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venerdì 7 novembre 2008

L’ENEL vi chiede i dati catastali? Niente paura lo prescrive la legge.

In questo periodo l’ENEL sta inviando ai propri utenti le richieste dei dati catastali degli immobili presso cui sono attivate le forniture di energia elettrica. Come si può leggere sul modello la comunicazione deriva da un obbligo di legge ed in particolare dalla legge finanziaria per il 2005 (L. 30/12/2004 n. 311 art. 1, comma 333). Tale comma prevede che tutte le società che somministrano energia elettrica, gas e servizi idrici richiedano ai propri clienti i dati catastali identificativi dell’immobile presso cui è attivato il contratto di fornitura. I dati saranno poi trasmessi all’Anagrafe Tributaria in modalità telematica. La finanziaria per il 2005 contiene semplicemente la previsione di una data, a partire dal 1° aprile 2005, dalla quale dare attuazione ad una disposizione di legge ben più “antica”. Il riferimento è infatti all’art. 7, 5° comma, del D.P.R. n. 605 del 29/09/1973 che prescrive “Al fine dell’emersione delle attività economiche, con particolare riferimento all’applicazione dei tributi erariali e locali nel settore immobiliare, gli stessi soggetti (aziende, istituti enti e società che somministrano utenze varie) devono comunicare i dati catastali identificativi dell’immobile presso cui è attivata l’utenza, dichiarati dagli utenti”. In questo “passaggio” si comprende il fine della comunicazione. In pratica, il fisco ha bisogno di dati ai fini dello svolgimento della propria attività accertamento riferibile agli immobili. Chi abita o lavora in un immobile ha bisogno dell’allacciamento alle varie utenze. Anche chi non ha un regolare contratto di locazione registrato presso l’Agenzia delle Entrate che comporta il pagamento dell’imposta di registro e delle varie imposte sui redditi da parte del locatore. Quindi dall’intreccio delle informazioni possedute dai fornitori di energia ecc… con quelle già in possesso dell’Anagrafe tributaria dovrebbe risultare una miscela esplosiva che potrebbe portare al recupero di una buona fetta di evasione fiscale collegata agli immobili nel nostro paese.

Questo almeno in teoria. Ma in pratica cosa può succedere?

1) Che gli evasori, attivi o passivi, cioè i locatori e i locatari, non in regola con il fisco, omettano di comunicare i dati richiesti. In questo caso è prevista una sanzione da 103 € a 2065, ai sensi dell’art. 13 del DPR 29/09/1973 n. 605.
Però bisogna considerare che la comunicazione dei dati catastali all’ENEL o ad altri erogatori va spedita per posta ordinaria. Quindi è possibile che parecchi questionari compilati e rispediti vadano persi. A mio avviso non è possibile irrogare sanzioni se non si prova che il contribuente/utente abbia ricevuto il questionario e non lo abbia rispedito compilato.
Se il pensiero di essere sanzionati non vi fa dormire la notte allora rispedite il questionario per raccomandata!
2) Se si omette l’invio del questionario si impedisce al fisco di ottenere quei dati che possono portare ad effettuare un accertamento.
Solo in un secondo tempo, controllando la massa di dati ricevuti e incrociandoli con quelli già a disposizione, l’Agenzia delle Entrate selezionerà le posizioni incongruenti e procederà ad un controllo ulteriore, sul campo. E cioè la battaglia si sposterà casa per casa, al fine di verificare locazioni abusive di immobili e attività artigianali sconosciute al fisco. E’ chiaro che se la massa di questionari non inviati volontariamente, quelli spediti e non arrivati, quelli contenenti dati errati ecc.. è molto elevata, l’operazione studiata dal fisco può andare a monte, perché la scrematura iniziale non consentirebbe di concentrare gli sforzi su un numero sufficientemente limitato di posizioni anomale.
3) Le associazioni dei consumatori hanno lamentato che per molti utenti è difficile reperire i dati catastali dell’immobile e che l’Anagrafe tributaria ha già molti dati relativi alle utenze. E’ senz’altro vero, ma allora che cosa dovrebbero dire l’ENEL e gli altri gestori? Perché quel piccolo comma contenuto nella Finanziaria per il 2005 grava notevolmente anche sugli erogatori. E non appare giusto che l’Agenzia delle Entrate scarichi il proprio lavoro su soggetti terzi che si vedono costretti ad effettuare una notevole mole di lavoro, e per di più gratis! Oppure sui contribuenti che sono chiamati a rispondere a quesiti tecnici, tali da generale allarmismo e sconforto negli anziani e non solo, che non sono in grado di compilare i modelli senza un supporto esterno.
Per tutti questi motivi, pur ritenendo sacrosanto il compito di “stanare gli evasori”, io ritengo scandaloso accollare ad altri quei controlli che la legge impone agli organi competenti.

giovedì 10 luglio 2008

Gli studi di settore. La mappa per il 2008.

Relativamente ai redditi per il 2007 gli studi di settore sono giunti ormai al 10° anno di vita. Per questo motivo è stato opportuno ricorrere ad un “tagliando” per adeguarli maggiormente all’evoluzione dei settori oggetto di controllo.
Ma cosa sono in sintesi gli studi di settore? Sono delle metodologie informatiche-statistiche di calcolo dei ricavi o dei compensi presunti relativi all’attività di imprese e professionisti utilizzabili come strumento di accertamento.
In pratica basta inserire i propri dati contabili e fiscali nel programma Gerico realizzato per conto del Ministero delle Finanze, insieme ad altri dati relativi allo svolgimento dell’attività, per ottenere il responso, o meglio i responsi, che confermano o meno la regolarità dell’impresa o professionista.
Attualmente gli studi di settore sono 206 e sono relativi alle varie attività economiche svolte dai lavoratori autonomi. Di questi, 138 sono definitivi, cioè consentono l’utilizzo pieno ai fini dell’accertamento. In caso di adeguamento, cioè se il contribuente riconosce di aver omesso dei ricavi o compensi, è dovuta la maggiorazione del 3%, qualora gli importi dichiarati in meno siano superiori al 10% del totale calcolato da Gerico. Per i definitivi sono inoltre applicabili gli indicatori di normalità economica (INE), che servono a individuare anomalie che possono derivare da una indicazione infedele nel quadro dei redditi d’impresa o professione, nonché per quantificare i maggiori ricavi o compensi conseguenti. I nuovi indicatori introdotti da quest’anno sono relativi al costo dei beni ammortizzabili, la durata delle scorte e l’incidenza dei costi residui di gestione sul totale dei ricavi.
68 sono revisionati, vale a dire risultano dall’evoluzione di precedenti studi esistenti, e sono considerati al pari dei nuovi studi. Ciò significa che non è dovuta la maggiorazione del 3% in caso di adeguamento per importi di ricavi superiori al 10%. Agli studi revisionati si applicano, oltre agli indicatori di normalità definitivi, gli indicatori di coerenza che incidono direttamente sul calcolo della congruità. La novità di quest’anno è che è ora possibile dare giustificazioni in caso di situazioni anomale ed anche di “forzare” il calcolo proposto dal software ministeriale.
4 studi, infine sono monitorati e cioè non sono ancora utilizzabili direttamente ai fini dell’accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate. La compilazione è comunque utile a quest’ultima per selezionare eventuali posizioni anomale ai fini del controllo.
Il raggiungimento della congruità e della coerenza mette al riparo non solo dagli accertamenti basati sugli studi di settore, che sono i più frequenti, ma anche da quelli analitico-induttivi.
In sostanza i “contribuenti virtuosi” naturalmente o anche in seguito ad adeguamento, sono al riparo dagli accertamenti se l’ammontare dei ricavi o compensi non dichiarati è pari o inferiore al 40 % del totale. E’ previsto un massimo di 50.000 euro alle attività eventualmente non dichiarate. In pratica se ho dichiarato un reddito pari a 100.000 euro, non posso subire accertamenti analitico-induttivi se i maggiori compensi non sono superiori a 40.000 euro (40% del dichiarato) o, in ogni caso se non sono maggiori di 50.000 euro. Nel caso in cui si subisca un accertamento ulteriore le sanzioni pecuniarie dovute saranno maggiorate del 10% per le violazioni di omessa o infedele indicazione dei dati indicati nei modelli per gli studi di settore o delle inesistenti cause di esclusione o inapplicabilità degli stessi.

martedì 29 aprile 2008

L'elenco clienti e fornitori. Oggi l'ultimo invio?

L’adempimento fiscale più gettonato dell’ultimo periodo è il famigerato elenco clienti e fornitori.
Esso è stato reintrodotto a partire dall’anno d’imposta 2006 ed ora è alla seconda edizione con l’anno 2007.
La storia degli elenchi è però un po’ più vecchia. In passato esistevano già…. Vennero aboliti molti anni or sono perchè considerati un adempimento inutile e particolarmente fastidioso per i contribuenti.
In seguito il Ministro Visco ha pensato bene di reintrodurli. Lo scopo è semplice. Spiare i contribuenti per carpirne i segreti e qualche elemento utile per gli accertamenti.

CHE COS’E’. L’elenco, come dice il termine, è una lista di tutti i clienti (o fornitori), completa di codice fiscale, con l’indicazione dell’importo complessivo delle operazioni intercorse con lo stesso nel corso dell’anno d’imposta. Non tutte le operazioni vanno indicate, ma solo quelle rilevanti ai fini IVA, e cioè quelle imponibili, con relativa imposta, quelle non imponibili e quelle esenti, al netto delle eventuali note di variazione.

CHI E’ OBBLIGATO. Tutti i soggetti passivi IVA che abbiano emesso o ricevuto fatture nel corso del 2007. Sono obbligati anche i soggetti non residenti con stabile organizzazione in Italia, quelli che vi operano tramite un rappresentante fiscale, i curatori fallimentari ed i commissari liquidatori, i soggetti dispensati da adempimenti, in quanto effettuano esclusivamente operazioni esenti, ex art. 36-bis.

GLI ESCLUSI. Sono esclusi i contribuenti minimi in regime di franchigia, lo Stato, le Regioni, le Province e i Comuni ed altri organismi di diritto pubblico, nonché gli organismi essenzialmente senza scopo di lucro.

LA SCADENZA. Per gli elenchi relativi al 2007 la scadenza è oggi, 29 aprile 2008. Tutti si chiederanno perché non il 30 aprile, visto che è giorno feriale. Ma purtroppo non c’è risposta…


LE OPERAZIONI ESCLUSE. Per il 2007 (come per il 2006) è consentito di indicare solo la partita IVA di clienti e fornitori e non il codice fiscale. Il quale è diverso dalla partita IVA non solo per le imprese individuali e liberi professionisti, ma anche per le società che hanno spostato la sede in una provincia diversa, oppure che hanno posto in essere operazioni straordinarie. Sono poi escluse le fatture di importo inferiore a 154,94 euro, registrate cumulativamente, e quelle relative e fatture ricevute che non sono soggette a registrazione IVA, come le nuove attività o le attività marginali ex art. 13 e 14 legge n. 388/2000.

I CONTROLLI POSSIBILI. I controlli che sono ipotizzabili grazie ai dati contenuti negli elenchi sono quelli derivanti dall’”incrocio” dei dati ottenuti dai vari soggetti. In sostanza se Tizio dichiara di aver fatturato 1000 a Caio, il quale dichiara a sua volta di aver acquistato 1000 da Tizio, nessun problema. Se ci sono delle discordanze notevoli, allora possono cominciare i guai, perché il software di controllo dell’Agenzia delle Entrate dovrebbe rilevare l’anomalia. Il condizionale è d’obbligo perché non si sa esattamente come funzioneranno le verifiche. Certo è che si dovrà trattare di differenze macroscopiche, perché suonino i campanelli d’allarme del fisco.
Diciamo che i controlli incrociati non sono un’invenzione recente, visto che sono applicati con successo da parecchi anni, in sede d’accertamento. Per esempio in sede di verifica delle cosiddette “cartiere”, cioè società che producono solo carta, fatture per operazioni inesistenti. In quel caso i verificatori procedono al controllo di tutti i clienti e fornitori con cui la società oggetto di indagine ha avuto rapporti. Ebbene, da oggi, non sarà più necessario neanche l’accesso presso l’azienda, perché l’Agenzia delle Entrate ha già tutti i dati necessari per i controlli incrociati. Per cui potrà concentrarsi solo su quelle posizioni che presentano sicuri aspetti di evasione fiscale, con notevole risparmio di tempo e minori “seccature” per i contribuenti formalmente corretti. E’ chiaro che è improbabile l’utilizzo generalizzato di software in grado di confrontare tutto ciò che le imprese hanno dichiarato in quanto ciò pone pesanti problemi di legittimità. Un po’ come le indagini finanziarie, che n0n sono attivabili sulla massa dei contribuenti al fine di selezionare le posizioni anomale. Quindi l’effetto probabilmente non sarà così devastante!

CONCLUSIONI. Comunque ci auguriamo che quello del 2007 sarà l’ultimo anno soggetto a tale obbligo fiscale e che il futuro Ministro Tremonti voglia abolirlo quanto prima.
I disagi sopportati dai contribuenti (e dai commercialisti) probabilmente non giustificano i possibili introiti che il fisco potrebbe conseguire. E poi non è corretto scaricare a valle degli oneri che sono esclusivamente propri dell’Agenzia delle Entrate, nell’ambito della propria attività di controllo.
Speriamo vivamente che il Governo Berlusconi prenda subito le distanze dal percorso intrapreso dal Governo Prodi, così non dovremo prepararci a pagare il caffè al bar con la carta di credito e ad emettere le nostre fatture con un programma del ministero che comunica automaticamente tutti i dati al fisco!

martedì 11 dicembre 2007

Nella lotta all’evasione fiscale la G.D.F. non è C.S.I.!

Come tutti gli anni, di questi giorni, ci tocca sorbire l’esaltazione della Guardia di Finanza in occasione della presentazione del bilancio annuale dell’attività di lotta all’evasione fiscale.
Stavolta l’occasione è stata la cerimonia di inaugurazione dell’anno accademico della scuola di Polizia tributaria. Qui non si vuole denigrare l’operato della GDF, che spesso fa fronte con grandi sacrifici a tutti i compiti differenziati a gravosi, ma purtroppo non possiamo esimerci dal far funzionare la testa.
Quest’anno le Fiamme Gialle hanno scoperto ben 27,7 miliardi di euro di redditi non dichiarati e un’evasione di IVA di 4,2 miliardi.
Ora, noi tutti dovremmo considerare che la cifra che lo Stato incasserà, rispetto a questa massa abnorme di tributi evasi è una parte infinitesima, una piccola percentuale. E questo dopo diversi anni di contenziosi, procedure esecutive ecc…
Appare subito evidente che c’è qualcosa che non torna in quanto suonare le fanfare per trilioni di euro di evasione fiscale e poi, sotto sotto, riuscire a incassarne solo pochi spiccioli….. non è serio!
Provo a dare una chiave di lettura della situazione.
Spieghiamo in pratica come funziona il meccanismo degli accertamenti fiscali.
La GDF come anche l’Agenzia delle Entrate esegue accessi, ispezioni e verifiche fiscali presso i contribuenti, privati, aziende ecc…
Gli operatori quindi redigono un verbale di constatazione in cui elencano i controlli effettuati e le irregolarità riscontrate ecc…
A questo punto la “palla” passa all’Agenzia delle Entrate che, in presenza di violazioni della norma tributaria, deve emettere un Avviso d’accertamento. La GDF non emette avvisi d’accertamento perché ciò non è previsto dalla legge.
Quindi è l’Agenzia delle Entrate che semmai accerta l’evasione fiscale e “tenta” di recuperare le imposte, le sanzioni e gli interessi derivanti dall’evasione stessa.
Già qui si vede una prima incongruenza: perché nel trionfo dello Stato nella lotta all’evasione fiscale si “premia” il prezioso lavoro di verifica della GDF e gli si attribuiscono tutti i meriti mentre il lavoro delle Agenzie delle Entrate, ben più tecnico, e che conduce all’atto impositivo vero e proprio, non viene quasi considerato? Misteri italiani.
Spezziamo una lancia in favore dell’Agenzia delle Entrate. Le agenzie infatti sono già da anni organizzate come vere e proprie aziende private, redigono un bilancio dell’attività svolta considerando le entrate derivanti dai recuperi d’imposta e le uscite relative ai costi del personale impiegato per l’attività di controllo e di accertamento. E i conti devono quadrare! Quindi fanno molta attenzione ai tempi e ai costi dell’attività svolta e in caso di colpe nell’impostazione di accertamenti non corretti, corrono sempre il rischio di subire una condanna al pagamento delle spese in Commissione Tributaria. Forse anche i Tribunali dovrebbero essere organizzati così…
Quello chi mi preme considerare è la differenza di obiettivo fra GDF e Agenzia delle Entrate. La prima cerca di far lievitare l’importo complessivo delle somme evase contestate nei verbali redatti in sede di ispezione, così lo Stato fa bella figura e persegue i suoi fini di propaganda anti-evasione, la seconda deve recuperare realmente i soldi dell’evasione, stando attenta ai costi del personale impiegato e correndo il rischio di non raggiungere il pareggio del bilancio a fine anno. Evidentemente una situazione del genere si presta a creare molto attrito fra Fiamme Gialle e Agenzia delle Entrate.
A ciò si aggiunga che, come anticipato nel titolo, la Guardia di Finanza non è CSI, cioè i corpi della polizia scientifica americana che vediamo in TV e che riescono sempre con tecnologie avveniristiche a scoprire i colpevoli. Purtroppo il livello tecnico dei finanzieri spesso non è all’altezza dei compiti assegnatigli per contrastare l’evasione fiscale. Spesso l’arma più efficace è l’intimidazione del presunto evasore e l’ingaggio di una la lotta psicologica per indurlo a commettere qualche errore e così smascherarsi. Chi ha subito una visita della “Finanza” sa cosa vuol dire… E mi riferisco alle sole questioni tributarie e non ai compiti di Polizia Giudiziaria per i quali i metodi sono magari più adeguati. Dicevamo… mancando la preparazione tecnica propria di chi studia e si aggiorna costantemente, come fanno i professionisti giuridici e contabili, che si occupano delle medesime discipline, è comprensibile che buona parte delle verifiche fatte dalla GDF sia magari un po’ carente sotto il profilo tecnico e teorico…. Tanto alla fine, se ci sono problemi, ci pensa l’Agenzia delle Entrate. Il risultato è che spesso l’Agenzia delle Entrate, per non dover pagare di “tasca sua” gli errori e le imprecisioni fatte da altri, si vede costretta a scartare (o ridurre fortemente negli importi contestati) molti verbali delle Fiamme Gialle, perché le motivazioni degli avvisi d’accertamento devono sempre essere credibili e inoppugnabili. Un conto è sospettare che un contribuente evada le tasse, altra cosa è provarlo in base alle leggi tributarie vigenti e riuscire a farlo pagare. Ecco a mio avviso dove “spariscono” alcuni miliardi di evasione. Qualcun altro svanisce forse per colpa delle Agenzie delle Entrate. Poi ci può essere il merito dei professionisti che difendono i propri clienti innanzi alla giustizia tributaria e riescono a ridurre ancora gli importi contestati. E alla fine quello che rimane non sono che gli spiccioli…. Cioè meno del 10% delle somme contestate in origine. Mi viene un dubbio: non è che anche l’evasione fiscale è un’invenzione di Visco per continuare a tartassarci per benino e recuperare risorse per la spesa pubblica?

martedì 13 novembre 2007

Valentino Rossi. E ancora questa storia delle tasse!

Su quello che sta’ succedendo al nostro sette volte campione iridato in tema di tasse occorre fare un po’ di chiarezza. Prima di giudicare o lasciarsi andare a commenti fuori luogo.
L’art. 48 del D. Lgs. 31.12.1992, n. 546, contenente le norme che disciplinano il contenzioso tributario, è intitolato “conciliazione giudiziale”. E’ questo l’istituto applicabile alle controversie tributarie poste in essere da Valentino Rossi avverso gli avvisi di accertamento notificatigli da parte dell’Agenzia delle Entrate di Pesaro. Senza voler fare una trattazione scientifica troppo accurata e pesante da digerire, diciamo che la conciliazione giudiziale ha le seguenti caratteristiche:
1. Si può chiedere quando esiste un contenzioso tributario non ancora definito: cioè si è ricevuto l’avviso d’accertamento o la cartella di pagamento e si è proposto ricorso in Commissione Tributaria Provinciale e si è in attesa della prima udienza per la discussione del merito.
2. Entrambe le parti possono richiederlo: sia il contribuente ricorrente, sia l’Agenzia delle Entrate (resistente). Il tentativo lo può esperire anche la stessa Commissione Tributaria.
3. E’ possibile richiedere la conciliazione anche nel corso della prima udienza prevista per la discussione del ricorso.
4. Può essere totale, cioè riguardare tutte le questioni oggetto della lite, oppure parziale.
Si può chiedere per tutte le controversie di competenza delle Commissioni Tributarie ad eccezione di quelle aventi ad oggetto sole sanzioni tributarie.
5. L’effetto della conciliazione è “l’estinzione totale del giudizio” oppure “parziale”.
6. Il vantaggio per il contribuente è che consente di rideterminare, in contraddittorio, il reddito imponibile (per le imposte dirette) o le operazioni rilevanti (per l’IVA). Oltre alle minori imposte ricalcolate sui nuovi imponibili, sono dovute le sanzioni ridotte a 1/3 di quelle irrogate( almeno pari ad 1/3 del minimo edittale). Quello per il fisco è che prende meno soldi ma li prende!
7. La conciliazione giudiziale si perfeziona con il versamento, entro 20 giorni dalla data del processo verbale, dell’intera somma dovuta o della prima rata, nel caso sia stata concessa la rateazione, verso presentazione delle idonee garanzie (fideiussioni bancarie o polizze fideiussorie). Se non viene pagata anche una sola delle rate successive o il fideiussore non paga, le somme dovute vengono iscritte a ruolo dall’Agenzia delle Entrate e riscosse coattivamente.

Vorrei chiarire una volta per tutte che la conciliazione giudiziale non è un modo per fare “lo sconto” agli evasori, perché il presupposto è un vantaggio per l’Amministrazione Finanziaria. Infatti nella proposta di conciliazione deve essere contenuta la motivazione che deve obbligatoriamente prevedere un vantaggio per il fisco. Che può essere la riscossione sicura ed in tempi brevi di una parte delle somme richieste, di ridurre il contenzioso, di evitare l’addebito delle spese di difesa del contribuente vittorioso (se la CTP le riconosce). Quindi se l’Agenzia delle Entrate rinuncia ad una parte del credito, non lo fa per privilegiare qualcuno che, per sua fortuna, già lo è, ma in ossequio alla legge e con tutte le motivazioni del caso che sono coerenti con il buon andamento dell’attività amministrativa.
Altra cosa. La conciliazione giudiziale è per tutti coloro che si trovano in una certa situazione processuale tributaria. Non è privilegio di pochi.
Per concludere la mia opinione. Come ha detto il Prof. Ukmar in una intervista di ieri, il problema di fondo è che il campione ha bisogno di tranquillità per correre, e questa non è possibile in presenza di contenziosi con il fisco di questa entità. Poi c’è il danno all’immagine, che costa in termini di minori incassi per sponsorizzazione. Non è che il collegio difensivo di Valentino non sia convinto delle sue buone ragioni, ma forse il gioco non vale la candela…
Come sempre la verità sta’ nel mezzo…
O forse anche nelle recenti modifiche del diritto tributario inglese, che ha innalzato considerevolmente le aliquote per gli stranieri residenti nel Regno Unito, ma che conseguono i loro redditi fuori dallo stesso. Chissà….

lunedì 12 novembre 2007

Valentino Rossi. Ancora sta’ storia delle tasse

Nelle ultime ore si leggono notizie di un possibile accordo fra Valentino Rossi e l’Agenzia delle Entrate di Pesaro in merito all’avviso d’accertamento milionario ricevuto dal campione l’estate scorsa. Fra gli altri vi segnaliamo:
http://www.lastampa.it/sport/cmsSezioni/motomondiale/200711articoli/12038girata.asp
Dell’argomento ci siamo già occupati di ritorno dalle vacanze, ma è giusto spendere qualche parola per chiarire i dubbi dei fans e del popolo della rete che, mi sembra, "naviga" un po’ nel buio…
Ho letto su alcuni blog che c’è gente inc….ta perché ritiene che l’accordo presunto sia il solito modo di premiare gli evasori famosi, con corsie preferenziali e per massacrare gli altri poveri contribuenti!
Santa ignoranza!!! Mi sa che il nostro commercialista dovrebbe un po’ illuminarci su questo argomento di attualità. Intanto io mi limito a dire che pensavo che a difendere Valentino Rossi fosse Victor Ukmar, il quale aveva già annunciato battaglia per difendere il suo assistito da quella che ha definito una bufala. In ogni caso, anche in passato, i mega accertamenti fatti ai vip, si sono per lo più conclusi con conciliazioni giudiziali. Il motivo è semplice: nella realtà le situazioni sono sempre un po’ ingarbugliate e tutti hanno almeno qualche ragione, quindi perché litigare e correre il rischio di non ottenere nulla? Meglio accordarsi su una cifra minore ed evitare di pagare le spese di giudizio in caso di soccombenza. Ma voi ci avete pensato a quanto gli costava al Ministero delle Finanze la parcella del difensore di Rossi, se quest’ultimo vinceva il contenzioso?
Probabilmente qualcuno non ci ha dormito la notte. E poi che figura davanti ai media, Vale che festeggia la sua vittoria sul fisco…. Ah, a proposito, in tal caso, le spese di giustizia del fisco perdente venivano pagate con le nostre tasse! Quindi, meglio un accordo.

giovedì 11 ottobre 2007

IL DENTISTA EVASORE

La notizia dell’ultima ora riguarda un dentista di Sassari che, a detta dei giornali, ha subito un approfondito controllo da parte delle Fiamme Gialle, che avrebbero accertato una maxi truffa e una maxi evasione fiscale per un totale di 12 milioni di euro!
Già nel maggio scorso il Gip di Sassari aveva chiesto delle misure cautelari nei confronti del professionista, disponendo il sequestro di numerosi beni immobili ed auto di lusso. E quando dico di lusso dico Ferrari e Lamborghini!
L’operazione condotta dalla Gdf è stata denominata “Golden Bridges” probabilmente alludendo ai ponti d’oro che il dentista è solito impiantare così bene nella bocca dei pazienti.
A quanto pare i militari hanno scoperto ingenti movimentazioni di denaro sui conti del suocero e della moglie del professionista, senza che gli stessi esercitassero specifiche attività economiche tali da giustificare degli introiti così consistenti. Sul conto del suocero pare che siano transitati alcuni milioni di euro negli ultimi anni.

Questa è la cronaca. Delle vicende giudiziarie e fiscali se ne occuperanno il tribunale e la commissione tributaria e ovviamente, fino ad una sentenza passata in giudicato, il dentista dei ponti d’oro è innocente.

In realtà ciò che si vuole sottolineare è un altro aspetto. Il dentista sardo è sicuramente un caso di professionista molto affermato che è riuscito ad ottenere successi professionali indiscutibili curando una moltitudine di pazienti.
Il problema è come si concilia una carriera così brillante dal punto di vista professionale con una organizzazione così poco avveduta dal punto di vista contabile e amministrativo.
Poniamo il caso che ci fosse l’intento di evadere e di farla franca. Il consiglio che possiamo sicuramente dare al soggetto in questione è di continuare a fare il dentista e lasciare ad un professionista serio il compito di dare la giusta impostazione alla questione. Ma è mai possibile che nell’anno 2007 si debba assistere a simili dimostrazioni di “evasore fai da te” ????
1) Se uno ha qualcosa da nascondere deve sempre mimetizzarsi: non può girare in FERRARI e LAMBORGHINI e dichiarare 120.000 euro di reddito annuo.
2) Versare i compensi sul conto del suocero pensionato è una soluzione non solo priva di fantasia, ma anche puerile. Gli accertamenti finanziari ci sono sempre stati in simili casi, in più da quest’anno hanno preso nuovo vigore in seguito ad alcune modifiche operative anche in occasione della rafforzata lotta all’evasione fiscale del temibile Visco. E ovviamente questi accertamenti coinvolgono i conti correnti di tutti i parenti…
3) Gli acquisti immobiliari: pare che il professionista, nel giro di pochi anni abbia acquistato per sé e familiari, diversi immobili di pregio in Sardegna, a Milano e a Montecarlo! Ma insomma!
Penso che alla torta manchi solo una ciliegina: la residenza nel Principato di Monaco! (magari ce l’ha anche).
Quindi a tal punto ci si ritrova con il classico cerino in mano dopo l’incendio.

CONSIGLIO AGLI EVASORI: NON FATE I PATACCA!!!

E’ come se il nostro dentista volesse operare sui suoi pazienti a mani nude.
Per fare le cose gli strumenti ci sono, basta darsi il tempo di trovarli affidandosi ad un professionista serio, che, anche se non condivide la vostra scelta di evasore ad oltranza (regola basilare è che non puoi evadere al 100%, prima o poi ti beccano), vi potrà almeno evitare gli accertamenti, le sanzioni, e la galera (beh, lì è davvero difficile arrivarci, ma non si sa mai).
Che dire…. State in campana!