giovedì 27 dicembre 2007
La cena dei cretini
La cena dei cretini è il titolo di un vecchio film (neanche poi tanto vecchio) a cui mi sono ispirato per questo racconto di Natale (o meglio di Capodanno, non voglio essere irriverente).
…Tutto cominciò nell’inverno di tanti anni fa… Faceva molto freddo e già dalla metà di novembre una coltre di neve ricopriva tutti gli edifici del paese di G…(è di pura fantasia). Gli abitanti del luogo erano gente semplice ed affabile e come unico vizio erano soliti concedersi delle interminabili partite a carte che si protraevano nei giorni di festa fino alle ore piccole.
Quell’anno, forse per vincere la monotonia del solito tran tran del paese, la moglie del calzolaio buttò lì una di quelle idee che nemmeno i guru delle aziende multinazionali riescono ad avere. “Quest’anno mi piacerebbe organizzare una grande cena di capodanno, che coinvolga tutto il paese! Ci sarà un banchetto luculliano con 50 portate, di carne, di pesce, di crostacei, di dolci, i migliori vini, frutta esotica, la musica dal vivo con un ballo finale lo champagne e i fuochi d’artificio”. E non lo disse soltanto, lo fece. Cominciando con la difficile opera di convincimento necessaria per smuovere i pigri, gli avari e i disfattisti, mise in campo la sua squadra di donne e di uomini, pronti a fare di tutto per vivere il sogno di una festa da Mille e una notte.
L’edificio adibito a biblioteca, anticamente dimora dei signori del luogo, venne concesso dal comune per il nobile scopo (e per evitare interminabili discussioni con la moglie del calzolaio che, pur essendo una brava donna, aveva la caratteristica di avere un peso specifico pari a quello del titanio, cioè era talmente pesante che, piuttosto che trovarsela davanti, il sindaco le avrebbe ceduto anche la sua fascia tricolore).
Alla fine di novembre i preparativi fervevano e nessuno ormai aveva più alcun dubbio che il paese sarebbe riuscito a realizzare ciò che si era prefisso.
La signora ideatrice di tutto ciò, armata di calcolatrice, stabilì che la quota di partecipazione alla festa sarebbe stata di 100€ a testa (valori di tanti anni fa, che rappresentavano una fortuna).
Inutile dire che il 31 dicembre, nel paese di G.., la festa fu davvero grande, motivo di vanto e di orgoglio per tutti gli abitanti e di grande invidia di quelli dei paesi vicini. Se ne parlò nelle cronache dei gazzettini locali e la fama si spinse fino a centinaia di chilometri dal paese… Arrivati all’estate successiva, visto che c’era ancora qualcuno che continuava ad accennarne, quasi sperando di ridare il “la” per una nuova edizione, l’organizzatrice decise che la festa ci sarebbe stata ancora.
Il successo fu grande anche l’anno successivo, e quindi la festa venne organizzata ancora, ancora… fino ai giorni nostri.
Nel corso degli anni l’ideatrice della cena di capodanno venne sostituita da un vero e proprio Comitato pro-festa con tanto di struttura, di presidente, vice-presidente e segretario.
Fu così che le cose cominciarono a non funzionare più così bene come la prima volta.
Pare che i primi sentori di malumore si verificarono quando nel comitato venne nominato presidente un certo Paolone e come suo vice Giovannino, detto Vanni, che fra le altre cose era stato vice-sindaco del Comune. Con un’abile mossa di marketing, il comitato, desideroso di cambiare un po’ il look della mitica cena di capodanno, convinse i cittadini ad impegnarsi a pagare una quota d’iscrizione un po’ più alta rispetto ai 100€ iniziali. In realtà la qualità e la quantità del cibo era in caduta netta.
Uno dei vecchi del paese, che non si era perso nessuna delle edizioni precedenti, cominciò a capire l’andazzo e iniziò a lamentarsi dicendo che l’anno prima si era mangiato di più e meglio. Addirittura il numero di tortellini, tanto per quantificare, era calato vistosamente di anno in anno. Ovviamente l’anziano signore venne etichettato come un po’ rimbambito e non gli si diede più retta.
I fasti dei cenoni passati erano però andati via via scemando; prima era scomparso il caviale, giustificato dal fatto che gli storioni avevano avuto una malattia venerea e le loro uova non erano più sicure. Poi era stata la volta dei crostacei, che a quanto pare avevano risentito dell’inquinamento e non si trovavano quasi più. Le ostriche invece erano sparite perché gli allevatori si erano dedicati alla coltivazione delle perle, assai più redditizia. E così via. Ogni prelibatezza finiva inevitabilmente per scomparire con giustificazioni penose e incredibili anche a un bambino di 4 anni. Se poi qualcuno protestava, veniva bruscamente ripreso, tacciato di disfattismo e allontanato in malo modo. Paolone e Giovannino detto Vanni, la cui onestà e rettitudine non era mai stata messa in discussione da alcuno, continuavano a “mandare avanti la baracca” in modo impeccabile, almeno per ciò che concerne il rispetto delle scadenze, del noleggio delle attrezzature e tutto il resto.
Ma, la cena da Mille e una Notte non era più quella. Da un lato il costo era lievitato paurosamente, certamente per via dell’inflazione e del passaggio all’euro, dall’altro il menu non solo non superava più le 10 voci, ma le portate servite non avevano quel “qualcosa di più” che avevano sempre avuto.
Il gran ballo finale che nella prima edizione era supportato da una mini orchestra di musica classica con musicisti professionisti era diventata una dozzinale imitazione con un’orchestrina di liscio di infimo ordine, che tra l’altro, era pure in forse fino all’ultimo minuto, e si correva ogni volta il rischio di dover utilizzare i dischi della discoteca municipale.
Poi ci furono le voci… Forse qualcuno parlò, magari consumato dal rimorso, magari scoperto “con il sorcio in bocca”, in modo tale da non poter più negare l’evidenza. Paolone e Giovannino detto Vanni facevano la “cresta” sulla spesa! E cioè, non è che si intascassero proprio tutti i soldi a disposizione per la cena, ma qualcosa spariva di sicuro. Una parte veniva certamente “prelevata”, per le proprie spese personali. I generi alimentari per la cena venivano già da alcuni anni acquistati su internet, su siti stranieri che vendevano a prezzi stracciati merci forse neanche legali qui in Italia. Il resto della spesa veniva fatta invece presso negozi specializzati, comprando, senza badare a spese, quanto di meglio c’è sul mercato fra i generi alimentari di extra lusso. E sparivano come per incanto nei sotterranei della biblioteca comunale. Dove venivano poi recuperati nel corso del mese di dicembre dagli organizzatori truffaldini, che organizzavano cene con amici, “al fine di testare la qualità dei prodotti da utilizzare per il cenone di capodanno e le relative ricette proposte dagli chef” il tutto, s’intende, ad esclusivo vantaggio della collettività.
Ci fu chi li vide banchettare allegramente a palazzo, ma in seguito alle denunce presentate, non si trovarono le prove delle accuse e, a parte la rotondità che avvolgeva il giro vita degli organizzatori, ingrassati di una decina di chili ciascuno nel solo mese di dicembre, non ci furono condanne.
Inizialmente il colpo fu duro, ma dopo un primo momento, diciamo di “calo della popolarità”, le doti di affabulatori incredibili di Paolone e Vanni, riuscirono a riconquistare i compaesani, convincendoli che d’ora in avanti le cose sarebbero state fatte “al meglio”. Se lo dicono loro!!!
La storiella di capodanno è stata divertente? Per me no. E vi spiego perché?
Le inquietanti analogie con la situazione politica ed economica del nostro Paese non sono puramente casuali. Pensate che un tempo, all’epoca di Tangentopoli, si diceva che i politici rubavano. Poi più nulla. Oggi molti di quei politici sono ancora al loro posto, proprio come Paolone e Vanni, sono stati creduti e perdonati. Ma il quesito non è se i politici rubano ancora, ci credo sulla parola, ma quanti pasti gratis si fanno alle nostre spalle. O meglio, quanti soldi ci fanno spendere per destinarli a spese inutili o mirate al soddisfacimento di propri bisogni politici, quali compensare i propri elettori o potentati che li hanno fatto eleggere (voto di scambio) o per tenerli buoni in vista delle prossime elezioni. Qui siamo al punto in cui la “cresta” ha superato la metà dell’esborso, e si accinge a coprirlo tutto. Il famoso cane che si morde la coda ed inizia a mangiarsi.
Ma cosa possiamo fare per non cadere nel baratro? Semplice, tenere gli occhi aperti.
Se i paesani fossero stati più attenti si sarebbero accorti che i piatti diminuivano e il prezzo saliva, per cui avrebbero dovuto protestare e farsi intendere. Altrimenti il cenone di capodanno si trasforma nella “Cena dei cretini”. Ed il passo è breve. I cittadini che vedono che la spesa pubblica cresce continuamente, facendo conseguentemente salire le imposte, ma parimenti la quantità e qualità dei servizi erogati non aumenta, devono protestare e cacciare via tutti i Paolone e Giovannino che si annidano a Roma. E’ chiaro che nell’ambito di una nazione le entrate e le uscite del bilancio dello Stato sono un po’ più complesse rispetto a quelle che “girano” nell’organizzazione di un cenone di capodanno. Ma non bisogna scoraggiarsi e cercare sempre di capire di più e meglio anche i meccanismi più complessi. Solo così possiamo salvarci.
Ma se c’è qualcuno che ancora pensa che vada tutto bene e che in Italia non ci siano problemi, gli consiglierei un capodanno diverso. Ho saputo che Paolone ne organizza un altro….Ci sono ancora alcuni posti disponibili, al costo di 1.000 € cadauno! Scrivetemi per informazioni.
Intanto Buon Anno.
lunedì 17 dicembre 2007
Contro le tasse. Il libro.
E’ un libro per tutti che consiglio vivamente di leggere perché consente di “aprire” un po’ i propri orizzonti.
Ciò che si evidenzia è che quando il prelievo fiscale diventa eccessivo e insostenibile, il cittadino non si ribella solo per motivi di comodo, ma per un principio morale. Leggendo i post precedenti scritti da BML, concordiamo che non è etico pagare più tasse per finanziare maggiore spesa pubblica, con la quale sostenere più sprechi e costi milionari della politica, gli appannaggi della casta e chi più ne ha, più ne metta... Il limite che occorre individuare è quello oltre il quale lo Stato non deve e non può spingersi nelle tasche dei cittadini. Purtroppo tale limite non è condiviso dagli esponenti delle varie parti politiche e perciò si assiste, con l’alternarsi dei vari governi, a brusche inversioni di rotta per perseguire uno stesso fine, ma con soluzioni diverse. Il fine di cui parlo è quello di far contribuire tutti alla spesa pubblica, in base alla propria capacità contributiva, come recita la nostra Costituzione. Ciò che varia, e anche parecchio, è il modo per ottenere questo obiettivo.
Oscar Giannino da sicuro liberista dà alcune spiegazioni sul perché è giusto abbassare le tasse.
Potrà sembrare strano, ma ci sono studi effettuati da grandi luminari dell’economia mondiale, che hanno dimostrato che tagliando le aliquote più alte, in modo pesante, rapido e duraturo, lo Stato ottiene maggiori entrate fiscali e si favorisce energicamente la crescita economica. Numerosi sono gli studi in tal senso eseguiti negli Stati Uniti, ma ormai ne esistono anche di specifici sulla vecchia Europa. E non parliamo di pseudo economisti da strapazzo, come ce ne sono tanti dalle nostre parti, ma stiamo parlando di Edward C. Prescott, premio nobel per l’economia nel 2004, che ha condotto studi approfonditi sull’effetto della riduzione delle aliquote fiscali massime sulle entrate tributarie e sull’andamento dell’economia in USA, ma anche in Europa, ove la sua opera è stata supportata e verificata da tre importanti economisti della BCE. Ebbene, hanno dimostrato che le tasse troppo alte che opprimono gli italiani, ma anche altri cittadini europei, hanno avuto l’effetto di far ridurre le ore lavorate, con la conseguenza di aver ridotto la produttività e quindi il reddito pro-capite, soprattutto per i lavoratori con qualifiche e stipendi più bassi. Alla faccia delle politiche di redistribuzione del reddito, che vorrebbero proprio ottenere l’effetto contrario, cioè di tassare di più i “ricchi”, per redistribuire ai “poveri”. Ovviamente l’effetto della maggior liquidità che si produce in capo alle fasce più deboli, si traduce in crescita della domanda interna e dei consumi, accentuando virtuosamente la crescita economica e quindi il benessere generale. E lo Stato incassa di più fra tasse e contributi.
Tutto ciò è accaduto negli Stati Uniti con la tanto criticata amministrazione Bush dal 2003 ad oggi. E i risultati sono del tutto evidenti: mentre in Europa l’economia ristagna, negli USA è cresciuta del 20%. E guarda caso, sono cresciute pure le imposte incassate dal Governo Federale causando un extragettito record. Stessa cosa è successa in quegli stati europei, come l’Irlanda, che hanno avuto il coraggio di ridurre le tasse e la spesa pubblica.
“Se in Europa si seguissero le ricette di Prescott e si tagliassero le tasse e i contributi sociali portandoli a livello degli USA, nel lungo termine l’economia crescerebbe del 12% e i salari del 25%”.
Ma in Italia le cose non funzionano così, purtroppo.
In politica, invece, almeno in Italia, si tende a “piegare” le incontestabili verità dell’economia alle ideologie e il risultato è che con il centro-destra al governo si seguono le tesi liberiste che vanno nella direzione della giusta riduzione delle tasse, mentre con il centro-sinistra, si va nella direzione opposta.
La riforma di Tremonti, che prevedeva due sole aliquote fiscali al 23% e al 33%, per i redditi oltre i 100.000 €, andava certamente in questa direzione. Purtroppo non è riuscito ad attuarla in pieno e in modo duraturo.
Quanto è stato fatto in tema di riduzione delle imposte, ha comunque prodotto il risultato di incrementare le entrate tributarie, come si è visto quando il Governo Prodi, in carica da pochi mesi, si è ritrovato in tasca il cosiddetto “tesoretto”.
Di critiche ne potrei fare due. Una è che il libro è orientato a destra, dal momento che l’autore è sicuramente uomo di centro destra. Ma, dal momento che le tesi da lui riportate sono di natura economica e pertanto appartengono alla scienza e non all’opinione politica, la lettura viene consigliata in modo particolare agli elettori del centro- sinistra, affinché si convincano che “abbattere le tasse si può, si deve e che non è affatto di destra”.
L’altra contestazione è che, a differenza di ciò che afferma l’autore, la materia fiscale e tributaria non è così complessa nel nostro paese per colpa dei cultori della materia, dei commercialisti e dei tributaristi, che se ne avvantaggerebbero in quanto unici detentori del sapere. La legislazione fiscale è in effetti complessa, eccessivamente articolata e farraginosa, ma le leggi scaturiscono comunque dal mondo politico e non dagli operatori economici e professionali che le utilizzano. E i professionisti sarebbero sicuramente ben felici di non dover studiare tutti i giorni dei nuovi provvedimenti che vanno ad integrare o a cambiare la già complessa materia di interesse.
Vi lascio alla lettura. Vi arricchirà nello spirito, anche se non vi farà risparmiare sulle tasse…
martedì 11 dicembre 2007
Nella lotta all’evasione fiscale la G.D.F. non è C.S.I.!
Stavolta l’occasione è stata la cerimonia di inaugurazione dell’anno accademico della scuola di Polizia tributaria. Qui non si vuole denigrare l’operato della GDF, che spesso fa fronte con grandi sacrifici a tutti i compiti differenziati a gravosi, ma purtroppo non possiamo esimerci dal far funzionare la testa.
Quest’anno le Fiamme Gialle hanno scoperto ben 27,7 miliardi di euro di redditi non dichiarati e un’evasione di IVA di 4,2 miliardi.
Ora, noi tutti dovremmo considerare che la cifra che lo Stato incasserà, rispetto a questa massa abnorme di tributi evasi è una parte infinitesima, una piccola percentuale. E questo dopo diversi anni di contenziosi, procedure esecutive ecc…
Appare subito evidente che c’è qualcosa che non torna in quanto suonare le fanfare per trilioni di euro di evasione fiscale e poi, sotto sotto, riuscire a incassarne solo pochi spiccioli….. non è serio!
Provo a dare una chiave di lettura della situazione.
Spieghiamo in pratica come funziona il meccanismo degli accertamenti fiscali.
La GDF come anche l’Agenzia delle Entrate esegue accessi, ispezioni e verifiche fiscali presso i contribuenti, privati, aziende ecc…
Gli operatori quindi redigono un verbale di constatazione in cui elencano i controlli effettuati e le irregolarità riscontrate ecc…
A questo punto la “palla” passa all’Agenzia delle Entrate che, in presenza di violazioni della norma tributaria, deve emettere un Avviso d’accertamento. La GDF non emette avvisi d’accertamento perché ciò non è previsto dalla legge.
Quindi è l’Agenzia delle Entrate che semmai accerta l’evasione fiscale e “tenta” di recuperare le imposte, le sanzioni e gli interessi derivanti dall’evasione stessa.
Già qui si vede una prima incongruenza: perché nel trionfo dello Stato nella lotta all’evasione fiscale si “premia” il prezioso lavoro di verifica della GDF e gli si attribuiscono tutti i meriti mentre il lavoro delle Agenzie delle Entrate, ben più tecnico, e che conduce all’atto impositivo vero e proprio, non viene quasi considerato? Misteri italiani.
Spezziamo una lancia in favore dell’Agenzia delle Entrate. Le agenzie infatti sono già da anni organizzate come vere e proprie aziende private, redigono un bilancio dell’attività svolta considerando le entrate derivanti dai recuperi d’imposta e le uscite relative ai costi del personale impiegato per l’attività di controllo e di accertamento. E i conti devono quadrare! Quindi fanno molta attenzione ai tempi e ai costi dell’attività svolta e in caso di colpe nell’impostazione di accertamenti non corretti, corrono sempre il rischio di subire una condanna al pagamento delle spese in Commissione Tributaria. Forse anche i Tribunali dovrebbero essere organizzati così…
Quello chi mi preme considerare è la differenza di obiettivo fra GDF e Agenzia delle Entrate. La prima cerca di far lievitare l’importo complessivo delle somme evase contestate nei verbali redatti in sede di ispezione, così lo Stato fa bella figura e persegue i suoi fini di propaganda anti-evasione, la seconda deve recuperare realmente i soldi dell’evasione, stando attenta ai costi del personale impiegato e correndo il rischio di non raggiungere il pareggio del bilancio a fine anno. Evidentemente una situazione del genere si presta a creare molto attrito fra Fiamme Gialle e Agenzia delle Entrate.
A ciò si aggiunga che, come anticipato nel titolo, la Guardia di Finanza non è CSI, cioè i corpi della polizia scientifica americana che vediamo in TV e che riescono sempre con tecnologie avveniristiche a scoprire i colpevoli. Purtroppo il livello tecnico dei finanzieri spesso non è all’altezza dei compiti assegnatigli per contrastare l’evasione fiscale. Spesso l’arma più efficace è l’intimidazione del presunto evasore e l’ingaggio di una la lotta psicologica per indurlo a commettere qualche errore e così smascherarsi. Chi ha subito una visita della “Finanza” sa cosa vuol dire… E mi riferisco alle sole questioni tributarie e non ai compiti di Polizia Giudiziaria per i quali i metodi sono magari più adeguati. Dicevamo… mancando la preparazione tecnica propria di chi studia e si aggiorna costantemente, come fanno i professionisti giuridici e contabili, che si occupano delle medesime discipline, è comprensibile che buona parte delle verifiche fatte dalla GDF sia magari un po’ carente sotto il profilo tecnico e teorico…. Tanto alla fine, se ci sono problemi, ci pensa l’Agenzia delle Entrate. Il risultato è che spesso l’Agenzia delle Entrate, per non dover pagare di “tasca sua” gli errori e le imprecisioni fatte da altri, si vede costretta a scartare (o ridurre fortemente negli importi contestati) molti verbali delle Fiamme Gialle, perché le motivazioni degli avvisi d’accertamento devono sempre essere credibili e inoppugnabili. Un conto è sospettare che un contribuente evada le tasse, altra cosa è provarlo in base alle leggi tributarie vigenti e riuscire a farlo pagare. Ecco a mio avviso dove “spariscono” alcuni miliardi di evasione. Qualcun altro svanisce forse per colpa delle Agenzie delle Entrate. Poi ci può essere il merito dei professionisti che difendono i propri clienti innanzi alla giustizia tributaria e riescono a ridurre ancora gli importi contestati. E alla fine quello che rimane non sono che gli spiccioli…. Cioè meno del 10% delle somme contestate in origine. Mi viene un dubbio: non è che anche l’evasione fiscale è un’invenzione di Visco per continuare a tartassarci per benino e recuperare risorse per la spesa pubblica?
mercoledì 5 dicembre 2007
Buone nuove dalla Finanziaria 2008
1. INTERESSI PASSIVI SUI MUTUI: Il tetto massimo per la detraibilità degli interessi passivi sui mutui contratti per l’acquisto della prima casa aumenta da € 3.615,20 a € 4.000,00. Pertanto la detrazione massima s’innalzerà da 687 a 760 euro (19% degli interessi pagati).
2. TASSAZIONE DELLA PRIMA CASA: Dal 2008 la rendita catastale della prima casa non avrà più un peso fiscalmente rilevante. Viene così annullato l’effetto negativo previsto dalla Finanziaria dello scorso anno che incideva sulle detrazioni per carichi di famiglia. Viene prevista una ulteriore detrazione ICI per i possessori di immobili adibiti ad abitazione principale. L’importo sarà dal 2008 pari all’1,33 per mille della base imponibile, con un massimo di 200 euro, ragguagliati al periodo in cui l’immobile è abitazione principale.
3. AGEVOLAZIONI PER AFFITTI DI ABITAZIONI. Agli inquilini di immobili adibiti ad abitazione principale, ottenuti in locazione con un regolare contratto ai sensi della legge 431/98, spetterà una detrazione d’imposta pari a € 300 se il loro reddito non supera i 15.493,71 euro. La detrazione scende a 150 € se il reddito è superiore a 15.493,71 ma inferiore a € 30.987,41. La detrazione va ripartita fra i soggetti che risiedono nell’immobile. L’agevolazione vale anche per i redditi 2007. P.S. Questa è la famosa agevolazione ai "bamboccioni" citati dal ministro Padoa-Schioppa, che ha fatto rizzare i capelli a molti benpensanti.
4. AGEVOLAZIONI PER AFFITTI AI GIOVANI. L’agevolazione di cui sopra può salire a € 991,60 se il reddito non supera € 15.493,71 e € 495,80 se è compreso fra 15.493,71 e 30.987,41, nel caso in cui gli inquilini abbiano un’età compresa fra i 20 e i 30 anni. N.B. L’abitazione deve essere diversa da quella dei genitori o affidatari dei giovani. Per coloro che hanno un reddito incapiente, cioè non sono in grado di usufruire dell’intera detrazione a causa del reddito basso, è prevista la corresponsione di un pari importo in denaro, secondo modalità da definire. A partire dai redditi 2007.
5. BONUS DEL 19% PER OSPITALITA’ AGLI STUDENTI. Sui canoni di locazione ma anche su quelli pagati dagli studenti per contratti di ospitalità stipulati con Università, enti di diritto allo studio, collegi universitari e altri enti senza fini di lucro, è prevista la detrazione d’imposta del 19%, con un tetto massimo di spese di € 2.633. L’agevolazione massima è quindi di € 500. E’ necessario che gli studenti siano iscritti ad una università situata in un comune diverso da quello di residenza, distante da quest’ultimo almeno 100 km.
6. DETRAZIONE PER IL CONIUGE CON ASSEGNI PERIODICI. Al coniuge che percepisce assegni periodici per separazione o divorzio, con esclusione di quelli per il mantenimento dei figli, spetterà una detrazione d’imposta pari a € 1.725, se il suo reddito sarà inferiore a € 7.500. In caso di reddito più alto, fino a € 15.000 o fino a € 55.000, spetterà una riduzione base di € 1.255, aumentata o diminuita di un certo importo, ottenibile attraverso calcoli complessi, variabile in base al reddito. In vigore dai redditi 2007.
7. AGEVOLAZIONE RISTRUTTURAZIONI DEL 36% E IVA AL 10%: Viene prorogata fino al 2010 l’agevolazione sulla ristrutturazione delle abitazioni consistente nel 36% dell’IRPEF, con il tetto annuo di 48.000 euro per ogni unità immobiliare.
Dal 2008 sono interessati anche gli imprenditori individuali e i soci di società di persone.
Anche l’IVA sulle manutenzioni ordinarie e straordinarie dei fabbricati abitativi rimane ridotta al 10% anche fino all’anno 2010. Se l’impresa edile o chi esegue l’opera fattura anche i materiali impiegati nella costruzione, dal 2008, per poter applicare l’IVA agevolata, non è più necessario che indichi distintamente in fattura l’importo della manodopera. Tale suddivisione resta però necessaria per l’agevolazione del 36%.
8. SPESE PER RIQUALIFICAZIONE ENERGETICA: Fino a tutto il 2010 chi installa pannelli solari per la produzione di acqua calda per usi domestici o industriali, potrà detrarre dall’IRPEF dovuta nell’anno, un importo pari al 55% della spesa sostenuta, fino ad un massimo di 60.000 euro (importo massimo di agevolazione). Stessa agevolazione fino al 2010 anche a coloro che sostituiscono gli impianti di riscaldamento con altri dotati di caldaie a condensazione, con un bonus massimo di € 30.000. Spetta inoltre la detrazione d’imposta del 55%, fino ad un massimo di € 100.000, per la riqualificazione energetica di edifici esistenti, in modo tale da consentire un risparmio energetico pari almeno al 20%. La novità in vigore dal gennaio 2008 consiste nella suddivisione dell’agevolazione in rate costanti in numero da 3 a 10, con una scelta da effettuare al momento della prima detrazione nel modello Unico. In precedenza le rate erano obbligatoriamente tre. Non essendo stato chiarito come comportarsi per le spese sostenute nel 2007, è preferibile ritardare a gennaio 2008 il saldo del corrispettivo per i lavori oggetto della presente agevolazione, nel caso in cui l’importo da imputare a ciascun anno non trovi capienza nel reddito conseguito. In tal modo sarà possibile rateizzare l’importo dell’agevolazione fino a 10 anni ed evitare di perdere parte del beneficio. Dal 2008 l’asseverazione da parte di un tecnico abilitato ed il rilascio di una certificazione energetica non sarà più necessaria nel caso di sostituzione di finestre comprensive di infissi e per l’installazione di pannelli solari. Negli altri casi occorrerà provvedere come in passato.
9. ASILI NIDO: Prorogata al 31 dicembre 2008 l’agevolazione per le spese sostenute dai genitori per le rette degli asili nido. L’importo massimo è di 120 euro per ogni figlio, pari al 19% della spesa agevolabile sostenuta di € 632.
venerdì 30 novembre 2007
Bologna: come ti affitto 250 immobili senza pagare (o quasi) le tasse!
L’evasione fiscale sappiamo che è un male oscuro che affligge molti italiani. Un male che è oscuro proprio perché se uno evade cerca di non farlo sapere a nessuno, si nasconde, dissimula. E’ vero, capita anche che ci siano grandi evasori spregiudicati che non pagano imposte, ma allo stesso tempo godono di un tenore di vita molto più alto rispetto al reddito dichiarato, e pertanto si espongono al rischio di essere “pizzicati”. Ma nella normalità dei casi l’evasore cerca di vivere nell’ombra senza eccedere troppo. Nell’episodio successo a Bologna siamo in presenza di persone normali che conducono un’esistenza morigerata, senza lussi o sfarzi, si comportano da insospettabili.
Qui si parla di una famiglia che, stando alle accuse, ha nascosto addirittura degli immobili, tanti, troppi. Ma come si fa a nascondere un patrimonio immobiliare così vasto???
Forse qualcuno penserà che grazie alla famigerata lotta all’evasione fiscale lanciata dal Governo Prodi e da Vincenzo Visco, è ora possibile stanare tutti gli evasori. Io non la penso così.
Come fa il fisco a tassare gli immobili? E come fa i controlli? Adesso vi spiego cosa può essere successo.
Tutti sanno che per acquistare o vendere immobili bisogna andare dal notaio e che tutti gli atti di compravendita vengono iscritti all’Ufficio del Registro, presso l’Agenzia delle Entrate, nonché nel Nuovo Catasto Edilizio Urbano gestito dai Comuni. Quindi sia il fisco italiano, sia quello locale sanno chi possiede beni immobili.
Se si locano dei fabbricati occorre poi registrare il contratto presso l’ufficio del registro e comunicare la cessione fabbricato alla Questura. Se il contratto non viene registrato e si falsificano i timbri dell’Ufficio del Registro, ovviamente, vengono perse molte informazioni, ma non tutte.
Nel modello Unico vanno infatti indicati tutti i fabbricati posseduti ed i rediti derivanti dalle locazioni. Se si omette l’indicazione di qualche immobile, probabilmente si viene “scoperti”, perché il sistema sa quali sono gli immobili posseduti. Lo stesso dovrebbe avvenire se i canoni di locazione fossero dichiarati in misura inferiore a quanto risultante dal contratto registrato. Pertanto si suppone che gli immobili siano stati indicati nel quadro RB del modello Unico, ma li si sia considerati “sfitti” cioè vuoti e quindi tassati sulla base della rendita catastale e non del reddito da locazione.
Quindi la domanda che io mi pongo è la seguente: come diavolo è possibile che esistano tanti immobili che al fisco risultano sfitti e che in realtà sono abitati da anni? Voglio dire, come si fa a far credere all’Agenzia delle Entrate di possedere tanti fabbricati vuoti, per anni e anni, senza che a nessuno sorgano dei dubbi. Come si fa a nascondere che gli immobili sono in realtà affittati?
I controlli così tremendi previsti dalla nuova ondata della lotta all’evasione sono in grado di far chiudere un negozio che non emette qualche scontrino, magari di pochi euro, ma non sono in grado di sapere se un immobile è vuoto oppure no?
Badate bene che non è difficile scoprire se in una casa ci abitano oppure no. Basta andarci e guardare. Certo è più facile far pagare i contribuenti perché il loro reddito d’impresa o professionale si discosta dagli studi di settore, ma la legge, anche se non piace, deve essere uguale per tutti.
Ebbene, veniamo al punto. Non si tratta di capire se per merito degli ultimi controlli sulle locazioni non dichiarate siano in realtà state scoperti molti o pochi casi simili a questo con conseguente recupero di imposte evase. Il problema è di sistema, di metodo. Voglio dire, se anche i militari della GDF venissero mandati a perquisire tutte le abitazioni d’Italia a tappeto, per scoprire inquilini “in nero”, occorrerebbero parecchi anni per finire il giro. E poi bisognerebbe ricominciare. Sarebbe sufficiente sfruttare tutte le informazioni di cui il Ministero delle Finanze può disporre gratis, fra cui le residenze dichiarate dai cittadini, l’esistenza e l’intestazione delle utenze nei fabbricati ecc.., e incrociarle” fra loro per mezzo di un software di controllo appositamente realizzato. La tecnologia informatica può aiutare molto chi vuole essere aiutato. Ma lo Stato vuole davvero fare la lotta all’evasione? E, soprattutto, anche quando vuole farla, è disposto ad andare fino in fondo, fino all’ultimo evasore? Io nutro non pochi dubbi. Anche perché la politica ha bisogno di consensi e non può certo perderli tutti per difendere un giusto principio. Nel frattempo, non ci resta che pagare le tasse altrui, cioè quelle che paghiamo al posto degli altri che le evadono, perché lo Stato non vuole combattere a fondo l’evasione. Il che non è male, dopo le tasse che si pagano per coprire le spese pazze dello Stato, gli sperperi e gli appannaggi della casta.
venerdì 23 novembre 2007
La tassazione dei redditi delle prostitute. Come il fisco vuole tassare le "lucciole"
Il giudice tributario ha sentenziato che la donna non è riuscita a fornire la prova anche documentale che il suo reddito derivasse effettivamente dall’attività di prostituzione e i relativi ammontari prodotti. Quindi mi pare di capire che il vero problema non è tanto se tassare o meno i redditi da prostituzione, quanto piuttosto la dimostrazione che effettivamente di tali redditi si tratti. In mancanza di prova infatti, il fisco potrebbe tranquillamente pensare che la signora non abbia mai esercitato il mestiere più antico del mondo, ma semplicemente svolto un’attività in nero poi “coperta” con una bugia. Vi dirò di più. Visto che in Italia abbiamo tanti evasori fiscali, vogliamo avere anche altrettanti sedicenti prostitute o “prostituti”, nel momento in cui il loro tenore di vita viene passato al setaccio dalla GDF o dell’Agenzia delle Entrate? Chi non sarebbe disposto a mentire pur di scampare all’accertamento fiscale? A parte il problema morale…
Perciò mi sentirei di tranquillizzare chi svolge quell’attività che non gli verrà chiesto di pagare le tasse sui redditi prodotti. Giusto o sbagliato che sia. Infatti in altri Stati europei le prostitute pagano le tasse e versano i contributi previdenziali. E magari pagano anche l’assicurazione per gli infortuni sul lavoro. Non si sa mai…
A livello processuale tributario, la prova dell’effettivo esercizio dell’attività la si potrebbe fornire esibendo i verbali delle forze dell’ordine in occasione delle “retate” oppure chiedendo una dichiarazione della Questura in cui si indica che la persona è dedita (o lo è stata) alla prostituzione. Forse il problema della donna di Milano lo potrebbero avere le escort di alto bordo, che magari non sono note alle forze dell’ordine. Ma di questo passo potrebbero trovarsi nei guai anche le semplici “mantenute” amanti o simili, che vivono di regali e di generosità (oltre che di amore) che conducono un tenore di vita ben superiore rispetto ai redditi dichiarati. In questo caso chiamare a testimoniare l’amante non è possibile perché nel processo tributario non è ammessa tale prova. Oppure se l’amante stesso, volendo salvare la sua bella, voglia e sia in grado esibire le ricevute delle rimesse che le ha effettuato.
Mi sorge un dubbio: non è che Visco ha trovato un nuovo filone d’oro per rimpinguare le casse dello Stato? Tanto si colpirebbero i ricchi…
venerdì 16 novembre 2007
La casta. Come spesa pubblica e costo della politica accrescono le tasse.
La lettura del libro è senz’altro da consigliare a tutti, specie prima delle elezioni.
A dire il vero la domanda che mi sono posto quando ho terminato la lettura è: “Quando scrivono il secondo volume?” In effetti ad un osservatore esperto non sfugge la parzialità politica del libro, mascherata da imparzialità. Mi spiego. Il ritornello, ripetuto 50 volte, è che non è un problema di destra o di sinistra, che gli sperperi e i privilegi sono da attribuire a tutti i partiti, ai politici, di qualsiasi colore. Poi, però, quando si passa agli esempi pratici, con nomi, cognomi e partito d’appartenenza, si ricade sempre sul centro destra. Tranne poche eccezioni. Il partito più colpito è Forza Italia. La causa di questa parzialità è che gli autori purtroppo sono di parte. Ad esempio scrivono per il Corriere della Sera, che alle ultime elezioni si è schierato apertamente per il centrosinistra. Fra i ringraziamenti ci sono anche due persone che tutti ricorderanno come grandi amici del Cavaliere, quali Marco Travaglio e Peter Gomez, autori e coautori di memorabili quanto affascinanti e prive di parzialità pagine sull’attuale capo dell’opposizione. Ed è per questo che io consiglierei a Stella e Rizzo di scrivere “La Casta 2”, tanto per dare qualche altra chicca e ampliare il discorso, magari con quanto è successo “dopo” e cioè da quando è in carica il Governo Prodi.
Detto questo, lo spaccato della realtà italiana descritto è assolutamente intollerabile e io vorrei citarlo come esempio di come vengono malamente spesi i soldi pubblici. Ma cosa c’entra la spesa pubblica con le odiose tasse? C’entra eccome, perché l’aumento delle tasse degli ultimi anni è causato proprio dal bisogno della politica di aumentare la spesa pubblica. Aumento necessario per stipendiare tutti coloro che garantiscono il consenso, sia con incarichi e posti di lavoro diretti, sia con finanziamenti ad enti, associazioni e altro, che hanno permesso di incanalare voti e potrebbero rifarlo alle elezioni successive. E’ il costo della politica che ha reso necessario l’innalzamento delle tasse e ne rende problematica se non impossibile la riduzione.
Già, ma come liberarsi della Casta? Ho letto tanti giornali, numerosi blog e ho ascoltato le parole di Beppe Grillo, ma ancora non mi sembra che ci siano soluzioni praticabili. Il problema è che un qualsiasi tribuno della plebe, populista, che riesce a farsi eleggere in Parlamento, non avrà mai la forza di “cambiare” il mondo e subirà terribilmente il peso delle lusinghe delle cattive compagnie di vecchie volpi della politica. Sarebbe come mettere a guardia dell’Harem, non gli eunuchi, ma degli uomini, anche addestrati a non commettere atti impuri…. Se chi legge è di sesso maschile e in questo momento gli stà scappando un sorrisino……… allora vuol dire che ci siamo capiti!!!
E se devo reclutare delle guardie per un harem le scelgo donne che è meglio. Ma il problema della politica resta…. E le tasse pure…….
martedì 13 novembre 2007
Valentino Rossi. E ancora questa storia delle tasse!
Su quello che sta’ succedendo al nostro sette volte campione iridato in tema di tasse occorre fare un po’ di chiarezza. Prima di giudicare o lasciarsi andare a commenti fuori luogo.
L’art. 48 del D. Lgs. 31.12.1992, n. 546, contenente le norme che disciplinano il contenzioso tributario, è intitolato “conciliazione giudiziale”. E’ questo l’istituto applicabile alle controversie tributarie poste in essere da Valentino Rossi avverso gli avvisi di accertamento notificatigli da parte dell’Agenzia delle Entrate di Pesaro. Senza voler fare una trattazione scientifica troppo accurata e pesante da digerire, diciamo che la conciliazione giudiziale ha le seguenti caratteristiche:
1. Si può chiedere quando esiste un contenzioso tributario non ancora definito: cioè si è ricevuto l’avviso d’accertamento o la cartella di pagamento e si è proposto ricorso in Commissione Tributaria Provinciale e si è in attesa della prima udienza per la discussione del merito.
2. Entrambe le parti possono richiederlo: sia il contribuente ricorrente, sia l’Agenzia delle Entrate (resistente). Il tentativo lo può esperire anche la stessa Commissione Tributaria.
3. E’ possibile richiedere la conciliazione anche nel corso della prima udienza prevista per la discussione del ricorso.
4. Può essere totale, cioè riguardare tutte le questioni oggetto della lite, oppure parziale.
Si può chiedere per tutte le controversie di competenza delle Commissioni Tributarie ad eccezione di quelle aventi ad oggetto sole sanzioni tributarie.
5. L’effetto della conciliazione è “l’estinzione totale del giudizio” oppure “parziale”.
6. Il vantaggio per il contribuente è che consente di rideterminare, in contraddittorio, il reddito imponibile (per le imposte dirette) o le operazioni rilevanti (per l’IVA). Oltre alle minori imposte ricalcolate sui nuovi imponibili, sono dovute le sanzioni ridotte a 1/3 di quelle irrogate( almeno pari ad 1/3 del minimo edittale). Quello per il fisco è che prende meno soldi ma li prende!
7. La conciliazione giudiziale si perfeziona con il versamento, entro 20 giorni dalla data del processo verbale, dell’intera somma dovuta o della prima rata, nel caso sia stata concessa la rateazione, verso presentazione delle idonee garanzie (fideiussioni bancarie o polizze fideiussorie). Se non viene pagata anche una sola delle rate successive o il fideiussore non paga, le somme dovute vengono iscritte a ruolo dall’Agenzia delle Entrate e riscosse coattivamente.
Vorrei chiarire una volta per tutte che la conciliazione giudiziale non è un modo per fare “lo sconto” agli evasori, perché il presupposto è un vantaggio per l’Amministrazione Finanziaria. Infatti nella proposta di conciliazione deve essere contenuta la motivazione che deve obbligatoriamente prevedere un vantaggio per il fisco. Che può essere la riscossione sicura ed in tempi brevi di una parte delle somme richieste, di ridurre il contenzioso, di evitare l’addebito delle spese di difesa del contribuente vittorioso (se la CTP le riconosce). Quindi se l’Agenzia delle Entrate rinuncia ad una parte del credito, non lo fa per privilegiare qualcuno che, per sua fortuna, già lo è, ma in ossequio alla legge e con tutte le motivazioni del caso che sono coerenti con il buon andamento dell’attività amministrativa.
Altra cosa. La conciliazione giudiziale è per tutti coloro che si trovano in una certa situazione processuale tributaria. Non è privilegio di pochi.
Per concludere la mia opinione. Come ha detto il Prof. Ukmar in una intervista di ieri, il problema di fondo è che il campione ha bisogno di tranquillità per correre, e questa non è possibile in presenza di contenziosi con il fisco di questa entità. Poi c’è il danno all’immagine, che costa in termini di minori incassi per sponsorizzazione. Non è che il collegio difensivo di Valentino non sia convinto delle sue buone ragioni, ma forse il gioco non vale la candela…
Come sempre la verità sta’ nel mezzo…
O forse anche nelle recenti modifiche del diritto tributario inglese, che ha innalzato considerevolmente le aliquote per gli stranieri residenti nel Regno Unito, ma che conseguono i loro redditi fuori dallo stesso. Chissà….
lunedì 12 novembre 2007
Valentino Rossi. Ancora sta’ storia delle tasse
http://www.lastampa.it/sport/cmsSezioni/motomondiale/200711articoli/12038girata.asp
Dell’argomento ci siamo già occupati di ritorno dalle vacanze, ma è giusto spendere qualche parola per chiarire i dubbi dei fans e del popolo della rete che, mi sembra, "naviga" un po’ nel buio…
Ho letto su alcuni blog che c’è gente inc….ta perché ritiene che l’accordo presunto sia il solito modo di premiare gli evasori famosi, con corsie preferenziali e per massacrare gli altri poveri contribuenti!
Santa ignoranza!!! Mi sa che il nostro commercialista dovrebbe un po’ illuminarci su questo argomento di attualità. Intanto io mi limito a dire che pensavo che a difendere Valentino Rossi fosse Victor Ukmar, il quale aveva già annunciato battaglia per difendere il suo assistito da quella che ha definito una bufala. In ogni caso, anche in passato, i mega accertamenti fatti ai vip, si sono per lo più conclusi con conciliazioni giudiziali. Il motivo è semplice: nella realtà le situazioni sono sempre un po’ ingarbugliate e tutti hanno almeno qualche ragione, quindi perché litigare e correre il rischio di non ottenere nulla? Meglio accordarsi su una cifra minore ed evitare di pagare le spese di giudizio in caso di soccombenza. Ma voi ci avete pensato a quanto gli costava al Ministero delle Finanze la parcella del difensore di Rossi, se quest’ultimo vinceva il contenzioso?
Probabilmente qualcuno non ci ha dormito la notte. E poi che figura davanti ai media, Vale che festeggia la sua vittoria sul fisco…. Ah, a proposito, in tal caso, le spese di giustizia del fisco perdente venivano pagate con le nostre tasse! Quindi, meglio un accordo.
venerdì 9 novembre 2007
Gli acconti d'imposta di novembre
IRPEF: Il 2° acconto è pari al 60% del 99% dell’importo indicato sull’Unico 2007 redditi 2006 al rigo RN23 (se questo è positivo e pari al meno a 51,65 €). Nel caso in cui l’acconto complessivo, pari al 99% del rigo differenza, sia inferiore a € 257,52, l’’intero importo va versato in unica soluzione il 30 novembre.
ADDIZIONALE COMUNALE: Da quest’anno è dovuto anche l’acconto sull’addizionale comunale dovuta per il 2007, pari al 30% del rigo RV1 dell’Unico 2007, moltiplicato per l’aliquota deliberata dal Comune di residenza al 1° gennaio 2007. Dall’acconto così calcolato si sottrae quanto già trattenuto dal datore di lavoro, il cui importo è indicato al rigo RC13. L’aliquota da utilizzare per il calcolo è reperibile dal link:
http://finanze.gov.it/dipartimentopolitichefiscali/fiscalitalocale/addirpef/index.htm
IRES: Le società di capitali versano il secondo acconto IRES pari al 60% dell’importo indicato al rigo RN16 dell’Unico 2007 . Nel caso in cui il 1° acconto (di giugno) non raggiunga l’importo di 103€, si versa tutto in unica soluzione entro il 30 di novembre, con importo pari a quanto indicato al rigo RN16.
IRAP (per persone fisiche con reddito d’impresa o lavoro autonomo e società di persone): la seconda rata d’acconto è pari al 60% del 99% dell’importo indicato al rigo IQ90 del modello IRAP dell’Unico 2007 (se questo è superiore a 51,65€).
IRAP (per le società di capitali): il 2° acconto è uguale al 60% dell’importo indicato al rigo IQ104 del modello IRAP compreso nell’Unico 2007, sempre che l’importo del 1° acconto 2007, pari al 40% del rigo citato, sia pari almeno a 103€. Diversamente si versa l’acconto in unica soluzione a novembre.
COMPLICAZIONI: Ce ne sono almeno due. La prima è relativa alle spese di telefonia fissa e mobile sostenute nel 2006, che dal 2007 hanno subito una forfetizzazione della deducibilità all’80% per entrambe. Cosa c’entra con reddito 2006 che si prende a base per il calcolo degli acconti? C’entra, visto che, dal momento che il fisco non conosce le componenti reddituali 2007, come non le conoscono del tutto nemmeno gli interessati, il legislatore ha imposto ai fini degli acconti (nella Finanziaria 2007) di ricalcolare l’imponibile 2006, sulla base della deducibilità dei costi rettificata a partire dal 2007! E’ quanto previsto al comma 403 della legge 296/06 cioè la Finanziaria 2007.
Il ricalcolo dell’acconto sarà obbligatorio se peggiorativo per il contribuente, mentre sarà facoltativo in caso contrario. Al fine di stabilire questo occorre calcolare il rapporto fra i costi sostenuti nel 2006 per la telefonia mobile rispetto a quella fissa. Se tale rapporto è superiore a 0,665 il ricalcolo non sarà necessario, altrimenti sarà facoltativo. La formula, se ci si vuol divertire, si ottiene impostando una normale equazione a due incognite, pari ai costi per telefonia fissa e mobile per il 2006.
L’altra complicazione riguarda i costi per le auto che hanno subito numerose variazioni negli ultimi tempi, come è scritto in un recente post di questo blog. In questo caso il ricalcolo è facoltativo e serve a ridurre eventualmente l’importo dell’acconto, in considerazione del fatto che nel 2006 i costi auto erano pari a 0 per le imprese e al 25% per i lavoratori autonomi. Oggi la deducibilità è invece pari al 40% per tutti. In questo caso le istruzioni non sono molto chiare e l’effettuazione del conteggio oltre a non essere agevole non è sicuro dal punto di vista dei possibili “recuperi” da parte dell’Agenzia delle Entrate. Quindi, se ne consiglia l’utilizzo solo a coloro che hanno dei costi per le auto molto importanti e per i quali il beneficio può superare gli oneri del calcolo ed il rischio di errori che si corre.
Questa è solo una piccola panoramica di cosa c’è di nuovo in tema di acconti d’imposta 2007. Come si può vedere ce n'è abbastanza per spremersi le meningi.
lunedì 5 novembre 2007
Consiglio del giorno
“Non crediate che i soldi delle tasse servano di più allo Stato che a voi”
Anche se siamo abituati a vedere le facce dei politici, dal Presidente del Consiglio al Ministro dell’Economia, che piangono miseria e tirano fuori il buco dei conti pubblici (causato sempre dal governo precedente), l’indebitamento dello Stato, la sfortuna della congiuntura economica che comporta minori entrate ecc….. non dobbiamo farci fregare!
Infatti non è detto che le ragioni del fisco siano più importanti delle vostre. Se voi non avete da mangiare, per esempio, o vi mancano cose essenziali per la vita, tipo un posto dove dormire o qualsiasi altra cosa che è assolutamente INDISPENSABILE, allora quei pochi soldini forse potete tenerveli in tasca….. senza avere rimorsi di coscienza o correre il rischio di finire all’inferno.
Pensate ora dove vanno a finire i soldi delle vostre tasse. Alcuni finiscono ben spesi perché impiegati per scopi nobili e assolutamente indispensabili, altri un po’ meno, altri ancora vengono rubati o dilapidati…. Perché il vero problema dell’Italia non è l’evasione fiscale, come da mesi, anni, vogliono farci credere, ma la spesa pubblica che non è più sotto controllo. Peccato però che i politici non siano disposti a rinunciare ai propri privilegi, appannaggi milionari ecc… e tanto meno sono disposti a mettere a dieta gli enti inutili, le amministrazioni pubbliche che tanto costano e a nulla servono, le opere pubbliche che non vengono mai finite, quelle che finite, non vengono mai utilizzate, ecc….. segue elenco di molti gigabyte!
Quindi non vi sto dicendo di non pagare le tasse, ma semplicemente di pensarci, quando vi accingete a farlo!
Quello che succede oggi è come ciò che accadeva in passato quando non c’era ancora la democrazia, quando i signori e padroni spremevano i contadini fino all’osso, e facevano veramente la fame…, e poi sperperavano le ricchezze in mille modi, per sé e per i nobili, i cortigiani, gli oligarchi, funzionari, ecc… Ai tempi nostri è uguale, con i nostri sacrifici si mantiene la Casta, ma anche tutti quei soggetti amici della casta, raccomandati, mangiapane a tradimento ecc….
Ma il bello sapete cos’è? E’ che oggi siamo noi ad eleggere i governanti… possiamo scegliere…noi abbiamo il potere…. A parte il fatto che oggi il benessere è diffuso e si vive molto meglio, che cosa è cambiato? Se qualcuno ha la risposta ce la comunichi…..
venerdì 2 novembre 2007
No tax area a 10.000 €
mercoledì 31 ottobre 2007
No tax area per tutti!
Ma procediamo con ordine. Provate a pensare quando è possibile non pagare tasse o pagarle in misura minore? Ecco un elenco non esaustivo:
1) Quando non si ha nessun reddito: vedi gli studenti a vita che campano alle spalle dei genitori e non hanno mai lavorato in vita loro. Il rovescio della medaglia stà nel fatto che purtroppo tocca studiare e i soldini in tasca sono proprio pochi.
2) Quando si è disoccupati: purtroppo qui c’è niente di cui rallegrarsi.
3) Quando si usufruisce di agevolazioni fiscali: ultimamente se ne vedono molto poche quindi togliamocele dalla testa perché se anche ci fossero sarebbero si quelle per ultranovantenni accompagnati dai genitori.
4) Quando si evade: ci si divide fra i rimorsi di chi ha violato la legge (a dire il vero di solito sono pochi) e la paura di essere scoperti (un po’ di più ma nella vita ci si abitua a tutto).
5) Quando si ricade nella no tax area: e questa è la situazione migliore, massima libidine per tutti!
Diciamocelo chiaramente, cosa c’è di meglio del cullarsi in quel limbo felice che consente di non tirare fuori il becco d’un quattrino e al contempo non comporta nessun tipo di rischio?
Ed è per questo che noi siamo dalla parte della no tax area. Il problema è che purtroppo l’area è un po’ strettina e la compagnia non è molta… e inoltre all’interno non ci si campa molto bene, per cui, volendo aumentare la tribù l’unica strada è aumentare la soglia per la definizione della no tax area.
Ad esempio 10.000 € per tutti secondo me andrebbe benissimo. Infatti non bisogna dimenticare che la no tax area è stata inserita nel nostro ordinamento dal governo per poter alzare le aliquote minime IRPEF indiscriminatamente.
Attualmente, l’aliquota prevista per il primo scaglione dell’IRPEF, cioè per i redditi fino a 15.000 € è pari al 23%. In termini numerici con un reddito pari a 15.000€ si dovrebbero pagare, senza altre deduzioni, ben €3.450 di sola IRPEF! Invece con la no tax area prevista ad esempio per un lavoratore autonomo, se ne pagano 2.346.
L’altra cosa che non ritengo giusta è la discriminazione fra le soglie della no tax area a seconda del tipo di reddito. Il lavoratore dipendente gode di una no tax area maggiore di 8.000 € mentre il pensionato di 7.500 (chissà perché un po’ inferiore al dipendente). Fanalino di coda ovviamente il lavoratore autonomo con 4.800€. Come mai? La risposta è che il lavoratore autonomo è meno amato dei lavoratori dipendenti, da alcune parti politiche è addirittura odiato perché ritenuto evasore. In realtà non dovrebbero esserci distinzioni perché anche gli autonomi sono lavoratori da tutelare. Un conto è il professionista che incamera centinaia di migliaia di euro di reddito all’anno, altra cosa il piccolo commerciante o anche il baby professionista che lavora sottopagato nello studio del proprio dominus.
E’ per questo che io propongo la no tax area unica per tutti a 10.000 €.
Pensate anche a coloro che hanno un reddito pari a 10.000 €. Vi pare giusto che, con il costo della vita attuale, queste persone debbano pure pagare le tasse? Come fa un povero Cristo che guadagna 833 euro al mese o anche meno a pagare l’affitto ad esempio di 500€ e a mangiare, vestirsi ecc… Forse è lo Stato che dovrebbe fare un passo indietro e non chiedere nulla a quei soggetti che si trovano in simili situazioni. Il punto è che le economie dovrebbe farle non il cittadino che si trova in condizioni precarie, ma lo Stato spendaccione che spende male i soldi delle tasse! La pressione fiscale è ormai insostenibile quindi è inutile che costringiamo i cittadini a fare la dieta quando i politici, comunque, hanno sempre la pancia piena! Mettiamo a dieta lo Stato: basta con le spese pazze che non accennano mai a diminuire….
venerdì 26 ottobre 2007
I segreti della no tax area
Grazie per il bollino blu, ma non sono una banana!
La no tax area è contraddistinta da una soglia di non tassazione, al di sotto della quale non sono dovuti tributi. In particolare, la no tax area è riferita all’IRPEF cioè l’imposta sul Reddito delle Persone Fisiche. Il meccanismo è stato introdotto a partire dal 2003 con l’art. 2, L. 27.12.2002, n. 289 (la Finanziaria 2003) ed era volto a tutelare le fasce più deboli della popolazione, cioè quelle con redditi al di sotto della soglia di sussistenza.
L’art. 10-bis del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR) in vigore per i redditi 2003, prevedeva delle deduzioni dal reddito complessivo per assicurare la progressività dell’imposizione. Per la determinazione della no tax area occorreva eseguire il seguente calcolo: Reddito complessivo
+ credito d’imposta per gli utili distribuiti
- oneri deducibili di cui all’art. 10 del TUIR
L’importo base della deduzione per la progressività dell’imposizione era pari a:
3.000€ forfetario valevole per tutti i contribuenti cui si aggiungeva
4.500€ (ragguagliato al periodo di lavoro nell’anno) per i titolari di redditi di lavoro dipendente e assimilati
4.000€ (sempre ragguagliato) per i titolari di reddito da pensione
1.500€ a forfait per i titolari di reddito di lavoro autonomo o di impresa minore.
Ovviamente le deduzioni non sono cumulabili fra loro, nel caso in cui i redditi conseguiti ricadano su più voci.
Visto che così le regole sarebbero state troppo semplici, è stato previsto un calcolo per mitigare l’effetto delle deduzioni teoriche spettanti che tiene conto degli oneri deducibili scomputabili dal contribuente e del reddito complessivo conseguito.
La formula era la seguente:
26.000€+ deduzione teorica spettante (7.500, 7.000 o 4.500) + oneri deducibili-reddito complessivo dichiarato- credito d’imposta sugli utili percepiti/26.000€.
La deduzione teorica veniva quindi ricalcolata ed era pari al 100% se il rapporto era uguale o maggiore a 1, zero se il rapporto era uguale o minore di zero, compresa fra 0 e 100% se il rapporto andava da 0 a 1.
Il meccanismo originario dell’individuazione della cosiddetta no tax area è stato più volte modificato, l’ultima volta con la Finanziaria 2007, con la quale è stato riscritto l’art 13 del TUIR.
Attualmente le deduzioni da lavoro dipendente e autonomo e da pensione sono state trasformate in detrazioni d’imposta e variamente combinate con le detrazioni per carico di famiglia di cui all’art. 12 del TUIR.
Senza tenere conto del coniuge o dei figli a carico, che concettualmente appartengono alle detrazioni per carichi di famiglia, ci sono attualmente tre soglie di no tax area, a seconda del tipo di reddito percepito:
- lavoratore dipendente: 8.000€
- pensionato: 7.500€
- lavoratore autonomo: 4.800€.
La differenza delle deduzioni rispetto alle detrazioni consiste nel fatto che nella prima versione della no tax area si deduceva l’importo ad esempio di 3.000+4.500€ dalla base imponibile, mentre ora esistono degli importi di imposte da detrarre dal tributo complessivamente già calcolato sulla base imponibile. Ovviamente tali detrazioni d’imposta non sono pari alle soglie sopra indicate, ma alle imposte calcolate sulle stesse, con l’aliquota del 23%, corrispondente al primo scaglione dell’IRPEF.
Dott. Lorenzo Esposito
Ringrazio il dottore per il suo contributo a proposito della no tax area. Tecnicamente non aggiungerei niente all’esposizione, sufficientemente esauriente…. Però vorrei spiegare che cos’è veramente la no tax area per chi ha concepito un blog che si ispira ad essa…. (segue nel prossimo post….)
mercoledì 17 ottobre 2007
LA RUOTA DELLA FORTUNA GIRA IN AUTO: ECCO I NUMERI VINCENTI
Parliamo di imposizione fiscale sulle auto delle imprese e dei professionisti. Bell’argomento tosto!
Ormai non è quasi più possibile per un contribuente normale tenere a mente gli sconvolgimenti che ci sono stati a livello legislativo negli ultimi mesi in relazione alla deducibilità dei costi e alla detraibilità dell’IVA sulle auto aziendali. Quindi vi diamo le terne dei numeri vincenti.
IMPOSTE SUI REDDITI E DEDUCIBILITA’ DEI COSTI
Per le imprese i numeri sono: 0-20-40.
Per i professionisti invece sono: 25-30-40.
SPIEGAZIONE: Il primo numero della terna indica la percentuale di deducibilità dei costi delle autovetture aziendali, non esclusivamente strumentali, in vigore nell’anno 2006 (nel periodo d’imposta in corso alla data del 3 ottobre 2006), in seguito al giro di vite operato con l’art. 2 del DL 262/2006.
Il secondo numero indica invece la percentuale di deducibilità, sempre riferita al periodo d’imposta 2006, così come modificata dall’art. 15-bis. comma 7, lettera b) del DL 81/88, che ha innalzato quanto previsto dal DL 262/2006. Ovviamente per semplificare le cose, si è imposto ai contribuenti di chiudere l’Unico 2007, redditi 2006, in base alla normativa vecchia. In seguito, in occasione del versamento dell’acconto di novembre 2007 e della presentazione dell’Unico 2008, redditi 2007, si potrà recuperare la differenza pagata in più.
Il terzo, infine, è relativo alla deducibilità a regime dal 1° gennaio 2007 (a decorrere dal periodo d’imposta in corso alla data del 27 giugno 2007) che troverà applicazione in occasione della compilazione del modello Unico 2008 e del versamento degli acconti 2008.
AUTO IN USO PROMISCUO AI DIPENDENTI
Per il 2006 i costi sostenuti dalle aziende per le auto concesse in uso promiscuo ai dipendenti per almeno 183 giorni all’anno, sono ora detraibili retroattivamente al 65%. Il che significa che “prima” del D.L. 81/07 la deducibilità era limitata all’importo pari al fringe benefit imponibile in capo al dipendente, cioè il 30% delle tabelle ACI.
Per il 2007 la percentuale di deducibilità è stata innalzata al 90%.
Anche qui i cambiamenti non si contano e la chiarezza è sempre l’obiettivo del legislatore fiscale.
DETRAIBILITA’ DELL’IVA
In merito alla possibilità di detrarre l’IVA sull’acquisto di auto e sull’acquisto di carburante per autotrazione e spese di manutenzione, la percentuale è la stessa per imprese e professionisti: 40.
Per complicare le cose occorre fare riferimento a tre periodi diversi.
1) Per gli acquisti effettuati dal 2003 al 13 settembre 2006, per i quali non si è effettuata la detrazione dell’IVA o la si è effettuata in misura limitata, al 10 o al 15 % sugli acquisti di auto, è prevista la possibilità di richiedere il rimborso mediante istanza da presentare entro il 22 ottobre 2007.
2) Per gli acquisti relativi al periodo dal 14 settembre 2006 al 26 giugno 2007 valeva la regola di utilizzare gli ordinari criteri basati sull’effettivo utilizzo del mezzo, cioè ognuno si doveva regolare da sé, stabilendo una percentuale di detrazione coerente con l’uso dell’auto per fini d’impresa o professionali. E’ stato confermato dall’Agenzia delle Entrate, nella circolare n. 55 del 2007, che coloro che hanno scommesso sulla percentuale poi stabilita al 40% e l’hanno applicata prima che la UE autorizzasse l’Italia ad applicarla, hanno agito correttamente e non saranno sanzionati.
In questo caso vengono premiati i soggetti con spiccate facoltà divinatorie!
Coloro che invece hanno detratto meno del 40% potranno recuperare l’IVA non scomputata nella dichiarazione annuale, cioè non prima dell’inizio del prossimo anno.
L’importante per il fisco è sempre tutelare il gettito e trattenere il più possibile le somme indebitamente riscosse.
3) Dopo il 26 giugno, data in cui è arrivata la benedetta autorizzazione dell’Europa, la percentuale di detrazione è ovviamente il 40% per tutti. Amen…. Fino a nuovi cambiamenti.
TUTTO BENE NO???? Se qualcuno è riuscito a seguire tutti i passaggi indenne merita un premio. E pensare che io l’ho anche semplificata….
MORALE: Come nelle tavolette di Esopo la morale c’è anche qui.
Chi troppo vuole nulla (o quasi ) stringe. Cioè… il fisco esoso che abbiamo in Italia ha fatto di tutto per tartassare ad oltranza i contribuenti e costringerli a pagare più tasse sulle auto aziendali e professionali di quante non se ne paghino nel resto d’Europa. Però, alla fine la Corte Europea ci è venuta in aiuto ed ha costretto l’Italia ad adeguarsi e a mollare un po’ l’osso.
In più, i conteggi richiesti per l’istanza di rimborso IVA relativa al periodo 1/1/03-13/9/2006 sono complicatissimi al fine di scoraggiare chiunque voglia averne la restituzione. Ma questa è un’altra storia….
giovedì 11 ottobre 2007
IL DENTISTA EVASORE
Già nel maggio scorso il Gip di Sassari aveva chiesto delle misure cautelari nei confronti del professionista, disponendo il sequestro di numerosi beni immobili ed auto di lusso. E quando dico di lusso dico Ferrari e Lamborghini!
L’operazione condotta dalla Gdf è stata denominata “Golden Bridges” probabilmente alludendo ai ponti d’oro che il dentista è solito impiantare così bene nella bocca dei pazienti.
A quanto pare i militari hanno scoperto ingenti movimentazioni di denaro sui conti del suocero e della moglie del professionista, senza che gli stessi esercitassero specifiche attività economiche tali da giustificare degli introiti così consistenti. Sul conto del suocero pare che siano transitati alcuni milioni di euro negli ultimi anni.
Questa è la cronaca. Delle vicende giudiziarie e fiscali se ne occuperanno il tribunale e la commissione tributaria e ovviamente, fino ad una sentenza passata in giudicato, il dentista dei ponti d’oro è innocente.
In realtà ciò che si vuole sottolineare è un altro aspetto. Il dentista sardo è sicuramente un caso di professionista molto affermato che è riuscito ad ottenere successi professionali indiscutibili curando una moltitudine di pazienti.
Il problema è come si concilia una carriera così brillante dal punto di vista professionale con una organizzazione così poco avveduta dal punto di vista contabile e amministrativo.
Poniamo il caso che ci fosse l’intento di evadere e di farla franca. Il consiglio che possiamo sicuramente dare al soggetto in questione è di continuare a fare il dentista e lasciare ad un professionista serio il compito di dare la giusta impostazione alla questione. Ma è mai possibile che nell’anno 2007 si debba assistere a simili dimostrazioni di “evasore fai da te” ????
1) Se uno ha qualcosa da nascondere deve sempre mimetizzarsi: non può girare in FERRARI e LAMBORGHINI e dichiarare 120.000 euro di reddito annuo.
2) Versare i compensi sul conto del suocero pensionato è una soluzione non solo priva di fantasia, ma anche puerile. Gli accertamenti finanziari ci sono sempre stati in simili casi, in più da quest’anno hanno preso nuovo vigore in seguito ad alcune modifiche operative anche in occasione della rafforzata lotta all’evasione fiscale del temibile Visco. E ovviamente questi accertamenti coinvolgono i conti correnti di tutti i parenti…
3) Gli acquisti immobiliari: pare che il professionista, nel giro di pochi anni abbia acquistato per sé e familiari, diversi immobili di pregio in Sardegna, a Milano e a Montecarlo! Ma insomma!
Penso che alla torta manchi solo una ciliegina: la residenza nel Principato di Monaco! (magari ce l’ha anche).
Quindi a tal punto ci si ritrova con il classico cerino in mano dopo l’incendio.
CONSIGLIO AGLI EVASORI: NON FATE I PATACCA!!!
E’ come se il nostro dentista volesse operare sui suoi pazienti a mani nude.
Per fare le cose gli strumenti ci sono, basta darsi il tempo di trovarli affidandosi ad un professionista serio, che, anche se non condivide la vostra scelta di evasore ad oltranza (regola basilare è che non puoi evadere al 100%, prima o poi ti beccano), vi potrà almeno evitare gli accertamenti, le sanzioni, e la galera (beh, lì è davvero difficile arrivarci, ma non si sa mai).
Che dire…. State in campana!
lunedì 8 ottobre 2007
Le tasse sono una cosa bellissima
TPS ha dichiarato: "Dovremmo avere il coraggio di dire che le tasse sono una cosa bellissima. Servono per tutelare l'ambiente, difendere la salute, pagare le pensioni"
In effetti questa affermazione un po’ naif è in parte vera. Se abbiamo ben presente quanto hanno scritto Stella e Rizzo nell’ormai arcinoto”La Casta”, in merito agli sprechi a favore della nostra bella classe politica, qualcosa di vero c’è. Cioè i soldi delle tasse pagate dai cittadini vengono usati per mantenere in buona salute i nostri onorevoli, che già godono di un sistema sanitario ai vertici mondiali (gli viene pagato tutto, compresi gli interventi di chirurgia estetica e il cambio di sesso). Poi, un’altra voce consistente di spesa sono i pagamenti delle pensioni a tutti gli ex parlamentari, che talvolta dopo pochi giorni di lavoro, hanno diritto alla pensione a vita.
Più difficile comprendere la tutela dell’ambiente, quella, lasciamola a Pecoraro….
Il ministro si appassiona a tal punto del suo lavoro, che riesce persino a trovare “bellissime” le tasse. E’ semplicemente patetico….
Poi aggiunge "Magari si può essere insoddisfatti per la qualità dei servizi…”
Beeh, direi che questo è poco ma sicuro!!! In un paese come il nostro in cui i sindaci delle città organizzano feste con i soldi sottratti alla manutenzione delle strade o allo smaltimento dei rifiuti…..
Per non parlare del Governo centrale che non sa più quale voce di spesa creare al fine di “pompare” risorse che gli consentano di mantenere ed aumentare il consenso popolare e perpetuare il proprio potere all’infinito.
Ci viene proprio di dire quella parola che Grillo ha molto abusato di recente….
A TPS fa molto male stare al governo: dice cose che si potrebbero sentire in bocca a Rutelli, non ad un economista come lui. Sarebbe meglio che tornasse a fare il banchiere. Magari portandosi dietro Visco che fra il regime del terrore che cerca di instaurare contro i contribuenti e le punizioni alle Fiamme Gialle non troppo allineate a sinistra è ormai odiato dalla grande maggioranza degli italiani. POVERA ITALIA!
Forse questo intervento è un po’ politico, ma sempre di tasse si parla…
martedì 25 settembre 2007
LA RESIDENZA FISCALE, QUESTA SCONOSCIUTA
1) sono iscritte all’anagrafe della popolazione residente
2) hanno il proprio domicilio in Italia ai sensi del Codice Civile
3) hanno la residenza in Italia ai sensi del Codice Civile
Basta il verificarsi di una sola di queste condizioni.
L’ANAGRAFE della popolazione residente è costituita da un registro su cui sono annotate tutte le persone che vivono in un dato comune, in un certo momento.
Se si trasferisce la propria residenza all’estero, si viene cancellati da questo registro e si viene iscritti all’AIRE (ANAGRAFE DEGLI ITALIANI RESIDENTI ALL’ESTERO).
SEMPLICE NO?
Se sei già in viaggio per il tuo municipio per trasferire la tua residenza all’estero sappi però che dal 1° gennaio 1999 non è più sufficiente l’iscrizione all’AIRE, per non essere considerati residenti in Italia. ANZI: ai fini fiscali, si presume, salvo prova contraria, che tali soggetti risiedano ancora nel nostro paese, se hanno spostato la propria residenza in uno dei territori a fiscalità privilegiata, elencati nella black list di cui si è parlato nel post precedente.
Ma andiamo a scoprire cosa dice il nostro Codice Civile a proposito del domicilio e della residenza.
L’art. 43, comma 1, definisce il DOMICILIO, come il luogo in cui una persona ha stabilito la sede principale dei propri affari ed interessi, non solo economici, ma anche di carattere familiare, sociale e morale.
Pertanto, se un contribuente stabilisce la propria residenza all’estero per motivi di lavoro o studio, e, pertanto resti fuori del territorio nazionale per almeno 183 giorni all’anno, continuerà ad essere tassato in Italia, se qui resta il centro dei suoi affari ed interessi. Ad esempio, se i suoi familiari continuano a vivere in Italia o se lo stesso fa rientrare in Italia i proventi percepiti all’Estero.
La RESIDENZA invece è il luogo dove una persona ha la dimora abituale, cioè non solo permane in quel luogo, ma si può desumere da elementi obiettivi la volontà di stabilirvi il centro dei propri affari e interessi.
Quindi, mentre il domicilio può prescindere dalla presenza effettiva in un dato luogo, per avere la residenza ci vuole anche questo requisito oggettivo, oltre a quello soggettivo esaminato sopra.
Si tenga presente che queste norme sono valide erga omnes, e cioè non ammettono eccezioni, neanche per i lavoratori dipendenti residenti all’estero. Anche questi devono infatti prestare attenzione a come si muovono, per non correre il rischio di pagare due volte le tasse. La DOPPIA IMPOSIZIONE è infatti sempre in agguato e, se le tasse in Italia vi “mangiano” metà del reddito, le tasse pagate nel paese estero di residenza si possono mangiare il resto. Ad evitarvi un volo dal 20° piano per porre fine alla vostra grama esistenza, esistono però dei trattati contro le doppie imposizioni, siglati da vari stati fra loro, che consentono di evitare questo fenomeno.
Se il paese dove vi hanno spedito a lavorare non ha stipulato una convenzione con l’Italia, è prevista comunque la possibilità di recuperare le imposte pagate all’estero, tipicamente trattenute dal datore di lavoro con la busta paga, tramite il CREDITO D’IMPOSTA per i tributi pagati all’estero, come disposto dall’art. 165 del TUIR.
lunedì 17 settembre 2007
A PROPOSITO DI PARADISI FISCALI
COSA SONO I PARADISI FISCALI: Sono quei paesi esteri con un regime fiscale privilegiato cioè nei quali si pagano molte meno imposte rispetto all’Italia. Per avere un’idea basta sfogliare l’elenco redatto dal Ministero delle Finanze, la cosiddetta BLACK LIST, che comprende stati come Andorra, Antille Olandesi, Bahamas, Bermuda, Grenada, Hong Kong, Isola di Man, le ormai famigerate Isole Cayman tanto abusate nel caso Parmalat, le Maldive, Malta, Mauritius, Principato di Monaco (leggi Montecarlo che tutti conoscono come il paradiso fiscale per antonomasia), San Marino e Svizzera.
Come si vede spesso i paradisi fiscali sono anche paradisi naturali, ma chi cerca di pagare meno tasse non li sceglie per le acque cristalline, ma piuttosto per quelle un po’ più torbide dove andare a imboscarsi.
La lista è stata aggiornata nel 2002 e i criteri per la sua formazione sono basati su:
- bassa o inesistente forma di tassazione personale
- basso livello di trasparenza o collaborazione informativa con l’Amministrazione Finanziaria italiana
- bassa incisività dei poteri e modalità di accertamento.
COME SI FA A PAGARE LE IMPOSTE NEI PARADISI FISCALI?
Certamente non è una libera scelta del contribuente, ma occorre esaminare le norme contenute nel TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi).
L’art. 2 del Testo Unico prevede che siano tassati in Italia i redditi delle persone fisiche residenti in Italia, ovunque prodotti (quindi anche all’estero) e i redditi prodotti in Italia da persone fisiche residenti all’estero.
QUINDI: Possono sfuggire al fisco italiano solo I REDDITI DI CITTADINI NON RESIDENTI PRODOTTI ALL’ESTERO. Questa non è una falla del sistema, ma deriva da una norma fiscale accettata in gran parte del mondo per evitare il fenomeno della doppia imposizione (cioè la tassazione degli stessi redditi in due paesi differenti contemporaneamente).
In conclusione, per sfuggire alle imposte in Italia è sufficiente risiedere all’estero e conseguire là i redditi. Bella scoperta……… Nei prossimi post vedremo di approfondire questi importanti concetti finora espressi e quali controlli fa il fisco per impedire gli abusi. Un businessman americano diceva che NON ESISTONO PASTI GRATIS, e ciò è vero anche nel caso in cui qualcuno voglia pagare le tasse all’estero.
giovedì 6 settembre 2007
IL DOTTORE E LE TASSE: QUATTRO CHIACCHIERE SU VALENTINO ROSSI ED IL TOMENTONE DELL'ESTATE
Il fisco italiano non ha creduto a Valentino Rossi, ritenendo che egli risieda in realtà in Italia, ed ha provveduto a calcolare le imposte dovute dallo stesso sulla base delle aliquote “nostrane”. Dove sta’ lo scandalo? A sentire i vertici della GDF, intervistati dai giornalisti di numerosi quotidiani e periodici, il peccato di finta residenza all’estero è piuttosto diffuso, ed infatti numerosi sono i controlli che vengono effettuati tutti gli anni per contrastare il fenomeno dell’evasione internazionale. Nella rete del fisco sono infatti finiti decine di professionisti, medici, chirurghi, musicisti, sportivi ed altro, che hanno deciso di cambiare aria per alleggerire il carico fiscale.
In effetti Vale è in buona compagnia, anche per quanto riguarda gli sportivi delle due e quattro ruote, da Giancarlo Fisichella a Loris Capirossi.
Al di là del fatto che sia giusto o sbagliato cercare di ridurre il carico fiscale, quello che mi inquieta è l’effetto mediatico della notizia. E cioè: come mai in questo caso la notizia è finita sulla stampa alla velocità della luce, mentre nel caso di accertamenti ad altri soggetti o anche a campioni è quasi passata in sordina? Certo, l’importo richiesto con l’accertamento è veramente da record, ma come mai, proprio in un periodo di grande slancio, almeno mediatico, di lotta all’evasione, è apparsa questa notizia? L’effetto sicuro è che a Valentino la patente di evasore fiscale non gliela toglie più nessuno, né una sentenza di assoluzione, né il pagamento delle imposte in base ad un concordato.
Il messaggio proveniente dal Ministero delle Finanze, ed in particolare da Vincenzo Visco, è questo: attenti contribuenti, se non pagate le tasse, noi vi scoveremo e vi perseguiteremo ovunque, quindi è meglio che paghiate subito!
Poi, nei giorni successivi, abbiamo pure dovuto sorbirci i consigli dispensati da Giancarlo Fisichella, che dall’alto del suo pulpito, di ex finto residente a Monte Carlo, ha detto che lui ha preferito pagare e regolare tutte le sue pendenze con il fisco. Il quale l’avrebbe non solo perdonato, ma anche promosso a testimonial nella lotta contro l’evasione, in qualità di evasore pentito. Quindi il consiglio a Vale: PAGA ANCHE TU! Facile a dirsi, ma pagare 112 milioni di euro per “sanare” 43,7 milioni di compensi percepiti, è un po’ diverso. Sarebbe come dire: sig. Rossi ci dia tutto quello che ha guadagnato come pilota nella sua carriera, comprese le auto, la villa di Tavullia e lo yacht e siamo a posto così. L’appartamento di Londra glielo lasciamo, non siamo mica pirati, noi.
Più volte si è parlato del diritto alla privacy che qualunque cittadino ha, tranne, a quanto pare, le persone famose ed i politici, dei quali la morbosa curiosità dei media e quindi dei cittadini, vogliono sapere tutto, anche “se fanno le puzzette in ascensore”.
Io penso che se un cittadino commette uno sbaglio di carattere amministrativo, o anche penale, sempreché non ammazzi nessuno, o commetta altri crimini gravi, non andrebbe sputtanato ai quattro venti.
Nel caso di Rossi, non siamo di fronte ad un delinquente comune, ma ad una persona che, consultandosi con degli esperti, ha compiuto una scelta di tax planning che gli consentisse di risparmiare legalmente sulle imposte dovute. Se l’ordinamento italiano o quello inglese, o entrambi, hanno delle falle, non è certo colpa sua. Il colpevole è piuttosto il sistema, che non ha saputo trovare soluzioni ai (pochi) casi analoghi. Per questo, trovo inaccettabile la crocifissione di Valentino, come se avesse incassato i proventi della sua attività da cittadino residente in Italia, e non avesse versato alcunché al fisco, senza alcuna giustificazione, o peggio, avesse occultato il suo reddito tramite artifizi contabili. Come se fosse un ambulante abusivo o un qualsiasi lavoratore “in nero”, come tanti ce ne sono nel nostro paese, ma che, proprio perché sono in nero, non ci è dato di vederli per metterli alla gogna. Eh si! Se è vero che un evasore fiscale fa schifo, lo fa anche chi lavora in nero, perché non danneggia solo sé stesso, ma anche lo Stato, privandolo delle risorse necessarie. Ma purtroppo, in Italia, ci sono troppe persone che pensano che l’evasione fiscale sia tollerabile se fatta da chi fatica a campare, mentre è odiosa se viene commessa dai ricchi o da quelli che di imposte ne evadono molte. Come sempre è tutta una questione di falsi principi, piegati alle proprie idee o ideologie, volte a coprire e giustificare gli amici e per potersi scagliare contro i nemici. E’ per questo che in Italia ci sono politici che fanno la lotta all’evasione degli altri, perché loro non pagano nulla, prendono pensioni d’oro dopo due anni e ½ di legislatura, ma vogliono giustamente alzare l’età pensionabile, vivono negli agi, spesso intollerabili, ma dicono che bisogna fare dei sacrifici per ripianare il debito pubblico che loro stessi, grazie alla sempre esagerata spesa pubblica, hanno contribuito a creare. CONTINUIAMO COSI’….
Noi siamo con Valentino Rossi e gli auguriamo di chiarire la sua posizione con il fisco e di dimostrare la sua innocenza nelle sedi opportune. FORZA VALE!!!
venerdì 27 luglio 2007
REVERSE CHARGE IN EDILIZIA
In sostanza, quando un soggetto passivo IVA esegue delle prestazioni di servizi, rientranti nell’ambito del settore edile, a favore non del cliente finale, ma di un appaltatore o subappaltatore (compresa la semplice mano d’opera), non dovrà più addebitare l’IVA in fattura, ma il debitore dell’imposta sarà chi gli ha conferito l’incarico, che ne effettuerà direttamente il versamento, o, a sua volta, ne scaricherà l’onere ad un anello superiore della catena.
Le frodi che spesso avvenivano nel settore delle costruzioni consistevano nel fatto che le imprese subappaltatrici, una volta eseguite le prestazioni, poi fatturate all’appaltatore, scomparivano nel nulla, senza versare imposte né contributi. I subappaltatori garantiti dalle leggi in vigore, detraevano l’IVA sulle fatture ricevute, ed il risultato era che, sostanzialmente il committente dei lavori, tramite l’appaltatore, usufruiva di manodopera in nero, con costi più bassi rispetto a quelli delle aziende regolari, violando anche le norme sulla libera concorrenza.
Per chiarire gli aspetti più controversi relativi all’applicazione dell’inversione contabile, l’Amministrazione finanziaria si è pronunciata più volte con le circolari 28/E e 37/E del 2006 e 11/E, 19/E del 2007 nonché con le risoluzioni 148 e 172 del 2007 emesse in risposta ad interpelli dei contribuenti.
In base alle delucidazioni ottenute, per capire se si è soggetti o meno al meccanismo del reverse charge, occorre innanzitutto che l’accordo fra appaltatore e subappaltatore sia relativo ad una prestazione di servizi. La semplice cessione di beni non rientra nel presupposto della norma, nemmeno se viene prevista la posa in opera dei materiali come prestazione accessoria alla cessione e neanche se il cedente affida il servizio di posa in opera dei materiali ad un impresa terza. Sarà pertanto preferibile stipulare un contratto in forma scritta in cui venga esplicitato chiaramente qual è l’oggetto delle prestazioni.
Le prestazioni soggette alla disciplina in oggetto devono essere inquadrabili fra quelle previste nella sezione F del codice di attività ATECOFIN, cioè quelle relative ai lavori generali e speciali di costruzione, lavori di installazione e di completamento di fabbricati. Rientrano nel novero anche i nuovi lavori, le riparazioni, i rinnovi e restauri, le aggiunte e le alterazioni, la costruzione di strutture prefabbricate e di costruzioni temporanee. Quindi neanche i semplici lavori di manutenzione sfuggono all’inversione contabile, a patto che sia l’appaltatore, sia il subappaltatore operino nel quadro di un’attività fra quelle comprese nella sezione F. Ad esempio, le prestazioni di installazione e manutenzione di impianti idraulico-sanitari, anche se commissionate da un privato, e svolte da un subappaltatore su incarico dell’appaltatore, che ha contrattato con il privato stesso, sconteranno l’IVA con il metodo dell’inversione contabile. Il subappaltatore che esegue le prestazioni, le fattura senza IVA all’appaltatore, che poi presenterà la sua fattura con IVA al committente privato.
Nel caso in cui un appalto pubblico venga assegnato ad un General contractor, che normalmente affida a più imprese terze l’esecuzione dei lavori, è stato chiarito che è applicabile la normativa del riverse charge, prevista dall’art. 17, 6° comma, lett.e) del Dpr 633/72. Ciò in quanto il contratto stipulato fra la pubblica amministrazione ed il general contractor è senz’altro un appalto, mentre quello fra quest’ultimo e gli esecutori materiali è un subappalto.
venerdì 20 luglio 2007
STUDI DI SETTORE 1)
Di fatto la metodologia di calcolo alla base degli studi di settore confronta i costi e i ricavi dichiarati dal singolo contribuente con i valori medi del settore di appartenenza, e, qualora i compensi non siano almeno pari al livello della congruità, viene proposto l’adeguamento al valore ritenuto congruo. Il che comporta il pagamento di maggiori imposte su quel reddito in più, che non è reale, ma teorico o meglio “virtuale”, in quanto basato su congetture statistico-matematiche.
Come se non bastasse l’esistenza dello strumento diabolico degli studi di settore, il governo ha voluto dare un “giro di vite” per indurre i cittadini a pagare ancora più tasse.
Ebbene, per coloro che sono già soggetti agli studi di settore, sono stati creati dei nuovi indicatori di normalità economica, legati alle caratteristiche e alle condizioni dell’attività svolta, che già per i redditi 2006, possono comportare (leggi: comportano) un maggior importo di compensi da dichiarare. Per gli anni successivi verranno poi individuati, con revisione triennale, nuovi indici di coerenza elaborati con riferimento a comportamenti considerati normali per lo specifico settore economico.
Per quanto riguarda le società di capitali soggette agli studi, il 7 marzo scorso sono stati approvati quattro tipi di indici di coerenza che trovano applicazione già per i redditi del 2006. Tali indicatori, la cui valenza è limitata alle società operanti in alcuni settori individuati dalla norma, fanno riferimento al rapporto fra componenti positivi e negativi dichiarati ai fini IRAP, al volume d’affari IVA, agli acquisti e importazioni, al valore delle immobilizzazioni, ai costi del personale. Questi indicatori non comportano automaticamente un maggior reddito da dichiarare, ma serviranno a programmare verifiche fiscali nei confronti di coloro che risulteranno incoerenti.
NON AVETE CAPITO NIENTE? Non c’è problema, vi spiego cosa significa tutto ciò nella pratica. Mentre fino all’anno scorso per aziende e lavoratori autonomi era possibile ottenere l’agognata congruità, cioè evitare di pagare più tasse, da quest’anno qualcosa è cambiato, e non certo in meglio. CIOE’: A parità di reddito e di caratteristiche di svolgimento dell’attività, ciò che si è dichiarato l’anno scorso, quest’anno potrebbe non essere più sufficiente, e costringerci a pagare la “sovrattassa sul reddito virtuale”, vale a dire le imposte sul maggio reddito “adeguato”.
Al fine di inibire possibili azioni di manomissione dei dati dichiarati ai fini degli studi di settore, ai contribuenti che nel triennio 2003/2005 hanno indicato redditi congrui ma sistematicamente non coerenti con gli indici, sarà indirizzata una delle 100.000 comunicazioni che il Ministero delle Finanze sta’ spedendo in questi giorni. Ovviamente il ripetersi di tali anomalie anche per il 2006 renderà probabile l’esecuzione di un controllo da parte del fisco. Per scoraggiare i contribuenti dal mantenere una condotta “anomala”, l’Agenzia delle Entrate si avvarrà di una potente arma di terrorismo fiscale, consistente nell’invio di apposite comunicazioni a mezzo posta, in cui farà presente le conseguenze della “perseveratio diabolica”.
Anche i contribuenti finora esclusi dagli studi di settore entrano nel mirino, in quanto saranno tenuti, sin dall’unico 2007, a compilare i modelli Ine, al fine di indicare dei dati su cui il Ministero si baserà per elaborare degli appositi indici, da utilizzare per selezionare i soggetti da sottoporre a successivo controllo.
GLI STUDI DI SETTORE AFFLIGGONO LA VOSTRA ATTIVITA’?
NON RIUSCITE A CAPIRE COME FUNZIONANO?
VORRESTE SAPERNE DI PIU’ MA NON SAPETE A CHI RIVOLGERVI?
NESSUN PROBLEMA, SEGUITE QUESTO BLOG E SARETE ACCONTENTATI….
lunedì 16 luglio 2007
Finalmente si comincia!
L'idea che mi è venuta è quella di dedicare i miei futuri post, praticamente a tutti, visto che in Italia non c'è persona che non odii profondamente le tasse, anche, e soprattutto, quando non le paga affatto!!!
Non so ancora bene che cosa farò, ma sicuramente il mio blog non diventerà il ritrovo di quelli che vorranno lanciare dei vaffan.... in diretta al Ministro delle Finanze di turno.
Il suo scopo è quello di aumentare la conoscenza del nemico, per poterlo combattere meglio. Un po' come quel detto che faceva: "se lo conosci, lo eviti..."
Per cui, seguitemi, ne vedrete e ne imparerete delle belle....