Qualche settimana fa ho letto su un quotidiano italiano un articolo che accennava alle misure della legge di bilancio prese nella vicina in Spagna, tendenti a recuperare maggiori incassi erariali con l’inasprimento delle imposte dirette sui redditi.
Per farla breve, pare che in Spagna l’aliquota fiscale per i redditi oltre i 175.000 euro è passata dal 22,5 al 23,5%. Di qui il titolo dell’articolo che parlava dei cosiddetti “paperoni” spagnoli super tassati dal fisco.
I redditi superiori a 120.000 euro hanno invece subito un incremento di aliquota dal 21,5% al 22,5%.
Considerando che i contribuenti spagnoli che vantano simili redditi sono circa 100.000, si parla di una stangata di importo compreso fra 1.700 e 2.000 euro annui procapite.
La cosa che mi sembra a dir poco scandalosa è l’entità del prelievo fiscale correlato ai redditi medio alti e alti, superiori a 120.000 e 175.000 euro annui.
In Italia, è bene saperlo, i redditi superiori alla ben più modesta soglia di 75.000 euro, scontano un’ IRPEF del 43%. Il che significa quasi il doppio rispetto alla Spagna. Già la cosa fa riflettere, visto che la Spagna è un paese europeo e non mi risulta che abbia livelli di servizi pubblici inferiori ai nostri.
In Italia l’aliquota IRPEF minima, prevista per redditi inferiori a 15.000 €, è pari a 23%. In Spagna il 23,5% lo pagano i redditi superiori a 175.000€. Va bene che noi dobbiamo pagare gli interessi sul debito pubblico, ma pagare il doppio rispetto ai cittadini spagnoli mi sembra una presa in giro.
La critica non è rivolta ai governi che si sono succeduti in Italia negli ultimi anni, visto che le aliquote sono molto simili, ma all’Italia: se fossimo in un libero mercato dovremmo chiudere bottega. Chi sarebbe disposto a pagare uno stesso servizio il doppio rispetto ad un altro?
Per farla breve, pare che in Spagna l’aliquota fiscale per i redditi oltre i 175.000 euro è passata dal 22,5 al 23,5%. Di qui il titolo dell’articolo che parlava dei cosiddetti “paperoni” spagnoli super tassati dal fisco.
I redditi superiori a 120.000 euro hanno invece subito un incremento di aliquota dal 21,5% al 22,5%.
Considerando che i contribuenti spagnoli che vantano simili redditi sono circa 100.000, si parla di una stangata di importo compreso fra 1.700 e 2.000 euro annui procapite.
La cosa che mi sembra a dir poco scandalosa è l’entità del prelievo fiscale correlato ai redditi medio alti e alti, superiori a 120.000 e 175.000 euro annui.
In Italia, è bene saperlo, i redditi superiori alla ben più modesta soglia di 75.000 euro, scontano un’ IRPEF del 43%. Il che significa quasi il doppio rispetto alla Spagna. Già la cosa fa riflettere, visto che la Spagna è un paese europeo e non mi risulta che abbia livelli di servizi pubblici inferiori ai nostri.
In Italia l’aliquota IRPEF minima, prevista per redditi inferiori a 15.000 €, è pari a 23%. In Spagna il 23,5% lo pagano i redditi superiori a 175.000€. Va bene che noi dobbiamo pagare gli interessi sul debito pubblico, ma pagare il doppio rispetto ai cittadini spagnoli mi sembra una presa in giro.
La critica non è rivolta ai governi che si sono succeduti in Italia negli ultimi anni, visto che le aliquote sono molto simili, ma all’Italia: se fossimo in un libero mercato dovremmo chiudere bottega. Chi sarebbe disposto a pagare uno stesso servizio il doppio rispetto ad un altro?