Quello dell’evasione fiscale è un tema “sempre verde” in Italia, uno di quei problemi che ci sono da sempre e non sono mai stati risolti. Non che non ci abbia mai provato nessun Governo della storia della Repubblica, anzi. Il tentativo l’hanno fatto tutti, anche se in modo più o meno fiacco, o comunque inefficace. Qualcuno, come il Governo precedente, con il Ministro Visco in testa, ha anche profuso un grande impegno, quasi che la lotta all’evasione fiscale fosse il tema centrale dello Stato.
Le misure contro l’evasione fiscale sono sempre sgradite da parte dei cittadini contribuenti in quanto non sono dirette contro gli evasori, ma colpiscono sempre nel mucchio. Quindi, coloro che hanno dichiarato tutti i propri redditi ed hanno pagato le relative imposte fino all’ultimo centesimo vengono poi colpiti nuovamente da provvedimenti che dovrebbero impedire (anche a loro) di cadere in tentazione. Mi riferisco per esempio a tutti quegli adempimenti che nella legislatura precedente hanno trasformato in incubo la vita di molti professionisti e imprenditori. In primis i famigerati elenchi clienti e fornitori che hanno fatto impazzire i commercialisti, compreso il sottoscritto. Oppure la tracciabilità dei compensi dei professionisti che sono stati obbligati a incassare tramite assegno o bonifico bancario tutte le somme oltre un certo importo. Fortunatamente poi è arrivato il Ministro Tremonti che ha capito al volo che si trattava di inutili vessazioni nei confronti dei contribuenti ed ha eliminato tutti quegli sgradevoli provvedimenti.
Non sono esenti da critiche neppure gli studi di settore, che con la scusa di monitorare i compensi ed i redditi dichiarati dai contribuenti, arrivano al punto di obbligarli a versare le imposte su redditi calcolati fittiziamente, elaborati sulla base di medie statistiche. Il risultato è che coloro che guadagnano in media di meno rispetto alla media del settore, ad esempio per minori capacità o per una più sfortunata localizzazione territoriale, sono costretti ad “adeguarsi” ai maggiori redditi ad essi attribuibili ed a pagare maggiori imposte. I più fortunati, che si collocano al di sopra della media, viceversa sono di fatto esonerati dal dichiarare tutti i redditi conseguiti, e possono godere di una sorta di detassazione del sovrareddito.
Questi sono solo alcuni esempi delle storture legate al modo di contrastare l’evasione fiscale nel nostro paese.
Ma veniamo al dunque. Recentemente ho conosciuto persone convinte che, recuperando le entrate derivanti dall’evasione fiscale, lo Stato potrebbero fare cose meravigliose per migliorare la vita degli italiani. Purtroppo è solo un’utopia.
Secondo me, anche se emergessero i miliardi di reddito di imposte evase, lo Stato non farebbe nulla di tutto quanto auspicabile, ma i soldi si perderebbero in mille rivoli, così come ha fatto il famoso “tesoretto” di Prodi. Tutto ciò in quanto lo Stato è sprecone per natura e a mio avviso va limitato, piuttosto che incentivato ad effettuare maggiori spese, grazie a maggiori imposte versate dai cittadini.
Mi spiego meglio. Io non credo che lo Stato dovrebbe fare (cioè riuscire a fare) la lotta all’evasione per avere a disposizione maggiori risorse da spendere in servizi ai cittadini. Perché questa impostazione non prevede la ricerca di una maggiore equità fiscale che io ritengo prioritaria. Io ritengo che l’obiettivo primario sia quello di un livello di tassazione equo per i cittadini che gli stessi percepiscano come “giusto” e non vessatorio.
I contribuenti, in virtù di una minore pressione fiscale sarebbero invogliati a pagare quanto dovuto e al contempo sarebbero disincentivati ad evadere a causa del minore risparmio d’imposta.
Solo a questo punto sarebbe lecito punire severamente chi evade, così come avviene negli USA, in cui capita di vedere qualche imprenditore che viene arrestato con tanto di manette ai polsi. Questo come punizione per aver violato il patto con lo Stato, ma soprattutto con gli altri cittadini. Perché fregando lo Stato si fregano tutti gli altri cittadini che ne fanno parte.
Per concludere, io credo che il vero problema dell’Italia sia non solo l’evasione fiscale, ma più in generale la tendenza a considerare tutto ciò che è pubblico come un territorio di saccheggio da depredare a piacimento per avvantaggiare se stessi e derubare tutti gli altri cittadini. In quest’ottica sicuramente sarebbe auspicabile un maggior rigore da parte della giustizia in modo da punire con più severità i trasgressori. Perché se è vero che un evasore è un ladro, non è meno ladro colui che percepisce una pensione di invalidità che non gli spetta o che va al mare invece di recarsi al lavoro. E allora quanti sono i ladri in Italia?
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martedì 2 dicembre 2008
lunedì 17 dicembre 2007
Contro le tasse. Il libro.
Contro le tasse. E’ un libro. Ma probabilmente è molto di più. Lo si potrebbe elevare a manifesto di un blog come no-tax area. Lo ha scritto recentemente Oscar Giannino, giornalista, che di economia ne mastica parecchia, visto che ricopre la carica di direttore di Libero Mercato (ma ha scritto anche per Finanza & Mercati e altro…) e spesso lo si vede comparire come ospite in TV. Il pregio principale di questo libro è che rispolvera le tesi economiche e politiche che stanno alla base del pensiero anti tasse. O meglio, riepiloga le basi teoriche e dottrinarie in grado di sorreggere le proteste contro le imposte ingiuste ed eccessive.
E’ un libro per tutti che consiglio vivamente di leggere perché consente di “aprire” un po’ i propri orizzonti.
Ciò che si evidenzia è che quando il prelievo fiscale diventa eccessivo e insostenibile, il cittadino non si ribella solo per motivi di comodo, ma per un principio morale. Leggendo i post precedenti scritti da BML, concordiamo che non è etico pagare più tasse per finanziare maggiore spesa pubblica, con la quale sostenere più sprechi e costi milionari della politica, gli appannaggi della casta e chi più ne ha, più ne metta... Il limite che occorre individuare è quello oltre il quale lo Stato non deve e non può spingersi nelle tasche dei cittadini. Purtroppo tale limite non è condiviso dagli esponenti delle varie parti politiche e perciò si assiste, con l’alternarsi dei vari governi, a brusche inversioni di rotta per perseguire uno stesso fine, ma con soluzioni diverse. Il fine di cui parlo è quello di far contribuire tutti alla spesa pubblica, in base alla propria capacità contributiva, come recita la nostra Costituzione. Ciò che varia, e anche parecchio, è il modo per ottenere questo obiettivo.
Oscar Giannino da sicuro liberista dà alcune spiegazioni sul perché è giusto abbassare le tasse.
Potrà sembrare strano, ma ci sono studi effettuati da grandi luminari dell’economia mondiale, che hanno dimostrato che tagliando le aliquote più alte, in modo pesante, rapido e duraturo, lo Stato ottiene maggiori entrate fiscali e si favorisce energicamente la crescita economica. Numerosi sono gli studi in tal senso eseguiti negli Stati Uniti, ma ormai ne esistono anche di specifici sulla vecchia Europa. E non parliamo di pseudo economisti da strapazzo, come ce ne sono tanti dalle nostre parti, ma stiamo parlando di Edward C. Prescott, premio nobel per l’economia nel 2004, che ha condotto studi approfonditi sull’effetto della riduzione delle aliquote fiscali massime sulle entrate tributarie e sull’andamento dell’economia in USA, ma anche in Europa, ove la sua opera è stata supportata e verificata da tre importanti economisti della BCE. Ebbene, hanno dimostrato che le tasse troppo alte che opprimono gli italiani, ma anche altri cittadini europei, hanno avuto l’effetto di far ridurre le ore lavorate, con la conseguenza di aver ridotto la produttività e quindi il reddito pro-capite, soprattutto per i lavoratori con qualifiche e stipendi più bassi. Alla faccia delle politiche di redistribuzione del reddito, che vorrebbero proprio ottenere l’effetto contrario, cioè di tassare di più i “ricchi”, per redistribuire ai “poveri”. Ovviamente l’effetto della maggior liquidità che si produce in capo alle fasce più deboli, si traduce in crescita della domanda interna e dei consumi, accentuando virtuosamente la crescita economica e quindi il benessere generale. E lo Stato incassa di più fra tasse e contributi.
Tutto ciò è accaduto negli Stati Uniti con la tanto criticata amministrazione Bush dal 2003 ad oggi. E i risultati sono del tutto evidenti: mentre in Europa l’economia ristagna, negli USA è cresciuta del 20%. E guarda caso, sono cresciute pure le imposte incassate dal Governo Federale causando un extragettito record. Stessa cosa è successa in quegli stati europei, come l’Irlanda, che hanno avuto il coraggio di ridurre le tasse e la spesa pubblica.
“Se in Europa si seguissero le ricette di Prescott e si tagliassero le tasse e i contributi sociali portandoli a livello degli USA, nel lungo termine l’economia crescerebbe del 12% e i salari del 25%”.
Ma in Italia le cose non funzionano così, purtroppo.
In politica, invece, almeno in Italia, si tende a “piegare” le incontestabili verità dell’economia alle ideologie e il risultato è che con il centro-destra al governo si seguono le tesi liberiste che vanno nella direzione della giusta riduzione delle tasse, mentre con il centro-sinistra, si va nella direzione opposta.
La riforma di Tremonti, che prevedeva due sole aliquote fiscali al 23% e al 33%, per i redditi oltre i 100.000 €, andava certamente in questa direzione. Purtroppo non è riuscito ad attuarla in pieno e in modo duraturo.
Quanto è stato fatto in tema di riduzione delle imposte, ha comunque prodotto il risultato di incrementare le entrate tributarie, come si è visto quando il Governo Prodi, in carica da pochi mesi, si è ritrovato in tasca il cosiddetto “tesoretto”.
Di critiche ne potrei fare due. Una è che il libro è orientato a destra, dal momento che l’autore è sicuramente uomo di centro destra. Ma, dal momento che le tesi da lui riportate sono di natura economica e pertanto appartengono alla scienza e non all’opinione politica, la lettura viene consigliata in modo particolare agli elettori del centro- sinistra, affinché si convincano che “abbattere le tasse si può, si deve e che non è affatto di destra”.
L’altra contestazione è che, a differenza di ciò che afferma l’autore, la materia fiscale e tributaria non è così complessa nel nostro paese per colpa dei cultori della materia, dei commercialisti e dei tributaristi, che se ne avvantaggerebbero in quanto unici detentori del sapere. La legislazione fiscale è in effetti complessa, eccessivamente articolata e farraginosa, ma le leggi scaturiscono comunque dal mondo politico e non dagli operatori economici e professionali che le utilizzano. E i professionisti sarebbero sicuramente ben felici di non dover studiare tutti i giorni dei nuovi provvedimenti che vanno ad integrare o a cambiare la già complessa materia di interesse.
Vi lascio alla lettura. Vi arricchirà nello spirito, anche se non vi farà risparmiare sulle tasse…
E’ un libro per tutti che consiglio vivamente di leggere perché consente di “aprire” un po’ i propri orizzonti.
Ciò che si evidenzia è che quando il prelievo fiscale diventa eccessivo e insostenibile, il cittadino non si ribella solo per motivi di comodo, ma per un principio morale. Leggendo i post precedenti scritti da BML, concordiamo che non è etico pagare più tasse per finanziare maggiore spesa pubblica, con la quale sostenere più sprechi e costi milionari della politica, gli appannaggi della casta e chi più ne ha, più ne metta... Il limite che occorre individuare è quello oltre il quale lo Stato non deve e non può spingersi nelle tasche dei cittadini. Purtroppo tale limite non è condiviso dagli esponenti delle varie parti politiche e perciò si assiste, con l’alternarsi dei vari governi, a brusche inversioni di rotta per perseguire uno stesso fine, ma con soluzioni diverse. Il fine di cui parlo è quello di far contribuire tutti alla spesa pubblica, in base alla propria capacità contributiva, come recita la nostra Costituzione. Ciò che varia, e anche parecchio, è il modo per ottenere questo obiettivo.
Oscar Giannino da sicuro liberista dà alcune spiegazioni sul perché è giusto abbassare le tasse.
Potrà sembrare strano, ma ci sono studi effettuati da grandi luminari dell’economia mondiale, che hanno dimostrato che tagliando le aliquote più alte, in modo pesante, rapido e duraturo, lo Stato ottiene maggiori entrate fiscali e si favorisce energicamente la crescita economica. Numerosi sono gli studi in tal senso eseguiti negli Stati Uniti, ma ormai ne esistono anche di specifici sulla vecchia Europa. E non parliamo di pseudo economisti da strapazzo, come ce ne sono tanti dalle nostre parti, ma stiamo parlando di Edward C. Prescott, premio nobel per l’economia nel 2004, che ha condotto studi approfonditi sull’effetto della riduzione delle aliquote fiscali massime sulle entrate tributarie e sull’andamento dell’economia in USA, ma anche in Europa, ove la sua opera è stata supportata e verificata da tre importanti economisti della BCE. Ebbene, hanno dimostrato che le tasse troppo alte che opprimono gli italiani, ma anche altri cittadini europei, hanno avuto l’effetto di far ridurre le ore lavorate, con la conseguenza di aver ridotto la produttività e quindi il reddito pro-capite, soprattutto per i lavoratori con qualifiche e stipendi più bassi. Alla faccia delle politiche di redistribuzione del reddito, che vorrebbero proprio ottenere l’effetto contrario, cioè di tassare di più i “ricchi”, per redistribuire ai “poveri”. Ovviamente l’effetto della maggior liquidità che si produce in capo alle fasce più deboli, si traduce in crescita della domanda interna e dei consumi, accentuando virtuosamente la crescita economica e quindi il benessere generale. E lo Stato incassa di più fra tasse e contributi.
Tutto ciò è accaduto negli Stati Uniti con la tanto criticata amministrazione Bush dal 2003 ad oggi. E i risultati sono del tutto evidenti: mentre in Europa l’economia ristagna, negli USA è cresciuta del 20%. E guarda caso, sono cresciute pure le imposte incassate dal Governo Federale causando un extragettito record. Stessa cosa è successa in quegli stati europei, come l’Irlanda, che hanno avuto il coraggio di ridurre le tasse e la spesa pubblica.
“Se in Europa si seguissero le ricette di Prescott e si tagliassero le tasse e i contributi sociali portandoli a livello degli USA, nel lungo termine l’economia crescerebbe del 12% e i salari del 25%”.
Ma in Italia le cose non funzionano così, purtroppo.
In politica, invece, almeno in Italia, si tende a “piegare” le incontestabili verità dell’economia alle ideologie e il risultato è che con il centro-destra al governo si seguono le tesi liberiste che vanno nella direzione della giusta riduzione delle tasse, mentre con il centro-sinistra, si va nella direzione opposta.
La riforma di Tremonti, che prevedeva due sole aliquote fiscali al 23% e al 33%, per i redditi oltre i 100.000 €, andava certamente in questa direzione. Purtroppo non è riuscito ad attuarla in pieno e in modo duraturo.
Quanto è stato fatto in tema di riduzione delle imposte, ha comunque prodotto il risultato di incrementare le entrate tributarie, come si è visto quando il Governo Prodi, in carica da pochi mesi, si è ritrovato in tasca il cosiddetto “tesoretto”.
Di critiche ne potrei fare due. Una è che il libro è orientato a destra, dal momento che l’autore è sicuramente uomo di centro destra. Ma, dal momento che le tesi da lui riportate sono di natura economica e pertanto appartengono alla scienza e non all’opinione politica, la lettura viene consigliata in modo particolare agli elettori del centro- sinistra, affinché si convincano che “abbattere le tasse si può, si deve e che non è affatto di destra”.
L’altra contestazione è che, a differenza di ciò che afferma l’autore, la materia fiscale e tributaria non è così complessa nel nostro paese per colpa dei cultori della materia, dei commercialisti e dei tributaristi, che se ne avvantaggerebbero in quanto unici detentori del sapere. La legislazione fiscale è in effetti complessa, eccessivamente articolata e farraginosa, ma le leggi scaturiscono comunque dal mondo politico e non dagli operatori economici e professionali che le utilizzano. E i professionisti sarebbero sicuramente ben felici di non dover studiare tutti i giorni dei nuovi provvedimenti che vanno ad integrare o a cambiare la già complessa materia di interesse.
Vi lascio alla lettura. Vi arricchirà nello spirito, anche se non vi farà risparmiare sulle tasse…
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venerdì 2 novembre 2007
No tax area a 10.000 €
Sig!!! Nel mio ultimo post, dopo un grosso spremere di meningi, avevo partorito l'idea originale di portare la no tax area a 10.000 euro per tutti.... ebbene, oggi, navigando sulla rete scopro che ben 2 mesi fa c'è qualcuno che ne stava già parlando! Ho letto di un incontro segreto avvenuto (forse) fra Tremonti, Bossi e Calderoli, che aveva ad oggetto proprio l'innalzamento della no tax area a 10.000 euro. Quando uno ha un'idea buona.... A dire il vero io ho un po' sparato, perchè sapevo che forse a livello di bilancio dello Stato era arduo sostenere le minori entrate prevedibili per la modifica, però.... ci ho beccato!!! Forse dovrei fare il politico... Mi accontenterei anche di un posto come direttore dell'Agenzia delle Entrate!
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