Contro le tasse. E’ un libro. Ma probabilmente è molto di più. Lo si potrebbe elevare a manifesto di un blog come no-tax area. Lo ha scritto recentemente Oscar Giannino, giornalista, che di economia ne mastica parecchia, visto che ricopre la carica di direttore di Libero Mercato (ma ha scritto anche per Finanza & Mercati e altro…) e spesso lo si vede comparire come ospite in TV. Il pregio principale di questo libro è che rispolvera le tesi economiche e politiche che stanno alla base del pensiero anti tasse. O meglio, riepiloga le basi teoriche e dottrinarie in grado di sorreggere le proteste contro le imposte ingiuste ed eccessive.
E’ un libro per tutti che consiglio vivamente di leggere perché consente di “aprire” un po’ i propri orizzonti.
Ciò che si evidenzia è che quando il prelievo fiscale diventa eccessivo e insostenibile, il cittadino non si ribella solo per motivi di comodo, ma per un principio morale. Leggendo i post precedenti scritti da BML, concordiamo che non è etico pagare più tasse per finanziare maggiore spesa pubblica, con la quale sostenere più sprechi e costi milionari della politica, gli appannaggi della casta e chi più ne ha, più ne metta... Il limite che occorre individuare è quello oltre il quale lo Stato non deve e non può spingersi nelle tasche dei cittadini. Purtroppo tale limite non è condiviso dagli esponenti delle varie parti politiche e perciò si assiste, con l’alternarsi dei vari governi, a brusche inversioni di rotta per perseguire uno stesso fine, ma con soluzioni diverse. Il fine di cui parlo è quello di far contribuire tutti alla spesa pubblica, in base alla propria capacità contributiva, come recita la nostra Costituzione. Ciò che varia, e anche parecchio, è il modo per ottenere questo obiettivo.
Oscar Giannino da sicuro liberista dà alcune spiegazioni sul perché è giusto abbassare le tasse.
Potrà sembrare strano, ma ci sono studi effettuati da grandi luminari dell’economia mondiale, che hanno dimostrato che tagliando le aliquote più alte, in modo pesante, rapido e duraturo, lo Stato ottiene maggiori entrate fiscali e si favorisce energicamente la crescita economica. Numerosi sono gli studi in tal senso eseguiti negli Stati Uniti, ma ormai ne esistono anche di specifici sulla vecchia Europa. E non parliamo di pseudo economisti da strapazzo, come ce ne sono tanti dalle nostre parti, ma stiamo parlando di Edward C. Prescott, premio nobel per l’economia nel 2004, che ha condotto studi approfonditi sull’effetto della riduzione delle aliquote fiscali massime sulle entrate tributarie e sull’andamento dell’economia in USA, ma anche in Europa, ove la sua opera è stata supportata e verificata da tre importanti economisti della BCE. Ebbene, hanno dimostrato che le tasse troppo alte che opprimono gli italiani, ma anche altri cittadini europei, hanno avuto l’effetto di far ridurre le ore lavorate, con la conseguenza di aver ridotto la produttività e quindi il reddito pro-capite, soprattutto per i lavoratori con qualifiche e stipendi più bassi. Alla faccia delle politiche di redistribuzione del reddito, che vorrebbero proprio ottenere l’effetto contrario, cioè di tassare di più i “ricchi”, per redistribuire ai “poveri”. Ovviamente l’effetto della maggior liquidità che si produce in capo alle fasce più deboli, si traduce in crescita della domanda interna e dei consumi, accentuando virtuosamente la crescita economica e quindi il benessere generale. E lo Stato incassa di più fra tasse e contributi.
Tutto ciò è accaduto negli Stati Uniti con la tanto criticata amministrazione Bush dal 2003 ad oggi. E i risultati sono del tutto evidenti: mentre in Europa l’economia ristagna, negli USA è cresciuta del 20%. E guarda caso, sono cresciute pure le imposte incassate dal Governo Federale causando un extragettito record. Stessa cosa è successa in quegli stati europei, come l’Irlanda, che hanno avuto il coraggio di ridurre le tasse e la spesa pubblica.
“Se in Europa si seguissero le ricette di Prescott e si tagliassero le tasse e i contributi sociali portandoli a livello degli USA, nel lungo termine l’economia crescerebbe del 12% e i salari del 25%”.
Ma in Italia le cose non funzionano così, purtroppo.
In politica, invece, almeno in Italia, si tende a “piegare” le incontestabili verità dell’economia alle ideologie e il risultato è che con il centro-destra al governo si seguono le tesi liberiste che vanno nella direzione della giusta riduzione delle tasse, mentre con il centro-sinistra, si va nella direzione opposta.
La riforma di Tremonti, che prevedeva due sole aliquote fiscali al 23% e al 33%, per i redditi oltre i 100.000 €, andava certamente in questa direzione. Purtroppo non è riuscito ad attuarla in pieno e in modo duraturo.
Quanto è stato fatto in tema di riduzione delle imposte, ha comunque prodotto il risultato di incrementare le entrate tributarie, come si è visto quando il Governo Prodi, in carica da pochi mesi, si è ritrovato in tasca il cosiddetto “tesoretto”.
Di critiche ne potrei fare due. Una è che il libro è orientato a destra, dal momento che l’autore è sicuramente uomo di centro destra. Ma, dal momento che le tesi da lui riportate sono di natura economica e pertanto appartengono alla scienza e non all’opinione politica, la lettura viene consigliata in modo particolare agli elettori del centro- sinistra, affinché si convincano che “abbattere le tasse si può, si deve e che non è affatto di destra”.
L’altra contestazione è che, a differenza di ciò che afferma l’autore, la materia fiscale e tributaria non è così complessa nel nostro paese per colpa dei cultori della materia, dei commercialisti e dei tributaristi, che se ne avvantaggerebbero in quanto unici detentori del sapere. La legislazione fiscale è in effetti complessa, eccessivamente articolata e farraginosa, ma le leggi scaturiscono comunque dal mondo politico e non dagli operatori economici e professionali che le utilizzano. E i professionisti sarebbero sicuramente ben felici di non dover studiare tutti i giorni dei nuovi provvedimenti che vanno ad integrare o a cambiare la già complessa materia di interesse.
Vi lascio alla lettura. Vi arricchirà nello spirito, anche se non vi farà risparmiare sulle tasse…
E’ un libro per tutti che consiglio vivamente di leggere perché consente di “aprire” un po’ i propri orizzonti.
Ciò che si evidenzia è che quando il prelievo fiscale diventa eccessivo e insostenibile, il cittadino non si ribella solo per motivi di comodo, ma per un principio morale. Leggendo i post precedenti scritti da BML, concordiamo che non è etico pagare più tasse per finanziare maggiore spesa pubblica, con la quale sostenere più sprechi e costi milionari della politica, gli appannaggi della casta e chi più ne ha, più ne metta... Il limite che occorre individuare è quello oltre il quale lo Stato non deve e non può spingersi nelle tasche dei cittadini. Purtroppo tale limite non è condiviso dagli esponenti delle varie parti politiche e perciò si assiste, con l’alternarsi dei vari governi, a brusche inversioni di rotta per perseguire uno stesso fine, ma con soluzioni diverse. Il fine di cui parlo è quello di far contribuire tutti alla spesa pubblica, in base alla propria capacità contributiva, come recita la nostra Costituzione. Ciò che varia, e anche parecchio, è il modo per ottenere questo obiettivo.
Oscar Giannino da sicuro liberista dà alcune spiegazioni sul perché è giusto abbassare le tasse.
Potrà sembrare strano, ma ci sono studi effettuati da grandi luminari dell’economia mondiale, che hanno dimostrato che tagliando le aliquote più alte, in modo pesante, rapido e duraturo, lo Stato ottiene maggiori entrate fiscali e si favorisce energicamente la crescita economica. Numerosi sono gli studi in tal senso eseguiti negli Stati Uniti, ma ormai ne esistono anche di specifici sulla vecchia Europa. E non parliamo di pseudo economisti da strapazzo, come ce ne sono tanti dalle nostre parti, ma stiamo parlando di Edward C. Prescott, premio nobel per l’economia nel 2004, che ha condotto studi approfonditi sull’effetto della riduzione delle aliquote fiscali massime sulle entrate tributarie e sull’andamento dell’economia in USA, ma anche in Europa, ove la sua opera è stata supportata e verificata da tre importanti economisti della BCE. Ebbene, hanno dimostrato che le tasse troppo alte che opprimono gli italiani, ma anche altri cittadini europei, hanno avuto l’effetto di far ridurre le ore lavorate, con la conseguenza di aver ridotto la produttività e quindi il reddito pro-capite, soprattutto per i lavoratori con qualifiche e stipendi più bassi. Alla faccia delle politiche di redistribuzione del reddito, che vorrebbero proprio ottenere l’effetto contrario, cioè di tassare di più i “ricchi”, per redistribuire ai “poveri”. Ovviamente l’effetto della maggior liquidità che si produce in capo alle fasce più deboli, si traduce in crescita della domanda interna e dei consumi, accentuando virtuosamente la crescita economica e quindi il benessere generale. E lo Stato incassa di più fra tasse e contributi.
Tutto ciò è accaduto negli Stati Uniti con la tanto criticata amministrazione Bush dal 2003 ad oggi. E i risultati sono del tutto evidenti: mentre in Europa l’economia ristagna, negli USA è cresciuta del 20%. E guarda caso, sono cresciute pure le imposte incassate dal Governo Federale causando un extragettito record. Stessa cosa è successa in quegli stati europei, come l’Irlanda, che hanno avuto il coraggio di ridurre le tasse e la spesa pubblica.
“Se in Europa si seguissero le ricette di Prescott e si tagliassero le tasse e i contributi sociali portandoli a livello degli USA, nel lungo termine l’economia crescerebbe del 12% e i salari del 25%”.
Ma in Italia le cose non funzionano così, purtroppo.
In politica, invece, almeno in Italia, si tende a “piegare” le incontestabili verità dell’economia alle ideologie e il risultato è che con il centro-destra al governo si seguono le tesi liberiste che vanno nella direzione della giusta riduzione delle tasse, mentre con il centro-sinistra, si va nella direzione opposta.
La riforma di Tremonti, che prevedeva due sole aliquote fiscali al 23% e al 33%, per i redditi oltre i 100.000 €, andava certamente in questa direzione. Purtroppo non è riuscito ad attuarla in pieno e in modo duraturo.
Quanto è stato fatto in tema di riduzione delle imposte, ha comunque prodotto il risultato di incrementare le entrate tributarie, come si è visto quando il Governo Prodi, in carica da pochi mesi, si è ritrovato in tasca il cosiddetto “tesoretto”.
Di critiche ne potrei fare due. Una è che il libro è orientato a destra, dal momento che l’autore è sicuramente uomo di centro destra. Ma, dal momento che le tesi da lui riportate sono di natura economica e pertanto appartengono alla scienza e non all’opinione politica, la lettura viene consigliata in modo particolare agli elettori del centro- sinistra, affinché si convincano che “abbattere le tasse si può, si deve e che non è affatto di destra”.
L’altra contestazione è che, a differenza di ciò che afferma l’autore, la materia fiscale e tributaria non è così complessa nel nostro paese per colpa dei cultori della materia, dei commercialisti e dei tributaristi, che se ne avvantaggerebbero in quanto unici detentori del sapere. La legislazione fiscale è in effetti complessa, eccessivamente articolata e farraginosa, ma le leggi scaturiscono comunque dal mondo politico e non dagli operatori economici e professionali che le utilizzano. E i professionisti sarebbero sicuramente ben felici di non dover studiare tutti i giorni dei nuovi provvedimenti che vanno ad integrare o a cambiare la già complessa materia di interesse.
Vi lascio alla lettura. Vi arricchirà nello spirito, anche se non vi farà risparmiare sulle tasse…
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