Navigando sulla rete nei giorni scorsi mi sono imbattuto in questo articolo tratto da “Il Tempo” che potete leggervi cliccando su questo link. Mi sembra emblematico di come anche la Chiesa, o meglio, ambienti vicini alla Chiesa, vedano la faccenda delle troppe tasse che purtroppo paghiamo. E soprattutto ciò che più interessa è che esiste un limite etico oltre il quale lo Stato non può spingersi con il prelievo fiscale.
La cena dei cretini è il titolo di un vecchio film (neanche poi tanto vecchio) a cui mi sono ispirato per questo racconto di Natale (o meglio di Capodanno, non voglio essere irriverente).
…Tutto cominciò nell’inverno di tanti anni fa… Faceva molto freddo e già dalla metà di novembre una coltre di neve ricopriva tutti gli edifici del paese di G…(è di pura fantasia). Gli abitanti del luogo erano gente semplice ed affabile e come unico vizio erano soliti concedersi delle interminabili partite a carte che si protraevano nei giorni di festa fino alle ore piccole.
Quell’anno, forse per vincere la monotonia del solito tran tran del paese, la moglie del calzolaio buttò lì una di quelle idee che nemmeno i guru delle aziende multinazionali riescono ad avere. “Quest’anno mi piacerebbe organizzare una grande cena di capodanno, che coinvolga tutto il paese! Ci sarà un banchetto luculliano con 50 portate, di carne, di pesce, di crostacei, di dolci, i migliori vini, frutta esotica, la musica dal vivo con un ballo finale lo champagne e i fuochi d’artificio”. E non lo disse soltanto, lo fece. Cominciando con la difficile opera di convincimento necessaria per smuovere i pigri, gli avari e i disfattisti, mise in campo la sua squadra di donne e di uomini, pronti a fare di tutto per vivere il sogno di una festa da Mille e una notte.
L’edificio adibito a biblioteca, anticamente dimora dei signori del luogo, venne concesso dal comune per il nobile scopo (e per evitare interminabili discussioni con la moglie del calzolaio che, pur essendo una brava donna, aveva la caratteristica di avere un peso specifico pari a quello del titanio, cioè era talmente pesante che, piuttosto che trovarsela davanti, il sindaco le avrebbe ceduto anche la sua fascia tricolore).
Alla fine di novembre i preparativi fervevano e nessuno ormai aveva più alcun dubbio che il paese sarebbe riuscito a realizzare ciò che si era prefisso.
La signora ideatrice di tutto ciò, armata di calcolatrice, stabilì che la quota di partecipazione alla festa sarebbe stata di 100€ a testa (valori di tanti anni fa, che rappresentavano una fortuna).
Inutile dire che il 31 dicembre, nel paese di G.., la festa fu davvero grande, motivo di vanto e di orgoglio per tutti gli abitanti e di grande invidia di quelli dei paesi vicini. Se ne parlò nelle cronache dei gazzettini locali e la fama si spinse fino a centinaia di chilometri dal paese… Arrivati all’estate successiva, visto che c’era ancora qualcuno che continuava ad accennarne, quasi sperando di ridare il “la” per una nuova edizione, l’organizzatrice decise che la festa ci sarebbe stata ancora.
Il successo fu grande anche l’anno successivo, e quindi la festa venne organizzata ancora, ancora… fino ai giorni nostri.
Nel corso degli anni l’ideatrice della cena di capodanno venne sostituita da un vero e proprio Comitato pro-festa con tanto di struttura, di presidente, vice-presidente e segretario.
Fu così che le cose cominciarono a non funzionare più così bene come la prima volta.
Pare che i primi sentori di malumore si verificarono quando nel comitato venne nominato presidente un certo Paolone e come suo vice Giovannino, detto Vanni, che fra le altre cose era stato vice-sindaco del Comune. Con un’abile mossa di marketing, il comitato, desideroso di cambiare un po’ il look della mitica cena di capodanno, convinse i cittadini ad impegnarsi a pagare una quota d’iscrizione un po’ più alta rispetto ai 100€ iniziali. In realtà la qualità e la quantità del cibo era in caduta netta.
Uno dei vecchi del paese, che non si era perso nessuna delle edizioni precedenti, cominciò a capire l’andazzo e iniziò a lamentarsi dicendo che l’anno prima si era mangiato di più e meglio. Addirittura il numero di tortellini, tanto per quantificare, era calato vistosamente di anno in anno. Ovviamente l’anziano signore venne etichettato come un po’ rimbambito e non gli si diede più retta.
I fasti dei cenoni passati erano però andati via via scemando; prima era scomparso il caviale, giustificato dal fatto che gli storioni avevano avuto una malattia venerea e le loro uova non erano più sicure. Poi era stata la volta dei crostacei, che a quanto pare avevano risentito dell’inquinamento e non si trovavano quasi più. Le ostriche invece erano sparite perché gli allevatori si erano dedicati alla coltivazione delle perle, assai più redditizia. E così via. Ogni prelibatezza finiva inevitabilmente per scomparire con giustificazioni penose e incredibili anche a un bambino di 4 anni. Se poi qualcuno protestava, veniva bruscamente ripreso, tacciato di disfattismo e allontanato in malo modo. Paolone e Giovannino detto Vanni, la cui onestà e rettitudine non era mai stata messa in discussione da alcuno, continuavano a “mandare avanti la baracca” in modo impeccabile, almeno per ciò che concerne il rispetto delle scadenze, del noleggio delle attrezzature e tutto il resto.
Ma, la cena da Mille e una Notte non era più quella. Da un lato il costo era lievitato paurosamente, certamente per via dell’inflazione e del passaggio all’euro, dall’altro il menu non solo non superava più le 10 voci, ma le portate servite non avevano quel “qualcosa di più” che avevano sempre avuto.
Il gran ballo finale che nella prima edizione era supportato da una mini orchestra di musica classica con musicisti professionisti era diventata una dozzinale imitazione con un’orchestrina di liscio di infimo ordine, che tra l’altro, era pure in forse fino all’ultimo minuto, e si correva ogni volta il rischio di dover utilizzare i dischi della discoteca municipale.
Poi ci furono le voci… Forse qualcuno parlò, magari consumato dal rimorso, magari scoperto “con il sorcio in bocca”, in modo tale da non poter più negare l’evidenza. Paolone e Giovannino detto Vanni facevano la “cresta” sulla spesa! E cioè, non è che si intascassero proprio tutti i soldi a disposizione per la cena, ma qualcosa spariva di sicuro. Una parte veniva certamente “prelevata”, per le proprie spese personali. I generi alimentari per la cena venivano già da alcuni anni acquistati su internet, su siti stranieri che vendevano a prezzi stracciati merci forse neanche legali qui in Italia. Il resto della spesa veniva fatta invece presso negozi specializzati, comprando, senza badare a spese, quanto di meglio c’è sul mercato fra i generi alimentari di extra lusso. E sparivano come per incanto nei sotterranei della biblioteca comunale. Dove venivano poi recuperati nel corso del mese di dicembre dagli organizzatori truffaldini, che organizzavano cene con amici, “al fine di testare la qualità dei prodotti da utilizzare per il cenone di capodanno e le relative ricette proposte dagli chef” il tutto, s’intende, ad esclusivo vantaggio della collettività.
Ci fu chi li vide banchettare allegramente a palazzo, ma in seguito alle denunce presentate, non si trovarono le prove delle accuse e, a parte la rotondità che avvolgeva il giro vita degli organizzatori, ingrassati di una decina di chili ciascuno nel solo mese di dicembre, non ci furono condanne.
Inizialmente il colpo fu duro, ma dopo un primo momento, diciamo di “calo della popolarità”, le doti di affabulatori incredibili di Paolone e Vanni, riuscirono a riconquistare i compaesani, convincendoli che d’ora in avanti le cose sarebbero state fatte “al meglio”. Se lo dicono loro!!!
La storiella di capodanno è stata divertente? Per me no. E vi spiego perché?
Le inquietanti analogie con la situazione politica ed economica del nostro Paese non sono puramente casuali. Pensate che un tempo, all’epoca di Tangentopoli, si diceva che i politici rubavano. Poi più nulla. Oggi molti di quei politici sono ancora al loro posto, proprio come Paolone e Vanni, sono stati creduti e perdonati. Ma il quesito non è se i politici rubano ancora, ci credo sulla parola, ma quanti pasti gratis si fanno alle nostre spalle. O meglio, quanti soldi ci fanno spendere per destinarli a spese inutili o mirate al soddisfacimento di propri bisogni politici, quali compensare i propri elettori o potentati che li hanno fatto eleggere (voto di scambio) o per tenerli buoni in vista delle prossime elezioni. Qui siamo al punto in cui la “cresta” ha superato la metà dell’esborso, e si accinge a coprirlo tutto. Il famoso cane che si morde la coda ed inizia a mangiarsi.
Ma cosa possiamo fare per non cadere nel baratro? Semplice, tenere gli occhi aperti.
Se i paesani fossero stati più attenti si sarebbero accorti che i piatti diminuivano e il prezzo saliva, per cui avrebbero dovuto protestare e farsi intendere. Altrimenti il cenone di capodanno si trasforma nella “Cena dei cretini”. Ed il passo è breve. I cittadini che vedono che la spesa pubblica cresce continuamente, facendo conseguentemente salire le imposte, ma parimenti la quantità e qualità dei servizi erogati non aumenta, devono protestare e cacciare via tutti i Paolone e Giovannino che si annidano a Roma. E’ chiaro che nell’ambito di una nazione le entrate e le uscite del bilancio dello Stato sono un po’ più complesse rispetto a quelle che “girano” nell’organizzazione di un cenone di capodanno. Ma non bisogna scoraggiarsi e cercare sempre di capire di più e meglio anche i meccanismi più complessi. Solo così possiamo salvarci.
Ma se c’è qualcuno che ancora pensa che vada tutto bene e che in Italia non ci siano problemi, gli consiglierei un capodanno diverso. Ho saputo che Paolone ne organizza un altro….Ci sono ancora alcuni posti disponibili, al costo di 1.000 € cadauno! Scrivetemi per informazioni.
Intanto Buon Anno.
giovedì 27 dicembre 2007
La cena dei cretini
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