Non preoccupatevi, le cartelle mute non sono pericolose come le cartelle pazze. Ciò che manca loro è solo …. la parola… Non che solitamente ci sia un dialogo vero e proprio con le cartelle esattoriali, di solito solo comunicazioni unidirezionali di insulti e imprecazioni da parte vostra…
Ma l’ultimo grido (si fa per dire) nel panorama fiscale italiano sono proprio le cartelle mute. La loro unica colpa consiste nel non indicare, fra le informazioni fondamentali per il contribuente, il nominativo del funzionario responsabile del procedimento accertativo e della riscossione. Tutto qui. Ma non sono bazzeccole. Infatti l’art. 7 dello Statuto del Contribuente prevede che le cartelle esattoriali devono indicare “l’ufficio presso il quale è possibile ottenere informazioni complete in merito all’atto notificato o comunicato e il responsabile del procedimento”. Ma andiamo con ordine.
Lo Statuto del Contribuente è stato introdotto nel nostro ordinamento con la legge 212/2000.
Ora, sono passati sette anni dalla sua entrata in vigore.
Perché tutto questo baccano sul finire del 2007? E cioè dopo circa sette anni dalla norma e sette anni di cartelle esattoriali viziate per la mancanza del nome del responsabile del procedimento?
La giustizia arriva tardi, ma (alle volte) arriva. In questo caso la Corte Costituzionale con sentenza n. 377 del 9 novembre 2007 ha stabilito che l’obbligo in questione è tassativo e che pertanto le cartelle prive di quel requisito sono nulle.
Il concessionario della riscossione Equitalia è corso subito ai ripari imponendo a tutte le proprie partecipare di indicare il dato fatidico con decorrenza immediata. Era il 22 novembre 2007.
Il vero problema si è posto per le cartelle già emesse alla data del cambio di orientamento e dell’adeguamento di Equitalia. Sempre nella direttiva del 22 novembre Equitalia ha spiegato che le cartelle precedenti seppur viziate non sono comunque annullabili dal giudice ed ha lasciato presagire che se ci saranno contenziosi con i contribuenti, loro sono pronti a resistere.
Per prevenire le controversie già in atto, che al 90% si sono risolte a favore del contribuente, il Governo ha pensato bene di intervenire in via legislativa con un emendamento al cosiddetto DL “Milleproroghe” che prevede la nullità di tutte le “cartelle mute”. Ciò potrà avvenire però solo a partire dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del “Milleproroghe”.
Fino ad allora, e comunque per le cartelle mute emesse successivamente all’ordinanza della Suprema Corte, l’unica strada aperta resta il contenzioso. In questo caso occhio alla scadenza dei termini per proporre il ricorso in Commissione Tributaria (60 giorni dalla notifica della cartella).
Ma l’ultimo grido (si fa per dire) nel panorama fiscale italiano sono proprio le cartelle mute. La loro unica colpa consiste nel non indicare, fra le informazioni fondamentali per il contribuente, il nominativo del funzionario responsabile del procedimento accertativo e della riscossione. Tutto qui. Ma non sono bazzeccole. Infatti l’art. 7 dello Statuto del Contribuente prevede che le cartelle esattoriali devono indicare “l’ufficio presso il quale è possibile ottenere informazioni complete in merito all’atto notificato o comunicato e il responsabile del procedimento”. Ma andiamo con ordine.
Lo Statuto del Contribuente è stato introdotto nel nostro ordinamento con la legge 212/2000.
Ora, sono passati sette anni dalla sua entrata in vigore.
Perché tutto questo baccano sul finire del 2007? E cioè dopo circa sette anni dalla norma e sette anni di cartelle esattoriali viziate per la mancanza del nome del responsabile del procedimento?
La giustizia arriva tardi, ma (alle volte) arriva. In questo caso la Corte Costituzionale con sentenza n. 377 del 9 novembre 2007 ha stabilito che l’obbligo in questione è tassativo e che pertanto le cartelle prive di quel requisito sono nulle.
Il concessionario della riscossione Equitalia è corso subito ai ripari imponendo a tutte le proprie partecipare di indicare il dato fatidico con decorrenza immediata. Era il 22 novembre 2007.
Il vero problema si è posto per le cartelle già emesse alla data del cambio di orientamento e dell’adeguamento di Equitalia. Sempre nella direttiva del 22 novembre Equitalia ha spiegato che le cartelle precedenti seppur viziate non sono comunque annullabili dal giudice ed ha lasciato presagire che se ci saranno contenziosi con i contribuenti, loro sono pronti a resistere.
Per prevenire le controversie già in atto, che al 90% si sono risolte a favore del contribuente, il Governo ha pensato bene di intervenire in via legislativa con un emendamento al cosiddetto DL “Milleproroghe” che prevede la nullità di tutte le “cartelle mute”. Ciò potrà avvenire però solo a partire dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del “Milleproroghe”.
Fino ad allora, e comunque per le cartelle mute emesse successivamente all’ordinanza della Suprema Corte, l’unica strada aperta resta il contenzioso. In questo caso occhio alla scadenza dei termini per proporre il ricorso in Commissione Tributaria (60 giorni dalla notifica della cartella).
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