La scadenza di fine novembre, cioè quella relativa al versamento del secondo acconto IRPEF, IRES, IRAP e INPS autonomi, quest’anno fa meno paura che in passato. Almeno per ciò che riguarda l’IRPEF.
Infatti il Governo ha emanato un decreto legge che riduce di 20 punti percentuali l’acconto IRPEF 2009, la cui seconda rata scade appunto il 30 novembre.
Spieghiamoci meglio per i non addetti ai lavori. L’IRPEF, imposta sul reddito delle persone fisiche, si paga per i lavoratori autonomi, due volte all’anno, a differenza che per i lavoratori dipendenti che subiscono le “trattenute” in busta paga e quindi non hanno tale problema.
A giugno si paga, oltre al saldo dell’imposta dovuta per l’anno precedente, un acconto commisurato al debito d’imposta risultante dalla dichiarazione. Tale acconto, per l’IRPEF è pari al 40% del 99% dell’imposta risultante dal rigo “differenza” del Modello Unico dell’anno precedente. Questo è il conteggio effettuato quest’anno dai contribuenti per il primo acconto.
Il 30 novembre scade invece il secondo acconto che per legge è calcolato come il 60% del 99% dell’imposta dovuta nell’anno precedente. Quest’anno il decreto del Governo è intervenuto su tale conteggio ed ha stabilito che l’acconto IRPEF complessivamente dovuto per l’anno 2009 è pari al 79% invece che il 99%.
In tal modo non è stato rideterminato solo il secondo acconto, bensì anche il primo che è già stato versato nel mese di giugno, salvo rateizzazioni. La differenza già versata in più, pari al 40% sul 20% verrà recuperata in sede di pagamento del 2° acconto, consentendo un effetto ancora maggiore.
Esempio numerico. Se dal rigo differenza risultano € 10.000 e il primo acconto è stato versato per 10.000x99%*40%= 3.960, il secondo acconto non sarà 10.000*99%*60%= 5.940 come avveniva l’anno scorso.
E non sarà neppure 10.000*79%*60%= 4.740 che sarebbero dovuti nel caso in cui fosse stato ritoccato solo il 2° acconto.
Sarà invece così calcolato: 10.000*79%-10.000*99%*40%= 3.940 e cioè il 79% al netto di quanto già versato come primo acconto. La differenza che resta nelle tasche del contribuente usato come esempio è pari a 5.940-3.940= 2.000 euro!
Questo è il motivo per cui i lavoratori autonomi avranno a disposizione più denaro per le spese di Natale e delle feste e contribuiranno sicuramente a sostenere la nostra economia in crisi. I lavoratori dipendenti in realtà hanno già la tredicesima che svolge questa funzione, quindi non sono penalizzati.
In tal modo il governo ha effettuato la creazione di “moneta virtuale” per immettere liquidità nel sistema commerciale ed economico in generale. Quindi ha fatto un’ottima manovra economica.
Però attenzione: è stato ridotto solo l’acconto del 2009, non le imposte. Quindi a giugno dell’anno prossimo il contribuente dovrà pagare le imposte ordinarie e, se non ci sono sostanziali differenze di reddito rispetto all’anno precedente, dovrà restituire quei 2000 euro che gli sono stati lasciti in tasca a novembre.
Ma a ben vedere il momento economico è talmente incerto che potendo mangiare metà pollo oggi e metà domani, si preferisce mangiarlo tutto subito e poi più avanti vedremo….
sabato 28 novembre 2009
mercoledì 9 settembre 2009
Anche gli Agnelli evadono le tasse?
Questa estate sfogliando i giornali, a parte La Stampa di Torino, per ovvi motivi, sono trapelate alcune indiscrezioni in merito alla famiglia Agnelli. In particolare Libero ha pubblicato a puntate la storia recente dei dissidi familiari per l’eredità dell’Avvocato Agnelli.
Italia Oggi invece ha speso alcuni titoli di testa in prima pagina su questioni legate alle imposte dovute e pagate da parte dei Marella e Margherita Agnelli.
Sono saltati fuori, improvvisamente, gli appunti del commercialista della famiglia Agnelli, laddove consigliava la vedova, Marella Caracciolo, di tenere certi comportamenti, al fine di non subire controlli da parte del fisco. In ballo c’era la sua residenza in Svizzera e la possibilità di contestazione di quanto dichiarato, da parte del fisco. Infatti, è noto, che se un cittadino trasferisce la propria residenza all’estero, deve soggiornare fuori dall’Italia per almeno 183 giorni all’anno. Vi invito a leggere qualche post sull’argomento.
Gli indizi che fanno salire la pulce al naso agli agenti del fisco sono relativi alla presenza, comunque dimostrata, del cittadino sul suolo italiano, per un periodo sospetto e troppo lungo.
Nel caso della vedova Agnelli sono finiti sotto i riflettori le spese relative alla servitù, pare una quindicina di persone, addette alla residenza alla porte di Torino, impiegate per buona parte dell’anno. Oltre a questo, si è parlato molto della presenza in Italia dei cani, degli Husky, da cui né l’Avvocato, né la moglie si separavano mai. E questo pare sia attestato dalle fatture del veterinario e altri servizi prestati in Italia.
Negli appunti del commercialista, pubblicati sulla stampa in luglio, si sconsigliava la vedova di intestarsi, in seguito alla successione, sia i cani, sia la servitù, per non andare a compromettere la propria posizione di residente all’estero.
Già in passato ci eravamo occupati di Valentino Rossi che risiedeva nel Regno Unito, e che ha subito un pauroso accertamento dal parte del fisco, conclusosi con una transazione molto costosa...
E ora l’Agenzia delle Entrate indaga su un membro della famiglia Agnelli….
Ovviamente, le accuse sono tutte da dimostrare, ma l’Agenzia delle Entrate è intenzionata ad andare aventi nelle indagini, per verificare, giustamente, se l’illustre contribuente ha tenuto comportamenti fiscalmente scorretti.
Sapendo che la vedova è ben assistita da valenti professionisti, ci auguriamo che riesca a dimostrare rapidamente la sua innocenza. Magari si è semplicemente stancata di avere sempre con sé i cani, oppure le bestiole erano ammalate…
Italia Oggi invece ha speso alcuni titoli di testa in prima pagina su questioni legate alle imposte dovute e pagate da parte dei Marella e Margherita Agnelli.
Sono saltati fuori, improvvisamente, gli appunti del commercialista della famiglia Agnelli, laddove consigliava la vedova, Marella Caracciolo, di tenere certi comportamenti, al fine di non subire controlli da parte del fisco. In ballo c’era la sua residenza in Svizzera e la possibilità di contestazione di quanto dichiarato, da parte del fisco. Infatti, è noto, che se un cittadino trasferisce la propria residenza all’estero, deve soggiornare fuori dall’Italia per almeno 183 giorni all’anno. Vi invito a leggere qualche post sull’argomento.
Gli indizi che fanno salire la pulce al naso agli agenti del fisco sono relativi alla presenza, comunque dimostrata, del cittadino sul suolo italiano, per un periodo sospetto e troppo lungo.
Nel caso della vedova Agnelli sono finiti sotto i riflettori le spese relative alla servitù, pare una quindicina di persone, addette alla residenza alla porte di Torino, impiegate per buona parte dell’anno. Oltre a questo, si è parlato molto della presenza in Italia dei cani, degli Husky, da cui né l’Avvocato, né la moglie si separavano mai. E questo pare sia attestato dalle fatture del veterinario e altri servizi prestati in Italia.
Negli appunti del commercialista, pubblicati sulla stampa in luglio, si sconsigliava la vedova di intestarsi, in seguito alla successione, sia i cani, sia la servitù, per non andare a compromettere la propria posizione di residente all’estero.
Già in passato ci eravamo occupati di Valentino Rossi che risiedeva nel Regno Unito, e che ha subito un pauroso accertamento dal parte del fisco, conclusosi con una transazione molto costosa...
E ora l’Agenzia delle Entrate indaga su un membro della famiglia Agnelli….
Ovviamente, le accuse sono tutte da dimostrare, ma l’Agenzia delle Entrate è intenzionata ad andare aventi nelle indagini, per verificare, giustamente, se l’illustre contribuente ha tenuto comportamenti fiscalmente scorretti.
Sapendo che la vedova è ben assistita da valenti professionisti, ci auguriamo che riesca a dimostrare rapidamente la sua innocenza. Magari si è semplicemente stancata di avere sempre con sé i cani, oppure le bestiole erano ammalate…
giovedì 9 luglio 2009
Regolarizziamo le badanti... e facciamo pagare loro le tasse!!!
Il dibattito dei giorni scorsi è stato innescato da una affermazione del ministro Giovanardi che auspicava una sanatoria per le colf e badanti irregolari. Tutto ciò per andare ad attenuare gli effetti della famosa legge contro i clandestini. Quella legge cioè che ha introdotto nel nostro ordinamento, il reato di “clandestinità”. In base a quel provvedimento, i clandestini presenti nel nostro paese, compiono un illecito penale. Cosa che di per sé non mi pare particolarmente lesiva dei diritti umani, visto che fra i tanti diritti inviolabili della persona, non mi sembra che ci sia quello di andare “clandestinamente” nei paesi altrui senza alcuna autorizzazione da parte delle autorità competenti. Il reato è stato introdotto per cercare di arginare i flussi selvaggi di clandestini che si riversano nel nostro paese causando non pochi problemi. Primo fra tutti, quello della sicurezza. Infatti, come si può facilmente immaginare, molti di quei “disperati” finiscono per mettersi a disposizione delle organizzazioni criminali o comunque per delinquere. Tutto ciò, perché non si può certo morire di fame, quindi si fa quel che si può.
Ma veniamo alle badanti. Visto che la norma è stata introdotta, in primis, per ragioni di sicurezza, mi pare d’obbligo fare una considerazione. E cioè, le badanti sono pericolose per la sicurezza nel nostro paese? Non mi pare. Come non mi sembra che le cronache dei nostri giornali riportino casi di reati consumati da quelle donne, per lo più dell’est Europa, che si dedicano all’assistenza delle fasce deboli della nostra popolazione.
Per cui, noi che siamo un popolo sovrano, e possiamo scegliere chi far venire in Italia, e chi può starci, perché ci serve e non ci arreca danni, dovremmo dire si alla proposta del ministro Giovanardi.
Tutto ciò, però, ad una condizione…. E cioè, che le badanti clandestine vengano anche “messe in regola” dal punto di vista fiscale e previdenziale del loro rapporto di lavoro. E’ questo chiedere troppo?
Perché, in un periodo di vacche magre per tutti, forse lo stato avrebbe bisogno di quelle risorse che potrebbero derivare dalle imposte e dai contributi versati dalle colf e badanti, che fra l’altro non sono poi così “povere”. Anche per una questione di correttezza, visto che queste cittadine straniere vivono in Italia e usufruiscono dei servizi che lo stato fornisce a tutti noi. Per cui, è ora di presentare il conto! Non vorrei mai, domani, che si dovessero concedere delle pensioni sociali a persone che hanno sempre vissuto in Italia, senza pagare mai il becco d’un quattrino di tasse o di contributi….
Per cui, per una volta, cerchiamo di essere buoni, ma non stupidi e riusciremo anche a combattere l’evasione fiscale (e contributiva).
Ma veniamo alle badanti. Visto che la norma è stata introdotta, in primis, per ragioni di sicurezza, mi pare d’obbligo fare una considerazione. E cioè, le badanti sono pericolose per la sicurezza nel nostro paese? Non mi pare. Come non mi sembra che le cronache dei nostri giornali riportino casi di reati consumati da quelle donne, per lo più dell’est Europa, che si dedicano all’assistenza delle fasce deboli della nostra popolazione.
Per cui, noi che siamo un popolo sovrano, e possiamo scegliere chi far venire in Italia, e chi può starci, perché ci serve e non ci arreca danni, dovremmo dire si alla proposta del ministro Giovanardi.
Tutto ciò, però, ad una condizione…. E cioè, che le badanti clandestine vengano anche “messe in regola” dal punto di vista fiscale e previdenziale del loro rapporto di lavoro. E’ questo chiedere troppo?
Perché, in un periodo di vacche magre per tutti, forse lo stato avrebbe bisogno di quelle risorse che potrebbero derivare dalle imposte e dai contributi versati dalle colf e badanti, che fra l’altro non sono poi così “povere”. Anche per una questione di correttezza, visto che queste cittadine straniere vivono in Italia e usufruiscono dei servizi che lo stato fornisce a tutti noi. Per cui, è ora di presentare il conto! Non vorrei mai, domani, che si dovessero concedere delle pensioni sociali a persone che hanno sempre vissuto in Italia, senza pagare mai il becco d’un quattrino di tasse o di contributi….
Per cui, per una volta, cerchiamo di essere buoni, ma non stupidi e riusciremo anche a combattere l’evasione fiscale (e contributiva).
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martedì 12 maggio 2009
L’IVA PER CASSA. AL VIA UNA PROMESSA DI BERLUSCONI
Finalmente è stato posto l’ultimo tassello mancante per attuare la cosiddetta IVA per cassa, promessa proprio da Silvio Berlusconi nella campagna elettorale dello scorso anno. Vediamo una breve sintesi.
COS’E’: La disposizione contenuta nel D.L. n. 185 del 29.11.2008 consente ad alcune tipologie di soggetti di versare l’IVA periodica solo una volta incassate le fatture emesse.
SOGGETTI INTERESSATI. La legge si applica agli imprenditori e ai professionisti che abbiano avuto, nell’anno precedente, un volume d’affari non superiore a € 200.000. Si tratta di una FACOLTA’ non di un obbligo.
PERIODO DI VALIDITA’: La norma è in vigore dal 28 aprile 2009, in seguito alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, del regolamento attuativo.
ESCLUSIONI: L’IVA per cassa non è applicabile alle fatture emesse nei confronti di privati oppure di soggetti che operano in particolari regimi d’imposta, come reverse charge (edilizia), produttori agricoli, commercianti di sali e tabacchi o prodotti editoriali o telefonici, agenzie di viaggio, rivenditori di beni usati in regime del margine.
INDICAZIONE IN FATTURA: E’ fondamentale che sulla fattura emessa venga indicata chiaramente una dicitura del tipo “Operazione con IVA ad esigibilità differita, ex art. 7 del DL 185/08”. In mancanza l’operazione si considera ad esigibilità immediata, per cui l’IVA andrà assolta con le scadenze ordinarie.
VERSAMENTO ENTRO UN ANNO: Il differimento del versamento dell’IVA può durare al massimo un anno dall’emissione della fattura. Trascorso tale termine l’IVA va versata anche se la fattura non è stata incassata.
DETRAZIONE DIFFERITA DELL’IVA: Chi riceve una fattura con la dicitura relativa al differimento, non potrà detrarre l’IVA immediatamente, ma solo al momento in cui ne pagherà l’importo. Se ciò non avvenisse entro un anno, la detrazione sarà possibile a tale scadenza.
COS’E’: La disposizione contenuta nel D.L. n. 185 del 29.11.2008 consente ad alcune tipologie di soggetti di versare l’IVA periodica solo una volta incassate le fatture emesse.
SOGGETTI INTERESSATI. La legge si applica agli imprenditori e ai professionisti che abbiano avuto, nell’anno precedente, un volume d’affari non superiore a € 200.000. Si tratta di una FACOLTA’ non di un obbligo.
PERIODO DI VALIDITA’: La norma è in vigore dal 28 aprile 2009, in seguito alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, del regolamento attuativo.
ESCLUSIONI: L’IVA per cassa non è applicabile alle fatture emesse nei confronti di privati oppure di soggetti che operano in particolari regimi d’imposta, come reverse charge (edilizia), produttori agricoli, commercianti di sali e tabacchi o prodotti editoriali o telefonici, agenzie di viaggio, rivenditori di beni usati in regime del margine.
INDICAZIONE IN FATTURA: E’ fondamentale che sulla fattura emessa venga indicata chiaramente una dicitura del tipo “Operazione con IVA ad esigibilità differita, ex art. 7 del DL 185/08”. In mancanza l’operazione si considera ad esigibilità immediata, per cui l’IVA andrà assolta con le scadenze ordinarie.
VERSAMENTO ENTRO UN ANNO: Il differimento del versamento dell’IVA può durare al massimo un anno dall’emissione della fattura. Trascorso tale termine l’IVA va versata anche se la fattura non è stata incassata.
DETRAZIONE DIFFERITA DELL’IVA: Chi riceve una fattura con la dicitura relativa al differimento, non potrà detrarre l’IVA immediatamente, ma solo al momento in cui ne pagherà l’importo. Se ciò non avvenisse entro un anno, la detrazione sarà possibile a tale scadenza.
venerdì 3 aprile 2009
Il superbonus da 5.000 euro? Consiglio per gli incontentabili
I più attenti si staranno già leccando i baffi, mentre i più impaziente saranno già stati dai concessionari per chiedere cosa dovevano fare per avere il bonus “maggiorato”, il più alto della storia degli incentivi…
Ma prima di svelarvi l’arcano voglio dirvi che le agevolazioni sui veicoli commerciali sono ancora più forti…
In primis spetta un bonus di 2.500 euro come contributo rottamazione, per chi poi acquista un nuovo veicolo euro 4 o euro 5, fino a 3.500 kilogrammi di massa. Il veicolo commerciale da rottamare dev’essere sempre di massa fino a 3.500 kilogrammi e di categoria euro 0, 1, 2, immatricolato fino al 31.12.1999.
Per i veicoli commerciali verdi il bonus, per il vecchio incentivo, equivale a 1.500/2.000 euro per l’acquisto di veicoli euro 4/5, di peso fino a 3,5 tonnellate, alimentati a metano, GPL, motore elettrico o idrogeno. Come per le auto, i 500 euro in più spettano se il veicolo ha emissioni di CO2 inferiori a 120 g/km.
Il nuovo incentivo premia solo i veicoli commerciali alimentati a gas metano, euro 4 o 5, di massa fino a 3,5 tonnellate. Il bonus in questo caso è di 4.000 euro, elevabili a 4.500 se le emissioni di CO2 sono inferiori a 120 g/km.
Quindi a fare bene i conti si possono ottenere bonus massimi di 4.500 o 6.500 euro, più alti di quelli ottenibili con l’acquisto di un’auto. Quindi se volete essere stravaganti, rottamate la vostra auto, con bonus di € 1.500, e poi vi comprate un furgone a metano e lo usate come VAN, molto americano, e così vi beccate altri 4.500 euro. Totale 6.000 euro!
Non vi piace il consiglio? Allora non resta che accontentarsi dei 5.000 euro, che vi ho promesso di farvi ottenere, per acquistare un’auto.
Che deve essere a metano e omologata direttamente dal costruttore, con emissioni di CO2 inferiori a 120 g/km. Questo particolare vi fa ottenere un “golden bonus” di altri 1.500 euro da aggiungere ai 3.500 conseguibili normalmente. Vedere il post precedente. Totale 5.000 euro! Come dire, mezza auto ve la paga lo Stato. Cosa aspettate??
Ma ci sono incentivi rottamazione anche per le moto euro 0 o euro 1, che vengono sostituite da nuovi motocicli o ciclomotori di categoria euro 3. Inizialmente l’agevolazione era prevista solo per chi acquistava motocicli di cilindrata fino a 400 c.c., ma poi ci hanno ripensato e hanno previsto solo il limite massimo di 60Kw. Vale a dire gli 80 CV, per esempio del nuovo Ducati Monster 696! Peccato che l’incentivo rottamazione sia solo di 500 euro, quindi un po’ poco rispetto a quello previsto per le auto, tenuto conto che non esistono facilitazioni per i veicoli verdi. Che probabilmente a 2 ruote non esistono neppure….
Ma prima di svelarvi l’arcano voglio dirvi che le agevolazioni sui veicoli commerciali sono ancora più forti…
In primis spetta un bonus di 2.500 euro come contributo rottamazione, per chi poi acquista un nuovo veicolo euro 4 o euro 5, fino a 3.500 kilogrammi di massa. Il veicolo commerciale da rottamare dev’essere sempre di massa fino a 3.500 kilogrammi e di categoria euro 0, 1, 2, immatricolato fino al 31.12.1999.
Per i veicoli commerciali verdi il bonus, per il vecchio incentivo, equivale a 1.500/2.000 euro per l’acquisto di veicoli euro 4/5, di peso fino a 3,5 tonnellate, alimentati a metano, GPL, motore elettrico o idrogeno. Come per le auto, i 500 euro in più spettano se il veicolo ha emissioni di CO2 inferiori a 120 g/km.
Il nuovo incentivo premia solo i veicoli commerciali alimentati a gas metano, euro 4 o 5, di massa fino a 3,5 tonnellate. Il bonus in questo caso è di 4.000 euro, elevabili a 4.500 se le emissioni di CO2 sono inferiori a 120 g/km.
Quindi a fare bene i conti si possono ottenere bonus massimi di 4.500 o 6.500 euro, più alti di quelli ottenibili con l’acquisto di un’auto. Quindi se volete essere stravaganti, rottamate la vostra auto, con bonus di € 1.500, e poi vi comprate un furgone a metano e lo usate come VAN, molto americano, e così vi beccate altri 4.500 euro. Totale 6.000 euro!
Non vi piace il consiglio? Allora non resta che accontentarsi dei 5.000 euro, che vi ho promesso di farvi ottenere, per acquistare un’auto.
Che deve essere a metano e omologata direttamente dal costruttore, con emissioni di CO2 inferiori a 120 g/km. Questo particolare vi fa ottenere un “golden bonus” di altri 1.500 euro da aggiungere ai 3.500 conseguibili normalmente. Vedere il post precedente. Totale 5.000 euro! Come dire, mezza auto ve la paga lo Stato. Cosa aspettate??
Ma ci sono incentivi rottamazione anche per le moto euro 0 o euro 1, che vengono sostituite da nuovi motocicli o ciclomotori di categoria euro 3. Inizialmente l’agevolazione era prevista solo per chi acquistava motocicli di cilindrata fino a 400 c.c., ma poi ci hanno ripensato e hanno previsto solo il limite massimo di 60Kw. Vale a dire gli 80 CV, per esempio del nuovo Ducati Monster 696! Peccato che l’incentivo rottamazione sia solo di 500 euro, quindi un po’ poco rispetto a quello previsto per le auto, tenuto conto che non esistono facilitazioni per i veicoli verdi. Che probabilmente a 2 ruote non esistono neppure….
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giovedì 26 marzo 2009
C’è la crisi? Comprati l’auto nuova!
Quali sono le misure varate dal governo per contrastare la crisi che attanaglia la nostra economia? Cosa possiamo fare per contribuire a rimettere in moto il meccanismo che si è inceppato?
In ballo c’è la possibilità di avere la botte piena e la moglie ubriaca… Se per esempio avete un’auto vecchiotta ormai da rottamare e non avete tutti i soldi per comprarne una nuova, non disperate, forse qualcosa si può fare!
Con gli incentivi alla rottamazione e i bonus per l’acquisto di nuovi veicoli meno inquinanti potreste raggiungere il vostro scopo sentendovi anche buoni cittadini. E questo per due motivi. Potrete contribuire al rilancio dell’economia e in più inquinerete sicuramente meno l’aria con un la vostra nuova auto. Più di così …
Cominciamo ad esaminare il D.L. 10 febbraio 2009 n. 5, pubblicato sulla G.U. 11 febbraio 2009, n. 34 che contiene le misure urgenti a sostegno dei settori industriali in crisi.
L’art. 1 ai commi 1-2-6 concede a chiunque un contributo di 1.500 euro per coloro che rottamano un’auto per il trasporto promiscuo, di categoria euro 0,1,2 , che sia immatricolato entro il 31.12.1999, sostituendola con un’auto nuova euro 4 o 5 che emetta non più di 140 grammi di CO2 per kilometro (se benzina) oppure 130 grammi/km se a gasolio.
Il contributo consiste in uno sconto sul prezzo d’acquisto del veicolo e può essere richiesto fino al 31.12.2009, con possibilità di immatricolazione del mezzo fino al 31.12. 2010.
Il bonus rottamazione è cumulabile con quello per le auto verdi.
Le auto verdi sono quelle alimentate a gas, metano o GPL, ad elettricità oppure a idrogeno (che al momento non esistono in Italia, ma le legge mette le mani avanti..).
Per le auto verdi spetta un contributo di 1.500 euro, incrementabile a 2.000 se le emissioni di CO2 sono inferiori a 120 g/km. Questo incentivo è in realtà già esistente dal 3.10.2006, ma esiste ora una nuova versione che comporta un bonus di 1.500 euro, valido solo per i veicoli con emissioni di CO2 inferiori a 120 g/km, che però esclude le auto a GPL. Attualmente i due tipi di incentivo coesistono.
Il bonus per le auto verdi spetta anche senza la rottamazione di un veicolo euro 0,1,2.
L’agevolazione scadrà il 31.12.2009, salvo proroghe e consiste sempre in uno sconto sul prezzo d’acquisto che sarà finanziato dallo Stato.
E’ previsto il bonus di 500 euro a coloro che installano un impianto a GPL su un’auto già posseduta, euro 0 o 1, oppure di € 650 se si installa un impianto a metano. Sono allo studio delle modifiche che consentono l’installazione anche sulle auto euro 2.
Quindi a conti fatti le agevolazioni massime possono arrivare a 3.500 euro per l’acquisto di un’auto nuova con rottamazione. NON VI BASTA? Ingordi che non siete altro! C’è però la possibilità di arrivare addirittura a 5.000 euro di bonus. Come? Non perdetevi i prossimi post.
In ballo c’è la possibilità di avere la botte piena e la moglie ubriaca… Se per esempio avete un’auto vecchiotta ormai da rottamare e non avete tutti i soldi per comprarne una nuova, non disperate, forse qualcosa si può fare!
Con gli incentivi alla rottamazione e i bonus per l’acquisto di nuovi veicoli meno inquinanti potreste raggiungere il vostro scopo sentendovi anche buoni cittadini. E questo per due motivi. Potrete contribuire al rilancio dell’economia e in più inquinerete sicuramente meno l’aria con un la vostra nuova auto. Più di così …
Cominciamo ad esaminare il D.L. 10 febbraio 2009 n. 5, pubblicato sulla G.U. 11 febbraio 2009, n. 34 che contiene le misure urgenti a sostegno dei settori industriali in crisi.
L’art. 1 ai commi 1-2-6 concede a chiunque un contributo di 1.500 euro per coloro che rottamano un’auto per il trasporto promiscuo, di categoria euro 0,1,2 , che sia immatricolato entro il 31.12.1999, sostituendola con un’auto nuova euro 4 o 5 che emetta non più di 140 grammi di CO2 per kilometro (se benzina) oppure 130 grammi/km se a gasolio.
Il contributo consiste in uno sconto sul prezzo d’acquisto del veicolo e può essere richiesto fino al 31.12.2009, con possibilità di immatricolazione del mezzo fino al 31.12. 2010.
Il bonus rottamazione è cumulabile con quello per le auto verdi.
Le auto verdi sono quelle alimentate a gas, metano o GPL, ad elettricità oppure a idrogeno (che al momento non esistono in Italia, ma le legge mette le mani avanti..).
Per le auto verdi spetta un contributo di 1.500 euro, incrementabile a 2.000 se le emissioni di CO2 sono inferiori a 120 g/km. Questo incentivo è in realtà già esistente dal 3.10.2006, ma esiste ora una nuova versione che comporta un bonus di 1.500 euro, valido solo per i veicoli con emissioni di CO2 inferiori a 120 g/km, che però esclude le auto a GPL. Attualmente i due tipi di incentivo coesistono.
Il bonus per le auto verdi spetta anche senza la rottamazione di un veicolo euro 0,1,2.
L’agevolazione scadrà il 31.12.2009, salvo proroghe e consiste sempre in uno sconto sul prezzo d’acquisto che sarà finanziato dallo Stato.
E’ previsto il bonus di 500 euro a coloro che installano un impianto a GPL su un’auto già posseduta, euro 0 o 1, oppure di € 650 se si installa un impianto a metano. Sono allo studio delle modifiche che consentono l’installazione anche sulle auto euro 2.
Quindi a conti fatti le agevolazioni massime possono arrivare a 3.500 euro per l’acquisto di un’auto nuova con rottamazione. NON VI BASTA? Ingordi che non siete altro! C’è però la possibilità di arrivare addirittura a 5.000 euro di bonus. Come? Non perdetevi i prossimi post.
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mercoledì 4 marzo 2009
L’OCSE: L’ITALIA DEVE RIDURRE LE TASSE SUI REDDITI DA LAVORO
L’ultimo rapporto dell’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) sullo stato dell’economia degli Stati europei (riferito al 2007) ha dato questo bel consiglio al nostro Paese.
L’idea di ridurre le tasse per me è sempre buona. Ed in modo particolare quando riguarda i redditi da lavoro. Quello che non viene specificato nei dispacci delle agenzie lette su internet (il rapporto non l’ho letto, ma se avete tempo…) è a quale tipo di lavoro si faccia riferimento. Se la riduzione delle imposte è auspicabile solo per i redditi di lavoro dipendente, seppure di fascia bassa, mi pare che l’idea sia parziale.
Dobbiamo considerare che in Italia i lavoratori autonomi sono tanti, professionisti, artigiani e commercianti e anch’essi sono uguali di fronte alla scure del fisco. Almeno in teoria! Consideriamo due lavoratori A e B, con il medesimo reddito annuo, poniamo di 15.000 euro lordi all’anno. A è un lavoratore dipendente mentre B un autonomo. Per quale motivo i due lavoratori devono pagare imposte differenziate a seconda del tipo di lavoro che svolgono?
Per quale motivo un dipendente, che già gode di molti privilegi in più rispetto ad un lavoratore autonomo ( o se preferite, meno svantaggiato), basti citare la possibilità di “mettersi in malattia”, le ferie pagate o la liquidazione del TFR al momento della pensione, deve essere privilegiato rispetto ad un lavoratore autonomo?
L’unica differenza che mi viene in mente è ideologica: il dipendente è buono, l’autonomo è cattivo.
Le ragioni sono due. La prima è che il dipendente guadagna di meno e quindi è più debole e quindi è più simpatico (ma ci sono anche dipendenti che guadagnano parecchio!).
La seconda è che il dipendente paga le tasse, mentre l’autonomo le evade.
E così torniamo sempre allo stesso concetto: i 15.000 euro di reddito del dipendente sono reali, mentre quelli dell’autonomo sono solo il dichiarato, in realtà ne guadagna almeno 25.000, di cui 10.000 esentasse.
In un Paese civile bisogna battersi contro ogni pregiudizio e questo lo è senz’altro. Non si può considerare un cittadino evasore solo perché non ha una busta paga in tasca.
L’evasione fiscale c’è, è’ vero, ma bisogna fare attenzione a come la si combatte. Se la lotta all’evasione è viziata dal pregiudizio, allora un giorno ci sarà qualcuno che penserà di arrestare tutti i lavoratori autonomi, fino alla confessione, sul presupposto che sono tutti evasori.
Quindi, è vero che gli evasori si “nascondono” prevalentemente fra i lavoratori autonomi, ma non è vero che tutti i lavoratori autonomi sono evasori.
Perché allora non parliamo semplicemente di “redditi bassi”, indipendentemente dal tipo di lavoro che un cittadino svolge? A me sembra politicamente più corretto … e peraltro le discriminazioni di qualsiasi natura sono vietate dalla nostra Costituzione, o no?
Ultima considerazione. Se un dipendente perde il posto, e purtroppo di questi tempi succede, ha gli ammortizzatori sociali e non finisce sulla strada. Almeno immediatamente.
Se un lavoratore autonomo chiude bottega perché i suoi clienti principali sono falliti o hanno ridotto le collaborazioni a causa della crisi, chi glielo dà un sostegno? Questo grazie al rispetto dell’uguaglianza che tanti politicanti o sindacalisti predicano ma in cui non credono affatto.
L’idea di ridurre le tasse per me è sempre buona. Ed in modo particolare quando riguarda i redditi da lavoro. Quello che non viene specificato nei dispacci delle agenzie lette su internet (il rapporto non l’ho letto, ma se avete tempo…) è a quale tipo di lavoro si faccia riferimento. Se la riduzione delle imposte è auspicabile solo per i redditi di lavoro dipendente, seppure di fascia bassa, mi pare che l’idea sia parziale.
Dobbiamo considerare che in Italia i lavoratori autonomi sono tanti, professionisti, artigiani e commercianti e anch’essi sono uguali di fronte alla scure del fisco. Almeno in teoria! Consideriamo due lavoratori A e B, con il medesimo reddito annuo, poniamo di 15.000 euro lordi all’anno. A è un lavoratore dipendente mentre B un autonomo. Per quale motivo i due lavoratori devono pagare imposte differenziate a seconda del tipo di lavoro che svolgono?
Per quale motivo un dipendente, che già gode di molti privilegi in più rispetto ad un lavoratore autonomo ( o se preferite, meno svantaggiato), basti citare la possibilità di “mettersi in malattia”, le ferie pagate o la liquidazione del TFR al momento della pensione, deve essere privilegiato rispetto ad un lavoratore autonomo?
L’unica differenza che mi viene in mente è ideologica: il dipendente è buono, l’autonomo è cattivo.
Le ragioni sono due. La prima è che il dipendente guadagna di meno e quindi è più debole e quindi è più simpatico (ma ci sono anche dipendenti che guadagnano parecchio!).
La seconda è che il dipendente paga le tasse, mentre l’autonomo le evade.
E così torniamo sempre allo stesso concetto: i 15.000 euro di reddito del dipendente sono reali, mentre quelli dell’autonomo sono solo il dichiarato, in realtà ne guadagna almeno 25.000, di cui 10.000 esentasse.
In un Paese civile bisogna battersi contro ogni pregiudizio e questo lo è senz’altro. Non si può considerare un cittadino evasore solo perché non ha una busta paga in tasca.
L’evasione fiscale c’è, è’ vero, ma bisogna fare attenzione a come la si combatte. Se la lotta all’evasione è viziata dal pregiudizio, allora un giorno ci sarà qualcuno che penserà di arrestare tutti i lavoratori autonomi, fino alla confessione, sul presupposto che sono tutti evasori.
Quindi, è vero che gli evasori si “nascondono” prevalentemente fra i lavoratori autonomi, ma non è vero che tutti i lavoratori autonomi sono evasori.
Perché allora non parliamo semplicemente di “redditi bassi”, indipendentemente dal tipo di lavoro che un cittadino svolge? A me sembra politicamente più corretto … e peraltro le discriminazioni di qualsiasi natura sono vietate dalla nostra Costituzione, o no?
Ultima considerazione. Se un dipendente perde il posto, e purtroppo di questi tempi succede, ha gli ammortizzatori sociali e non finisce sulla strada. Almeno immediatamente.
Se un lavoratore autonomo chiude bottega perché i suoi clienti principali sono falliti o hanno ridotto le collaborazioni a causa della crisi, chi glielo dà un sostegno? Questo grazie al rispetto dell’uguaglianza che tanti politicanti o sindacalisti predicano ma in cui non credono affatto.
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mercoledì 28 gennaio 2009
L’ultima rapina in Slovenia: la tassa sul turista.Parte 2°
MA NON E’ TUTTO. La vera tassa sul turista è molto, molto peggiore dei 35 euro della vignetta! La vera rapina è la multa che viene comminata ai trasgressori del pedaggio autostradale.
Passando il confine con la Slovenia, l’ignaro turista non realizza che ora bisogna pagare la vignetta. I cartelli che informano della nuova modalità di pagamento del pedaggio sono o inesistenti o ben nascosti. Se vi capita di vederli, sono ovviamente in sloveno, quindi come in cirillico per noi, oppure in inglese, il che non aiuta se uno viaggia in autostrada!
L’unica cosa che si nota è uno stemma arancione apposto sopra i caselli autostradali, ora inutilizzati, con su scritto “vinjeta”. Come andare di notte…. Uno pensa, “magari è la corsia preferenziale per il loro telepass!”
Poi tutto il resto è uguale…. All’approssimarsi al casello c’è ancora il vecchio cartello con il disegnino dei soldi (per i più stupidi), tranne per il fatto che non ci sono più gli addetti alla riscossione dei pedaggi. Magari c’è sciopero o non funzionano più i caselli? Booh. Nessuno interrompe il proprio viaggio per capire come mai non si paga più l’autostrada!!!
Ma la trappola stà per scattare attorno agli sventurati turisti. Dopo pochi chilometri dal confine tutti gli italiani (furbi) fanno il pieno approfittando del minore costo della benzina. E gli sloveni fanno il pieno pure loro……
Appostati all’interno dell’area di servizio ci sono gli uomini della DARS che, con il cannocchiale, sorvegliano gli italiani all’ingresso nella stazione e li fermano all’uscita.
Il povero italiano non capisce un tubo, a partire da chi sono questi personaggi in divisa, pensa subito alla terribile polizia di un paese dell’est (tipo la securitate) pronta ad arrestare tutti ed a gettarli in un carcere tipo Guantanamo a tempo indefinito. L’unica cosa che capisce è che gli manca la vignetta e che perciò deve pagare una multa (l’unica parola in italiano che i finti sbirri conoscono) da 300 a 800 euro, ridotta a 150 nel caso si provveda subito a conciliare. A cui vanno aggiunti i 35 euro della vignetta mancante. Totale 185 euro!!!
Inutili le proteste, spiegando che non c’era alcuna segnalazione su come pagare il pedaggio, inutili le richieste di chiudere un occhio sulla multa, visto che loro sono inflessibili come terminator, tutto inutile…
Inutile anche pensare di farla franca posticipando il pagamento della multa e dimenticandosene una volta tornati a casa: per spezzare le ali agli italiani, che senz’altro è la prima cosa a cui pensano, gli uomini dell’autostrada slovena sono pronti ad installarti sull’auto un marchingegno che è in grado di bloccarti il veicolo a distanza, nel caso non venga pagata l’ammenda. Un po’ come una bomba ad orologeria piazzata sotto la tua auto! Non scherziamo. Non se ne parla neanche, se poi mi dimentico…
L’unica soluzione è pagare. E così fanno penso tutti. Anche se si è certi di essere stati truffati perché non c’era nessun cartello e perché se sono in buona fede, potevano far pagare i 35 euro al primo casello in terra slovena. Resta l’amaro in bocca….
E molto meglio in Italia, dove nelle stazioni di servizio, al massimo incontri dei piccoli truffatori che ti propongono di acquistare gioielli taroccati, macchine fotografiche o altro di dubbia origine, ma se non sei un pirla non ci caschi ed è finita lì.
Cosa c’entrano le tasse? La vera tassa è la multa rifilata ai turisti (per lo più italiani) come se fosse una coltellata nella schiena, in maniera subdola e vigliacca, approfittando della lingua e del timore che una divisa sconosciuta incute. Si, certo, ti dicono anche che puoi proporre ricorso contro la multa, a Lubiana, ma ho il sospetto che non ne venga accolto nemmeno uno…. Io il ricorso lo proporrei alla Corte di giustizia europea, visto che la Slovenia fa parte delle UE… e anche se alle volte non sembra.
Per la cronaca, in Slovenia la vignetta ha fatto scoppiare un casino…. con l’Ente del Turismo Sloveno, che, accortosi del colpo letale inferto alle politiche di incentivazione al turismo, ha protestato con la DARS, ma inutilmente…. Mah! In ogni caso consiglio: attenzione alle vignette (e non solo quelle slovene!)
Passando il confine con la Slovenia, l’ignaro turista non realizza che ora bisogna pagare la vignetta. I cartelli che informano della nuova modalità di pagamento del pedaggio sono o inesistenti o ben nascosti. Se vi capita di vederli, sono ovviamente in sloveno, quindi come in cirillico per noi, oppure in inglese, il che non aiuta se uno viaggia in autostrada!
L’unica cosa che si nota è uno stemma arancione apposto sopra i caselli autostradali, ora inutilizzati, con su scritto “vinjeta”. Come andare di notte…. Uno pensa, “magari è la corsia preferenziale per il loro telepass!”
Poi tutto il resto è uguale…. All’approssimarsi al casello c’è ancora il vecchio cartello con il disegnino dei soldi (per i più stupidi), tranne per il fatto che non ci sono più gli addetti alla riscossione dei pedaggi. Magari c’è sciopero o non funzionano più i caselli? Booh. Nessuno interrompe il proprio viaggio per capire come mai non si paga più l’autostrada!!!
Ma la trappola stà per scattare attorno agli sventurati turisti. Dopo pochi chilometri dal confine tutti gli italiani (furbi) fanno il pieno approfittando del minore costo della benzina. E gli sloveni fanno il pieno pure loro……
Appostati all’interno dell’area di servizio ci sono gli uomini della DARS che, con il cannocchiale, sorvegliano gli italiani all’ingresso nella stazione e li fermano all’uscita.
Il povero italiano non capisce un tubo, a partire da chi sono questi personaggi in divisa, pensa subito alla terribile polizia di un paese dell’est (tipo la securitate) pronta ad arrestare tutti ed a gettarli in un carcere tipo Guantanamo a tempo indefinito. L’unica cosa che capisce è che gli manca la vignetta e che perciò deve pagare una multa (l’unica parola in italiano che i finti sbirri conoscono) da 300 a 800 euro, ridotta a 150 nel caso si provveda subito a conciliare. A cui vanno aggiunti i 35 euro della vignetta mancante. Totale 185 euro!!!
Inutili le proteste, spiegando che non c’era alcuna segnalazione su come pagare il pedaggio, inutili le richieste di chiudere un occhio sulla multa, visto che loro sono inflessibili come terminator, tutto inutile…
Inutile anche pensare di farla franca posticipando il pagamento della multa e dimenticandosene una volta tornati a casa: per spezzare le ali agli italiani, che senz’altro è la prima cosa a cui pensano, gli uomini dell’autostrada slovena sono pronti ad installarti sull’auto un marchingegno che è in grado di bloccarti il veicolo a distanza, nel caso non venga pagata l’ammenda. Un po’ come una bomba ad orologeria piazzata sotto la tua auto! Non scherziamo. Non se ne parla neanche, se poi mi dimentico…
L’unica soluzione è pagare. E così fanno penso tutti. Anche se si è certi di essere stati truffati perché non c’era nessun cartello e perché se sono in buona fede, potevano far pagare i 35 euro al primo casello in terra slovena. Resta l’amaro in bocca….
E molto meglio in Italia, dove nelle stazioni di servizio, al massimo incontri dei piccoli truffatori che ti propongono di acquistare gioielli taroccati, macchine fotografiche o altro di dubbia origine, ma se non sei un pirla non ci caschi ed è finita lì.
Cosa c’entrano le tasse? La vera tassa è la multa rifilata ai turisti (per lo più italiani) come se fosse una coltellata nella schiena, in maniera subdola e vigliacca, approfittando della lingua e del timore che una divisa sconosciuta incute. Si, certo, ti dicono anche che puoi proporre ricorso contro la multa, a Lubiana, ma ho il sospetto che non ne venga accolto nemmeno uno…. Io il ricorso lo proporrei alla Corte di giustizia europea, visto che la Slovenia fa parte delle UE… e anche se alle volte non sembra.
Per la cronaca, in Slovenia la vignetta ha fatto scoppiare un casino…. con l’Ente del Turismo Sloveno, che, accortosi del colpo letale inferto alle politiche di incentivazione al turismo, ha protestato con la DARS, ma inutilmente…. Mah! In ogni caso consiglio: attenzione alle vignette (e non solo quelle slovene!)
mercoledì 7 gennaio 2009
L’ultima rapina in Slovenia: la tassa sul turista. Parte 1°
Cosa c’è di meglio che varcare il confine durante le vacanze di Natale per raggiungere località amene nella vicina Slovenia? Per dedicarsi agli sport invernali, alle terme, ai massaggi, al cibo al buon vino (quello italiano è migliore, ma non è male neanche il loro) ecc…
Attenzione però, ora il gioco è diventato meno bello!
Dall’estate del 2008 per pagare i pedaggi autostradali in Slovenia (ma anche in Austria e Svizzera) hanno introdotto un meccanismo odioso e iniquo denominato “vignetta” (o vinjeta per i puristi dello sloveno).
Esso consiste in un bollino da applicare sul parabrezza dell’auto che ha l’indiscutibile vantaggio di permettere di pagare tutti i pedaggi di un certo arco di tempo in un’unica soluzione, senza costringere l’automobilista a fermarsi ogni volta per versare l’obolo.
Lo svantaggio consiste nel fatto che il periodo minimo coperto dalla vignetta è di ben sei mesi, al costo modico di 35 euro!!! O meglio, per i residenti in Slovenia e per gli abitanti della zona di confine in Italia o altri paesi, che sono soliti “sconfinare”, la cifra è un affarone. Per quelli che ci vanno una volta e basta, magari percorrendo pochi chilometri, l’esborso è enorme…
Ora, è vero che a casa propria ognuno ha il diritto di fare quello che gli piace, ma qui c’è qualcosa che tocca!
Intanto, il pedaggio autostradale si configura come il corrispettivo per fruire di un servizio, che dovrebbe essere tanto maggiore, quanto maggiore è il servizio reso. Generalmente i parametri per misurare il servizio sono la distanza percorsa e il peso/dimensione del veicolo che transita, in ragione del maggiore consumo del manto stradale che causa un automezzo più grande. Con l’applicazione del sistema della vignetta (solo per le auto) il parametro della distanza percorsa va a farsi benedire, agevolando ingiustamente proprio coloro che “consumano” maggiormente l’asfalto con l’uso più intenso. In altre parole, è un modo elegante per far pagare l’usura della strada ai turisti al posto dei propri concittadini, che pagano così solo una cifra simbolica. Ho letto che la Slovenia si appresta a effettuare grandi lavori sulle autostrade e probabilmente il conto lo vuol far pagare a noi e agli altri turisti che transitano, magari per andare in Croazia.
E’ una tassa sul turista bella e buona che l’Unione Europea non dovrebbe permettere, così come non permette condotte giuste o sbagliate in materia fiscale all’Italia o ad altri paesi.
Attenzione però, ora il gioco è diventato meno bello!
Dall’estate del 2008 per pagare i pedaggi autostradali in Slovenia (ma anche in Austria e Svizzera) hanno introdotto un meccanismo odioso e iniquo denominato “vignetta” (o vinjeta per i puristi dello sloveno).
Esso consiste in un bollino da applicare sul parabrezza dell’auto che ha l’indiscutibile vantaggio di permettere di pagare tutti i pedaggi di un certo arco di tempo in un’unica soluzione, senza costringere l’automobilista a fermarsi ogni volta per versare l’obolo.
Lo svantaggio consiste nel fatto che il periodo minimo coperto dalla vignetta è di ben sei mesi, al costo modico di 35 euro!!! O meglio, per i residenti in Slovenia e per gli abitanti della zona di confine in Italia o altri paesi, che sono soliti “sconfinare”, la cifra è un affarone. Per quelli che ci vanno una volta e basta, magari percorrendo pochi chilometri, l’esborso è enorme…
Ora, è vero che a casa propria ognuno ha il diritto di fare quello che gli piace, ma qui c’è qualcosa che tocca!
Intanto, il pedaggio autostradale si configura come il corrispettivo per fruire di un servizio, che dovrebbe essere tanto maggiore, quanto maggiore è il servizio reso. Generalmente i parametri per misurare il servizio sono la distanza percorsa e il peso/dimensione del veicolo che transita, in ragione del maggiore consumo del manto stradale che causa un automezzo più grande. Con l’applicazione del sistema della vignetta (solo per le auto) il parametro della distanza percorsa va a farsi benedire, agevolando ingiustamente proprio coloro che “consumano” maggiormente l’asfalto con l’uso più intenso. In altre parole, è un modo elegante per far pagare l’usura della strada ai turisti al posto dei propri concittadini, che pagano così solo una cifra simbolica. Ho letto che la Slovenia si appresta a effettuare grandi lavori sulle autostrade e probabilmente il conto lo vuol far pagare a noi e agli altri turisti che transitano, magari per andare in Croazia.
E’ una tassa sul turista bella e buona che l’Unione Europea non dovrebbe permettere, così come non permette condotte giuste o sbagliate in materia fiscale all’Italia o ad altri paesi.
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