lunedì 14 novembre 2011
Nuovo Governo Monti: tornano le tasse!
Al di là degli aspetti politici, soffermiamoci su quelli tecnici, visto che di governo prevalentemente tecnico si tratterà (pare).
La domanda è: quanto ci costerà tutto ciò?
Voglio dire, non per colpa di Monti, che si sobbarca un onere gravosissimo e indigesto, in modo particolare per i politici, che sperano di perpetuare la loro vita politica in eterno (e non mi riferisco a Berlusconi, o solo a lui, ma a tutti).
In sintesi, la crisi c'è, e non è colpa degli italiani..... quindi bisogna fare qualcosa.
Il che si tradurrà, a breve, anzi a brevissimo, in nuove tasse per tutti.
Chi pagherà queste nuove tasse? I ricchi, che sono identificati dalle nostre parti con gli evasori, oppure, ancora una volta, i poveri... che comunque pagano sempre...
Il problema per lo Stato tassatore è sempre quello, facilità di individuare i patrimoni e le basi imponibili, impossibilità per queste di svanire nel nulla, magari in Svizzera, tempi di riscossione brevi o brevissimi (in tal caso il prelievo diretto dai conti correnti bancari è come la manna!)
Il mio modesto parere è che, alla fine, pagheremo tutti, ricchi e poveri, nella misura in cui i nostri beni sono al sole, e non possono essere "spostati" all'estero con un clic, o con una valigia...
Un'altra volta vi spiegherò come la penso sulle tassazioni selvagge, indipendentemente da chi le propone.
Penso solo all'acclamazione, quasi una standig ovation, ricevuta da Monti al suo primo ingresso al Senato. Credo che per il neo senatore, quelli saranno gli unici momenti felici del suo periodo romano. Poi tutti cominceranno ad odiarlo, come noi del resto.
lunedì 8 novembre 2010
La stangata del fisco sui redditi degli spagnoli
Per farla breve, pare che in Spagna l’aliquota fiscale per i redditi oltre i 175.000 euro è passata dal 22,5 al 23,5%. Di qui il titolo dell’articolo che parlava dei cosiddetti “paperoni” spagnoli super tassati dal fisco.
I redditi superiori a 120.000 euro hanno invece subito un incremento di aliquota dal 21,5% al 22,5%.
Considerando che i contribuenti spagnoli che vantano simili redditi sono circa 100.000, si parla di una stangata di importo compreso fra 1.700 e 2.000 euro annui procapite.
La cosa che mi sembra a dir poco scandalosa è l’entità del prelievo fiscale correlato ai redditi medio alti e alti, superiori a 120.000 e 175.000 euro annui.
In Italia, è bene saperlo, i redditi superiori alla ben più modesta soglia di 75.000 euro, scontano un’ IRPEF del 43%. Il che significa quasi il doppio rispetto alla Spagna. Già la cosa fa riflettere, visto che la Spagna è un paese europeo e non mi risulta che abbia livelli di servizi pubblici inferiori ai nostri.
In Italia l’aliquota IRPEF minima, prevista per redditi inferiori a 15.000 €, è pari a 23%. In Spagna il 23,5% lo pagano i redditi superiori a 175.000€. Va bene che noi dobbiamo pagare gli interessi sul debito pubblico, ma pagare il doppio rispetto ai cittadini spagnoli mi sembra una presa in giro.
La critica non è rivolta ai governi che si sono succeduti in Italia negli ultimi anni, visto che le aliquote sono molto simili, ma all’Italia: se fossimo in un libero mercato dovremmo chiudere bottega. Chi sarebbe disposto a pagare uno stesso servizio il doppio rispetto ad un altro?
sabato 28 novembre 2009
La riduzione dell’acconto IRPEF. Ovvero la moltiplicazione dei pani e dei pesci
Infatti il Governo ha emanato un decreto legge che riduce di 20 punti percentuali l’acconto IRPEF 2009, la cui seconda rata scade appunto il 30 novembre.
Spieghiamoci meglio per i non addetti ai lavori. L’IRPEF, imposta sul reddito delle persone fisiche, si paga per i lavoratori autonomi, due volte all’anno, a differenza che per i lavoratori dipendenti che subiscono le “trattenute” in busta paga e quindi non hanno tale problema.
A giugno si paga, oltre al saldo dell’imposta dovuta per l’anno precedente, un acconto commisurato al debito d’imposta risultante dalla dichiarazione. Tale acconto, per l’IRPEF è pari al 40% del 99% dell’imposta risultante dal rigo “differenza” del Modello Unico dell’anno precedente. Questo è il conteggio effettuato quest’anno dai contribuenti per il primo acconto.
Il 30 novembre scade invece il secondo acconto che per legge è calcolato come il 60% del 99% dell’imposta dovuta nell’anno precedente. Quest’anno il decreto del Governo è intervenuto su tale conteggio ed ha stabilito che l’acconto IRPEF complessivamente dovuto per l’anno 2009 è pari al 79% invece che il 99%.
In tal modo non è stato rideterminato solo il secondo acconto, bensì anche il primo che è già stato versato nel mese di giugno, salvo rateizzazioni. La differenza già versata in più, pari al 40% sul 20% verrà recuperata in sede di pagamento del 2° acconto, consentendo un effetto ancora maggiore.
Esempio numerico. Se dal rigo differenza risultano € 10.000 e il primo acconto è stato versato per 10.000x99%*40%= 3.960, il secondo acconto non sarà 10.000*99%*60%= 5.940 come avveniva l’anno scorso.
E non sarà neppure 10.000*79%*60%= 4.740 che sarebbero dovuti nel caso in cui fosse stato ritoccato solo il 2° acconto.
Sarà invece così calcolato: 10.000*79%-10.000*99%*40%= 3.940 e cioè il 79% al netto di quanto già versato come primo acconto. La differenza che resta nelle tasche del contribuente usato come esempio è pari a 5.940-3.940= 2.000 euro!
Questo è il motivo per cui i lavoratori autonomi avranno a disposizione più denaro per le spese di Natale e delle feste e contribuiranno sicuramente a sostenere la nostra economia in crisi. I lavoratori dipendenti in realtà hanno già la tredicesima che svolge questa funzione, quindi non sono penalizzati.
In tal modo il governo ha effettuato la creazione di “moneta virtuale” per immettere liquidità nel sistema commerciale ed economico in generale. Quindi ha fatto un’ottima manovra economica.
Però attenzione: è stato ridotto solo l’acconto del 2009, non le imposte. Quindi a giugno dell’anno prossimo il contribuente dovrà pagare le imposte ordinarie e, se non ci sono sostanziali differenze di reddito rispetto all’anno precedente, dovrà restituire quei 2000 euro che gli sono stati lasciti in tasca a novembre.
Ma a ben vedere il momento economico è talmente incerto che potendo mangiare metà pollo oggi e metà domani, si preferisce mangiarlo tutto subito e poi più avanti vedremo….
giovedì 9 luglio 2009
Regolarizziamo le badanti... e facciamo pagare loro le tasse!!!
Ma veniamo alle badanti. Visto che la norma è stata introdotta, in primis, per ragioni di sicurezza, mi pare d’obbligo fare una considerazione. E cioè, le badanti sono pericolose per la sicurezza nel nostro paese? Non mi pare. Come non mi sembra che le cronache dei nostri giornali riportino casi di reati consumati da quelle donne, per lo più dell’est Europa, che si dedicano all’assistenza delle fasce deboli della nostra popolazione.
Per cui, noi che siamo un popolo sovrano, e possiamo scegliere chi far venire in Italia, e chi può starci, perché ci serve e non ci arreca danni, dovremmo dire si alla proposta del ministro Giovanardi.
Tutto ciò, però, ad una condizione…. E cioè, che le badanti clandestine vengano anche “messe in regola” dal punto di vista fiscale e previdenziale del loro rapporto di lavoro. E’ questo chiedere troppo?
Perché, in un periodo di vacche magre per tutti, forse lo stato avrebbe bisogno di quelle risorse che potrebbero derivare dalle imposte e dai contributi versati dalle colf e badanti, che fra l’altro non sono poi così “povere”. Anche per una questione di correttezza, visto che queste cittadine straniere vivono in Italia e usufruiscono dei servizi che lo stato fornisce a tutti noi. Per cui, è ora di presentare il conto! Non vorrei mai, domani, che si dovessero concedere delle pensioni sociali a persone che hanno sempre vissuto in Italia, senza pagare mai il becco d’un quattrino di tasse o di contributi….
Per cui, per una volta, cerchiamo di essere buoni, ma non stupidi e riusciremo anche a combattere l’evasione fiscale (e contributiva).
mercoledì 4 marzo 2009
L’OCSE: L’ITALIA DEVE RIDURRE LE TASSE SUI REDDITI DA LAVORO
L’idea di ridurre le tasse per me è sempre buona. Ed in modo particolare quando riguarda i redditi da lavoro. Quello che non viene specificato nei dispacci delle agenzie lette su internet (il rapporto non l’ho letto, ma se avete tempo…) è a quale tipo di lavoro si faccia riferimento. Se la riduzione delle imposte è auspicabile solo per i redditi di lavoro dipendente, seppure di fascia bassa, mi pare che l’idea sia parziale.
Dobbiamo considerare che in Italia i lavoratori autonomi sono tanti, professionisti, artigiani e commercianti e anch’essi sono uguali di fronte alla scure del fisco. Almeno in teoria! Consideriamo due lavoratori A e B, con il medesimo reddito annuo, poniamo di 15.000 euro lordi all’anno. A è un lavoratore dipendente mentre B un autonomo. Per quale motivo i due lavoratori devono pagare imposte differenziate a seconda del tipo di lavoro che svolgono?
Per quale motivo un dipendente, che già gode di molti privilegi in più rispetto ad un lavoratore autonomo ( o se preferite, meno svantaggiato), basti citare la possibilità di “mettersi in malattia”, le ferie pagate o la liquidazione del TFR al momento della pensione, deve essere privilegiato rispetto ad un lavoratore autonomo?
L’unica differenza che mi viene in mente è ideologica: il dipendente è buono, l’autonomo è cattivo.
Le ragioni sono due. La prima è che il dipendente guadagna di meno e quindi è più debole e quindi è più simpatico (ma ci sono anche dipendenti che guadagnano parecchio!).
La seconda è che il dipendente paga le tasse, mentre l’autonomo le evade.
E così torniamo sempre allo stesso concetto: i 15.000 euro di reddito del dipendente sono reali, mentre quelli dell’autonomo sono solo il dichiarato, in realtà ne guadagna almeno 25.000, di cui 10.000 esentasse.
In un Paese civile bisogna battersi contro ogni pregiudizio e questo lo è senz’altro. Non si può considerare un cittadino evasore solo perché non ha una busta paga in tasca.
L’evasione fiscale c’è, è’ vero, ma bisogna fare attenzione a come la si combatte. Se la lotta all’evasione è viziata dal pregiudizio, allora un giorno ci sarà qualcuno che penserà di arrestare tutti i lavoratori autonomi, fino alla confessione, sul presupposto che sono tutti evasori.
Quindi, è vero che gli evasori si “nascondono” prevalentemente fra i lavoratori autonomi, ma non è vero che tutti i lavoratori autonomi sono evasori.
Perché allora non parliamo semplicemente di “redditi bassi”, indipendentemente dal tipo di lavoro che un cittadino svolge? A me sembra politicamente più corretto … e peraltro le discriminazioni di qualsiasi natura sono vietate dalla nostra Costituzione, o no?
Ultima considerazione. Se un dipendente perde il posto, e purtroppo di questi tempi succede, ha gli ammortizzatori sociali e non finisce sulla strada. Almeno immediatamente.
Se un lavoratore autonomo chiude bottega perché i suoi clienti principali sono falliti o hanno ridotto le collaborazioni a causa della crisi, chi glielo dà un sostegno? Questo grazie al rispetto dell’uguaglianza che tanti politicanti o sindacalisti predicano ma in cui non credono affatto.
venerdì 4 luglio 2008
Ma le tasse sono davvero aumentate? Tutta la verità, nient’altro che la verità.
Probabilmente il caldo ha giocato un brutto scherzo al nostro amico che, partendo da un presupposto giusto, si è perso nei calcoli. Peraltro nemmeno i nostri lettori si sono accorti di nulla, o meglio, non lo hanno manifestato.
Quindi scateniamoci nella caccia all’errore… Occhio all’esempio portato da BML relativo al pensionato con 15.000 euro di reddito. La verità è che le tasse dal 2006 al 2007 non sono aumentate affatto!!!
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La soluzione, ovvero l’errore svelato, è il seguente.
Per il 2006 l’IRPEF dovuta è in realtà pari a 2.335 euro.
Per il 2007 il conteggio era già corretto e pari a € 2.195.
Quindi l’importo è in realtà diminuito di 140 euro, con un risparmio di circa il 6%.
Per completare il contesto consideriamo anche le addizionali regionali e comunali.
Prendiamo ad esempio la Regione Emilia Romagna e la città di Reggio Emilia.
Le addizionali per il 2006 sono: 135+30=165
Quelle per il 2007: 165+30=195
Per cui il totale imposte è pari a 2.500 nel 2006, contro 2.390 nel 2007. Quindi il “risparmio” è stato di 110 euro.
Questo per la correttezza dei conteggi, visto che la matematica non è un’opinione.
In sostanza possiamo dare l’assoluzione a Visco e a Prodi in merito all’affermazione che le aliquote sono diminuite, per i redditi fino ad una certa soglia.
Quello che però bisogna considerare è che i veri aggravi di imposta ci sono stati relativamente ai redditi d’impresa e di lavoro autonomo. Come si è più volte ripetuto, ciò che conta è l’effetto complessivo delle manovre fiscali, non quello delle singole disposizioni. Ad esempio, se da un lato si abbassano le aliquote, e dall’altro si riduce la deducibilità dei costi dai ricavi d’impresa o professione, complessivamente è probabile che le imposte complessivamente dovute aumentino. Cosa che in realtà succede. Per non parlare dell’inasprimento degli studi di settore che quest’anno vedono ridurre di parecchio il numero dei contribuenti congrui, cioè considerati “in regola” dal fisco. E su questo aspetto ritorneremo a breve con un post dedicato.
Quindi il consiglio che mi sento di dare è di leggere la propria dichiarazione dei redditi, cercare di capirla, confrontarla voce per voce con quella dell’anno predente al fine di stabilire, senza preconcetti, che cosa è cambiato, se in meglio o in peggio.
martedì 17 giugno 2008
Il caro tasse. Ma Visco non le aveva abbassate?
I casi cono due: o noi non sappiamo fare i conti, oppure cerca ancora di prendere per i fondelli!!!
Io vorrei indire un concorso per i contribuenti beneficiati dalle riduzioni d’imposta di Visco (e di Prodi). Ma temo che il premio (così come il risparmio d’imposta) non se lo aggiudicherebbe nessuno.
Vi segnaliamo un altro caso di un facoltoso contribuente che ha percepito nel 2007 unicamente redditi da fabbricati per circa 8000 euro (già al netto della deduzione forfetaria del 15%, come prevede la legge). Forse è un disoccupato, ma potrebbe essere un evasore o un mantenuto/a…. In ogni caso è meglio punirlo che cercare di capire.
Per il 2006 il calcolo per la progressività dell’imposizione, prevista dall’art. 11 del TUIR allora vigente, prevedeva una deduzione forfettaria pari a € 3.000.
Quindi il calcolo delle imposte era:
8.000 reddito
- deduzione forfetaria: 3.000
- deduzione spettante: 2.423, in base al calcolo (26.000+3.000-8.000)/26.000=0.807*3.000
= 5.576 reddito imponibile
calcolo IRPEF al 23% su 5.576= € 1.282
Per il 2007 le imposte dovute sono invece pari al 23% del reddito complessivo, e cioè
8.000*23%=1.840
E’ infatti scomparsa la deduzione per la progressività dell’imposizione e non sono più concesse detrazioni d’imposta al contribuente in esame.
Sono quindi dovute maggiori imposte per 558 €. L’incremento percentuale dell’IRPEF è così del 43,5%. E questo solo per l’IRPEF.
All’IRPEF si aggiungono infatti le addizionali, regionale e comunale, che in molte regioni e comuni sono lievitate ancor più dell’inflazione (mentre gli stipendi sono rimasti sostanzialmente uguali).
Il vero guaio di quest’anno è che l’aggravio impositivo è senza deroghe. Infatti negli anni precedenti era prevista la cosiddetta “clausola di salvaguardia” che consentiva ai contribuenti di verificare le imposte dovute in base alle normative vigenti e di pagare le imposte più basse fra quelle degli anni considerati. Ad esempio per lo scorso anno 2006, si poteva confrontare le imposte dovute con quelle calcolate in base alle normative vigenti al 31.12.2004 e al 31.12.2002, e godere del trattamento fiscale più favorevole. Ciò in quanto con il susseguirsi delle normative fiscali, il legislatore poteva non accorgersi di eventuali aggravi ingiustificati ed eccessivi nei confronti dei contribuenti, per cui concedeva di attenuarne gli effetti negativi.
Per i redditi 2007 questo non è stato più possibile, a testimonianza dell’intento rapace di Visco e di Prodi, che hanno coscientemente aumentato le imposte, impedendo ai cittadini di tutelarsi con la clausola di salvaguardia, con l’unico scopo di fare cassa.
Quanto riportato rappresenta solo un esempio di fisco vorace, ma non dimentichiamoci, per onore del vero, che anche Prodi, insieme a Visco e TPS, hanno fatto qualche modifica legislativa a favore della riduzione delle imposte, di cui abbiamo già trattato nel post dedicato alla finanziaria per il 2008. Ma ciò che resta nella mente dei cittadini è l’effetto finale, che sicuramente è stato negativo ed ha ulteriormente svuotato le tasche degli italiani. E purtroppo non è ancora finita, visto che le norme fiscali sono finora rimaste sostanzialmente invariate, a parte l’abolizione dell’ICI sulla prima casa…. SI SALVI CHI PUO’!!!!
mercoledì 2 aprile 2008
Elezioni 2008 e le tasse. Cosa dicono La Destra e l’Italia del Valori?
Tassazione straordinaria di banche, assicurazioni e stock options di manager con lo scopo di:
- reperire risorse destinate a finanziare il mutuo sociale per l’acquisto dell’abitazione,
- contribuire al pagamento degli interessi sui mutui ventennali a tasso agevolato, delle prime case costruite da enti pubblici per le giovani coppie,
- sostenere la nascita di nuove imprese gestite da giovani, che godrebbero di un primo periodo di no tax per le nuove iniziative, imprenditoriali e professionali, in cui non si pagherebbero imposte.
- defiscalizzazione del lavoro femminile per un importo pari ad un terzo, al fine di equiparare la retribuzione fra uomini e donne.
FLAT TAX. Introduzione in Italia della cosiddetta flat tax, vale a dire un’aliquota unica e non progressiva, uguale per tutti, per IRPEF e per IRES, senza distinzione fra persone e imprese. Per le imprese società di capitali già esiste la flat tax, ora pari al 27,5%. L’aliquota proposta per l’IRES è pari al 20%, da raggiungere in 3 anni, con riduzione di 2,5 punti percentuali all’anno.
Per le persone fisiche la flat tax verrebbe proposta solo in un secondo tempo, a causa della non florida situazione dei conti pubblici.
Minimo salariale inderogabile per tutti i lavoratori e incrementi retributivi legati alla produttività.
Detrazione degli utili reinvestiti in ricerca e formazione.
Rimborsi IVA. Accelerazione dei rimborsi a 60 giorni, per le piccole imprese, imprese artigiane e commercianti al dettaglio.
Versamento IVA. Previsto solo dopo il reale incasso delle fatture emesse.
IRAP. Graduale e progressiva abolizione, a partire da IRAP sul costo del lavoro e sulle perdite.
Studi di settore. Revisione degli automatismi su cui gli stessi si basano, cercando di legarli al territorio in cui imprese e professionisti operano.
Trasparenza fiscale. L’obiettivo è di ridurre la spesa pubblica senza tagliare la spesa sociale.
Il mezzo è il federalismo fiscale, introdotto in modo da permettere di capire chi paga le tasse, regione per regione, e come le pubbliche amministrazioni usano quei soldi.
Si vuole effettuare una riforma fiscale seria che alleggerisca la pressione fiscale su cittadini e imprese, improntata a criteri di trasparenza e territorialità.
Verrebbero introdotte due tasse nazionali:
- la prima è la tassa per pagare i servizi dello Stato
- la seconda è la tassa per la solidarietà.
Tutti pagano le tasse nazionali il cui gettito finisce in un “piatto comune”. Poi si calcola il quoziente del PIL medio pro-capite nazionale e per regione. Le regioni che superano la media nazionale non ricevono nulla della tassa per la solidarietà, che andrà ripartita fra le regioni meno ricche, sotto la media nazionale, a patto che non vi sia una significativa evasione fiscale.
Tutte le altre tasse sono stabilite e gestite dalle Regioni, in base ad un principio di concorrenza fiscale fra regioni.
L’Italia dei Valori di Antonio Di Pietro presenta un programma complessivamente meno elaborato, basato sui seguenti punti.
Introduzione del salario minimo per i giovani di 1.000/1.100 euro al mese
Reintroduzione del reato di falso in bilancio ed eliminazione del conflitto di interessi
Riduzione della burocrazia per le imprese e detassazione degli investimenti in ricerca e sviluppo
Diminuzione del carico fiscale sulle imprese.
Liberalizzazione dei servizi pubblici.
mercoledì 26 marzo 2008
Elezioni 2008 e tasse. L'avventura continua...
L’UDC di Pier Ferdinando Casini punta alla riduzione della pressione fiscale specialmente in questi ambiti:
Lavoratori dipendenti. Recupero di parte delle trattenute fiscali e previdenziali ed in particolare per quanto riguarda gli straordinari e i premi sulla produttività.
Adeguamento delle aliquote al costo della vita, attraverso la ridefinizione degli scaglioni IRPEF sulla base del potere d’acquisto.
Detassazione degli investimenti in ricerca, innovazione e sviluppo.
Affitti. Introduzione della cedolare secca del 20% sui redditi derivanti dagli affitti di immobili. Aumento dei limiti alla detraibilità degli interessi passivi sui mutui per l’acquisto della casa, in particolare per le giovani coppie. Possibilità di parziale detrazione del canone di locazione dell’abitazione per i nuclei familiari, in base al reddito.
Ristrutturazioni edilizie. Aumento delle aliquote e del massimale per le detrazioni.
Lotta all’evasione. Anche mediante la detraibilità in dichiarazione dei redditi di una parte consistente di spese sostenute e documentate, analogamente a quanto avviene negli USA.
Statuto del Contribuente. Garanzia del suo rispetto rigoroso
Pax fiscale. Si stabilisce di non variare le regole in materia fiscale per almeno due anni, dopo il riordino.
Studi di settore. Utilizzo come presunzioni semplici negli accertamenti e impegno a revisionare i parametri in base a specificità territoriali e settoriali. Modificabilità triennale concertata fra le parti.
Riduzione della spesa pubblica. Congelamento delle spese correnti primarie con la prossima Finanziaria 2009. Dismissione di partecipazioni e di patrimonio immobiliare dello Stato e degli Enti locali e utilizzo dei proventi per la riduzione del debito pubblico.
Addizionali comunali e regionali. Blocco per legge del loro incremento.
Valorizzazione del ruolo economico e sociale delle Piccole e Medie Imprese e dei lavoratori autonomi.
Famiglia. Nuovo ruolo di soggetto tributario al fine di concedere bonus e detrazioni in proporzione al numero di componenti il nucleo famigliare. Incremento degli assegni familiari per ogni figlio a carico.
Spese mediche. Possibilità di detrarle al 100% senza tetto!
ICI. Esenzione dall’ICI per le abitazioni locate a canoni concertati.
Meno articolato il programma dello SDI di Boselli che prevede di diffondere il rispetto della legalità. E’ inoltre necessario maturare un’etica della responsabilità individuale. In campo fiscale si prevede:
Lotta all’evasione fiscale e contributiva. E’ considerata un obiettivo primario per l’Italia.
Equità nei carichi fiscali. Non si spiega cosa significhi in termini di aliquote.
Snellimento delle pratiche burocratiche, necessario per un buon rapporto fra fisco e cittadino.
mercoledì 12 marzo 2008
Elezioni 2008 e le tasse. La battaglia si gioca soprattutto sul piano fiscale.
ALIQUOTE IRPEF: Il PD propone una riduzione delle aliquote di un punto all’anno per i prossimi 3 anni. Il PDL non parla di aliquote ma riconduce il problema al rapporto fra pressione fiscale e PIL, che attualmente è stato conteggiato al 43,3%.
PRESSIONE FISCALE: Il PDL propone la graduale e progressiva diminuzione della pressione fiscale sotto il 40% del PIL. Quindi a conti fatti un calo un po’ superiore rispetto a quanto promette il PD. Ma siamo sempre lì.
DETRAZIONI FISCALI: Il PD propone una detrazione IRPEF più alta per il lavoro dipendente. Inoltre punta a tassare di meno la quota di salario derivante dalla contrattazione di secondo livello, il cosiddetto “salario di produttività”. Si prevede poi di rendere automatico il meccanismo della restituzione del cosiddetto “fiscal drag” volto a compensare l’erosione dei salari reali per effetto dell’inflazione.
Il PDL punta invece a introdurre gradualmente e progressivamente il “quoziente familiare” cioè un meccanismo mutato dalla fiscalità d’oltralpe, che consente di ridurre le imposte a carico delle famiglie. In pratica, il numero di componenti della famiglia permette di calcolare un coefficiente che verrà poi applicato al reddito complessivo, che verrà tassato in misura inferiore, quanto più il coefficiente è alto. L’altra novità consiste nella detassazione delle tredicesime che sarà tanto maggiore, quanto più è alto il reddito del dipendente. Viene proposta anche la detassazione di straordinari e la quota di produttività legata alla contrattazione decentrata.
Molto positiva l’idea di ridurre le imposte, in particolare su 13° e straordinari, in quanto ciò consente anche di premiare la produttività, che nel nostro paese è purtroppo bassa.
REDDITI DA LOCAZIONE IMMOBILI: Il PDL vuole portare la tassazione dei redditi da locazione verso la progressiva tassazione separata con aliquota fissa, che potrebbe essere pari al 20%. Idem per il PD. In questo caso le cose si mettono bene, perché la tassazione fissa e separata dei redditi da locazione permetterà di far emergere buona parte degli affitti “in nero”, rendendo meno conveniente evadere, e garantendo un prelievo di maggiore equità fiscale.
RISPARMIO ENERGETICO: Il PD vuole rendere permanente l’agevolazione del 55% già esistente, per l’istallazione di pannelli solari, mentre il PDL promette una graduale e progressiva detassazione degli investimenti in riscaldamento e difesa termica delle abitazioni.
CINQUE PER MILLE: Il PDL vuole stabilizzare il 5 per mille ed applicarlo a favore del volontariato, non-profit, terzo settore e ricerca.
ICI: Il PDL vuole abolirla relativamente alla prima casa di abitazione, senza oneri per i comuni.
IMPOSTA DI SUCCESSIONE E DONAZIONE: Il PDL promette l’abolizione totale di quelle tasse reintrodotte da Prodi, dopo la loro eliminazione attuata dal governo Berlusconi.
BONUS FIGLI: Il PDL prevede di reintrodurre il “Bonus bebè” che in passato era di 1000 €. Promette inoltre di ridurre l’IVA sul latte e gli alimenti e prodotti per l’infanzia. Il PD vuole introdurre una “dote fiscale” di 2500 € per i figli, variabili in proporzione al reddito.
AFFITTI PRIMA CASA: Il PD propone di consentire all’inquilino di detrarre dai redditi una quota dell’affitto pagato. Il PDL punta ad un “bonus locazioni” che consenta di aiutare le giovani coppie e i meno abbienti a sostenere l’onere degli affitti.
NUOVE IMPRESE: Il PDL propone una sorta di “no-tax” sperimentale per le nuove iniziative imprenditoriali e professionali dei giovani. Favorirà poi la prestazione di garanzie pubbliche per i “prestiti d’onore” e per il finanziamento d’avvio a favore dei giovani che iniziano la loro attività d’impresa. Il PD vuole migliorare il “forfettone” per le piccolissime imprese e stabilire la non retroattività degli studi di settore. Si propone inoltre di favorire la capitalizzazione delle imprese con sconti d’imposta.
martedì 19 febbraio 2008
Il ROL. Cos’è e a che cosa serve.
A)Valore della produzione
meno
B) Costi della produzione
Più
B) 10 lettera a) ammortamento delle immobilizzazioni immateriali
B) 10 lettera b) ammortamento delle immobilizzazioni materiali
Più
B) 8 lettera b) relativamente ai canoni di locazione finanziaria (leasing) di beni strumentali
Il ROL è semplicemente un parametro che misura la produttività e le performaces della gestione caratteristica.
Nell’ambito fiscale il ROL ha assunto una notevole importanza con la Finanziaria 2008 che ha riformulato l’art. 96 del TUIR e abrogato il 97 e il 98.
Quello che è successo dal 1° gennaio di quest’anno è una piccola rivoluzione nel campo della deducibilità degli interessi passivi per le società di capitali. In precedenza vigevano altri meccanismi volti a penalizzare le imprese sottocapitalizzate, cioè che facevano troppo ricorso all’indebitamento e quindi ai capitali di terzi.
Ora il nuovo art. 96 pone una nuova regola per le imprese soggette all’IRES. Gli interessi passivi sono deducibili solo nel limite del 30% del ROL. La quota di interessi indeducibili potrà però essere riportata agli esercizi successivi senza limiti di tempo, per mitigare gli effetti di un esercizio particolarmente oneroso sul piano della remunerazione del debito. Se, in sostanza l’indebitamento si ridurrà, e gli interessi degli esercizi successivi saranno inferiori al 30% del ROL, si potranno recuperare via via le quote non dedotte in precedenza.
Due emendamenti alla Finanziaria hanno un po’ alleggerito la situazione.
1) Per il 2008 e il 2009 al 30% del ROL si aggiungerà rispettivamente la somma di € 10.000 e 5.000. Fino a tali importi gli interessi passivi saranno comunque deducibili, anche se il 30% del Rol sarà pari a zero.
2) Dal 2010, se non tutto il 30% del Rol servirà per coprire gli interessi passivi dell’anno, la differenza fra i due valori sarà riportabile agli anni successivi.
Sfuggono dal conteggio, per espressa previsione della norma, gli interessi passivi che rientrano nel costo del bene strumentale acquistato, materiale o immateriale, così come indicato nell’art.110 comma 1, lett. b) del TUIR. Per sottrarre tali interessi passivi dal conto economico bisogna però fare attenzione alle norme relative alla capitalizzazione dei costi con l’imputazione al valore del cespite, contenute nel Principio contabile n. 12 e nel Documento Oic n. 16.
In sostanza gli interessi passivi sui capitali presi a prestito per la realizzazione di immobilizzazioni, sono capitalizzabili solo se relativi al periodo della costruzione del bene strumentale, fino al momento in cui lo stesso è pronto per l’uso.
Quanto illustrato comporterà sicuramente maggiori imposte per le società di capitali e penalizzerà maggiormente le imprese in difficoltà.
lunedì 11 febbraio 2008
Valentino Rossi paga le tasse e si redime. E tu?
Dell’argomento ci siamo già occupati sia a caldo, nell’estate dello scorso anno, nell’articolo Il dottore e le tasse, sia in seguito con le indicazioni più tecniche di E ancora questa storia delle tasse, necessarie per capire qualcosa di questo tema fiscale così di attualità.
Come già ampiamente previsto e annunciato, la guerra fra Valentino e il rapace fisco italiano, è destinata a concludersi con un accordo. Abbiamo già spiegato che quella sul concordato fiscale non è una “legge ad personam” applicabile solo ai personaggi famosi, al fine (assurdo) di agevolarli, ma un istituto a cui possono accedere tutti coloro che si trovano in determinate situazioni di controversia con il fisco. E che non è vero che L’Agenzia delle Entrate ci rimetta con questi accordi, anzi, è proprio il contrario. In sintesi, tutto ciò che sta’ per essere siglato è perfettamente alla luce del sole, è legale, ed è pure conveniente per lo Stato, cioè per noi tutti.
Purtroppo questa cosa non va giù a molti, come si può scoprire navigando sulla rete, ove gli sfoghi egli insulti contro Vale sono numerosi. Forse se la gente si informasse meglio non si inc…. tanto.
E allora, come mai Valentino, se ha ragione (e non ha evaso), paga lo stesso?
Come sempre la verità sta’ nel mezzo. Da una parte c’è Valentino Rossi che si gioca sia un danno irreparabile alla sua immagine, che utilizzata nella pubblicità vale milioni, sia la perdita di tranquillità come sportivo, che deve iniziare a breve un nuovo campionato lungo e difficile, per affrontare il quale deve mettercela tutta. Dall’altra parte c’è l’Agenzia delle Entrate che non è poi così sicura di vincere il contenzioso, in quanto la questione giuridico-fiscale non è così pacifica, e, inoltre non può permettersi di perdere oltre ai soldi, anche la faccia, visto che la grande sfida mediatica non perdona chi esce sconfitto. Per cui l’accordo giova a tutti….
Compreso nel prezzo del concordato ci sarà uno spot di Vale a favore della fedeltà fiscale. Speriamo che non ci dica che le tasse sono belle...
E’ interessante notare come la gente a questo aspetto non pensi molto, “tanto per lui non sono niente!...”. Ma non sappiamo se, trovandosi nella stessa situazione, sarebbero così generosi e pronti a versare tali importi al fisco. Eh si, le tasse degli altri non sono mai troppo alte!
venerdì 1 febbraio 2008
L'ultimo show di Visco? Speriamo bene....
Tali affermazioni fanno accapponare la pelle e confermano il delirio di onnipotenza dell’ormai caduto governo Prodi.
1) Le tasse non sono aumentate: evviva! Probabilmente i milioni di italiani che hanno versato il 70% del loro redditi al fisco, INPS ecc. non sanno fare i conti
2) Alcune tasse sono diminuite: peccato che non ha detto quali. In ogni caso il contribuente non si diverte più con il “gioco delle tre carte”, quindi se una tassa aumenta e l’altra diminuisce ciò che conta è l’effetto cumulato
3) Pagare le tasse non è piacevole per nessuno: il vice smentisce il ministro TPS che ha affermato il contrario nelle celebre massima “le tasse sono una cosa bellissima!”
4) L’attività delle agenzie delle entrate è stata più incisiva: questo significa che se non c’è lui al ministero, negli uffici si tirano le dita? A proposito, voi ricordate un governo di destra o di sinistra che non si curasse di riscuotere le imposte? O che fosse indifferente in ambito fiscale? O che non abbia “costruito” una finanziaria sulla base delle entrate fiscali? O con il quale non abbiamo pagato le tasse? Io no.
5) La maggiore probabilità di subire accertamenti spinge i contribuenti a fare il proprio dovere: secondo me, se aumentano le tasse e aumentano i controlli è probabile che i contribuenti si deprimano oppure cerchino il modo per fuggire all’estero. In ogni caso ricordate cosa dicevamo nel post sul libro di Giannino, e ciò che quello che succede in questi casi è che diminuisce la voglia di lavorare e la produttività? E di conseguenza le imposte che si pagano?
Per concludere aggiungo che meno male che Visco dovrebbe essere un viceministro tecnico e non politico. E le sue affermazioni sono tecniche o politiche? Lascio giudicare a voi.
lunedì 17 dicembre 2007
Contro le tasse. Il libro.
E’ un libro per tutti che consiglio vivamente di leggere perché consente di “aprire” un po’ i propri orizzonti.
Ciò che si evidenzia è che quando il prelievo fiscale diventa eccessivo e insostenibile, il cittadino non si ribella solo per motivi di comodo, ma per un principio morale. Leggendo i post precedenti scritti da BML, concordiamo che non è etico pagare più tasse per finanziare maggiore spesa pubblica, con la quale sostenere più sprechi e costi milionari della politica, gli appannaggi della casta e chi più ne ha, più ne metta... Il limite che occorre individuare è quello oltre il quale lo Stato non deve e non può spingersi nelle tasche dei cittadini. Purtroppo tale limite non è condiviso dagli esponenti delle varie parti politiche e perciò si assiste, con l’alternarsi dei vari governi, a brusche inversioni di rotta per perseguire uno stesso fine, ma con soluzioni diverse. Il fine di cui parlo è quello di far contribuire tutti alla spesa pubblica, in base alla propria capacità contributiva, come recita la nostra Costituzione. Ciò che varia, e anche parecchio, è il modo per ottenere questo obiettivo.
Oscar Giannino da sicuro liberista dà alcune spiegazioni sul perché è giusto abbassare le tasse.
Potrà sembrare strano, ma ci sono studi effettuati da grandi luminari dell’economia mondiale, che hanno dimostrato che tagliando le aliquote più alte, in modo pesante, rapido e duraturo, lo Stato ottiene maggiori entrate fiscali e si favorisce energicamente la crescita economica. Numerosi sono gli studi in tal senso eseguiti negli Stati Uniti, ma ormai ne esistono anche di specifici sulla vecchia Europa. E non parliamo di pseudo economisti da strapazzo, come ce ne sono tanti dalle nostre parti, ma stiamo parlando di Edward C. Prescott, premio nobel per l’economia nel 2004, che ha condotto studi approfonditi sull’effetto della riduzione delle aliquote fiscali massime sulle entrate tributarie e sull’andamento dell’economia in USA, ma anche in Europa, ove la sua opera è stata supportata e verificata da tre importanti economisti della BCE. Ebbene, hanno dimostrato che le tasse troppo alte che opprimono gli italiani, ma anche altri cittadini europei, hanno avuto l’effetto di far ridurre le ore lavorate, con la conseguenza di aver ridotto la produttività e quindi il reddito pro-capite, soprattutto per i lavoratori con qualifiche e stipendi più bassi. Alla faccia delle politiche di redistribuzione del reddito, che vorrebbero proprio ottenere l’effetto contrario, cioè di tassare di più i “ricchi”, per redistribuire ai “poveri”. Ovviamente l’effetto della maggior liquidità che si produce in capo alle fasce più deboli, si traduce in crescita della domanda interna e dei consumi, accentuando virtuosamente la crescita economica e quindi il benessere generale. E lo Stato incassa di più fra tasse e contributi.
Tutto ciò è accaduto negli Stati Uniti con la tanto criticata amministrazione Bush dal 2003 ad oggi. E i risultati sono del tutto evidenti: mentre in Europa l’economia ristagna, negli USA è cresciuta del 20%. E guarda caso, sono cresciute pure le imposte incassate dal Governo Federale causando un extragettito record. Stessa cosa è successa in quegli stati europei, come l’Irlanda, che hanno avuto il coraggio di ridurre le tasse e la spesa pubblica.
“Se in Europa si seguissero le ricette di Prescott e si tagliassero le tasse e i contributi sociali portandoli a livello degli USA, nel lungo termine l’economia crescerebbe del 12% e i salari del 25%”.
Ma in Italia le cose non funzionano così, purtroppo.
In politica, invece, almeno in Italia, si tende a “piegare” le incontestabili verità dell’economia alle ideologie e il risultato è che con il centro-destra al governo si seguono le tesi liberiste che vanno nella direzione della giusta riduzione delle tasse, mentre con il centro-sinistra, si va nella direzione opposta.
La riforma di Tremonti, che prevedeva due sole aliquote fiscali al 23% e al 33%, per i redditi oltre i 100.000 €, andava certamente in questa direzione. Purtroppo non è riuscito ad attuarla in pieno e in modo duraturo.
Quanto è stato fatto in tema di riduzione delle imposte, ha comunque prodotto il risultato di incrementare le entrate tributarie, come si è visto quando il Governo Prodi, in carica da pochi mesi, si è ritrovato in tasca il cosiddetto “tesoretto”.
Di critiche ne potrei fare due. Una è che il libro è orientato a destra, dal momento che l’autore è sicuramente uomo di centro destra. Ma, dal momento che le tesi da lui riportate sono di natura economica e pertanto appartengono alla scienza e non all’opinione politica, la lettura viene consigliata in modo particolare agli elettori del centro- sinistra, affinché si convincano che “abbattere le tasse si può, si deve e che non è affatto di destra”.
L’altra contestazione è che, a differenza di ciò che afferma l’autore, la materia fiscale e tributaria non è così complessa nel nostro paese per colpa dei cultori della materia, dei commercialisti e dei tributaristi, che se ne avvantaggerebbero in quanto unici detentori del sapere. La legislazione fiscale è in effetti complessa, eccessivamente articolata e farraginosa, ma le leggi scaturiscono comunque dal mondo politico e non dagli operatori economici e professionali che le utilizzano. E i professionisti sarebbero sicuramente ben felici di non dover studiare tutti i giorni dei nuovi provvedimenti che vanno ad integrare o a cambiare la già complessa materia di interesse.
Vi lascio alla lettura. Vi arricchirà nello spirito, anche se non vi farà risparmiare sulle tasse…
venerdì 23 novembre 2007
La tassazione dei redditi delle prostitute. Come il fisco vuole tassare le "lucciole"
Il giudice tributario ha sentenziato che la donna non è riuscita a fornire la prova anche documentale che il suo reddito derivasse effettivamente dall’attività di prostituzione e i relativi ammontari prodotti. Quindi mi pare di capire che il vero problema non è tanto se tassare o meno i redditi da prostituzione, quanto piuttosto la dimostrazione che effettivamente di tali redditi si tratti. In mancanza di prova infatti, il fisco potrebbe tranquillamente pensare che la signora non abbia mai esercitato il mestiere più antico del mondo, ma semplicemente svolto un’attività in nero poi “coperta” con una bugia. Vi dirò di più. Visto che in Italia abbiamo tanti evasori fiscali, vogliamo avere anche altrettanti sedicenti prostitute o “prostituti”, nel momento in cui il loro tenore di vita viene passato al setaccio dalla GDF o dell’Agenzia delle Entrate? Chi non sarebbe disposto a mentire pur di scampare all’accertamento fiscale? A parte il problema morale…
Perciò mi sentirei di tranquillizzare chi svolge quell’attività che non gli verrà chiesto di pagare le tasse sui redditi prodotti. Giusto o sbagliato che sia. Infatti in altri Stati europei le prostitute pagano le tasse e versano i contributi previdenziali. E magari pagano anche l’assicurazione per gli infortuni sul lavoro. Non si sa mai…
A livello processuale tributario, la prova dell’effettivo esercizio dell’attività la si potrebbe fornire esibendo i verbali delle forze dell’ordine in occasione delle “retate” oppure chiedendo una dichiarazione della Questura in cui si indica che la persona è dedita (o lo è stata) alla prostituzione. Forse il problema della donna di Milano lo potrebbero avere le escort di alto bordo, che magari non sono note alle forze dell’ordine. Ma di questo passo potrebbero trovarsi nei guai anche le semplici “mantenute” amanti o simili, che vivono di regali e di generosità (oltre che di amore) che conducono un tenore di vita ben superiore rispetto ai redditi dichiarati. In questo caso chiamare a testimoniare l’amante non è possibile perché nel processo tributario non è ammessa tale prova. Oppure se l’amante stesso, volendo salvare la sua bella, voglia e sia in grado esibire le ricevute delle rimesse che le ha effettuato.
Mi sorge un dubbio: non è che Visco ha trovato un nuovo filone d’oro per rimpinguare le casse dello Stato? Tanto si colpirebbero i ricchi…
venerdì 16 novembre 2007
La casta. Come spesa pubblica e costo della politica accrescono le tasse.
La lettura del libro è senz’altro da consigliare a tutti, specie prima delle elezioni.
A dire il vero la domanda che mi sono posto quando ho terminato la lettura è: “Quando scrivono il secondo volume?” In effetti ad un osservatore esperto non sfugge la parzialità politica del libro, mascherata da imparzialità. Mi spiego. Il ritornello, ripetuto 50 volte, è che non è un problema di destra o di sinistra, che gli sperperi e i privilegi sono da attribuire a tutti i partiti, ai politici, di qualsiasi colore. Poi, però, quando si passa agli esempi pratici, con nomi, cognomi e partito d’appartenenza, si ricade sempre sul centro destra. Tranne poche eccezioni. Il partito più colpito è Forza Italia. La causa di questa parzialità è che gli autori purtroppo sono di parte. Ad esempio scrivono per il Corriere della Sera, che alle ultime elezioni si è schierato apertamente per il centrosinistra. Fra i ringraziamenti ci sono anche due persone che tutti ricorderanno come grandi amici del Cavaliere, quali Marco Travaglio e Peter Gomez, autori e coautori di memorabili quanto affascinanti e prive di parzialità pagine sull’attuale capo dell’opposizione. Ed è per questo che io consiglierei a Stella e Rizzo di scrivere “La Casta 2”, tanto per dare qualche altra chicca e ampliare il discorso, magari con quanto è successo “dopo” e cioè da quando è in carica il Governo Prodi.
Detto questo, lo spaccato della realtà italiana descritto è assolutamente intollerabile e io vorrei citarlo come esempio di come vengono malamente spesi i soldi pubblici. Ma cosa c’entra la spesa pubblica con le odiose tasse? C’entra eccome, perché l’aumento delle tasse degli ultimi anni è causato proprio dal bisogno della politica di aumentare la spesa pubblica. Aumento necessario per stipendiare tutti coloro che garantiscono il consenso, sia con incarichi e posti di lavoro diretti, sia con finanziamenti ad enti, associazioni e altro, che hanno permesso di incanalare voti e potrebbero rifarlo alle elezioni successive. E’ il costo della politica che ha reso necessario l’innalzamento delle tasse e ne rende problematica se non impossibile la riduzione.
Già, ma come liberarsi della Casta? Ho letto tanti giornali, numerosi blog e ho ascoltato le parole di Beppe Grillo, ma ancora non mi sembra che ci siano soluzioni praticabili. Il problema è che un qualsiasi tribuno della plebe, populista, che riesce a farsi eleggere in Parlamento, non avrà mai la forza di “cambiare” il mondo e subirà terribilmente il peso delle lusinghe delle cattive compagnie di vecchie volpi della politica. Sarebbe come mettere a guardia dell’Harem, non gli eunuchi, ma degli uomini, anche addestrati a non commettere atti impuri…. Se chi legge è di sesso maschile e in questo momento gli stà scappando un sorrisino……… allora vuol dire che ci siamo capiti!!!
E se devo reclutare delle guardie per un harem le scelgo donne che è meglio. Ma il problema della politica resta…. E le tasse pure…….
martedì 13 novembre 2007
Valentino Rossi. E ancora questa storia delle tasse!
Su quello che sta’ succedendo al nostro sette volte campione iridato in tema di tasse occorre fare un po’ di chiarezza. Prima di giudicare o lasciarsi andare a commenti fuori luogo.
L’art. 48 del D. Lgs. 31.12.1992, n. 546, contenente le norme che disciplinano il contenzioso tributario, è intitolato “conciliazione giudiziale”. E’ questo l’istituto applicabile alle controversie tributarie poste in essere da Valentino Rossi avverso gli avvisi di accertamento notificatigli da parte dell’Agenzia delle Entrate di Pesaro. Senza voler fare una trattazione scientifica troppo accurata e pesante da digerire, diciamo che la conciliazione giudiziale ha le seguenti caratteristiche:
1. Si può chiedere quando esiste un contenzioso tributario non ancora definito: cioè si è ricevuto l’avviso d’accertamento o la cartella di pagamento e si è proposto ricorso in Commissione Tributaria Provinciale e si è in attesa della prima udienza per la discussione del merito.
2. Entrambe le parti possono richiederlo: sia il contribuente ricorrente, sia l’Agenzia delle Entrate (resistente). Il tentativo lo può esperire anche la stessa Commissione Tributaria.
3. E’ possibile richiedere la conciliazione anche nel corso della prima udienza prevista per la discussione del ricorso.
4. Può essere totale, cioè riguardare tutte le questioni oggetto della lite, oppure parziale.
Si può chiedere per tutte le controversie di competenza delle Commissioni Tributarie ad eccezione di quelle aventi ad oggetto sole sanzioni tributarie.
5. L’effetto della conciliazione è “l’estinzione totale del giudizio” oppure “parziale”.
6. Il vantaggio per il contribuente è che consente di rideterminare, in contraddittorio, il reddito imponibile (per le imposte dirette) o le operazioni rilevanti (per l’IVA). Oltre alle minori imposte ricalcolate sui nuovi imponibili, sono dovute le sanzioni ridotte a 1/3 di quelle irrogate( almeno pari ad 1/3 del minimo edittale). Quello per il fisco è che prende meno soldi ma li prende!
7. La conciliazione giudiziale si perfeziona con il versamento, entro 20 giorni dalla data del processo verbale, dell’intera somma dovuta o della prima rata, nel caso sia stata concessa la rateazione, verso presentazione delle idonee garanzie (fideiussioni bancarie o polizze fideiussorie). Se non viene pagata anche una sola delle rate successive o il fideiussore non paga, le somme dovute vengono iscritte a ruolo dall’Agenzia delle Entrate e riscosse coattivamente.
Vorrei chiarire una volta per tutte che la conciliazione giudiziale non è un modo per fare “lo sconto” agli evasori, perché il presupposto è un vantaggio per l’Amministrazione Finanziaria. Infatti nella proposta di conciliazione deve essere contenuta la motivazione che deve obbligatoriamente prevedere un vantaggio per il fisco. Che può essere la riscossione sicura ed in tempi brevi di una parte delle somme richieste, di ridurre il contenzioso, di evitare l’addebito delle spese di difesa del contribuente vittorioso (se la CTP le riconosce). Quindi se l’Agenzia delle Entrate rinuncia ad una parte del credito, non lo fa per privilegiare qualcuno che, per sua fortuna, già lo è, ma in ossequio alla legge e con tutte le motivazioni del caso che sono coerenti con il buon andamento dell’attività amministrativa.
Altra cosa. La conciliazione giudiziale è per tutti coloro che si trovano in una certa situazione processuale tributaria. Non è privilegio di pochi.
Per concludere la mia opinione. Come ha detto il Prof. Ukmar in una intervista di ieri, il problema di fondo è che il campione ha bisogno di tranquillità per correre, e questa non è possibile in presenza di contenziosi con il fisco di questa entità. Poi c’è il danno all’immagine, che costa in termini di minori incassi per sponsorizzazione. Non è che il collegio difensivo di Valentino non sia convinto delle sue buone ragioni, ma forse il gioco non vale la candela…
Come sempre la verità sta’ nel mezzo…
O forse anche nelle recenti modifiche del diritto tributario inglese, che ha innalzato considerevolmente le aliquote per gli stranieri residenti nel Regno Unito, ma che conseguono i loro redditi fuori dallo stesso. Chissà….
lunedì 12 novembre 2007
Valentino Rossi. Ancora sta’ storia delle tasse
http://www.lastampa.it/sport/cmsSezioni/motomondiale/200711articoli/12038girata.asp
Dell’argomento ci siamo già occupati di ritorno dalle vacanze, ma è giusto spendere qualche parola per chiarire i dubbi dei fans e del popolo della rete che, mi sembra, "naviga" un po’ nel buio…
Ho letto su alcuni blog che c’è gente inc….ta perché ritiene che l’accordo presunto sia il solito modo di premiare gli evasori famosi, con corsie preferenziali e per massacrare gli altri poveri contribuenti!
Santa ignoranza!!! Mi sa che il nostro commercialista dovrebbe un po’ illuminarci su questo argomento di attualità. Intanto io mi limito a dire che pensavo che a difendere Valentino Rossi fosse Victor Ukmar, il quale aveva già annunciato battaglia per difendere il suo assistito da quella che ha definito una bufala. In ogni caso, anche in passato, i mega accertamenti fatti ai vip, si sono per lo più conclusi con conciliazioni giudiziali. Il motivo è semplice: nella realtà le situazioni sono sempre un po’ ingarbugliate e tutti hanno almeno qualche ragione, quindi perché litigare e correre il rischio di non ottenere nulla? Meglio accordarsi su una cifra minore ed evitare di pagare le spese di giudizio in caso di soccombenza. Ma voi ci avete pensato a quanto gli costava al Ministero delle Finanze la parcella del difensore di Rossi, se quest’ultimo vinceva il contenzioso?
Probabilmente qualcuno non ci ha dormito la notte. E poi che figura davanti ai media, Vale che festeggia la sua vittoria sul fisco…. Ah, a proposito, in tal caso, le spese di giustizia del fisco perdente venivano pagate con le nostre tasse! Quindi, meglio un accordo.
mercoledì 31 ottobre 2007
No tax area per tutti!
Ma procediamo con ordine. Provate a pensare quando è possibile non pagare tasse o pagarle in misura minore? Ecco un elenco non esaustivo:
1) Quando non si ha nessun reddito: vedi gli studenti a vita che campano alle spalle dei genitori e non hanno mai lavorato in vita loro. Il rovescio della medaglia stà nel fatto che purtroppo tocca studiare e i soldini in tasca sono proprio pochi.
2) Quando si è disoccupati: purtroppo qui c’è niente di cui rallegrarsi.
3) Quando si usufruisce di agevolazioni fiscali: ultimamente se ne vedono molto poche quindi togliamocele dalla testa perché se anche ci fossero sarebbero si quelle per ultranovantenni accompagnati dai genitori.
4) Quando si evade: ci si divide fra i rimorsi di chi ha violato la legge (a dire il vero di solito sono pochi) e la paura di essere scoperti (un po’ di più ma nella vita ci si abitua a tutto).
5) Quando si ricade nella no tax area: e questa è la situazione migliore, massima libidine per tutti!
Diciamocelo chiaramente, cosa c’è di meglio del cullarsi in quel limbo felice che consente di non tirare fuori il becco d’un quattrino e al contempo non comporta nessun tipo di rischio?
Ed è per questo che noi siamo dalla parte della no tax area. Il problema è che purtroppo l’area è un po’ strettina e la compagnia non è molta… e inoltre all’interno non ci si campa molto bene, per cui, volendo aumentare la tribù l’unica strada è aumentare la soglia per la definizione della no tax area.
Ad esempio 10.000 € per tutti secondo me andrebbe benissimo. Infatti non bisogna dimenticare che la no tax area è stata inserita nel nostro ordinamento dal governo per poter alzare le aliquote minime IRPEF indiscriminatamente.
Attualmente, l’aliquota prevista per il primo scaglione dell’IRPEF, cioè per i redditi fino a 15.000 € è pari al 23%. In termini numerici con un reddito pari a 15.000€ si dovrebbero pagare, senza altre deduzioni, ben €3.450 di sola IRPEF! Invece con la no tax area prevista ad esempio per un lavoratore autonomo, se ne pagano 2.346.
L’altra cosa che non ritengo giusta è la discriminazione fra le soglie della no tax area a seconda del tipo di reddito. Il lavoratore dipendente gode di una no tax area maggiore di 8.000 € mentre il pensionato di 7.500 (chissà perché un po’ inferiore al dipendente). Fanalino di coda ovviamente il lavoratore autonomo con 4.800€. Come mai? La risposta è che il lavoratore autonomo è meno amato dei lavoratori dipendenti, da alcune parti politiche è addirittura odiato perché ritenuto evasore. In realtà non dovrebbero esserci distinzioni perché anche gli autonomi sono lavoratori da tutelare. Un conto è il professionista che incamera centinaia di migliaia di euro di reddito all’anno, altra cosa il piccolo commerciante o anche il baby professionista che lavora sottopagato nello studio del proprio dominus.
E’ per questo che io propongo la no tax area unica per tutti a 10.000 €.
Pensate anche a coloro che hanno un reddito pari a 10.000 €. Vi pare giusto che, con il costo della vita attuale, queste persone debbano pure pagare le tasse? Come fa un povero Cristo che guadagna 833 euro al mese o anche meno a pagare l’affitto ad esempio di 500€ e a mangiare, vestirsi ecc… Forse è lo Stato che dovrebbe fare un passo indietro e non chiedere nulla a quei soggetti che si trovano in simili situazioni. Il punto è che le economie dovrebbe farle non il cittadino che si trova in condizioni precarie, ma lo Stato spendaccione che spende male i soldi delle tasse! La pressione fiscale è ormai insostenibile quindi è inutile che costringiamo i cittadini a fare la dieta quando i politici, comunque, hanno sempre la pancia piena! Mettiamo a dieta lo Stato: basta con le spese pazze che non accennano mai a diminuire….
venerdì 20 luglio 2007
STUDI DI SETTORE 1)
Di fatto la metodologia di calcolo alla base degli studi di settore confronta i costi e i ricavi dichiarati dal singolo contribuente con i valori medi del settore di appartenenza, e, qualora i compensi non siano almeno pari al livello della congruità, viene proposto l’adeguamento al valore ritenuto congruo. Il che comporta il pagamento di maggiori imposte su quel reddito in più, che non è reale, ma teorico o meglio “virtuale”, in quanto basato su congetture statistico-matematiche.
Come se non bastasse l’esistenza dello strumento diabolico degli studi di settore, il governo ha voluto dare un “giro di vite” per indurre i cittadini a pagare ancora più tasse.
Ebbene, per coloro che sono già soggetti agli studi di settore, sono stati creati dei nuovi indicatori di normalità economica, legati alle caratteristiche e alle condizioni dell’attività svolta, che già per i redditi 2006, possono comportare (leggi: comportano) un maggior importo di compensi da dichiarare. Per gli anni successivi verranno poi individuati, con revisione triennale, nuovi indici di coerenza elaborati con riferimento a comportamenti considerati normali per lo specifico settore economico.
Per quanto riguarda le società di capitali soggette agli studi, il 7 marzo scorso sono stati approvati quattro tipi di indici di coerenza che trovano applicazione già per i redditi del 2006. Tali indicatori, la cui valenza è limitata alle società operanti in alcuni settori individuati dalla norma, fanno riferimento al rapporto fra componenti positivi e negativi dichiarati ai fini IRAP, al volume d’affari IVA, agli acquisti e importazioni, al valore delle immobilizzazioni, ai costi del personale. Questi indicatori non comportano automaticamente un maggior reddito da dichiarare, ma serviranno a programmare verifiche fiscali nei confronti di coloro che risulteranno incoerenti.
NON AVETE CAPITO NIENTE? Non c’è problema, vi spiego cosa significa tutto ciò nella pratica. Mentre fino all’anno scorso per aziende e lavoratori autonomi era possibile ottenere l’agognata congruità, cioè evitare di pagare più tasse, da quest’anno qualcosa è cambiato, e non certo in meglio. CIOE’: A parità di reddito e di caratteristiche di svolgimento dell’attività, ciò che si è dichiarato l’anno scorso, quest’anno potrebbe non essere più sufficiente, e costringerci a pagare la “sovrattassa sul reddito virtuale”, vale a dire le imposte sul maggio reddito “adeguato”.
Al fine di inibire possibili azioni di manomissione dei dati dichiarati ai fini degli studi di settore, ai contribuenti che nel triennio 2003/2005 hanno indicato redditi congrui ma sistematicamente non coerenti con gli indici, sarà indirizzata una delle 100.000 comunicazioni che il Ministero delle Finanze sta’ spedendo in questi giorni. Ovviamente il ripetersi di tali anomalie anche per il 2006 renderà probabile l’esecuzione di un controllo da parte del fisco. Per scoraggiare i contribuenti dal mantenere una condotta “anomala”, l’Agenzia delle Entrate si avvarrà di una potente arma di terrorismo fiscale, consistente nell’invio di apposite comunicazioni a mezzo posta, in cui farà presente le conseguenze della “perseveratio diabolica”.
Anche i contribuenti finora esclusi dagli studi di settore entrano nel mirino, in quanto saranno tenuti, sin dall’unico 2007, a compilare i modelli Ine, al fine di indicare dei dati su cui il Ministero si baserà per elaborare degli appositi indici, da utilizzare per selezionare i soggetti da sottoporre a successivo controllo.
GLI STUDI DI SETTORE AFFLIGGONO LA VOSTRA ATTIVITA’?
NON RIUSCITE A CAPIRE COME FUNZIONANO?
VORRESTE SAPERNE DI PIU’ MA NON SAPETE A CHI RIVOLGERVI?
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