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lunedì 8 novembre 2010

La stangata del fisco sui redditi degli spagnoli

Qualche settimana fa ho letto su un quotidiano italiano un articolo che accennava alle misure della legge di bilancio prese nella vicina in Spagna, tendenti a recuperare maggiori incassi erariali con l’inasprimento delle imposte dirette sui redditi.
Per farla breve, pare che in Spagna l’aliquota fiscale per i redditi oltre i 175.000 euro è passata dal 22,5 al 23,5%. Di qui il titolo dell’articolo che parlava dei cosiddetti “paperoni” spagnoli super tassati dal fisco.
I redditi superiori a 120.000 euro hanno invece subito un incremento di aliquota dal 21,5% al 22,5%.
Considerando che i contribuenti spagnoli che vantano simili redditi sono circa 100.000, si parla di una stangata di importo compreso fra 1.700 e 2.000 euro annui procapite.
La cosa che mi sembra a dir poco scandalosa è l’entità del prelievo fiscale correlato ai redditi medio alti e alti, superiori a 120.000 e 175.000 euro annui.
In Italia, è bene saperlo, i redditi superiori alla ben più modesta soglia di 75.000 euro, scontano un’ IRPEF del 43%. Il che significa quasi il doppio rispetto alla Spagna. Già la cosa fa riflettere, visto che la Spagna è un paese europeo e non mi risulta che abbia livelli di servizi pubblici inferiori ai nostri.
In Italia l’aliquota IRPEF minima, prevista per redditi inferiori a 15.000 €, è pari a 23%. In Spagna il 23,5% lo pagano i redditi superiori a 175.000€. Va bene che noi dobbiamo pagare gli interessi sul debito pubblico, ma pagare il doppio rispetto ai cittadini spagnoli mi sembra una presa in giro.
La critica non è rivolta ai governi che si sono succeduti in Italia negli ultimi anni, visto che le aliquote sono molto simili, ma all’Italia: se fossimo in un libero mercato dovremmo chiudere bottega. Chi sarebbe disposto a pagare uno stesso servizio il doppio rispetto ad un altro?

venerdì 12 settembre 2008

Le paleo-detrazioni d'imposta.

Su il Sole 24 Ore del 10 agosto scorso c’era un articolo intitolato “Sconti fiscali d’annata” in cui si citavano molte detrazioni d’imposta o soglie utili ai fini delle imposte i cui importi sono rimasti fermi agli anni ’90.
Fra questi è interessante l’importo per essere considerati fiscalmente a carico di qualcuno (genitori, coniuge o parenti) che è rimasto fisso a 2.840,51 euro, sin dal 1994. Già probabilmente nel 1994 era un importo basso, in quanto neppure allora una persona poteva campare con 2.840 euro all’anno. Oggi nel 2008, dopo il passaggio all’euro che ha praticamente raddoppiato i prezzi, e tutti i rincari che continuano inarrestabili anche in queste ore, è semplicemente ridicolo!
Il fatto di essere posti a carico di un genitore, ad esempio, consente a quest’ultimo di avere un piccolo sconto sulle imposte da pagare, in considerazione dei soldi che gli tocca sborsare per mantenere il figlio. Quindi un figlio che ha un reddito di circa 3.000 euro annui, è più oneroso da mantenere di uno che ne guadagna 2.800. La cosa può sembrare illogica, ma è così.
L’altro limite “strano” riguarda la percentuale di detrazione delle spese mediche, che è saldamente ancorata al 19% sin da 1998. Tale percentuale corrispondeva all’IRPEF dovuta sullo scaglione più basso allora vigente. Ora l’aliquota più bassa è il 23%, dopo essere stata il 20%. Purtroppo la detrazione è rimasta fissa al 19%. Si segnala anche la franchigia di 129,11 euro che penalizza senza giustificazione coloro che sono più sani e quindi spendono meno in medicinali.
Anche le spese funebri sono ammesse in detrazione fino ai vecchi 3.000.000 di lire, cioè 1.549,37 euro. Sempre al 19%. Anche qui gli importi effettivamente sostenuti sono purtroppo molto più alti.
I premi delle polizze di assicurazione sulla vita sono invece fermi a 1.291,14 € sin dal 1998, quando l’importo era di 2.500.000 lire.
La detrazione degli interessi passivi sui mutui per l’acquisto della prima casa è invece stata aggiornata di recente, ed è ora pari a 3.615,20. In precedenza era 2.582,28. Mi sembra ancora un po’ poco, in considerazione dell’incremento degli interessi passivi che c’è stato in questi ultimi due anni. Mi spiego, se un cittadino paga 5.000 euro all’anno di interessi passivi su mutui, e non si può lamentare troppo, detrae solo fino a 3.615 €, sempre nel limite di quel 19% di cui abbiamo già parlato.
E cosa dire dell’agevolazione fiscale principe in Italia, il 36%? Criticarla è come sputare nel piatto in cui si mangia, però…. Piuttosto che usufruire di questo maxi-sconto ci sono molti contribuenti che preferiscono pagare in nero i lavori di ristrutturazione dietro uno sconto sulla prestazione. Infatti, il bonus del 36% dei costi sostenuti, va suddiviso in 10 anni, cioè è pari al 3,6% all’anno.
Se chi esegue i lavori si fa pagare in nero, “sconta” l’IVA, del 20% o del 10% e magari, è anche disposto a scontare un’altra percentuale in cambio del “suo” risparmio fiscale. Per cui il cittadino invece di pagare di più subito, e risparmiare poi con le dichiarazioni dei redditi, preferisce risparmiare oggi e basta! E poi non deve comunicare nulla all’Agenzia delle Entrate, non deve indicare nulla nelle successive 10 dichiarazioni dei redditi, non deve pagare con bonifico ecc…
Anche questa agevolazioni andrebbe rivista e aggiornata, rendendola più immediata come risparmio fiscale, e meno complicata come gestione.
Mi fermo qui, non vorrei passare ai limiti ridicoli nell’ambito del reddito d’impresa… primo fra tutti l’importo massimo del costo dell’auto aziendale o professionale, che un tempo era di 35 milioni di lire, ed oggi, dopo 10 anni, è ancora uguale (tradotto in euro). Si vede che le auto non sono mai aumentate in tutti questi anni!

martedì 17 giugno 2008

Il caro tasse. Ma Visco non le aveva abbassate?

L’ex vice ministro più odiato d’Italia, Vincenzo Visco, ha affermato in una recente intervista che lui le tasse le ha abbassate. Andiamo bene!
I casi cono due: o noi non sappiamo fare i conti, oppure cerca ancora di prendere per i fondelli!!!
Io vorrei indire un concorso per i contribuenti beneficiati dalle riduzioni d’imposta di Visco (e di Prodi). Ma temo che il premio (così come il risparmio d’imposta) non se lo aggiudicherebbe nessuno.
Vi segnaliamo un altro caso di un facoltoso contribuente che ha percepito nel 2007 unicamente redditi da fabbricati per circa 8000 euro (già al netto della deduzione forfetaria del 15%, come prevede la legge). Forse è un disoccupato, ma potrebbe essere un evasore o un mantenuto/a…. In ogni caso è meglio punirlo che cercare di capire.
Per il 2006 il calcolo per la progressività dell’imposizione, prevista dall’art. 11 del TUIR allora vigente, prevedeva una deduzione forfettaria pari a € 3.000.
Quindi il calcolo delle imposte era:
8.000 reddito
- deduzione forfetaria: 3.000
- deduzione spettante: 2.423, in base al calcolo (26.000+3.000-8.000)/26.000=0.807*3.000
= 5.576 reddito imponibile
calcolo IRPEF al 23% su 5.576= € 1.282
Per il 2007 le imposte dovute sono invece pari al 23% del reddito complessivo, e cioè
8.000*23%=1.840
E’ infatti scomparsa la deduzione per la progressività dell’imposizione e non sono più concesse detrazioni d’imposta al contribuente in esame.
Sono quindi dovute maggiori imposte per 558 €. L’incremento percentuale dell’IRPEF è così del 43,5%. E questo solo per l’IRPEF.
All’IRPEF si aggiungono infatti le addizionali, regionale e comunale, che in molte regioni e comuni sono lievitate ancor più dell’inflazione (mentre gli stipendi sono rimasti sostanzialmente uguali).
Il vero guaio di quest’anno è che l’aggravio impositivo è senza deroghe. Infatti negli anni precedenti era prevista la cosiddetta “clausola di salvaguardia” che consentiva ai contribuenti di verificare le imposte dovute in base alle normative vigenti e di pagare le imposte più basse fra quelle degli anni considerati. Ad esempio per lo scorso anno 2006, si poteva confrontare le imposte dovute con quelle calcolate in base alle normative vigenti al 31.12.2004 e al 31.12.2002, e godere del trattamento fiscale più favorevole. Ciò in quanto con il susseguirsi delle normative fiscali, il legislatore poteva non accorgersi di eventuali aggravi ingiustificati ed eccessivi nei confronti dei contribuenti, per cui concedeva di attenuarne gli effetti negativi.
Per i redditi 2007 questo non è stato più possibile, a testimonianza dell’intento rapace di Visco e di Prodi, che hanno coscientemente aumentato le imposte, impedendo ai cittadini di tutelarsi con la clausola di salvaguardia, con l’unico scopo di fare cassa.
Quanto riportato rappresenta solo un esempio di fisco vorace, ma non dimentichiamoci, per onore del vero, che anche Prodi, insieme a Visco e TPS, hanno fatto qualche modifica legislativa a favore della riduzione delle imposte, di cui abbiamo già trattato nel post dedicato alla finanziaria per il 2008. Ma ciò che resta nella mente dei cittadini è l’effetto finale, che sicuramente è stato negativo ed ha ulteriormente svuotato le tasche degli italiani. E purtroppo non è ancora finita, visto che le norme fiscali sono finora rimaste sostanzialmente invariate, a parte l’abolizione dell’ICI sulla prima casa…. SI SALVI CHI PUO’!!!!

sabato 31 maggio 2008

Novità dal pianeta unico 2008 redditi 2007. Perché si paga di più?

C’è chi pensa che ormai, con le elezioni politiche 2008 alle spalle da oltre un mese, ci siamo ormai liberati definitivamente da Prodi, Paodoa-Schioppa e, soprattutto di Visco e dal loro effetto nefasto sulle tasche degli italiani. Purtroppo non è così.
Basta accingersi a predisporre il modello unico 2008 per i redditi 2007 per accorgersi della stangata che i contribuenti italiani hanno preso con le finanziarie del governo Prodi. E io non faccio demagogia, faccio solo i conti. O meglio, il conto della serva, che è sempre più brava degli economisti e dei politici a capire se ci si perde o ci si guadagna.
Facciamo un piccolo esempio per capire bene tutti.
Tutti sanno che i lavoratori dipendenti ed i pensionati godono di detrazioni d’imposta che gli consentono di risparmiare qualcosa sulle tasse da pagare rispetto ai detentori di altri redditi. Il primo dato che stupisce è che le detrazioni previste per i titolari di reddito da lavoro dipendente sono maggiori di quelle previste per i pensionati! Probabilmente i pensionati sono considerati una fascia agiata della società e quindi sono meno degni di agevolazioni da parte del fisco. Comunque, per quanto indignati, andiamo avanti.
Prendiamo un pensionato che percepisce un reddito lordo annuo di 15.000 euro, cioè circa 1.250 € al mese LORDI. Un privilegiato quindi, e che pertanto va punito.
Ebbene, nell’unico dell’anno scorso, redatto per i redditi del 2006, godeva di una deduzione per la progressività dell’imposizione, pari a € 7.000. Tale deduzione era prevista dall’art. 11 del TUIR allora vigente che riconosceva ai pensionati un bonus di 4.000 euro (4.500 ai dipendenti), ridotto opportunamente in base ad una formula matematica, in modo da essere progressivamente decrescente all’aumentare del reddito. Il calcolo è il seguente:
(26.000+7.000+15.000)/26.000=1,85 in tal caso la deduzione teorica spetta per intero ed è pari a 7.500€
La deduzione teorica massima era quindi pari a € 7.000 per i pensionati e 7.500 per i dipendenti. Questo configura la cosiddetta no-tax area conseguibile se dalla formula richiamata risulta un valore pari almeno ad 1. In caso contrario la deduzione è ridotta in proporzione.
Il calcolo delle imposte per il 2006 è molto semplice:
15.000-7.500=7.500 imponibile
IRPEF (23%)= 1.725 €

Vediamo i calcoli per il reddito 2007
Supponiamo che il nostro pensionato non abbia ancora raggiunto i 75 anni di età.
Il calcolo per ottenere la detrazione (dai redditi 2007 si parla di detrazione e non più di deduzione dal reddito) è il seguente:
1.255+470*(15000-15000)/7500=1.255
Quindi il calcolo delle imposte è:
15.000 imponibile
IRPEF (23%)=3.450
Meno detrazione redditi di pensione= 1.255
IRPEF netta= 2.195 €
Imposte dovute in più rispetto al 2006= 470€ pari ad un incremento del 27%
Se il pensionato avesse compiuto i 75 anni nel 2007 la detrazione sarebbe stata:
1.297+(486*15.000-15.000/7.250)=1.297
L’IRPEF netta sarebbe stata: 2.153 con un aggravio rispetto al 2006 pari a 428€, tanto per tutelare i pensionati più anziani.
Ovviamente i dipendenti e i pensionati si sono già accorti dell’aggravio fiscale in quanto percepiscono la busta paga o la pensione già al netto delle ritenute. E’ però nella dichiarazione dei redditi, se si è tenuti a presentarla, che si riepilogano tutti i dati e ci si accorge della stangata complessiva.
Con tanti ringraziamenti a Prodi, TPS e Visco.
Torneremo a proporre altri esempi di calcolo delle imposte per far capire a tutti quante ingiustizie ci siano in ambito tributario e quanto lavoro ci sia ancora da fare per rendere più equo il nostro sistema fiscale.

giovedì 28 febbraio 2008

Il regime delle nuove iniziative produttive. Conviene ancora?

A fianco del regime dei minimi di cui si è già parlato nei post precedenti, sopravvive ancora quello delle nuove iniziative produttive (NIP) disciplinato dall’art. 13 della Legge n. 388/2000. Conviene pertanto “rispolverare” un po’ le sue caratteristiche per valutare la sua convenienza rispetto al nuovo regime dei minimi.
1) E’ applicabile agli imprenditori individuali (ed imprese familiari) ed ai professionisti operanti in forma individuale.
2) E’ dedicato alle nuove attività produttive, pertanto è escluso per chi ha già la partita IVA (o che l’ha avuta negli ultimi tre anni) ed anche per chi intende “continuare” una precedente attività esercitata come socio o associato di altri soggetti.
3) Il suo utilizzo è limitato ai primi tre anni di attività.
4) Il limite dimensionale è stabilito in base al fatturato annuo pari a € 30.987,41 per le attività di prestazione di servizi e € 61.974,83 per le altre attività.
Per coloro che rientrano nei seguenti limiti sono previsti dei notevoli vantaggi:
1) Esonero dalla tenuta di registri contabili. Occorre solo emettere le fatture per le prestazioni o le cessioni effettuate e l’eventuale certificazione dei corrispettivi, per i commercianti al minuto. E’ necessario solo numerare e conservare le fatture sia emesse, sia ricevute.
2) Non è necessario effettuare trimestralmente la liquidazione ed il versamento dell’IVA dovuta all’Erario. Essa viene conteggiata e pagata (senza maggiorazioni) solo a fine anno in occasione della compilazione della dichiarazione IVA annuale.
3) E’ dovuta un’imposta sostitutiva dell’IRPEF pari al 10% del reddito calcolato in base alla differenza fra i ricavi conseguiti ed i costi sostenuti, con le limitazioni alla deducibilità previste rispettivamente per gli imprenditori e per i professionisti.
4) Sono dovute le altre imposte quali IRAP e le addizionali regionali e comunali.

A fronte di questi vantaggi è prevista una limitazione che esclude la possibilità di fruire della deduzione e detrazioni per oneri quali spese mediche, contributi previdenziali, polizze vita ecc.. e di quelle previste per carichi di famiglia. Quindi in presenza di soli redditi derivanti da nuove iniziative produttive, nonostante il pagamento di un’IRPEF pari appena al 10%, non è detto che il regime convenga, in quanto preclude notevoli benefici fiscali dovuti alle detrazioni e deduzioni. Ciò vale anche nel caso di redditi molto bassi, che normalmente non pagano l’IRPEF, in quanto compresi nella No-tax area. Diversamente nel regime delle NIP l’imposta sostitutiva si paga comunque.
Nel caso in cui, invece, siano presenti altri redditi, da lavoro dipendente, da fabbricati o altro, anche di importo molto elevato, tale regime diventa ancora più conveniente in quanto consente di cristallizzare l’aliquota IRPEF sui redditi in regime NIP. Anche in presenza di un’aliquota marginale IRPEF molto più elevata dovuta sugli altri redditi.
Quanto al confronto con il regime dei minimi, di grande attualità in questo periodo, rimando ad un post successivo, che mi consentirà di fare anche qualche esempio.

martedì 8 gennaio 2008

Ridurre le tasse per far ripartire il Paese.

La teoria sostenuta da eccelsi economisti d’oltreoceano ed europei secondo cui la chiave di volta per incentivare lo sviluppo economico di un Paese consiste nella riduzione delle imposte, è già stata illustrata nel post dedicato al libro di Oscar Giannino intitolato “Contro le tasse”. Da un po’ di tempo a questa parte sono stati numerosi gli esponenti politici gli economisti e gli imprenditori che hanno avvalorato e sostenuto la medesima tesi.
Ora è stato pubblicato uno studio di Bankitalia che sostiene che una riduzione di un solo punto percentuale dell’IRPEF sui redditi da lavoro, comporterebbe una crescita in termini di PIL pari allo 0,4% con effetto immediato, ed in seguito si stabilizzerebbe fra lo 0,32 e lo 0,37% per i successivi 3 anni.
Questa è la ricetta economica di Bankitalia che, anche se non molto coraggiosa, (io avrei cercato di ridurre le imposte del 5-10%, per capire cosa sarebbe successo! Se tanto mi dà tanto….), rappresenta quanto di più sensato si possa fare immediatamente per salvare il Paese.
La politica ovviamente ragiona in modo diverso. O meglio, probabilmente non ragiona affatto! Infatti alla voce che il Governo stava studiando delle misure per calare le imposte sui redditi da lavoro, mi sono un po’ rallegrato. Purtroppo però alla notizia buona, segue la cattiva…. Infatti gli strateghi del Governo stanno pensando di finanziare il calo di IRPEF sui redditi da lavoro con l’aumento delle tasse sulle rendite finanziarie! Orrore!! Quella che viene chiamata “armonizzazione della tassazione sulle rendite finanziarie” è un’altra manovra sbagliatissima, specie in Italia, dove è lo Stato con il suo debito pubblico che sostanzialmente ci rimetterebbe, in seguito al certo innalzamento dei tassi sui BOT e CCT.
Sembrava che finalmente Prodi & C. avessero capito qual’è la strada giusta per cominciare a fare qualcosa di buono per l’Italia, ma purtroppo ci siamo sbagliati!
Ecco perché mi vedo costretto a ripetere ancora le stesse cose… Finchè la politica continua a “sragionare” e a proporre soluzioni che non sono corrette dal punto di vista economico, è normale che le cose non vadano bene.
Ci vorrebbe Mario Draghi per sistemare i conti del Paese…
Un’ultima immagine. Voi investireste tutti i vostri risparmi su un titolo la cui quotazione in Borsa fosse in picchiata? E più scende, più voi continuate a comprare… Tanto prima o poi salirà!O no?
Domanda: si deve proprio toccare il fondo per capire che si sta’ sbagliando?
Per approfondimenti leggete questo articolo.

venerdì 9 novembre 2007

Gli acconti d'imposta di novembre

A parte gli interventi polemici di BML, occorre ora concentrarsi davvero molto per il calcolo degli acconti d’imposta di fine novembre. Infatti per il versamento della seconda rata di IRPEF, addizionale comunale, IRAP e IRES, previsto per il 30 novembre, quest’anno ci sono alcune novità che impongono una notevole attenzione ai conteggi. Vediamo la sintesi degli adempimenti e cosa cambia rispetto al passato.

IRPEF: Il 2° acconto è pari al 60% del 99% dell’importo indicato sull’Unico 2007 redditi 2006 al rigo RN23 (se questo è positivo e pari al meno a 51,65 €). Nel caso in cui l’acconto complessivo, pari al 99% del rigo differenza, sia inferiore a € 257,52, l’’intero importo va versato in unica soluzione il 30 novembre.

ADDIZIONALE COMUNALE: Da quest’anno è dovuto anche l’acconto sull’addizionale comunale dovuta per il 2007, pari al 30% del rigo RV1 dell’Unico 2007, moltiplicato per l’aliquota deliberata dal Comune di residenza al 1° gennaio 2007. Dall’acconto così calcolato si sottrae quanto già trattenuto dal datore di lavoro, il cui importo è indicato al rigo RC13. L’aliquota da utilizzare per il calcolo è reperibile dal link:
http://finanze.gov.it/dipartimentopolitichefiscali/fiscalitalocale/addirpef/index.htm

IRES: Le società di capitali versano il secondo acconto IRES pari al 60% dell’importo indicato al rigo RN16 dell’Unico 2007 . Nel caso in cui il 1° acconto (di giugno) non raggiunga l’importo di 103€, si versa tutto in unica soluzione entro il 30 di novembre, con importo pari a quanto indicato al rigo RN16.


IRAP (per persone fisiche con reddito d’impresa o lavoro autonomo e società di persone): la seconda rata d’acconto è pari al 60% del 99% dell’importo indicato al rigo IQ90 del modello IRAP dell’Unico 2007 (se questo è superiore a 51,65€).

IRAP (per le società di capitali): il 2° acconto è uguale al 60% dell’importo indicato al rigo IQ104 del modello IRAP compreso nell’Unico 2007, sempre che l’importo del 1° acconto 2007, pari al 40% del rigo citato, sia pari almeno a 103€. Diversamente si versa l’acconto in unica soluzione a novembre.

COMPLICAZIONI: Ce ne sono almeno due. La prima è relativa alle spese di telefonia fissa e mobile sostenute nel 2006, che dal 2007 hanno subito una forfetizzazione della deducibilità all’80% per entrambe. Cosa c’entra con reddito 2006 che si prende a base per il calcolo degli acconti? C’entra, visto che, dal momento che il fisco non conosce le componenti reddituali 2007, come non le conoscono del tutto nemmeno gli interessati, il legislatore ha imposto ai fini degli acconti (nella Finanziaria 2007) di ricalcolare l’imponibile 2006, sulla base della deducibilità dei costi rettificata a partire dal 2007! E’ quanto previsto al comma 403 della legge 296/06 cioè la Finanziaria 2007.
Il ricalcolo dell’acconto sarà obbligatorio se peggiorativo per il contribuente, mentre sarà facoltativo in caso contrario. Al fine di stabilire questo occorre calcolare il rapporto fra i costi sostenuti nel 2006 per la telefonia mobile rispetto a quella fissa. Se tale rapporto è superiore a 0,665 il ricalcolo non sarà necessario, altrimenti sarà facoltativo. La formula, se ci si vuol divertire, si ottiene impostando una normale equazione a due incognite, pari ai costi per telefonia fissa e mobile per il 2006.
L’altra complicazione riguarda i costi per le auto che hanno subito numerose variazioni negli ultimi tempi, come è scritto in un recente post di questo blog. In questo caso il ricalcolo è facoltativo e serve a ridurre eventualmente l’importo dell’acconto, in considerazione del fatto che nel 2006 i costi auto erano pari a 0 per le imprese e al 25% per i lavoratori autonomi. Oggi la deducibilità è invece pari al 40% per tutti. In questo caso le istruzioni non sono molto chiare e l’effettuazione del conteggio oltre a non essere agevole non è sicuro dal punto di vista dei possibili “recuperi” da parte dell’Agenzia delle Entrate. Quindi, se ne consiglia l’utilizzo solo a coloro che hanno dei costi per le auto molto importanti e per i quali il beneficio può superare gli oneri del calcolo ed il rischio di errori che si corre.
Questa è solo una piccola panoramica di cosa c’è di nuovo in tema di acconti d’imposta 2007. Come si può vedere ce n'è abbastanza per spremersi le meningi.

mercoledì 31 ottobre 2007

No tax area per tutti!

Proviamo ad approfondire qual è il vero significato della no tax area. Forse è troppo facile dire semplicemente che è la fascia di reddito sulla quale non si pagano tasse. Io per fare il verso al bamboccione più famoso d’Italia direi che la no tax area è una cosa bellissima!
Ma procediamo con ordine. Provate a pensare quando è possibile non pagare tasse o pagarle in misura minore? Ecco un elenco non esaustivo:
1) Quando non si ha nessun reddito: vedi gli studenti a vita che campano alle spalle dei genitori e non hanno mai lavorato in vita loro. Il rovescio della medaglia stà nel fatto che purtroppo tocca studiare e i soldini in tasca sono proprio pochi.
2) Quando si è disoccupati: purtroppo qui c’è niente di cui rallegrarsi.
3) Quando si usufruisce di agevolazioni fiscali: ultimamente se ne vedono molto poche quindi togliamocele dalla testa perché se anche ci fossero sarebbero si quelle per ultranovantenni accompagnati dai genitori.
4) Quando si evade: ci si divide fra i rimorsi di chi ha violato la legge (a dire il vero di solito sono pochi) e la paura di essere scoperti (un po’ di più ma nella vita ci si abitua a tutto).
5) Quando si ricade nella no tax area: e questa è la situazione migliore, massima libidine per tutti!
Diciamocelo chiaramente, cosa c’è di meglio del cullarsi in quel limbo felice che consente di non tirare fuori il becco d’un quattrino e al contempo non comporta nessun tipo di rischio?
Ed è per questo che noi siamo dalla parte della no tax area. Il problema è che purtroppo l’area è un po’ strettina e la compagnia non è molta… e inoltre all’interno non ci si campa molto bene, per cui, volendo aumentare la tribù l’unica strada è aumentare la soglia per la definizione della no tax area.
Ad esempio 10.000 € per tutti secondo me andrebbe benissimo. Infatti non bisogna dimenticare che la no tax area è stata inserita nel nostro ordinamento dal governo per poter alzare le aliquote minime IRPEF indiscriminatamente.

Attualmente, l’aliquota prevista per il primo scaglione dell’IRPEF, cioè per i redditi fino a 15.000 € è pari al 23%. In termini numerici con un reddito pari a 15.000€ si dovrebbero pagare, senza altre deduzioni, ben €3.450 di sola IRPEF! Invece con la no tax area prevista ad esempio per un lavoratore autonomo, se ne pagano 2.346.

L’altra cosa che non ritengo giusta è la discriminazione fra le soglie della no tax area a seconda del tipo di reddito. Il lavoratore dipendente gode di una no tax area maggiore di 8.000 € mentre il pensionato di 7.500 (chissà perché un po’ inferiore al dipendente). Fanalino di coda ovviamente il lavoratore autonomo con 4.800€. Come mai? La risposta è che il lavoratore autonomo è meno amato dei lavoratori dipendenti, da alcune parti politiche è addirittura odiato perché ritenuto evasore. In realtà non dovrebbero esserci distinzioni perché anche gli autonomi sono lavoratori da tutelare. Un conto è il professionista che incamera centinaia di migliaia di euro di reddito all’anno, altra cosa il piccolo commerciante o anche il baby professionista che lavora sottopagato nello studio del proprio dominus.
E’ per questo che io propongo la no tax area unica per tutti a 10.000 €.

Pensate anche a coloro che hanno un reddito pari a 10.000 €. Vi pare giusto che, con il costo della vita attuale, queste persone debbano pure pagare le tasse? Come fa un povero Cristo che guadagna 833 euro al mese o anche meno a pagare l’affitto ad esempio di 500€ e a mangiare, vestirsi ecc… Forse è lo Stato che dovrebbe fare un passo indietro e non chiedere nulla a quei soggetti che si trovano in simili situazioni. Il punto è che le economie dovrebbe farle non il cittadino che si trova in condizioni precarie, ma lo Stato spendaccione che spende male i soldi delle tasse! La pressione fiscale è ormai insostenibile quindi è inutile che costringiamo i cittadini a fare la dieta quando i politici, comunque, hanno sempre la pancia piena! Mettiamo a dieta lo Stato: basta con le spese pazze che non accennano mai a diminuire….

venerdì 26 ottobre 2007

I segreti della no tax area

Qualcuno di voi si sarà chiesto che cos’è la no tax area da cui prende il nome il nostro blog. Ebbene finalmente ci accingiamo a parlare di questo argomento. I più attenti avranno notato l’uso del plurale, in effetti, da oggi i commenti più tecnici saranno affidati ad un dottore commercialista di Reggio Emilia, di quelli con tanto di bollino blu, che si chiama Lorenzo Esposito… che collaborerà con noi finché avrà voglia di scrivere qualcosa per noi...

Grazie per il bollino blu, ma non sono una banana!
La no tax area è contraddistinta da una soglia di non tassazione, al di sotto della quale non sono dovuti tributi. In particolare, la no tax area è riferita all’IRPEF cioè l’imposta sul Reddito delle Persone Fisiche. Il meccanismo è stato introdotto a partire dal 2003 con l’art. 2, L. 27.12.2002, n. 289 (la Finanziaria 2003) ed era volto a tutelare le fasce più deboli della popolazione, cioè quelle con redditi al di sotto della soglia di sussistenza.
L’art. 10-bis del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR) in vigore per i redditi 2003, prevedeva delle deduzioni dal reddito complessivo per assicurare la progressività dell’imposizione. Per la determinazione della no tax area occorreva eseguire il seguente calcolo: Reddito complessivo
+ credito d’imposta per gli utili distribuiti
- oneri deducibili di cui all’art. 10 del TUIR
L’importo base della deduzione per la progressività dell’imposizione era pari a:
3.000€ forfetario valevole per tutti i contribuenti cui si aggiungeva
4.500€ (ragguagliato al periodo di lavoro nell’anno) per i titolari di redditi di lavoro dipendente e assimilati
4.000€ (sempre ragguagliato) per i titolari di reddito da pensione
1.500€ a forfait per i titolari di reddito di lavoro autonomo o di impresa minore.
Ovviamente le deduzioni non sono cumulabili fra loro, nel caso in cui i redditi conseguiti ricadano su più voci.
Visto che così le regole sarebbero state troppo semplici, è stato previsto un calcolo per mitigare l’effetto delle deduzioni teoriche spettanti che tiene conto degli oneri deducibili scomputabili dal contribuente e del reddito complessivo conseguito.
La formula era la seguente:
26.000€+ deduzione teorica spettante (7.500, 7.000 o 4.500) + oneri deducibili-reddito complessivo dichiarato- credito d’imposta sugli utili percepiti/26.000€.
La deduzione teorica veniva quindi ricalcolata ed era pari al 100% se il rapporto era uguale o maggiore a 1, zero se il rapporto era uguale o minore di zero, compresa fra 0 e 100% se il rapporto andava da 0 a 1.
Il meccanismo originario dell’individuazione della cosiddetta no tax area è stato più volte modificato, l’ultima volta con la Finanziaria 2007, con la quale è stato riscritto l’art 13 del TUIR.
Attualmente le deduzioni da lavoro dipendente e autonomo e da pensione sono state trasformate in detrazioni d’imposta e variamente combinate con le detrazioni per carico di famiglia di cui all’art. 12 del TUIR.
Senza tenere conto del coniuge o dei figli a carico, che concettualmente appartengono alle detrazioni per carichi di famiglia, ci sono attualmente tre soglie di no tax area, a seconda del tipo di reddito percepito:
- lavoratore dipendente: 8.000€
- pensionato: 7.500€
- lavoratore autonomo: 4.800€.
La differenza delle deduzioni rispetto alle detrazioni consiste nel fatto che nella prima versione della no tax area si deduceva l’importo ad esempio di 3.000+4.500€ dalla base imponibile, mentre ora esistono degli importi di imposte da detrarre dal tributo complessivamente già calcolato sulla base imponibile. Ovviamente tali detrazioni d’imposta non sono pari alle soglie sopra indicate, ma alle imposte calcolate sulle stesse, con l’aliquota del 23%, corrispondente al primo scaglione dell’IRPEF.
Dott. Lorenzo Esposito

Ringrazio il dottore per il suo contributo a proposito della no tax area. Tecnicamente non aggiungerei niente all’esposizione, sufficientemente esauriente…. Però vorrei spiegare che cos’è veramente la no tax area per chi ha concepito un blog che si ispira ad essa…. (segue nel prossimo post….)