Visualizzazione post con etichetta RESIDENZA FISCALE IN ITALIA E ALL'ESTERO. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta RESIDENZA FISCALE IN ITALIA E ALL'ESTERO. Mostra tutti i post

mercoledì 9 settembre 2009

Anche gli Agnelli evadono le tasse?

Questa estate sfogliando i giornali, a parte La Stampa di Torino, per ovvi motivi, sono trapelate alcune indiscrezioni in merito alla famiglia Agnelli. In particolare Libero ha pubblicato a puntate la storia recente dei dissidi familiari per l’eredità dell’Avvocato Agnelli.
Italia Oggi invece ha speso alcuni titoli di testa in prima pagina su questioni legate alle imposte dovute e pagate da parte dei Marella e Margherita Agnelli.
Sono saltati fuori, improvvisamente, gli appunti del commercialista della famiglia Agnelli, laddove consigliava la vedova, Marella Caracciolo, di tenere certi comportamenti, al fine di non subire controlli da parte del fisco. In ballo c’era la sua residenza in Svizzera e la possibilità di contestazione di quanto dichiarato, da parte del fisco. Infatti, è noto, che se un cittadino trasferisce la propria residenza all’estero, deve soggiornare fuori dall’Italia per almeno 183 giorni all’anno. Vi invito a leggere qualche post sull’argomento.
Gli indizi che fanno salire la pulce al naso agli agenti del fisco sono relativi alla presenza, comunque dimostrata, del cittadino sul suolo italiano, per un periodo sospetto e troppo lungo.
Nel caso della vedova Agnelli sono finiti sotto i riflettori le spese relative alla servitù, pare una quindicina di persone, addette alla residenza alla porte di Torino, impiegate per buona parte dell’anno. Oltre a questo, si è parlato molto della presenza in Italia dei cani, degli Husky, da cui né l’Avvocato, né la moglie si separavano mai. E questo pare sia attestato dalle fatture del veterinario e altri servizi prestati in Italia.
Negli appunti del commercialista, pubblicati sulla stampa in luglio, si sconsigliava la vedova di intestarsi, in seguito alla successione, sia i cani, sia la servitù, per non andare a compromettere la propria posizione di residente all’estero.
Già in passato ci eravamo occupati di Valentino Rossi che risiedeva nel Regno Unito, e che ha subito un pauroso accertamento dal parte del fisco, conclusosi con una transazione molto costosa...
E ora l’Agenzia delle Entrate indaga su un membro della famiglia Agnelli….
Ovviamente, le accuse sono tutte da dimostrare, ma l’Agenzia delle Entrate è intenzionata ad andare aventi nelle indagini, per verificare, giustamente, se l’illustre contribuente ha tenuto comportamenti fiscalmente scorretti.
Sapendo che la vedova è ben assistita da valenti professionisti, ci auguriamo che riesca a dimostrare rapidamente la sua innocenza. Magari si è semplicemente stancata di avere sempre con sé i cani, oppure le bestiole erano ammalate…

martedì 25 settembre 2007

LA RESIDENZA FISCALE, QUESTA SCONOSCIUTA

COS’E’ LA RESIDENZA AI FINI FISCALI? Ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le persone fisiche che per la maggior parte del periodo d’imposta, e cioè 183 giorni all’anno:
1) sono iscritte all’anagrafe della popolazione residente
2) hanno il proprio domicilio in Italia ai sensi del Codice Civile
3) hanno la residenza in Italia ai sensi del Codice Civile
Basta il verificarsi di una sola di queste condizioni.
L’ANAGRAFE della popolazione residente è costituita da un registro su cui sono annotate tutte le persone che vivono in un dato comune, in un certo momento.
Se si trasferisce la propria residenza all’estero, si viene cancellati da questo registro e si viene iscritti all’AIRE (ANAGRAFE DEGLI ITALIANI RESIDENTI ALL’ESTERO).
SEMPLICE NO?
Se sei già in viaggio per il tuo municipio per trasferire la tua residenza all’estero sappi però che dal 1° gennaio 1999 non è più sufficiente l’iscrizione all’AIRE, per non essere considerati residenti in Italia. ANZI: ai fini fiscali, si presume, salvo prova contraria, che tali soggetti risiedano ancora nel nostro paese, se hanno spostato la propria residenza in uno dei territori a fiscalità privilegiata, elencati nella black list di cui si è parlato nel post precedente.
Ma andiamo a scoprire cosa dice il nostro Codice Civile a proposito del domicilio e della residenza.
L’art. 43, comma 1, definisce il DOMICILIO, come il luogo in cui una persona ha stabilito la sede principale dei propri affari ed interessi, non solo economici, ma anche di carattere familiare, sociale e morale.
Pertanto, se un contribuente stabilisce la propria residenza all’estero per motivi di lavoro o studio, e, pertanto resti fuori del territorio nazionale per almeno 183 giorni all’anno, continuerà ad essere tassato in Italia, se qui resta il centro dei suoi affari ed interessi. Ad esempio, se i suoi familiari continuano a vivere in Italia o se lo stesso fa rientrare in Italia i proventi percepiti all’Estero.
La RESIDENZA invece è il luogo dove una persona ha la dimora abituale, cioè non solo permane in quel luogo, ma si può desumere da elementi obiettivi la volontà di stabilirvi il centro dei propri affari e interessi.
Quindi, mentre il domicilio può prescindere dalla presenza effettiva in un dato luogo, per avere la residenza ci vuole anche questo requisito oggettivo, oltre a quello soggettivo esaminato sopra.
Si tenga presente che queste norme sono valide erga omnes, e cioè non ammettono eccezioni, neanche per i lavoratori dipendenti residenti all’estero. Anche questi devono infatti prestare attenzione a come si muovono, per non correre il rischio di pagare due volte le tasse. La DOPPIA IMPOSIZIONE è infatti sempre in agguato e, se le tasse in Italia vi “mangiano” metà del reddito, le tasse pagate nel paese estero di residenza si possono mangiare il resto. Ad evitarvi un volo dal 20° piano per porre fine alla vostra grama esistenza, esistono però dei trattati contro le doppie imposizioni, siglati da vari stati fra loro, che consentono di evitare questo fenomeno.
Se il paese dove vi hanno spedito a lavorare non ha stipulato una convenzione con l’Italia, è prevista comunque la possibilità di recuperare le imposte pagate all’estero, tipicamente trattenute dal datore di lavoro con la busta paga, tramite il CREDITO D’IMPOSTA per i tributi pagati all’estero, come disposto dall’art. 165 del TUIR.