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venerdì 12 settembre 2008

Le paleo-detrazioni d'imposta.

Su il Sole 24 Ore del 10 agosto scorso c’era un articolo intitolato “Sconti fiscali d’annata” in cui si citavano molte detrazioni d’imposta o soglie utili ai fini delle imposte i cui importi sono rimasti fermi agli anni ’90.
Fra questi è interessante l’importo per essere considerati fiscalmente a carico di qualcuno (genitori, coniuge o parenti) che è rimasto fisso a 2.840,51 euro, sin dal 1994. Già probabilmente nel 1994 era un importo basso, in quanto neppure allora una persona poteva campare con 2.840 euro all’anno. Oggi nel 2008, dopo il passaggio all’euro che ha praticamente raddoppiato i prezzi, e tutti i rincari che continuano inarrestabili anche in queste ore, è semplicemente ridicolo!
Il fatto di essere posti a carico di un genitore, ad esempio, consente a quest’ultimo di avere un piccolo sconto sulle imposte da pagare, in considerazione dei soldi che gli tocca sborsare per mantenere il figlio. Quindi un figlio che ha un reddito di circa 3.000 euro annui, è più oneroso da mantenere di uno che ne guadagna 2.800. La cosa può sembrare illogica, ma è così.
L’altro limite “strano” riguarda la percentuale di detrazione delle spese mediche, che è saldamente ancorata al 19% sin da 1998. Tale percentuale corrispondeva all’IRPEF dovuta sullo scaglione più basso allora vigente. Ora l’aliquota più bassa è il 23%, dopo essere stata il 20%. Purtroppo la detrazione è rimasta fissa al 19%. Si segnala anche la franchigia di 129,11 euro che penalizza senza giustificazione coloro che sono più sani e quindi spendono meno in medicinali.
Anche le spese funebri sono ammesse in detrazione fino ai vecchi 3.000.000 di lire, cioè 1.549,37 euro. Sempre al 19%. Anche qui gli importi effettivamente sostenuti sono purtroppo molto più alti.
I premi delle polizze di assicurazione sulla vita sono invece fermi a 1.291,14 € sin dal 1998, quando l’importo era di 2.500.000 lire.
La detrazione degli interessi passivi sui mutui per l’acquisto della prima casa è invece stata aggiornata di recente, ed è ora pari a 3.615,20. In precedenza era 2.582,28. Mi sembra ancora un po’ poco, in considerazione dell’incremento degli interessi passivi che c’è stato in questi ultimi due anni. Mi spiego, se un cittadino paga 5.000 euro all’anno di interessi passivi su mutui, e non si può lamentare troppo, detrae solo fino a 3.615 €, sempre nel limite di quel 19% di cui abbiamo già parlato.
E cosa dire dell’agevolazione fiscale principe in Italia, il 36%? Criticarla è come sputare nel piatto in cui si mangia, però…. Piuttosto che usufruire di questo maxi-sconto ci sono molti contribuenti che preferiscono pagare in nero i lavori di ristrutturazione dietro uno sconto sulla prestazione. Infatti, il bonus del 36% dei costi sostenuti, va suddiviso in 10 anni, cioè è pari al 3,6% all’anno.
Se chi esegue i lavori si fa pagare in nero, “sconta” l’IVA, del 20% o del 10% e magari, è anche disposto a scontare un’altra percentuale in cambio del “suo” risparmio fiscale. Per cui il cittadino invece di pagare di più subito, e risparmiare poi con le dichiarazioni dei redditi, preferisce risparmiare oggi e basta! E poi non deve comunicare nulla all’Agenzia delle Entrate, non deve indicare nulla nelle successive 10 dichiarazioni dei redditi, non deve pagare con bonifico ecc…
Anche questa agevolazioni andrebbe rivista e aggiornata, rendendola più immediata come risparmio fiscale, e meno complicata come gestione.
Mi fermo qui, non vorrei passare ai limiti ridicoli nell’ambito del reddito d’impresa… primo fra tutti l’importo massimo del costo dell’auto aziendale o professionale, che un tempo era di 35 milioni di lire, ed oggi, dopo 10 anni, è ancora uguale (tradotto in euro). Si vede che le auto non sono mai aumentate in tutti questi anni!

venerdì 4 luglio 2008

Ma le tasse sono davvero aumentate? Tutta la verità, nient’altro che la verità.

Vorrei fare alcune precisazioni a proposito del post di BML del 31 maggio scorso.
Probabilmente il caldo ha giocato un brutto scherzo al nostro amico che, partendo da un presupposto giusto, si è perso nei calcoli. Peraltro nemmeno i nostri lettori si sono accorti di nulla, o meglio, non lo hanno manifestato.
Quindi scateniamoci nella caccia all’errore… Occhio all’esempio portato da BML relativo al pensionato con 15.000 euro di reddito. La verità è che le tasse dal 2006 al 2007 non sono aumentate affatto!!!
****
La soluzione, ovvero l’errore svelato, è il seguente.
Per il 2006 l’IRPEF dovuta è in realtà pari a 2.335 euro.
Per il 2007 il conteggio era già corretto e pari a € 2.195.
Quindi l’importo è in realtà diminuito di 140 euro, con un risparmio di circa il 6%.
Per completare il contesto consideriamo anche le addizionali regionali e comunali.
Prendiamo ad esempio la Regione Emilia Romagna e la città di Reggio Emilia.
Le addizionali per il 2006 sono: 135+30=165
Quelle per il 2007: 165+30=195
Per cui il totale imposte è pari a 2.500 nel 2006, contro 2.390 nel 2007. Quindi il “risparmio” è stato di 110 euro.
Questo per la correttezza dei conteggi, visto che la matematica non è un’opinione.
In sostanza possiamo dare l’assoluzione a Visco e a Prodi in merito all’affermazione che le aliquote sono diminuite, per i redditi fino ad una certa soglia.
Quello che però bisogna considerare è che i veri aggravi di imposta ci sono stati relativamente ai redditi d’impresa e di lavoro autonomo. Come si è più volte ripetuto, ciò che conta è l’effetto complessivo delle manovre fiscali, non quello delle singole disposizioni. Ad esempio, se da un lato si abbassano le aliquote, e dall’altro si riduce la deducibilità dei costi dai ricavi d’impresa o professione, complessivamente è probabile che le imposte complessivamente dovute aumentino. Cosa che in realtà succede. Per non parlare dell’inasprimento degli studi di settore che quest’anno vedono ridurre di parecchio il numero dei contribuenti congrui, cioè considerati “in regola” dal fisco. E su questo aspetto ritorneremo a breve con un post dedicato.
Quindi il consiglio che mi sento di dare è di leggere la propria dichiarazione dei redditi, cercare di capirla, confrontarla voce per voce con quella dell’anno predente al fine di stabilire, senza preconcetti, che cosa è cambiato, se in meglio o in peggio.

martedì 29 aprile 2008

L'elenco clienti e fornitori. Oggi l'ultimo invio?

L’adempimento fiscale più gettonato dell’ultimo periodo è il famigerato elenco clienti e fornitori.
Esso è stato reintrodotto a partire dall’anno d’imposta 2006 ed ora è alla seconda edizione con l’anno 2007.
La storia degli elenchi è però un po’ più vecchia. In passato esistevano già…. Vennero aboliti molti anni or sono perchè considerati un adempimento inutile e particolarmente fastidioso per i contribuenti.
In seguito il Ministro Visco ha pensato bene di reintrodurli. Lo scopo è semplice. Spiare i contribuenti per carpirne i segreti e qualche elemento utile per gli accertamenti.

CHE COS’E’. L’elenco, come dice il termine, è una lista di tutti i clienti (o fornitori), completa di codice fiscale, con l’indicazione dell’importo complessivo delle operazioni intercorse con lo stesso nel corso dell’anno d’imposta. Non tutte le operazioni vanno indicate, ma solo quelle rilevanti ai fini IVA, e cioè quelle imponibili, con relativa imposta, quelle non imponibili e quelle esenti, al netto delle eventuali note di variazione.

CHI E’ OBBLIGATO. Tutti i soggetti passivi IVA che abbiano emesso o ricevuto fatture nel corso del 2007. Sono obbligati anche i soggetti non residenti con stabile organizzazione in Italia, quelli che vi operano tramite un rappresentante fiscale, i curatori fallimentari ed i commissari liquidatori, i soggetti dispensati da adempimenti, in quanto effettuano esclusivamente operazioni esenti, ex art. 36-bis.

GLI ESCLUSI. Sono esclusi i contribuenti minimi in regime di franchigia, lo Stato, le Regioni, le Province e i Comuni ed altri organismi di diritto pubblico, nonché gli organismi essenzialmente senza scopo di lucro.

LA SCADENZA. Per gli elenchi relativi al 2007 la scadenza è oggi, 29 aprile 2008. Tutti si chiederanno perché non il 30 aprile, visto che è giorno feriale. Ma purtroppo non c’è risposta…


LE OPERAZIONI ESCLUSE. Per il 2007 (come per il 2006) è consentito di indicare solo la partita IVA di clienti e fornitori e non il codice fiscale. Il quale è diverso dalla partita IVA non solo per le imprese individuali e liberi professionisti, ma anche per le società che hanno spostato la sede in una provincia diversa, oppure che hanno posto in essere operazioni straordinarie. Sono poi escluse le fatture di importo inferiore a 154,94 euro, registrate cumulativamente, e quelle relative e fatture ricevute che non sono soggette a registrazione IVA, come le nuove attività o le attività marginali ex art. 13 e 14 legge n. 388/2000.

I CONTROLLI POSSIBILI. I controlli che sono ipotizzabili grazie ai dati contenuti negli elenchi sono quelli derivanti dall’”incrocio” dei dati ottenuti dai vari soggetti. In sostanza se Tizio dichiara di aver fatturato 1000 a Caio, il quale dichiara a sua volta di aver acquistato 1000 da Tizio, nessun problema. Se ci sono delle discordanze notevoli, allora possono cominciare i guai, perché il software di controllo dell’Agenzia delle Entrate dovrebbe rilevare l’anomalia. Il condizionale è d’obbligo perché non si sa esattamente come funzioneranno le verifiche. Certo è che si dovrà trattare di differenze macroscopiche, perché suonino i campanelli d’allarme del fisco.
Diciamo che i controlli incrociati non sono un’invenzione recente, visto che sono applicati con successo da parecchi anni, in sede d’accertamento. Per esempio in sede di verifica delle cosiddette “cartiere”, cioè società che producono solo carta, fatture per operazioni inesistenti. In quel caso i verificatori procedono al controllo di tutti i clienti e fornitori con cui la società oggetto di indagine ha avuto rapporti. Ebbene, da oggi, non sarà più necessario neanche l’accesso presso l’azienda, perché l’Agenzia delle Entrate ha già tutti i dati necessari per i controlli incrociati. Per cui potrà concentrarsi solo su quelle posizioni che presentano sicuri aspetti di evasione fiscale, con notevole risparmio di tempo e minori “seccature” per i contribuenti formalmente corretti. E’ chiaro che è improbabile l’utilizzo generalizzato di software in grado di confrontare tutto ciò che le imprese hanno dichiarato in quanto ciò pone pesanti problemi di legittimità. Un po’ come le indagini finanziarie, che n0n sono attivabili sulla massa dei contribuenti al fine di selezionare le posizioni anomale. Quindi l’effetto probabilmente non sarà così devastante!

CONCLUSIONI. Comunque ci auguriamo che quello del 2007 sarà l’ultimo anno soggetto a tale obbligo fiscale e che il futuro Ministro Tremonti voglia abolirlo quanto prima.
I disagi sopportati dai contribuenti (e dai commercialisti) probabilmente non giustificano i possibili introiti che il fisco potrebbe conseguire. E poi non è corretto scaricare a valle degli oneri che sono esclusivamente propri dell’Agenzia delle Entrate, nell’ambito della propria attività di controllo.
Speriamo vivamente che il Governo Berlusconi prenda subito le distanze dal percorso intrapreso dal Governo Prodi, così non dovremo prepararci a pagare il caffè al bar con la carta di credito e ad emettere le nostre fatture con un programma del ministero che comunica automaticamente tutti i dati al fisco!

mercoledì 2 aprile 2008

Elezioni 2008 e le tasse. Cosa dicono La Destra e l’Italia del Valori?

Ecco cosa propone LA DESTRA-Fiamma Tricolore che candida a premier Daniela Santanchè.
Tassazione straordinaria di banche, assicurazioni e stock options di manager con lo scopo di:
- reperire risorse destinate a finanziare il mutuo sociale per l’acquisto dell’abitazione,
- contribuire al pagamento degli interessi sui mutui ventennali a tasso agevolato, delle prime case costruite da enti pubblici per le giovani coppie,
- sostenere la nascita di nuove imprese gestite da giovani, che godrebbero di un primo periodo di no tax per le nuove iniziative, imprenditoriali e professionali, in cui non si pagherebbero imposte.
- defiscalizzazione del lavoro femminile per un importo pari ad un terzo, al fine di equiparare la retribuzione fra uomini e donne.
FLAT TAX. Introduzione in Italia della cosiddetta flat tax, vale a dire un’aliquota unica e non progressiva, uguale per tutti, per IRPEF e per IRES, senza distinzione fra persone e imprese. Per le imprese società di capitali già esiste la flat tax, ora pari al 27,5%. L’aliquota proposta per l’IRES è pari al 20%, da raggiungere in 3 anni, con riduzione di 2,5 punti percentuali all’anno.
Per le persone fisiche la flat tax verrebbe proposta solo in un secondo tempo, a causa della non florida situazione dei conti pubblici.
Minimo salariale inderogabile per tutti i lavoratori e incrementi retributivi legati alla produttività.
Detrazione degli utili reinvestiti in ricerca e formazione.
Rimborsi IVA. Accelerazione dei rimborsi a 60 giorni, per le piccole imprese, imprese artigiane e commercianti al dettaglio.
Versamento IVA. Previsto solo dopo il reale incasso delle fatture emesse.
IRAP. Graduale e progressiva abolizione, a partire da IRAP sul costo del lavoro e sulle perdite.
Studi di settore. Revisione degli automatismi su cui gli stessi si basano, cercando di legarli al territorio in cui imprese e professionisti operano.
Trasparenza fiscale. L’obiettivo è di ridurre la spesa pubblica senza tagliare la spesa sociale.
Il mezzo è il federalismo fiscale, introdotto in modo da permettere di capire chi paga le tasse, regione per regione, e come le pubbliche amministrazioni usano quei soldi.
Si vuole effettuare una riforma fiscale seria che alleggerisca la pressione fiscale su cittadini e imprese, improntata a criteri di trasparenza e territorialità.
Verrebbero introdotte due tasse nazionali:
- la prima è la tassa per pagare i servizi dello Stato
- la seconda è la tassa per la solidarietà.
Tutti pagano le tasse nazionali il cui gettito finisce in un “piatto comune”. Poi si calcola il quoziente del PIL medio pro-capite nazionale e per regione. Le regioni che superano la media nazionale non ricevono nulla della tassa per la solidarietà, che andrà ripartita fra le regioni meno ricche, sotto la media nazionale, a patto che non vi sia una significativa evasione fiscale.
Tutte le altre tasse sono stabilite e gestite dalle Regioni, in base ad un principio di concorrenza fiscale fra regioni.

L’Italia dei Valori di Antonio Di Pietro presenta un programma complessivamente meno elaborato, basato sui seguenti punti.
Introduzione del salario minimo per i giovani di 1.000/1.100 euro al mese
Reintroduzione del reato di falso in bilancio ed eliminazione del conflitto di interessi
Riduzione della burocrazia per le imprese e detassazione degli investimenti in ricerca e sviluppo
Diminuzione del carico fiscale sulle imprese.
Liberalizzazione dei servizi pubblici.

mercoledì 26 marzo 2008

Elezioni 2008 e tasse. L'avventura continua...

Continuiamo la nostra "carrellata" sui programmi fiscali dei vari partiti politici che si sfideranno alle prossime elezioni di aprile.
L’UDC di Pier Ferdinando Casini punta alla riduzione della pressione fiscale specialmente in questi ambiti:
Lavoratori dipendenti. Recupero di parte delle trattenute fiscali e previdenziali ed in particolare per quanto riguarda gli straordinari e i premi sulla produttività.
Adeguamento delle aliquote al costo della vita, attraverso la ridefinizione degli scaglioni IRPEF sulla base del potere d’acquisto.
Detassazione degli investimenti in ricerca, innovazione e sviluppo.
Affitti. Introduzione della cedolare secca del 20% sui redditi derivanti dagli affitti di immobili. Aumento dei limiti alla detraibilità degli interessi passivi sui mutui per l’acquisto della casa, in particolare per le giovani coppie. Possibilità di parziale detrazione del canone di locazione dell’abitazione per i nuclei familiari, in base al reddito.
Ristrutturazioni edilizie. Aumento delle aliquote e del massimale per le detrazioni.
Lotta all’evasione. Anche mediante la detraibilità in dichiarazione dei redditi di una parte consistente di spese sostenute e documentate, analogamente a quanto avviene negli USA.
Statuto del Contribuente. Garanzia del suo rispetto rigoroso
Pax fiscale. Si stabilisce di non variare le regole in materia fiscale per almeno due anni, dopo il riordino.
Studi di settore. Utilizzo come presunzioni semplici negli accertamenti e impegno a revisionare i parametri in base a specificità territoriali e settoriali. Modificabilità triennale concertata fra le parti.
Riduzione della spesa pubblica. Congelamento delle spese correnti primarie con la prossima Finanziaria 2009. Dismissione di partecipazioni e di patrimonio immobiliare dello Stato e degli Enti locali e utilizzo dei proventi per la riduzione del debito pubblico.
Addizionali comunali e regionali. Blocco per legge del loro incremento.
Valorizzazione del ruolo economico e sociale delle Piccole e Medie Imprese e dei lavoratori autonomi.
Famiglia. Nuovo ruolo di soggetto tributario al fine di concedere bonus e detrazioni in proporzione al numero di componenti il nucleo famigliare. Incremento degli assegni familiari per ogni figlio a carico.
Spese mediche. Possibilità di detrarle al 100% senza tetto!
ICI. Esenzione dall’ICI per le abitazioni locate a canoni concertati.

Meno articolato il programma dello SDI di Boselli che prevede di diffondere il rispetto della legalità. E’ inoltre necessario maturare un’etica della responsabilità individuale. In campo fiscale si prevede:
Lotta all’evasione fiscale e contributiva. E’ considerata un obiettivo primario per l’Italia.
Equità nei carichi fiscali. Non si spiega cosa significhi in termini di aliquote.
Snellimento delle pratiche burocratiche, necessario per un buon rapporto fra fisco e cittadino.

mercoledì 5 marzo 2008

Nuove iniziative produttive contro regime dei minimi. Quale ti conviene adottare?

Quando un contribuente inizia una nuova attività si pone l’interrogativo se gli convenga optare per il regime delle nuove iniziative produttive oppure accettare il regime dei minimi che è quello “naturale” per i piccoli contribuenti. L’opzione riguarda ovviamente solo i primi tre anni in quanto allo scadere di tale periodo non si è più considerati nuova iniziativa produttiva.
CONTABILITA’. I vantaggi conseguibili utilizzando uno dei due regimi semplificati, rispetto al regime ordinario, consistono nel sostanziale esonero dalla redazione delle scritture contabili. E’ sufficiente numerare e conservare le fatture emesse e ricevute. Salvo comunque effettuare un minimo di annotazioni al fine di monitorare l’ammontare del fatturato e di estrapolare i dati necessari per la dichiarazione dei redditi.
STUDI DI SETTORE. Il regime dei minimi comporta poi l’esclusione dagli studi di settore per sempre e non limitatamente al primo esercizio, come avviene per le nuove iniziative produttive.
IMPOSTE. L’aliquota dell’imposta sostitutiva è più favorevole per le NIP (nuove iniziative produttive) che è pari al 10% rispetto al regime dei minimi (20%). Occorre però considerare che i contribuenti NIP non possono usufruire delle deduzioni e detrazioni d’imposta che invece spettano ai minimi. Nel caso in cui si abbiano familiari o figli a carico o importi notevoli di spese sanitarie o polizze vita o contributi previdenziali elevati, il regime delle NIP non conviene, a meno che non si abbiano altri redditi, che consentano di usufruire delle detrazioni e deduzioni.
Sia il regime dei minimi, sia il NIP, sono più convenienti, in presenza di altri redditi elevati, rispetto al regime ordinario, in quanto consentono di pagare solo l’imposta sostitutiva del 10 o del 20%, senza fare aumentare gli scaglioni IRPEF.
L’IRAP, pari al 3,9% (dal 2008), è dovuta dalle imprese NIP ma non ne sono soggetti i contribuenti minimi. In questo caso bisogna considerare che l’IRAP effettivamente dovuta non è pari al 3,9% (dal 2008) del reddito, a parte la differente deducibilità di alcuni costi ai fini delle imposte, ma entra in gioco la deduzione forfetaria pari a 8.000 euro, che consente di pagare l’imposta solo altre tale soglia.
IVA. Le nuove iniziative produttive operano in regime IVA e cioè emettono fatture soggette all’imposta sul valore aggiunto e detraggono quella relativa agli acquisti. I contribuenti minimi non sono soggetti IVA, pertanto non detraggono l’imposta assolta sugli acquisti. Questo particolare è ovviamente irrilevante nel caso di soggetti che svolgono attività esenti da IVA, come i medici.
Come già detto in un post precedente, chi è in regime dei minimi e opera con soggetti privati, potrebbe fare un vero affare nel caso in cui riuscisse a lasciare invariato il prezzo finale praticato.
Es. acquisto di un bene a 50 € più IVA 20% pari a 10 €.
Rivendita del bene a 120€ (in precedenza calcolato come 100 € + IVA 20€=120€)
Il contribuente minimo potrà “intascare” 20€ di IVA che non dovrà mai versare.
Il suo guadagno sarà pari a 120-60=60. Quindi pagherà le imposte su 60. uindi paqCiò in quanto l’IVA
divenuta indetraibile sull’acquisto del bene va sommata al costo di acquisto. In regime normale il
guadagno da sottoporre a tassazione è pari invece a 100-50=50€. Ma è pur vero che la differenza di
10 gode di una tassazione molto inferiore per i contribuenti minimi.
RETTIFICA DELLA DETRAZIONE IVA. L’altro aspetto che bisogna considerare riguarda la rettifica della detrazione che diventa obbligatoria per coloro che “passano” dal regime normale a quello dei minimi. Chi inizia l’attività come “minimo” non è interessato a tale rettifica, che consiste nella restituzione al fisco dell’IVA detratta con l’acquisto di beni strumentali acquistati nei 5 anni precedenti quello di adozione del nuovo regime. In unica soluzione oppure a rate.
Oltre all’IVA sui beni strumentali va versata pure quella sui beni in giacenza al 31.12 dell’anno precedente, detratta al momento del loro acquisto. È chiaro che in presenza di attività con beni strumentali acquistati di recente e un magazzino notevole, occorre valutare attentamente i benefici ottenibili dal nuovo regime, e la tassa d’ingresso che si dovrà pagare, che potrebbero anche vanificare i benefici ottenibili.

venerdì 22 febbraio 2008

Il ROL. Ecco come lo Stato punisce le imprese per le sue stesse colpe!

Al di là della complessità nell’applicazione della norma che non è sempre agevole come nella teoria, sorge l’interrogativo sulla vera essenza della legge.
L’effetto è sicuramente chiaro: fare pagare più imposte alle società di capitali. Forse per controbilanciare il calo dell’aliquota IRES dal 33 al 27,5%. Oppure per far credere che l’aliquota è il 27,5%, mentre la percentuale di imposte che si pagano è pari al doppio.
Facciamo un esempio sul 2008.
Utile civilistico ante imposte della società: 30.000 €
ROL: 90.000€ (ho ipotizzato ammortamenti per 20.000€)
Interessi passivi: 40.000€
Interessi deducibili: 30% di (90.000€+ 10.000€)= 30.000€
Interessi indeducibili: 40.000-30.000=10.000€
Altri costi indeducibili: 20.000€
Totale riprese fiscali: 30.000€
Reddito imponibile: 30.000+30.000€= 60.000€
IRES: 60.000*27,5%= 16.500€
Percentuale imposta effettiva sull’utile civilistico: 16.500/30.000= 55%
Casi come questo si presentano quotidianamente e non sono isolati.
Quindi si capisce come l’aliquota nominale d’imposta è solo pura teoria, ma è lontano anni luce dalla realtà.
Ma torniamo al ROL. Il fine a cui dovrebbe tendere la legge è quello di disincentivare la sottocapitalizzazione delle imprese. Un fine apprezzabile. Ma è giusto penalizzare così tanto le imprese per raggiungere questo fine?
E ancora. E’ meglio avere un’impresa indebitata o un’impresa fallita?
E poi basta guardare da che pulpito viene la predica… Lo Stato Italiano ha un debito stratosferico, ma si interessa dell’indebitamento delle imprese. Vediamola così: Lo Stato punisce le imprese che si indebitano troppo, tassandole proprio per questo. Con le entrate fiscali paga una parte degli interessi sul debito pubblico che aumenta a piacimento. Ergo: le imprese troppo indebitate (ma anche quelle con un debito nella norma, ma superiore al 30% del ROL) pagano gli interessi sul debito dello Stato troppo indebitato. Mi sembra una follia, ma purtroppo è realtà!
Questo è solo un esempio di come lo Stato per far cassa, utilizza tutti gli espedienti possibili per camuffare la realtà e dare giustificazioni concettualmente corrette ma errate nella sostanza.
Siamo alle solite…..

martedì 19 febbraio 2008

Il ROL. Cos’è e a che cosa serve.

ROL è l’acronimo di reddito operativo lordo, vale a dire il risultato della gestione aziendale al lordo delle imposte di competenza. Più nello specifico il ROL viene calcolato nel seguente modo, avuto riguardo al bilancio d’esercizio in formato UE e alle codifiche riportate all’art. 2425 del Codice Civile:
A)Valore della produzione
meno
B) Costi della produzione
Più
B) 10 lettera a) ammortamento delle immobilizzazioni immateriali
B) 10 lettera b) ammortamento delle immobilizzazioni materiali
Più
B) 8 lettera b) relativamente ai canoni di locazione finanziaria (leasing) di beni strumentali
Il ROL è semplicemente un parametro che misura la produttività e le performaces della gestione caratteristica.
Nell’ambito fiscale il ROL ha assunto una notevole importanza con la Finanziaria 2008 che ha riformulato l’art. 96 del TUIR e abrogato il 97 e il 98.
Quello che è successo dal 1° gennaio di quest’anno è una piccola rivoluzione nel campo della deducibilità degli interessi passivi per le società di capitali. In precedenza vigevano altri meccanismi volti a penalizzare le imprese sottocapitalizzate, cioè che facevano troppo ricorso all’indebitamento e quindi ai capitali di terzi.
Ora il nuovo art. 96 pone una nuova regola per le imprese soggette all’IRES. Gli interessi passivi sono deducibili solo nel limite del 30% del ROL. La quota di interessi indeducibili potrà però essere riportata agli esercizi successivi senza limiti di tempo, per mitigare gli effetti di un esercizio particolarmente oneroso sul piano della remunerazione del debito. Se, in sostanza l’indebitamento si ridurrà, e gli interessi degli esercizi successivi saranno inferiori al 30% del ROL, si potranno recuperare via via le quote non dedotte in precedenza.
Due emendamenti alla Finanziaria hanno un po’ alleggerito la situazione.
1) Per il 2008 e il 2009 al 30% del ROL si aggiungerà rispettivamente la somma di € 10.000 e 5.000. Fino a tali importi gli interessi passivi saranno comunque deducibili, anche se il 30% del Rol sarà pari a zero.
2) Dal 2010, se non tutto il 30% del Rol servirà per coprire gli interessi passivi dell’anno, la differenza fra i due valori sarà riportabile agli anni successivi.
Sfuggono dal conteggio, per espressa previsione della norma, gli interessi passivi che rientrano nel costo del bene strumentale acquistato, materiale o immateriale, così come indicato nell’art.110 comma 1, lett. b) del TUIR. Per sottrarre tali interessi passivi dal conto economico bisogna però fare attenzione alle norme relative alla capitalizzazione dei costi con l’imputazione al valore del cespite, contenute nel Principio contabile n. 12 e nel Documento Oic n. 16.
In sostanza gli interessi passivi sui capitali presi a prestito per la realizzazione di immobilizzazioni, sono capitalizzabili solo se relativi al periodo della costruzione del bene strumentale, fino al momento in cui lo stesso è pronto per l’uso.
Quanto illustrato comporterà sicuramente maggiori imposte per le società di capitali e penalizzerà maggiormente le imprese in difficoltà.