Quando un contribuente inizia una nuova attività si pone l’interrogativo se gli convenga optare per il regime delle nuove iniziative produttive oppure accettare il regime dei minimi che è quello “naturale” per i piccoli contribuenti. L’opzione riguarda ovviamente solo i primi tre anni in quanto allo scadere di tale periodo non si è più considerati nuova iniziativa produttiva.
CONTABILITA’. I vantaggi conseguibili utilizzando uno dei due regimi semplificati, rispetto al regime ordinario, consistono nel sostanziale esonero dalla redazione delle scritture contabili. E’ sufficiente numerare e conservare le fatture emesse e ricevute. Salvo comunque effettuare un minimo di annotazioni al fine di monitorare l’ammontare del fatturato e di estrapolare i dati necessari per la dichiarazione dei redditi.
STUDI DI SETTORE. Il regime dei minimi comporta poi l’esclusione dagli studi di settore per sempre e non limitatamente al primo esercizio, come avviene per le nuove iniziative produttive.
IMPOSTE. L’aliquota dell’imposta sostitutiva è più favorevole per le NIP (nuove iniziative produttive) che è pari al 10% rispetto al regime dei minimi (20%). Occorre però considerare che i contribuenti NIP non possono usufruire delle deduzioni e detrazioni d’imposta che invece spettano ai minimi. Nel caso in cui si abbiano familiari o figli a carico o importi notevoli di spese sanitarie o polizze vita o contributi previdenziali elevati, il regime delle NIP non conviene, a meno che non si abbiano altri redditi, che consentano di usufruire delle detrazioni e deduzioni.
Sia il regime dei minimi, sia il NIP, sono più convenienti, in presenza di altri redditi elevati, rispetto al regime ordinario, in quanto consentono di pagare solo l’imposta sostitutiva del 10 o del 20%, senza fare aumentare gli scaglioni IRPEF.
L’IRAP, pari al 3,9% (dal 2008), è dovuta dalle imprese NIP ma non ne sono soggetti i contribuenti minimi. In questo caso bisogna considerare che l’IRAP effettivamente dovuta non è pari al 3,9% (dal 2008) del reddito, a parte la differente deducibilità di alcuni costi ai fini delle imposte, ma entra in gioco la deduzione forfetaria pari a 8.000 euro, che consente di pagare l’imposta solo altre tale soglia.
IVA. Le nuove iniziative produttive operano in regime IVA e cioè emettono fatture soggette all’imposta sul valore aggiunto e detraggono quella relativa agli acquisti. I contribuenti minimi non sono soggetti IVA, pertanto non detraggono l’imposta assolta sugli acquisti. Questo particolare è ovviamente irrilevante nel caso di soggetti che svolgono attività esenti da IVA, come i medici.
Come già detto in un post precedente, chi è in regime dei minimi e opera con soggetti privati, potrebbe fare un vero affare nel caso in cui riuscisse a lasciare invariato il prezzo finale praticato.
Es. acquisto di un bene a 50 € più IVA 20% pari a 10 €.
Rivendita del bene a 120€ (in precedenza calcolato come 100 € + IVA 20€=120€)
Il contribuente minimo potrà “intascare” 20€ di IVA che non dovrà mai versare.
Il suo guadagno sarà pari a 120-60=60. Quindi pagherà le imposte su 60. uindi paqCiò in quanto l’IVA
divenuta indetraibile sull’acquisto del bene va sommata al costo di acquisto. In regime normale il
guadagno da sottoporre a tassazione è pari invece a 100-50=50€. Ma è pur vero che la differenza di
10 gode di una tassazione molto inferiore per i contribuenti minimi.
RETTIFICA DELLA DETRAZIONE IVA. L’altro aspetto che bisogna considerare riguarda la rettifica della detrazione che diventa obbligatoria per coloro che “passano” dal regime normale a quello dei minimi. Chi inizia l’attività come “minimo” non è interessato a tale rettifica, che consiste nella restituzione al fisco dell’IVA detratta con l’acquisto di beni strumentali acquistati nei 5 anni precedenti quello di adozione del nuovo regime. In unica soluzione oppure a rate.
Oltre all’IVA sui beni strumentali va versata pure quella sui beni in giacenza al 31.12 dell’anno precedente, detratta al momento del loro acquisto. È chiaro che in presenza di attività con beni strumentali acquistati di recente e un magazzino notevole, occorre valutare attentamente i benefici ottenibili dal nuovo regime, e la tassa d’ingresso che si dovrà pagare, che potrebbero anche vanificare i benefici ottenibili.
CONTABILITA’. I vantaggi conseguibili utilizzando uno dei due regimi semplificati, rispetto al regime ordinario, consistono nel sostanziale esonero dalla redazione delle scritture contabili. E’ sufficiente numerare e conservare le fatture emesse e ricevute. Salvo comunque effettuare un minimo di annotazioni al fine di monitorare l’ammontare del fatturato e di estrapolare i dati necessari per la dichiarazione dei redditi.
STUDI DI SETTORE. Il regime dei minimi comporta poi l’esclusione dagli studi di settore per sempre e non limitatamente al primo esercizio, come avviene per le nuove iniziative produttive.
IMPOSTE. L’aliquota dell’imposta sostitutiva è più favorevole per le NIP (nuove iniziative produttive) che è pari al 10% rispetto al regime dei minimi (20%). Occorre però considerare che i contribuenti NIP non possono usufruire delle deduzioni e detrazioni d’imposta che invece spettano ai minimi. Nel caso in cui si abbiano familiari o figli a carico o importi notevoli di spese sanitarie o polizze vita o contributi previdenziali elevati, il regime delle NIP non conviene, a meno che non si abbiano altri redditi, che consentano di usufruire delle detrazioni e deduzioni.
Sia il regime dei minimi, sia il NIP, sono più convenienti, in presenza di altri redditi elevati, rispetto al regime ordinario, in quanto consentono di pagare solo l’imposta sostitutiva del 10 o del 20%, senza fare aumentare gli scaglioni IRPEF.
L’IRAP, pari al 3,9% (dal 2008), è dovuta dalle imprese NIP ma non ne sono soggetti i contribuenti minimi. In questo caso bisogna considerare che l’IRAP effettivamente dovuta non è pari al 3,9% (dal 2008) del reddito, a parte la differente deducibilità di alcuni costi ai fini delle imposte, ma entra in gioco la deduzione forfetaria pari a 8.000 euro, che consente di pagare l’imposta solo altre tale soglia.
IVA. Le nuove iniziative produttive operano in regime IVA e cioè emettono fatture soggette all’imposta sul valore aggiunto e detraggono quella relativa agli acquisti. I contribuenti minimi non sono soggetti IVA, pertanto non detraggono l’imposta assolta sugli acquisti. Questo particolare è ovviamente irrilevante nel caso di soggetti che svolgono attività esenti da IVA, come i medici.
Come già detto in un post precedente, chi è in regime dei minimi e opera con soggetti privati, potrebbe fare un vero affare nel caso in cui riuscisse a lasciare invariato il prezzo finale praticato.
Es. acquisto di un bene a 50 € più IVA 20% pari a 10 €.
Rivendita del bene a 120€ (in precedenza calcolato come 100 € + IVA 20€=120€)
Il contribuente minimo potrà “intascare” 20€ di IVA che non dovrà mai versare.
Il suo guadagno sarà pari a 120-60=60. Quindi pagherà le imposte su 60. uindi paqCiò in quanto l’IVA
divenuta indetraibile sull’acquisto del bene va sommata al costo di acquisto. In regime normale il
guadagno da sottoporre a tassazione è pari invece a 100-50=50€. Ma è pur vero che la differenza di
10 gode di una tassazione molto inferiore per i contribuenti minimi.
RETTIFICA DELLA DETRAZIONE IVA. L’altro aspetto che bisogna considerare riguarda la rettifica della detrazione che diventa obbligatoria per coloro che “passano” dal regime normale a quello dei minimi. Chi inizia l’attività come “minimo” non è interessato a tale rettifica, che consiste nella restituzione al fisco dell’IVA detratta con l’acquisto di beni strumentali acquistati nei 5 anni precedenti quello di adozione del nuovo regime. In unica soluzione oppure a rate.
Oltre all’IVA sui beni strumentali va versata pure quella sui beni in giacenza al 31.12 dell’anno precedente, detratta al momento del loro acquisto. È chiaro che in presenza di attività con beni strumentali acquistati di recente e un magazzino notevole, occorre valutare attentamente i benefici ottenibili dal nuovo regime, e la tassa d’ingresso che si dovrà pagare, che potrebbero anche vanificare i benefici ottenibili.
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