CCT.
Sembrava che finalmente Prodi & C. avessero capito qual’è la strada giusta per cominciare a fare qualcosa di buono per l’Italia, ma purtroppo ci siamo sbagliati!
Ecco perché mi vedo costretto a ripetere ancora le stesse cose… Finchè la politica continua a “sragionare” e a proporre soluzioni che non sono corrette dal punto di vista economico, è normale che le cose non vadano bene.
Ci vorrebbe Mario Draghi per sistemare i conti del Paese…
Un’ultima immagine. Voi investireste tutti i vostri risparmi su un titolo la cui quotazione in Borsa fosse in picchiata? E più scende, più voi continuate a comprare… Tanto prima o poi salirà!O no?
Domanda: si deve proprio toccare il fondo per capire che si sta’ sbagliando?
Per approfondimenti leggete questo articolo.

giovedì 27 dicembre 2007

La cena dei cretini

Navigando sulla rete nei giorni scorsi mi sono imbattuto in questo articolo tratto da “Il Tempo” che potete leggervi cliccando su questo link. Mi sembra emblematico di come anche la Chiesa, o meglio, ambienti vicini alla Chiesa, vedano la faccenda delle troppe tasse che purtroppo paghiamo. E soprattutto ciò che più interessa è che esiste un limite etico oltre il quale lo Stato non può spingersi con il prelievo fiscale.
La cena dei cretini è il titolo di un vecchio film (neanche poi tanto vecchio) a cui mi sono ispirato per questo racconto di Natale (o meglio di Capodanno, non voglio essere irriverente).
…Tutto cominciò nell’inverno di tanti anni fa… Faceva molto freddo e già dalla metà di novembre una coltre di neve ricopriva tutti gli edifici del paese di G…(è di pura fantasia). Gli abitanti del luogo erano gente semplice ed affabile e come unico vizio erano soliti concedersi delle interminabili partite a carte che si protraevano nei giorni di festa fino alle ore piccole.
Quell’anno, forse per vincere la monotonia del solito tran tran del paese, la moglie del calzolaio buttò lì una di quelle idee che nemmeno i guru delle aziende multinazionali riescono ad avere. “Quest’anno mi piacerebbe organizzare una grande cena di capodanno, che coinvolga tutto il paese! Ci sarà un banchetto luculliano con 50 portate, di carne, di pesce, di crostacei, di dolci, i migliori vini, frutta esotica, la musica dal vivo con un ballo finale lo champagne e i fuochi d’artificio”. E non lo disse soltanto, lo fece. Cominciando con la difficile opera di convincimento necessaria per smuovere i pigri, gli avari e i disfattisti, mise in campo la sua squadra di donne e di uomini, pronti a fare di tutto per vivere il sogno di una festa da Mille e una notte.
L’edificio adibito a biblioteca, anticamente dimora dei signori del luogo, venne concesso dal comune per il nobile scopo (e per evitare interminabili discussioni con la moglie del calzolaio che, pur essendo una brava donna, aveva la caratteristica di avere un peso specifico pari a quello del titanio, cioè era talmente pesante che, piuttosto che trovarsela davanti, il sindaco le avrebbe ceduto anche la sua fascia tricolore).
Alla fine di novembre i preparativi fervevano e nessuno ormai aveva più alcun dubbio che il paese sarebbe riuscito a realizzare ciò che si era prefisso.
La signora ideatrice di tutto ciò, armata di calcolatrice, stabilì che la quota di partecipazione alla festa sarebbe stata di 100€ a testa (valori di tanti anni fa, che rappresentavano una fortuna).
Inutile dire che il 31 dicembre, nel paese di G.., la festa fu davvero grande, motivo di vanto e di orgoglio per tutti gli abitanti e di grande invidia di quelli dei paesi vicini. Se ne parlò nelle cronache dei gazzettini locali e la fama si spinse fino a centinaia di chilometri dal paese… Arrivati all’estate successiva, visto che c’era ancora qualcuno che continuava ad accennarne, quasi sperando di ridare il “la” per una nuova edizione, l’organizzatrice decise che la festa ci sarebbe stata ancora.
Il successo fu grande anche l’anno successivo, e quindi la festa venne organizzata ancora, ancora… fino ai giorni nostri.
Nel corso degli anni l’ideatrice della cena di capodanno venne sostituita da un vero e proprio Comitato pro-festa con tanto di struttura, di presidente, vice-presidente e segretario.
Fu così che le cose cominciarono a non funzionare più così bene come la prima volta.
Pare che i primi sentori di malumore si verificarono quando nel comitato venne nominato presidente un certo Paolone e come suo vice Giovannino, detto Vanni, che fra le altre cose era stato vice-sindaco del Comune. Con un’abile mossa di marketing, il comitato, desideroso di cambiare un po’ il look della mitica cena di capodanno, convinse i cittadini ad impegnarsi a pagare una quota d’iscrizione un po’ più alta rispetto ai 100€ iniziali. In realtà la qualità e la quantità del cibo era in caduta netta.
Uno dei vecchi del paese, che non si era perso nessuna delle edizioni precedenti, cominciò a capire l’andazzo e iniziò a lamentarsi dicendo che l’anno prima si era mangiato di più e meglio. Addirittura il numero di tortellini, tanto per quantificare, era calato vistosamente di anno in anno. Ovviamente l’anziano signore venne etichettato come un po’ rimbambito e non gli si diede più retta.
I fasti dei cenoni passati erano però andati via via scemando; prima era scomparso il caviale, giustificato dal fatto che gli storioni avevano avuto una malattia venerea e le loro uova non erano più sicure. Poi era stata la volta dei crostacei, che a quanto pare avevano risentito dell’inquinamento e non si trovavano quasi più. Le ostriche invece erano sparite perché gli allevatori si erano dedicati alla coltivazione delle perle, assai più redditizia. E così via. Ogni prelibatezza finiva inevitabilmente per scomparire con giustificazioni penose e incredibili anche a un bambino di 4 anni. Se poi qualcuno protestava, veniva bruscamente ripreso, tacciato di disfattismo e allontanato in malo modo. Paolone e Giovannino detto Vanni, la cui onestà e rettitudine non era mai stata messa in discussione da alcuno, continuavano a “mandare avanti la baracca” in modo impeccabile, almeno per ciò che concerne il rispetto delle scadenze, del noleggio delle attrezzature e tutto il resto.
Ma, la cena da Mille e una Notte non era più quella. Da un lato il costo era lievitato paurosamente, certamente per via dell’inflazione e del passaggio all’euro, dall’altro il menu non solo non superava più le 10 voci, ma le portate servite non avevano quel “qualcosa di più” che avevano sempre avuto.
Il gran ballo finale che nella prima edizione era supportato da una mini orchestra di musica classica con musicisti professionisti era diventata una dozzinale imitazione con un’orchestrina di liscio di infimo ordine, che tra l’altro, era pure in forse fino all’ultimo minuto, e si correva ogni volta il rischio di dover utilizzare i dischi della discoteca municipale.
Poi ci furono le voci… Forse qualcuno parlò, magari consumato dal rimorso, magari scoperto “con il sorcio in bocca”, in modo tale da non poter più negare l’evidenza. Paolone e Giovannino detto Vanni facevano la “cresta” sulla spesa! E cioè, non è che si intascassero proprio tutti i soldi a disposizione per la cena, ma qualcosa spariva di sicuro. Una parte veniva certamente “prelevata”, per le proprie spese personali. I generi alimentari per la cena venivano già da alcuni anni acquistati su internet, su siti stranieri che vendevano a prezzi stracciati merci forse neanche legali qui in Italia. Il resto della spesa veniva fatta invece presso negozi specializzati, comprando, senza badare a spese, quanto di meglio c’è sul mercato fra i generi alimentari di extra lusso. E sparivano come per incanto nei sotterranei della biblioteca comunale. Dove venivano poi recuperati nel corso del mese di dicembre dagli organizzatori truffaldini, che organizzavano cene con amici, “al fine di testare la qualità dei prodotti da utilizzare per il cenone di capodanno e le relative ricette proposte dagli chef” il tutto, s’intende, ad esclusivo vantaggio della collettività.
Ci fu chi li vide banchettare allegramente a palazzo, ma in seguito alle denunce presentate, non si trovarono le prove delle accuse e, a parte la rotondità che avvolgeva il giro vita degli organizzatori, ingrassati di una decina di chili ciascuno nel solo mese di dicembre, non ci furono condanne.
Inizialmente il colpo fu duro, ma dopo un primo momento, diciamo di “calo della popolarità”, le doti di affabulatori incredibili di Paolone e Vanni, riuscirono a riconquistare i compaesani, convincendoli che d’ora in avanti le cose sarebbero state fatte “al meglio”.
Se lo dicono loro!!!
La storiella di capodanno è stata divertente? Per me no. E vi spiego perché?
Le inquietanti analogie con la situazione politica ed economica del nostro Paese non sono puramente casuali. Pensate che un tempo, all’epoca di Tangentopoli, si diceva che i politici rubavano. Poi più nulla. Oggi molti di quei politici sono ancora al loro posto, proprio come Paolone e Vanni, sono stati creduti e perdonati. Ma il quesito non è se i politici rubano ancora, ci credo sulla parola, ma quanti pasti gratis si fanno alle nostre spalle. O meglio, quanti soldi ci fanno spendere per destinarli a spese inutili o mirate al soddisfacimento di propri bisogni politici, quali compensare i propri elettori o potentati che li hanno fatto eleggere (voto di scambio) o per tenerli buoni in vista delle prossime elezioni. Qui siamo al punto in cui la “cresta” ha superato la metà dell’esborso, e si accinge a coprirlo tutto. Il famoso cane che si morde la coda ed inizia a mangiarsi.
Ma cosa possiamo fare per non cadere nel baratro? Semplice, tenere gli occhi aperti.
Se i paesani fossero stati più attenti si sarebbero accorti che i piatti diminuivano e il prezzo saliva, per cui avrebbero dovuto protestare e farsi intendere. Altrimenti il cenone di capodanno si trasforma nella “Cena dei cretini”. Ed il passo è breve. I cittadini che vedono che la spesa pubblica cresce continuamente, facendo conseguentemente salire le imposte, ma parimenti la quantità e qualità dei servizi erogati non aumenta, devono protestare e cacciare via tutti i Paolone e Giovannino che si annidano a Roma. E’ chiaro che nell’ambito di una nazione le entrate e le uscite del bilancio dello Stato sono un po’ più complesse rispetto a quelle che “girano” nell’organizzazione di un cenone di capodanno. Ma non bisogna scoraggiarsi e cercare sempre di capire di più e meglio anche i meccanismi più complessi. Solo così possiamo salvarci.
Ma se c’è qualcuno che ancora pensa che vada tutto bene e che in Italia non ci siano problemi, gli consiglierei un capodanno diverso. Ho saputo che Paolone ne organizza un altro….Ci sono ancora alcuni posti disponibili, al costo di 1.000 € cadauno! Scrivetemi per informazioni.
Intanto Buon Anno.

lunedì 17 dicembre 2007

Contro le tasse. Il libro.

Contro le tasse. E’ un libro. Ma probabilmente è molto di più. Lo si potrebbe elevare a manifesto di un blog come no-tax area. Lo ha scritto recentemente Oscar Giannino, giornalista, che di economia ne mastica parecchia, visto che ricopre la carica di direttore di Libero Mercato (ma ha scritto anche per Finanza & Mercati e altro…) e spesso lo si vede comparire come ospite in TV. Il pregio principale di questo libro è che rispolvera le tesi economiche e politiche che stanno alla base del pensiero anti tasse. O meglio, riepiloga le basi teoriche e dottrinarie in grado di sorreggere le proteste contro le imposte ingiuste ed eccessive.
E’ un libro per tutti che consiglio vivamente di leggere perché consente di “aprire” un po’ i propri orizzonti.
Ciò che si evidenzia è che quando il prelievo fiscale diventa eccessivo e insostenibile, il cittadino non si ribella solo per motivi di comodo, ma per un principio morale. Leggendo i post precedenti scritti da BML, concordiamo che non è etico pagare più tasse per finanziare maggiore spesa pubblica, con la quale sostenere più sprechi e costi milionari della politica, gli appannaggi della casta e chi più ne ha, più ne metta... Il limite che occorre individuare è quello oltre il quale lo Stato non deve e non può spingersi nelle tasche dei cittadini. Purtroppo tale limite non è condiviso dagli esponenti delle varie parti politiche e perciò si assiste, con l’alternarsi dei vari governi, a brusche inversioni di rotta per perseguire uno stesso fine, ma con soluzioni diverse. Il fine di cui parlo è quello di far contribuire tutti alla spesa pubblica, in base alla propria capacità contributiva, come recita la nostra Costituzione. Ciò che varia, e anche parecchio, è il modo per ottenere questo obiettivo.
Oscar Giannino da sicuro liberista dà alcune spiegazioni sul perché è giusto abbassare le tasse.
Potrà sembrare strano, ma ci sono studi effettuati da grandi luminari dell’economia mondiale, che hanno dimostrato che tagliando le aliquote più alte, in modo pesante, rapido e duraturo, lo Stato ottiene maggiori entrate fiscali e si favorisce energicamente la crescita economica. Numerosi sono gli studi in tal senso eseguiti negli Stati Uniti, ma ormai ne esistono anche di specifici sulla vecchia Europa. E non parliamo di pseudo economisti da strapazzo, come ce ne sono tanti dalle nostre parti, ma stiamo parlando di Edward C. Prescott, premio nobel per l’economia nel 2004, che ha condotto studi approfonditi sull’effetto della riduzione delle aliquote fiscali massime sulle entrate tributarie e sull’andamento dell’economia in USA, ma anche in Europa, ove la sua opera è stata supportata e verificata da tre importanti economisti della BCE. Ebbene, hanno dimostrato che le tasse troppo alte che opprimono gli italiani, ma anche altri cittadini europei, hanno avuto l’effetto di far ridurre le ore lavorate, con la conseguenza di aver ridotto la produttività e quindi il reddito pro-capite, soprattutto per i lavoratori con qualifiche e stipendi più bassi. Alla faccia delle politiche di redistribuzione del reddito, che vorrebbero proprio ottenere l’effetto contrario, cioè di tassare di più i “ricchi”, per redistribuire ai “poveri”. Ovviamente l’effetto della maggior liquidità che si produce in capo alle fasce più deboli, si traduce in crescita della domanda interna e dei consumi, accentuando virtuosamente la crescita economica e quindi il benessere generale. E lo Stato incassa di più fra tasse e contributi.
Tutto ciò è accaduto negli Stati Uniti con la tanto criticata amministrazione Bush dal 2003 ad oggi. E i risultati sono del tutto evidenti: mentre in Europa l’economia ristagna, negli USA è cresciuta del 20%. E guarda caso, sono cresciute pure le imposte incassate dal Governo Federale causando un extragettito record. Stessa cosa è successa in quegli stati europei, come l’Irlanda, che hanno avuto il coraggio di ridurre le tasse e la spesa pubblica.
Se in Europa si seguissero le ricette di Prescott e si tagliassero le tasse e i contributi sociali portandoli a livello degli USA, nel lungo termine l’economia crescerebbe del 12% e i salari del 25%”.
Ma in Italia le cose non funzionano così, purtroppo.
In politica, invece, almeno in Italia, si tende a “piegare” le incontestabili verità dell’economia alle ideologie e il risultato è che con il centro-destra al governo si seguono le tesi liberiste che vanno nella direzione della giusta riduzione delle tasse, mentre con il centro-sinistra, si va nella direzione opposta.
La riforma di Tremonti, che prevedeva due sole aliquote fiscali al 23% e al 33%, per i redditi oltre i 100.000 €, andava certamente in questa direzione. Purtroppo non è riuscito ad attuarla in pieno e in modo duraturo.
Quanto è stato fatto in tema di riduzione delle imposte, ha comunque prodotto il risultato di incrementare le entrate tributarie, come si è visto quando il Governo Prodi, in carica da pochi mesi, si è ritrovato in tasca il cosiddetto “tesoretto”.
Di critiche ne potrei fare due. Una è che il libro è orientato a destra, dal momento che l’autore è sicuramente uomo di centro destra. Ma, dal momento che le tesi da lui riportate sono di natura economica e pertanto appartengono alla scienza e non all’opinione politica, la lettura viene consigliata in modo particolare agli elettori del centro- sinistra, affinché si convincano che “abbattere le tasse si può, si deve e che non è affatto di destra”.
L’altra contestazione è che, a differenza di ciò che afferma l’autore, la materia fiscale e tributaria non è così complessa nel nostro paese per colpa dei cultori della materia, dei commercialisti e dei tributaristi, che se ne avvantaggerebbero in quanto unici detentori del sapere. La legislazione fiscale è in effetti complessa, eccessivamente articolata e farraginosa, ma le leggi scaturiscono comunque dal mondo politico e non dagli operatori economici e professionali che le utilizzano. E i professionisti sarebbero sicuramente ben felici di non dover studiare tutti i giorni dei nuovi provvedimenti che vanno ad integrare o a cambiare la già complessa materia di interesse.
Vi lascio alla lettura. Vi arricchirà nello spirito, anche se non vi farà risparmiare sulle tasse…