Chi si ricorda il rimborso richiesto l’anno scorso dell’IVA delle auto aziendali e professionali? Qualcuno ha già visto i soldi? Avete già venduto l’auto o pensate di farlo prossimamente? Allora leggete queste righe.
Ma andiamo con ordine.
Il 14 settembre del 2006 fu un bellissimo giorno perché venne pubblicata la sentenza della Corte UE relativa alla detraibilità dell’IVA assolta sull’acquisto delle autovetture ad uso promiscuo da parte di imprese e professionisti. In sostanza venne condannato l’operato del Governo Italiano in quanto non consentiva la detraibilità dell’imposta, salvo percentuali oscillanti dal 10 al 15, come prescritto dalle norme europee.
E fu così che il governo di allora (Prodi) fu sostanzialmente costretto a concedere una detraibilità forfettaria pari al 40% dell’imposta risultante dalla fattura all’acquisto dell’auto.
Venne inoltre concessa la possibilità, con il D.L. 258 del 15.09.2006, di richiedere a rimborso la differenza d’imposta non detratta al momento dell’acquisto, rispetto al nuovo coefficiente del 40%.
Per “avvelenare i pozzi” il perfido Visco riconobbe il credito spettante ma al netto delle imposte IRPEF, IRPEG e IRAP, risparmiate a suo tempo, grazie alla maggiore indetraibilità dell’IVA. Ciò comportò una notevole complicazione dei conteggi e costrinse a presentare una vera a propria dichiarazione formata da più pagine.
All’epoca della presentazione dell’istanza, poco più di un anno fa, c’erano anche buone prospettive di ottenere in tempi rapidi il rimborso, in quanto allora c’era il cosiddetto “tesoretto” dovuto alle maggiori entrate tributarie. Poi più nulla…. Fino a oggi.
MA DOVE STA’ LA FREGATURA???
Se i tempi per ottenere il rimborso sono eccessivamente lunghi, si corre il rischio di essere danneggiati, invece che premiati per aver presentato l’istanza. Perché?
Perché le auto non sono eterne, prima o poi, quelle acquistate dal 2003 al 2006 andranno cambiate, se già non lo avete fatto. E allora correte il rischio di dover pagare l’IVA indicata sulla fattura di vendita, ben prima di aver ottenuto il rimborso di quella sull’acquisto. Mi spiego meglio con un esempio.
Costo auto acquistata nel 2004: € 25.000 più IVA 20%: 5.000. Totale 30.000 euro.
La detrazione dell’IVA all’atto dell’acquisto era pari al 10% di 5.000, cioè 500 euro.
Con l’istanza di rimborso avete chiesto la restituzione della somma di € 1.500, cioè della differenza fra il 40% di 5.000 (2.000) e i 500 euro già detratti al momento dell’acquisto, ovviamente al netto delle imposte risparmiate sugli ammortamenti e altre spese effettuate.
Se ora rivendete l’auto, diciamo a 12.000 euro (IVA compresa) dovrete assoggettare ad IVA non tutto l’importo in quanto opera il regime del margine, e nemmeno il 10% che sarebbe dovuto se non si fosse richiesto il rimborso. Nel qual caso l’IVA scorporabile sulla fattura di vendita sarebbe pari a € 235.29, ottenuto con una semplice formula matematica .
Andrà invece assoggettato ad IVA il 40% dell’importo e ciò comporta un’IVA a debito (non indicata in fattura) pari a € 888.89. Quindi si dovranno versare in più € 653,59. Il che significa che oggi il contribuente versa queste somme che domani (chissà) gli verranno rimborsate con gli interessi.
La morale è che anche un’operazione che è fatta per rendere giustizia ai cittadini oltremodo vessati dal fisco vorace, finisce sempre e comunque per ritorcerglisi contro.
E’ bello vivere in Italia!!!
venerdì 19 dicembre 2008
martedì 2 dicembre 2008
Evasione fiscale: si può sconfiggere? E come?
Quello dell’evasione fiscale è un tema “sempre verde” in Italia, uno di quei problemi che ci sono da sempre e non sono mai stati risolti. Non che non ci abbia mai provato nessun Governo della storia della Repubblica, anzi. Il tentativo l’hanno fatto tutti, anche se in modo più o meno fiacco, o comunque inefficace. Qualcuno, come il Governo precedente, con il Ministro Visco in testa, ha anche profuso un grande impegno, quasi che la lotta all’evasione fiscale fosse il tema centrale dello Stato.
Le misure contro l’evasione fiscale sono sempre sgradite da parte dei cittadini contribuenti in quanto non sono dirette contro gli evasori, ma colpiscono sempre nel mucchio. Quindi, coloro che hanno dichiarato tutti i propri redditi ed hanno pagato le relative imposte fino all’ultimo centesimo vengono poi colpiti nuovamente da provvedimenti che dovrebbero impedire (anche a loro) di cadere in tentazione. Mi riferisco per esempio a tutti quegli adempimenti che nella legislatura precedente hanno trasformato in incubo la vita di molti professionisti e imprenditori. In primis i famigerati elenchi clienti e fornitori che hanno fatto impazzire i commercialisti, compreso il sottoscritto. Oppure la tracciabilità dei compensi dei professionisti che sono stati obbligati a incassare tramite assegno o bonifico bancario tutte le somme oltre un certo importo. Fortunatamente poi è arrivato il Ministro Tremonti che ha capito al volo che si trattava di inutili vessazioni nei confronti dei contribuenti ed ha eliminato tutti quegli sgradevoli provvedimenti.
Non sono esenti da critiche neppure gli studi di settore, che con la scusa di monitorare i compensi ed i redditi dichiarati dai contribuenti, arrivano al punto di obbligarli a versare le imposte su redditi calcolati fittiziamente, elaborati sulla base di medie statistiche. Il risultato è che coloro che guadagnano in media di meno rispetto alla media del settore, ad esempio per minori capacità o per una più sfortunata localizzazione territoriale, sono costretti ad “adeguarsi” ai maggiori redditi ad essi attribuibili ed a pagare maggiori imposte. I più fortunati, che si collocano al di sopra della media, viceversa sono di fatto esonerati dal dichiarare tutti i redditi conseguiti, e possono godere di una sorta di detassazione del sovrareddito.
Questi sono solo alcuni esempi delle storture legate al modo di contrastare l’evasione fiscale nel nostro paese.
Ma veniamo al dunque. Recentemente ho conosciuto persone convinte che, recuperando le entrate derivanti dall’evasione fiscale, lo Stato potrebbero fare cose meravigliose per migliorare la vita degli italiani. Purtroppo è solo un’utopia.
Secondo me, anche se emergessero i miliardi di reddito di imposte evase, lo Stato non farebbe nulla di tutto quanto auspicabile, ma i soldi si perderebbero in mille rivoli, così come ha fatto il famoso “tesoretto” di Prodi. Tutto ciò in quanto lo Stato è sprecone per natura e a mio avviso va limitato, piuttosto che incentivato ad effettuare maggiori spese, grazie a maggiori imposte versate dai cittadini.
Mi spiego meglio. Io non credo che lo Stato dovrebbe fare (cioè riuscire a fare) la lotta all’evasione per avere a disposizione maggiori risorse da spendere in servizi ai cittadini. Perché questa impostazione non prevede la ricerca di una maggiore equità fiscale che io ritengo prioritaria. Io ritengo che l’obiettivo primario sia quello di un livello di tassazione equo per i cittadini che gli stessi percepiscano come “giusto” e non vessatorio.
I contribuenti, in virtù di una minore pressione fiscale sarebbero invogliati a pagare quanto dovuto e al contempo sarebbero disincentivati ad evadere a causa del minore risparmio d’imposta.
Solo a questo punto sarebbe lecito punire severamente chi evade, così come avviene negli USA, in cui capita di vedere qualche imprenditore che viene arrestato con tanto di manette ai polsi. Questo come punizione per aver violato il patto con lo Stato, ma soprattutto con gli altri cittadini. Perché fregando lo Stato si fregano tutti gli altri cittadini che ne fanno parte.
Per concludere, io credo che il vero problema dell’Italia sia non solo l’evasione fiscale, ma più in generale la tendenza a considerare tutto ciò che è pubblico come un territorio di saccheggio da depredare a piacimento per avvantaggiare se stessi e derubare tutti gli altri cittadini. In quest’ottica sicuramente sarebbe auspicabile un maggior rigore da parte della giustizia in modo da punire con più severità i trasgressori. Perché se è vero che un evasore è un ladro, non è meno ladro colui che percepisce una pensione di invalidità che non gli spetta o che va al mare invece di recarsi al lavoro. E allora quanti sono i ladri in Italia?
Le misure contro l’evasione fiscale sono sempre sgradite da parte dei cittadini contribuenti in quanto non sono dirette contro gli evasori, ma colpiscono sempre nel mucchio. Quindi, coloro che hanno dichiarato tutti i propri redditi ed hanno pagato le relative imposte fino all’ultimo centesimo vengono poi colpiti nuovamente da provvedimenti che dovrebbero impedire (anche a loro) di cadere in tentazione. Mi riferisco per esempio a tutti quegli adempimenti che nella legislatura precedente hanno trasformato in incubo la vita di molti professionisti e imprenditori. In primis i famigerati elenchi clienti e fornitori che hanno fatto impazzire i commercialisti, compreso il sottoscritto. Oppure la tracciabilità dei compensi dei professionisti che sono stati obbligati a incassare tramite assegno o bonifico bancario tutte le somme oltre un certo importo. Fortunatamente poi è arrivato il Ministro Tremonti che ha capito al volo che si trattava di inutili vessazioni nei confronti dei contribuenti ed ha eliminato tutti quegli sgradevoli provvedimenti.
Non sono esenti da critiche neppure gli studi di settore, che con la scusa di monitorare i compensi ed i redditi dichiarati dai contribuenti, arrivano al punto di obbligarli a versare le imposte su redditi calcolati fittiziamente, elaborati sulla base di medie statistiche. Il risultato è che coloro che guadagnano in media di meno rispetto alla media del settore, ad esempio per minori capacità o per una più sfortunata localizzazione territoriale, sono costretti ad “adeguarsi” ai maggiori redditi ad essi attribuibili ed a pagare maggiori imposte. I più fortunati, che si collocano al di sopra della media, viceversa sono di fatto esonerati dal dichiarare tutti i redditi conseguiti, e possono godere di una sorta di detassazione del sovrareddito.
Questi sono solo alcuni esempi delle storture legate al modo di contrastare l’evasione fiscale nel nostro paese.
Ma veniamo al dunque. Recentemente ho conosciuto persone convinte che, recuperando le entrate derivanti dall’evasione fiscale, lo Stato potrebbero fare cose meravigliose per migliorare la vita degli italiani. Purtroppo è solo un’utopia.
Secondo me, anche se emergessero i miliardi di reddito di imposte evase, lo Stato non farebbe nulla di tutto quanto auspicabile, ma i soldi si perderebbero in mille rivoli, così come ha fatto il famoso “tesoretto” di Prodi. Tutto ciò in quanto lo Stato è sprecone per natura e a mio avviso va limitato, piuttosto che incentivato ad effettuare maggiori spese, grazie a maggiori imposte versate dai cittadini.
Mi spiego meglio. Io non credo che lo Stato dovrebbe fare (cioè riuscire a fare) la lotta all’evasione per avere a disposizione maggiori risorse da spendere in servizi ai cittadini. Perché questa impostazione non prevede la ricerca di una maggiore equità fiscale che io ritengo prioritaria. Io ritengo che l’obiettivo primario sia quello di un livello di tassazione equo per i cittadini che gli stessi percepiscano come “giusto” e non vessatorio.
I contribuenti, in virtù di una minore pressione fiscale sarebbero invogliati a pagare quanto dovuto e al contempo sarebbero disincentivati ad evadere a causa del minore risparmio d’imposta.
Solo a questo punto sarebbe lecito punire severamente chi evade, così come avviene negli USA, in cui capita di vedere qualche imprenditore che viene arrestato con tanto di manette ai polsi. Questo come punizione per aver violato il patto con lo Stato, ma soprattutto con gli altri cittadini. Perché fregando lo Stato si fregano tutti gli altri cittadini che ne fanno parte.
Per concludere, io credo che il vero problema dell’Italia sia non solo l’evasione fiscale, ma più in generale la tendenza a considerare tutto ciò che è pubblico come un territorio di saccheggio da depredare a piacimento per avvantaggiare se stessi e derubare tutti gli altri cittadini. In quest’ottica sicuramente sarebbe auspicabile un maggior rigore da parte della giustizia in modo da punire con più severità i trasgressori. Perché se è vero che un evasore è un ladro, non è meno ladro colui che percepisce una pensione di invalidità che non gli spetta o che va al mare invece di recarsi al lavoro. E allora quanti sono i ladri in Italia?
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Vincenzo Visco
venerdì 7 novembre 2008
L’ENEL vi chiede i dati catastali? Niente paura lo prescrive la legge.
In questo periodo l’ENEL sta inviando ai propri utenti le richieste dei dati catastali degli immobili presso cui sono attivate le forniture di energia elettrica. Come si può leggere sul modello la comunicazione deriva da un obbligo di legge ed in particolare dalla legge finanziaria per il 2005 (L. 30/12/2004 n. 311 art. 1, comma 333). Tale comma prevede che tutte le società che somministrano energia elettrica, gas e servizi idrici richiedano ai propri clienti i dati catastali identificativi dell’immobile presso cui è attivato il contratto di fornitura. I dati saranno poi trasmessi all’Anagrafe Tributaria in modalità telematica. La finanziaria per il 2005 contiene semplicemente la previsione di una data, a partire dal 1° aprile 2005, dalla quale dare attuazione ad una disposizione di legge ben più “antica”. Il riferimento è infatti all’art. 7, 5° comma, del D.P.R. n. 605 del 29/09/1973 che prescrive “Al fine dell’emersione delle attività economiche, con particolare riferimento all’applicazione dei tributi erariali e locali nel settore immobiliare, gli stessi soggetti (aziende, istituti enti e società che somministrano utenze varie) devono comunicare i dati catastali identificativi dell’immobile presso cui è attivata l’utenza, dichiarati dagli utenti”. In questo “passaggio” si comprende il fine della comunicazione. In pratica, il fisco ha bisogno di dati ai fini dello svolgimento della propria attività accertamento riferibile agli immobili. Chi abita o lavora in un immobile ha bisogno dell’allacciamento alle varie utenze. Anche chi non ha un regolare contratto di locazione registrato presso l’Agenzia delle Entrate che comporta il pagamento dell’imposta di registro e delle varie imposte sui redditi da parte del locatore. Quindi dall’intreccio delle informazioni possedute dai fornitori di energia ecc… con quelle già in possesso dell’Anagrafe tributaria dovrebbe risultare una miscela esplosiva che potrebbe portare al recupero di una buona fetta di evasione fiscale collegata agli immobili nel nostro paese.
Questo almeno in teoria. Ma in pratica cosa può succedere?
1) Che gli evasori, attivi o passivi, cioè i locatori e i locatari, non in regola con il fisco, omettano di comunicare i dati richiesti. In questo caso è prevista una sanzione da 103 € a 2065, ai sensi dell’art. 13 del DPR 29/09/1973 n. 605.
Però bisogna considerare che la comunicazione dei dati catastali all’ENEL o ad altri erogatori va spedita per posta ordinaria. Quindi è possibile che parecchi questionari compilati e rispediti vadano persi. A mio avviso non è possibile irrogare sanzioni se non si prova che il contribuente/utente abbia ricevuto il questionario e non lo abbia rispedito compilato.
Se il pensiero di essere sanzionati non vi fa dormire la notte allora rispedite il questionario per raccomandata!
2) Se si omette l’invio del questionario si impedisce al fisco di ottenere quei dati che possono portare ad effettuare un accertamento.
Solo in un secondo tempo, controllando la massa di dati ricevuti e incrociandoli con quelli già a disposizione, l’Agenzia delle Entrate selezionerà le posizioni incongruenti e procederà ad un controllo ulteriore, sul campo. E cioè la battaglia si sposterà casa per casa, al fine di verificare locazioni abusive di immobili e attività artigianali sconosciute al fisco. E’ chiaro che se la massa di questionari non inviati volontariamente, quelli spediti e non arrivati, quelli contenenti dati errati ecc.. è molto elevata, l’operazione studiata dal fisco può andare a monte, perché la scrematura iniziale non consentirebbe di concentrare gli sforzi su un numero sufficientemente limitato di posizioni anomale.
3) Le associazioni dei consumatori hanno lamentato che per molti utenti è difficile reperire i dati catastali dell’immobile e che l’Anagrafe tributaria ha già molti dati relativi alle utenze. E’ senz’altro vero, ma allora che cosa dovrebbero dire l’ENEL e gli altri gestori? Perché quel piccolo comma contenuto nella Finanziaria per il 2005 grava notevolmente anche sugli erogatori. E non appare giusto che l’Agenzia delle Entrate scarichi il proprio lavoro su soggetti terzi che si vedono costretti ad effettuare una notevole mole di lavoro, e per di più gratis! Oppure sui contribuenti che sono chiamati a rispondere a quesiti tecnici, tali da generale allarmismo e sconforto negli anziani e non solo, che non sono in grado di compilare i modelli senza un supporto esterno.
Per tutti questi motivi, pur ritenendo sacrosanto il compito di “stanare gli evasori”, io ritengo scandaloso accollare ad altri quei controlli che la legge impone agli organi competenti.
Questo almeno in teoria. Ma in pratica cosa può succedere?
1) Che gli evasori, attivi o passivi, cioè i locatori e i locatari, non in regola con il fisco, omettano di comunicare i dati richiesti. In questo caso è prevista una sanzione da 103 € a 2065, ai sensi dell’art. 13 del DPR 29/09/1973 n. 605.
Però bisogna considerare che la comunicazione dei dati catastali all’ENEL o ad altri erogatori va spedita per posta ordinaria. Quindi è possibile che parecchi questionari compilati e rispediti vadano persi. A mio avviso non è possibile irrogare sanzioni se non si prova che il contribuente/utente abbia ricevuto il questionario e non lo abbia rispedito compilato.
Se il pensiero di essere sanzionati non vi fa dormire la notte allora rispedite il questionario per raccomandata!
2) Se si omette l’invio del questionario si impedisce al fisco di ottenere quei dati che possono portare ad effettuare un accertamento.
Solo in un secondo tempo, controllando la massa di dati ricevuti e incrociandoli con quelli già a disposizione, l’Agenzia delle Entrate selezionerà le posizioni incongruenti e procederà ad un controllo ulteriore, sul campo. E cioè la battaglia si sposterà casa per casa, al fine di verificare locazioni abusive di immobili e attività artigianali sconosciute al fisco. E’ chiaro che se la massa di questionari non inviati volontariamente, quelli spediti e non arrivati, quelli contenenti dati errati ecc.. è molto elevata, l’operazione studiata dal fisco può andare a monte, perché la scrematura iniziale non consentirebbe di concentrare gli sforzi su un numero sufficientemente limitato di posizioni anomale.
3) Le associazioni dei consumatori hanno lamentato che per molti utenti è difficile reperire i dati catastali dell’immobile e che l’Anagrafe tributaria ha già molti dati relativi alle utenze. E’ senz’altro vero, ma allora che cosa dovrebbero dire l’ENEL e gli altri gestori? Perché quel piccolo comma contenuto nella Finanziaria per il 2005 grava notevolmente anche sugli erogatori. E non appare giusto che l’Agenzia delle Entrate scarichi il proprio lavoro su soggetti terzi che si vedono costretti ad effettuare una notevole mole di lavoro, e per di più gratis! Oppure sui contribuenti che sono chiamati a rispondere a quesiti tecnici, tali da generale allarmismo e sconforto negli anziani e non solo, che non sono in grado di compilare i modelli senza un supporto esterno.
Per tutti questi motivi, pur ritenendo sacrosanto il compito di “stanare gli evasori”, io ritengo scandaloso accollare ad altri quei controlli che la legge impone agli organi competenti.
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lunedì 27 ottobre 2008
La finanziaria 2009. Ecco quali sono le novità per le imprese.
La manovra Finanziaria per il 2009 prevede alcune importanti novità per le imprese in ambito fiscale e relativo ai contratti di lavoro. Ecco una breve panoramica.
1. LIMITAZIONI ALL’USO DEL CONTANTE: Le limitazioni che erano state previste dal 2008, oltre il tetto massimo di € 5.000, sono ora imposte oltre i 12.500 €. Sono quindi possibili i pagamenti in contanti fino a 12.500 € senza incappare nelle disposizioni antiriciclaggio. Gli assegni bancari e postali sono anch’essi trasferibili liberamente se inferiori all’importo di 12.500 euro. Al di sotto di tale limite, nella girata degli assegni non deve più essere indicato il codice fiscale del girante. La limitazione all’uso del contante è prevista anche in caso di pagamento di somme rateali, quando il totale assomma a oltre 12.500 €.
2. ABOLIZIONE ELENCHI CLIENTI E FORNITORI: Dal 2008 non sono più previsti la compilazione e l’invio dell’elenco clienti e fornitori. Sono inoltre sanate le irregolarità compiute in merito alla presentazione degli elenchi per gli anni 2006 e 2007.
3. NOVITA’ SUGLI STUDI DI SETTORE: Al fine di consentire ai contribuenti di monitorare le situazioni di scostamento dai redditi presumibili in base agli studi di settore, è stata posta una norma che vincola ogni aggiornamento dei sistemi di calcolo alla pubblicazione in Gazzetta ufficiale entro il 30 settembre dell’anno stesso a cui si riferiscono le variazioni. Per il 2008 il suddetto termine è posticipato al 31.12, quindi la norma porterà beneficio solo a partire dai redditi 2009. Dal 1° gennaio 2009, poi, gli studi di settore saranno elaborati anche su base regionale e comunale, in attuazione delle norme sul federalismo fiscale.
4. CESSIONE DI PARTECIPAZIONI SOCIALI E REIVESTIMENTO IN START UP. Questa norma agevolativa è indirizzata a coloro (persone fisiche) che cedono partecipazioni detenute in società di capitali e di persone e reinvestono le somme percepite come plusvalenza in nuove società (“start up”) che operano nello stesso settore, entro due anni dalla vendita. Le partecipazioni da cedere devono essere possedute da almeno 3 anni in società non più “vecchie” di 7 anni. Le start up devono essere società di persone o di capitali, di nuova costituzione o al massimo esistenti da 3 anni.
Il reinvestimento può consistere in acquisto di quote o nella sottoscrizione del capitale sociale. Il beneficio consiste nell’esenzione dalla tassazione della plusvalenza conseguita nella cessione delle quote. Il limite al beneficio non può essere superiore a 5 volte rispetto a quanto la società, la cui partecipazione viene ceduta, ha pagato nei 5 anni precedenti, per investimenti in beni materiali e immateriali ammortizzabili, esclusi gli immobili, e per spese di ricerca e sviluppo.
5. INTERNAZIONALIZZAZIONE DELLE IMPRESE E INNOVAZIONE. Sono previsti aiuti finanziari alle imprese italiane che effettuano investimenti in paesi e mercati diversi da quelli dell’Unione Europea. Tali incentivi rientrano nel regime degli aiuti “de minimis”, con tutte le limitazioni del caso.
E’ stata prevista la costituzione di appositi fondi di investimento con partecipazione pubblica e privata per sviluppare programmi volti alla creazione di strutture produttive con elevato contenuto di innovazione. Sia per l’internazionalizzazione che per l’innovazione si attende la pubblicazione dei decreti attuativi che stabiliranno dettagliatamente il funzionamento.
6. ADESIONE AI PVC: A coloro che siano stati destinatari di processo verbale di constatazione (PVC), che consentano l’emissione di un accertamento parziale in materia di IRPEF e IVA, viene concessa un’adesione agevolata in caso di rinuncia all’impugnazione dei successivi atti impositivi. La sanzione irrogata sarà pari a 1/8 del minimo previsto dalle specifiche leggi d’imposta.
7. RATEAZIONE SOMME ISCRITTE A RUOLO: In caso di temporanea situazione di difficoltà del contribuente, viene concessa la rateazione delle imposte iscritte a ruolo, fino ad un massimo di 48 rate mensili. La novità positiva consiste nel fatto che non sarà più richiesta la prestazione della fidejussione bancaria o polizza assicurativa a garanzia dell’adempimento.
8. SPESE PER RISTORANTI E ALBERGHI: Dal 1° settembre 2008 è detraibile l’IVA sulle spese per ristoranti e alberghi. In precedenza era totalmente indetraibile. Si precisa che non si tratta di una agevolazione, ma di un obbligo imposto al legislatore italiano dalla normativa comunitaria.
Per cui occorre richiedere la fattura, che espone l’IVA sulla prestazione, e non la ricevuta fiscale che non consente la detrazione. Come già fatto da vari governi, a fronte di un beneficio concesso “a forza” per volere della UE, è stato peggiorato il regime di detraibilità delle spese di rappresentanza, fra cui quelle per ristoranti e alberghi. Dal 2009 tali oneri saranno deducibili al 75%.
9. CONTRATTI DI LAVORO A TEMPO DETERMINATO. E’ possibile la stipulazione di contratti a termine per ragioni di carattere tecnico, produttivo e organizzativo anche in riferimento ad attività ordinaria del datore di lavoro. Si potrà poi derogare ai vincoli basati sugli accordi tra le parti sociali.
10. CONTRATTI OCCASIONALI DI TIPO ACCESSORIO. Fra le prestazioni di tipo accessorio si annoverano ora quelle delle attività lavorative di natura occasionale di lavoro domestico, di pulizia, giardinaggio, di insegnamento privato supplementare (ripetizioni) e di manifestazioni sportive, culturali o di solidarietà, di attività agricole occasionali per studenti e pensionati.
11. CONTRATTI DI APPRENDISTATO. E’ stato eliminato il limite minimo di due anni per i contratti di apprendistato. La durata massima rimane fissata in 6 anni.
1. LIMITAZIONI ALL’USO DEL CONTANTE: Le limitazioni che erano state previste dal 2008, oltre il tetto massimo di € 5.000, sono ora imposte oltre i 12.500 €. Sono quindi possibili i pagamenti in contanti fino a 12.500 € senza incappare nelle disposizioni antiriciclaggio. Gli assegni bancari e postali sono anch’essi trasferibili liberamente se inferiori all’importo di 12.500 euro. Al di sotto di tale limite, nella girata degli assegni non deve più essere indicato il codice fiscale del girante. La limitazione all’uso del contante è prevista anche in caso di pagamento di somme rateali, quando il totale assomma a oltre 12.500 €.
2. ABOLIZIONE ELENCHI CLIENTI E FORNITORI: Dal 2008 non sono più previsti la compilazione e l’invio dell’elenco clienti e fornitori. Sono inoltre sanate le irregolarità compiute in merito alla presentazione degli elenchi per gli anni 2006 e 2007.
3. NOVITA’ SUGLI STUDI DI SETTORE: Al fine di consentire ai contribuenti di monitorare le situazioni di scostamento dai redditi presumibili in base agli studi di settore, è stata posta una norma che vincola ogni aggiornamento dei sistemi di calcolo alla pubblicazione in Gazzetta ufficiale entro il 30 settembre dell’anno stesso a cui si riferiscono le variazioni. Per il 2008 il suddetto termine è posticipato al 31.12, quindi la norma porterà beneficio solo a partire dai redditi 2009. Dal 1° gennaio 2009, poi, gli studi di settore saranno elaborati anche su base regionale e comunale, in attuazione delle norme sul federalismo fiscale.
4. CESSIONE DI PARTECIPAZIONI SOCIALI E REIVESTIMENTO IN START UP. Questa norma agevolativa è indirizzata a coloro (persone fisiche) che cedono partecipazioni detenute in società di capitali e di persone e reinvestono le somme percepite come plusvalenza in nuove società (“start up”) che operano nello stesso settore, entro due anni dalla vendita. Le partecipazioni da cedere devono essere possedute da almeno 3 anni in società non più “vecchie” di 7 anni. Le start up devono essere società di persone o di capitali, di nuova costituzione o al massimo esistenti da 3 anni.
Il reinvestimento può consistere in acquisto di quote o nella sottoscrizione del capitale sociale. Il beneficio consiste nell’esenzione dalla tassazione della plusvalenza conseguita nella cessione delle quote. Il limite al beneficio non può essere superiore a 5 volte rispetto a quanto la società, la cui partecipazione viene ceduta, ha pagato nei 5 anni precedenti, per investimenti in beni materiali e immateriali ammortizzabili, esclusi gli immobili, e per spese di ricerca e sviluppo.
5. INTERNAZIONALIZZAZIONE DELLE IMPRESE E INNOVAZIONE. Sono previsti aiuti finanziari alle imprese italiane che effettuano investimenti in paesi e mercati diversi da quelli dell’Unione Europea. Tali incentivi rientrano nel regime degli aiuti “de minimis”, con tutte le limitazioni del caso.
E’ stata prevista la costituzione di appositi fondi di investimento con partecipazione pubblica e privata per sviluppare programmi volti alla creazione di strutture produttive con elevato contenuto di innovazione. Sia per l’internazionalizzazione che per l’innovazione si attende la pubblicazione dei decreti attuativi che stabiliranno dettagliatamente il funzionamento.
6. ADESIONE AI PVC: A coloro che siano stati destinatari di processo verbale di constatazione (PVC), che consentano l’emissione di un accertamento parziale in materia di IRPEF e IVA, viene concessa un’adesione agevolata in caso di rinuncia all’impugnazione dei successivi atti impositivi. La sanzione irrogata sarà pari a 1/8 del minimo previsto dalle specifiche leggi d’imposta.
7. RATEAZIONE SOMME ISCRITTE A RUOLO: In caso di temporanea situazione di difficoltà del contribuente, viene concessa la rateazione delle imposte iscritte a ruolo, fino ad un massimo di 48 rate mensili. La novità positiva consiste nel fatto che non sarà più richiesta la prestazione della fidejussione bancaria o polizza assicurativa a garanzia dell’adempimento.
8. SPESE PER RISTORANTI E ALBERGHI: Dal 1° settembre 2008 è detraibile l’IVA sulle spese per ristoranti e alberghi. In precedenza era totalmente indetraibile. Si precisa che non si tratta di una agevolazione, ma di un obbligo imposto al legislatore italiano dalla normativa comunitaria.
Per cui occorre richiedere la fattura, che espone l’IVA sulla prestazione, e non la ricevuta fiscale che non consente la detrazione. Come già fatto da vari governi, a fronte di un beneficio concesso “a forza” per volere della UE, è stato peggiorato il regime di detraibilità delle spese di rappresentanza, fra cui quelle per ristoranti e alberghi. Dal 2009 tali oneri saranno deducibili al 75%.
9. CONTRATTI DI LAVORO A TEMPO DETERMINATO. E’ possibile la stipulazione di contratti a termine per ragioni di carattere tecnico, produttivo e organizzativo anche in riferimento ad attività ordinaria del datore di lavoro. Si potrà poi derogare ai vincoli basati sugli accordi tra le parti sociali.
10. CONTRATTI OCCASIONALI DI TIPO ACCESSORIO. Fra le prestazioni di tipo accessorio si annoverano ora quelle delle attività lavorative di natura occasionale di lavoro domestico, di pulizia, giardinaggio, di insegnamento privato supplementare (ripetizioni) e di manifestazioni sportive, culturali o di solidarietà, di attività agricole occasionali per studenti e pensionati.
11. CONTRATTI DI APPRENDISTATO. E’ stato eliminato il limite minimo di due anni per i contratti di apprendistato. La durata massima rimane fissata in 6 anni.
giovedì 2 ottobre 2008
Quali sono le novità fiscali della finanziaria 2009 per i professionisti?
Il D.L. 25/06/2008 n. 112, cioè la Legge Finanziaria per il 2009, già approvato in netto anticipo sui tempi soliti, prevede una serie di novità fiscali. Di seguito vi illustro una breve sintesi per quanto riguarda i professionisti. Si segnala che alcuni provvedimenti sono già in vigore.
1. LIMITAZIONI ALL’USO DEL CONTANTE: Le limitazioni che erano state previste dal 2008, oltre il tetto massimo di € 5.000, sono ora imposte oltre i 12.500 €. Sono quindi possibili i pagamenti in contanti fino a 12.500 € senza incappare nelle disposizioni antiriciclaggio. Gli assegni bancari e postali sono anch’essi trasferibili liberamente se inferiori all’importo di 12.500 euro. Al di sotto di tale limite, nella girata degli assegni non deve più essere indicato il codice fiscale del girante. La limitazione all’uso del contante è prevista anche in caso di pagamento di somme rateali, quando il totale assomma a oltre 12.500 €.
2. STRUMENTI DI PAGAMENTO: E’ stato abolito l’obbligo di tracciabilità dei compensi dei professionisti, che possono ora incassare le somme loro dovute, anche in contanti, fino all’importo di 12.500 previsto dalla norma antiriciclaggio. Quindi, il noto limite di 1.000€ per l’incasso in contanti, che poi sarebbe passato a 500 e quindi a 100 €, non esiste più.
3. ABOLIZIONE ELENCHI CLIENTI E FORNITORI: Dal 2008 non sono più previsti la compilazione e l’invio dell’elenco clienti e fornitori. Sono inoltre sanate le irregolarità compiute in merito alla presentazione degli elenchi per gli anni 2006 e 2007.
4. NOVITA’ SUGLI STUDI DI SETTORE: Al fine di consentire ai contribuenti di monitorare le situazioni di scostamento dai redditi presumibili in base agli studi di settore, è stata posta una norma che vincola ogni aggiornamento dei sistemi di calcolo alla pubblicazione in Gazzetta ufficiale entro il 30 settembre dell’anno stesso a cui si riferiscono le variazioni. Per il 2008 il suddetto termine è posticipato al 31.12, quindi la norma porterà beneficio solo a partire dai redditi 2009. Dal 1° gennaio 2009, poi, gli studi di settore saranno elaborati anche su base regionale e comunale, in attuazione delle norme sul federalismo fiscale.
5. ADESIONE AI PVC: A coloro che siano stati destinatari di processo verbale di constatazione (PVC), che consentano l’emissione di un accertamento parziale in materia di IRPEF e IVA, viene concessa un’adesione agevolata in caso di rinuncia all’impugnazione dei successivi atti impositivi. La sanzione irrogata sarà pari a 1/8 del minimo previsto dalle specifiche leggi d’imposta.
6. RATEAZIONE SOMME ISCRITTE A RUOLO: In caso di temporanea situazione di difficoltà del contribuente, viene concessa la rateazione delle imposte iscritte a ruolo, fino ad un massimo di 48 rate mensili. La novità positiva consiste nel fatto che non sarà più richiesta la prestazione della fidejussione bancaria o polizza assicurativa a garanzia dell’adempimento.
7. SPESE PER RISTORANTI E ALBERGHI: Dal 1° settembre 2008 è detraibile l’IVA sulle spese per ristoranti e alberghi. In precedenza era totalmente indetraibile. Si precisa che non si tratta di una agevolazione, ma di un obbligo imposto al legislatore italiano dalla normativa comunitaria.
Per cui occorre richiedere la fattura, che espone l’IVA sulla prestazione, e non la ricevuta fiscale che non consente la detrazione. Come già fatto da vari governi, a fronte di un beneficio concesso “a forza” per volere della UE, è stato peggiorato il regime di detraibilità delle spese di rappresentanza, fra cui quelle per ristoranti e alberghi. Dal 2009 tali oneri saranno deducibili al 75%, fermo restando il tetto del 2% dei compensi percepiti nell’anno.
1. LIMITAZIONI ALL’USO DEL CONTANTE: Le limitazioni che erano state previste dal 2008, oltre il tetto massimo di € 5.000, sono ora imposte oltre i 12.500 €. Sono quindi possibili i pagamenti in contanti fino a 12.500 € senza incappare nelle disposizioni antiriciclaggio. Gli assegni bancari e postali sono anch’essi trasferibili liberamente se inferiori all’importo di 12.500 euro. Al di sotto di tale limite, nella girata degli assegni non deve più essere indicato il codice fiscale del girante. La limitazione all’uso del contante è prevista anche in caso di pagamento di somme rateali, quando il totale assomma a oltre 12.500 €.
2. STRUMENTI DI PAGAMENTO: E’ stato abolito l’obbligo di tracciabilità dei compensi dei professionisti, che possono ora incassare le somme loro dovute, anche in contanti, fino all’importo di 12.500 previsto dalla norma antiriciclaggio. Quindi, il noto limite di 1.000€ per l’incasso in contanti, che poi sarebbe passato a 500 e quindi a 100 €, non esiste più.
3. ABOLIZIONE ELENCHI CLIENTI E FORNITORI: Dal 2008 non sono più previsti la compilazione e l’invio dell’elenco clienti e fornitori. Sono inoltre sanate le irregolarità compiute in merito alla presentazione degli elenchi per gli anni 2006 e 2007.
4. NOVITA’ SUGLI STUDI DI SETTORE: Al fine di consentire ai contribuenti di monitorare le situazioni di scostamento dai redditi presumibili in base agli studi di settore, è stata posta una norma che vincola ogni aggiornamento dei sistemi di calcolo alla pubblicazione in Gazzetta ufficiale entro il 30 settembre dell’anno stesso a cui si riferiscono le variazioni. Per il 2008 il suddetto termine è posticipato al 31.12, quindi la norma porterà beneficio solo a partire dai redditi 2009. Dal 1° gennaio 2009, poi, gli studi di settore saranno elaborati anche su base regionale e comunale, in attuazione delle norme sul federalismo fiscale.
5. ADESIONE AI PVC: A coloro che siano stati destinatari di processo verbale di constatazione (PVC), che consentano l’emissione di un accertamento parziale in materia di IRPEF e IVA, viene concessa un’adesione agevolata in caso di rinuncia all’impugnazione dei successivi atti impositivi. La sanzione irrogata sarà pari a 1/8 del minimo previsto dalle specifiche leggi d’imposta.
6. RATEAZIONE SOMME ISCRITTE A RUOLO: In caso di temporanea situazione di difficoltà del contribuente, viene concessa la rateazione delle imposte iscritte a ruolo, fino ad un massimo di 48 rate mensili. La novità positiva consiste nel fatto che non sarà più richiesta la prestazione della fidejussione bancaria o polizza assicurativa a garanzia dell’adempimento.
7. SPESE PER RISTORANTI E ALBERGHI: Dal 1° settembre 2008 è detraibile l’IVA sulle spese per ristoranti e alberghi. In precedenza era totalmente indetraibile. Si precisa che non si tratta di una agevolazione, ma di un obbligo imposto al legislatore italiano dalla normativa comunitaria.
Per cui occorre richiedere la fattura, che espone l’IVA sulla prestazione, e non la ricevuta fiscale che non consente la detrazione. Come già fatto da vari governi, a fronte di un beneficio concesso “a forza” per volere della UE, è stato peggiorato il regime di detraibilità delle spese di rappresentanza, fra cui quelle per ristoranti e alberghi. Dal 2009 tali oneri saranno deducibili al 75%, fermo restando il tetto del 2% dei compensi percepiti nell’anno.
venerdì 12 settembre 2008
Le paleo-detrazioni d'imposta.
Su il Sole 24 Ore del 10 agosto scorso c’era un articolo intitolato “Sconti fiscali d’annata” in cui si citavano molte detrazioni d’imposta o soglie utili ai fini delle imposte i cui importi sono rimasti fermi agli anni ’90.
Fra questi è interessante l’importo per essere considerati fiscalmente a carico di qualcuno (genitori, coniuge o parenti) che è rimasto fisso a 2.840,51 euro, sin dal 1994. Già probabilmente nel 1994 era un importo basso, in quanto neppure allora una persona poteva campare con 2.840 euro all’anno. Oggi nel 2008, dopo il passaggio all’euro che ha praticamente raddoppiato i prezzi, e tutti i rincari che continuano inarrestabili anche in queste ore, è semplicemente ridicolo!
Il fatto di essere posti a carico di un genitore, ad esempio, consente a quest’ultimo di avere un piccolo sconto sulle imposte da pagare, in considerazione dei soldi che gli tocca sborsare per mantenere il figlio. Quindi un figlio che ha un reddito di circa 3.000 euro annui, è più oneroso da mantenere di uno che ne guadagna 2.800. La cosa può sembrare illogica, ma è così.
L’altro limite “strano” riguarda la percentuale di detrazione delle spese mediche, che è saldamente ancorata al 19% sin da 1998. Tale percentuale corrispondeva all’IRPEF dovuta sullo scaglione più basso allora vigente. Ora l’aliquota più bassa è il 23%, dopo essere stata il 20%. Purtroppo la detrazione è rimasta fissa al 19%. Si segnala anche la franchigia di 129,11 euro che penalizza senza giustificazione coloro che sono più sani e quindi spendono meno in medicinali.
Anche le spese funebri sono ammesse in detrazione fino ai vecchi 3.000.000 di lire, cioè 1.549,37 euro. Sempre al 19%. Anche qui gli importi effettivamente sostenuti sono purtroppo molto più alti.
I premi delle polizze di assicurazione sulla vita sono invece fermi a 1.291,14 € sin dal 1998, quando l’importo era di 2.500.000 lire.
La detrazione degli interessi passivi sui mutui per l’acquisto della prima casa è invece stata aggiornata di recente, ed è ora pari a 3.615,20. In precedenza era 2.582,28. Mi sembra ancora un po’ poco, in considerazione dell’incremento degli interessi passivi che c’è stato in questi ultimi due anni. Mi spiego, se un cittadino paga 5.000 euro all’anno di interessi passivi su mutui, e non si può lamentare troppo, detrae solo fino a 3.615 €, sempre nel limite di quel 19% di cui abbiamo già parlato.
E cosa dire dell’agevolazione fiscale principe in Italia, il 36%? Criticarla è come sputare nel piatto in cui si mangia, però…. Piuttosto che usufruire di questo maxi-sconto ci sono molti contribuenti che preferiscono pagare in nero i lavori di ristrutturazione dietro uno sconto sulla prestazione. Infatti, il bonus del 36% dei costi sostenuti, va suddiviso in 10 anni, cioè è pari al 3,6% all’anno.
Se chi esegue i lavori si fa pagare in nero, “sconta” l’IVA, del 20% o del 10% e magari, è anche disposto a scontare un’altra percentuale in cambio del “suo” risparmio fiscale. Per cui il cittadino invece di pagare di più subito, e risparmiare poi con le dichiarazioni dei redditi, preferisce risparmiare oggi e basta! E poi non deve comunicare nulla all’Agenzia delle Entrate, non deve indicare nulla nelle successive 10 dichiarazioni dei redditi, non deve pagare con bonifico ecc…
Anche questa agevolazioni andrebbe rivista e aggiornata, rendendola più immediata come risparmio fiscale, e meno complicata come gestione.
Mi fermo qui, non vorrei passare ai limiti ridicoli nell’ambito del reddito d’impresa… primo fra tutti l’importo massimo del costo dell’auto aziendale o professionale, che un tempo era di 35 milioni di lire, ed oggi, dopo 10 anni, è ancora uguale (tradotto in euro). Si vede che le auto non sono mai aumentate in tutti questi anni!
Fra questi è interessante l’importo per essere considerati fiscalmente a carico di qualcuno (genitori, coniuge o parenti) che è rimasto fisso a 2.840,51 euro, sin dal 1994. Già probabilmente nel 1994 era un importo basso, in quanto neppure allora una persona poteva campare con 2.840 euro all’anno. Oggi nel 2008, dopo il passaggio all’euro che ha praticamente raddoppiato i prezzi, e tutti i rincari che continuano inarrestabili anche in queste ore, è semplicemente ridicolo!
Il fatto di essere posti a carico di un genitore, ad esempio, consente a quest’ultimo di avere un piccolo sconto sulle imposte da pagare, in considerazione dei soldi che gli tocca sborsare per mantenere il figlio. Quindi un figlio che ha un reddito di circa 3.000 euro annui, è più oneroso da mantenere di uno che ne guadagna 2.800. La cosa può sembrare illogica, ma è così.
L’altro limite “strano” riguarda la percentuale di detrazione delle spese mediche, che è saldamente ancorata al 19% sin da 1998. Tale percentuale corrispondeva all’IRPEF dovuta sullo scaglione più basso allora vigente. Ora l’aliquota più bassa è il 23%, dopo essere stata il 20%. Purtroppo la detrazione è rimasta fissa al 19%. Si segnala anche la franchigia di 129,11 euro che penalizza senza giustificazione coloro che sono più sani e quindi spendono meno in medicinali.
Anche le spese funebri sono ammesse in detrazione fino ai vecchi 3.000.000 di lire, cioè 1.549,37 euro. Sempre al 19%. Anche qui gli importi effettivamente sostenuti sono purtroppo molto più alti.
I premi delle polizze di assicurazione sulla vita sono invece fermi a 1.291,14 € sin dal 1998, quando l’importo era di 2.500.000 lire.
La detrazione degli interessi passivi sui mutui per l’acquisto della prima casa è invece stata aggiornata di recente, ed è ora pari a 3.615,20. In precedenza era 2.582,28. Mi sembra ancora un po’ poco, in considerazione dell’incremento degli interessi passivi che c’è stato in questi ultimi due anni. Mi spiego, se un cittadino paga 5.000 euro all’anno di interessi passivi su mutui, e non si può lamentare troppo, detrae solo fino a 3.615 €, sempre nel limite di quel 19% di cui abbiamo già parlato.
E cosa dire dell’agevolazione fiscale principe in Italia, il 36%? Criticarla è come sputare nel piatto in cui si mangia, però…. Piuttosto che usufruire di questo maxi-sconto ci sono molti contribuenti che preferiscono pagare in nero i lavori di ristrutturazione dietro uno sconto sulla prestazione. Infatti, il bonus del 36% dei costi sostenuti, va suddiviso in 10 anni, cioè è pari al 3,6% all’anno.
Se chi esegue i lavori si fa pagare in nero, “sconta” l’IVA, del 20% o del 10% e magari, è anche disposto a scontare un’altra percentuale in cambio del “suo” risparmio fiscale. Per cui il cittadino invece di pagare di più subito, e risparmiare poi con le dichiarazioni dei redditi, preferisce risparmiare oggi e basta! E poi non deve comunicare nulla all’Agenzia delle Entrate, non deve indicare nulla nelle successive 10 dichiarazioni dei redditi, non deve pagare con bonifico ecc…
Anche questa agevolazioni andrebbe rivista e aggiornata, rendendola più immediata come risparmio fiscale, e meno complicata come gestione.
Mi fermo qui, non vorrei passare ai limiti ridicoli nell’ambito del reddito d’impresa… primo fra tutti l’importo massimo del costo dell’auto aziendale o professionale, che un tempo era di 35 milioni di lire, ed oggi, dopo 10 anni, è ancora uguale (tradotto in euro). Si vede che le auto non sono mai aumentate in tutti questi anni!
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giovedì 4 settembre 2008
La detassazione dei premi sportivi. Come si aiuta lo sport?
Anche questa estate volge ormai al termine, così come, per molti sono finite le ferie e le vacanze. Che ricordo ci rimarrà di questo agosto 2008?... Sicuramente le Olimpiadi di Pechino!
Tanto discusse, per via delle proteste anti-governative (sacrosante), tanto spettacolari per la capacità organizzativa dimostrata al mondo intero dalla nuova superpotenza cinese, ma soprattutto per le gare sportive ad altissimo livello (alcune stellari) che abbiamo potuto ammirare.
E le tasse? Si è parlato anche di quello! A proposito dei premi che il CONI concede agli atleti italiani che “regalano” alla nazione una medaglia. Gli importi di questi emolumenti sono pari a 140.000 euro per la medaglia d’oro, 75.000 euro per l’argento e 50.000 euro per il bronzo. Ovviamente al lordo delle tasse. E qui sta’ il punto. Infatti atleti e simpatizzanti si sono “scandalizzati” di dover pagare allo stato circa il 50% dell’importo dei premi così faticosamente raggiunti. Considerando che gli atleti delle discipline olimpiche sono costretti a notevoli sacrifici e i loro guadagni non sono certo paragonabili a quelli, ad esempio, dei calciatori di serie A. Molti hanno quindi chiesto a gran voce la detassazione totale o parziale di questi premi.
Cosa ne pensiamo noi? Facciamo una sintesi.
1) Detassare e cioè ridurre le tasse è sempre cosa gradita e quindi in teoria positiva.
2) L’importo dei premi che il CONI paga agli atleti premiati è già uno dei più alti al mondo.
3) Rispondendo a coloro che hanno proposto l’innalzamento dei premi in luogo della detassazione, mi pare proprio eccessivo aumentarne ancora gli importi.
4) Sarebbe bello ridurre le imposte, ma per tutti i contribuenti, non solo per gli atleti premiati
5) I nostri atleti azzurri percepiscono già uno stipendio dalle forze armate, in quanto figurano come Carabinieri, Poliziotti, Finanzieri ecc. Il tutto ovviamente senza lavorare. O meglio il loro lavoro consiste nell’allenarsi nelle rispettive discipline sportive.
6) Pertanto non è molto etico pensare di ridurre le imposte sui premi olimpici.
7) Ovviamente non è molto etico neppure spendere tanti soldi per le trasferte della nazionale di calcio in occasione di campionati europei o mondiali. Ricordate gli alberghi principeschi in cui vengono ospitati gli azzurri, con centinaia di persone al seguito? Quindi ci vuole più moralità nelle spese per lo sport. E magari i soldi risparmiati si possono investire in agevolazioni ai nuovi talenti che dallo sport non hanno mai percepito un centesimo, ma semmai hanno dovuto spendere dei loro soldi per poterlo praticare. L’esempio di come si può “spingere” lo sport ce lo hanno dato gli inglesi, che in vista delle “loro” prossime olimpiadi, hanno messo gli atleti in condizione di far man bassa di medaglie sin da questa edizione.
8) A questo punto, archiviata la questione fiscale dei premi e, purtroppo, la necessità di incentivare lo sport, temo che se ne riparlerà per le olimpiadi del 20012. E speriamo di fare ancora la nostra figura come quest’anno, anche se le basi forse non ci sono.
Tanto discusse, per via delle proteste anti-governative (sacrosante), tanto spettacolari per la capacità organizzativa dimostrata al mondo intero dalla nuova superpotenza cinese, ma soprattutto per le gare sportive ad altissimo livello (alcune stellari) che abbiamo potuto ammirare.
E le tasse? Si è parlato anche di quello! A proposito dei premi che il CONI concede agli atleti italiani che “regalano” alla nazione una medaglia. Gli importi di questi emolumenti sono pari a 140.000 euro per la medaglia d’oro, 75.000 euro per l’argento e 50.000 euro per il bronzo. Ovviamente al lordo delle tasse. E qui sta’ il punto. Infatti atleti e simpatizzanti si sono “scandalizzati” di dover pagare allo stato circa il 50% dell’importo dei premi così faticosamente raggiunti. Considerando che gli atleti delle discipline olimpiche sono costretti a notevoli sacrifici e i loro guadagni non sono certo paragonabili a quelli, ad esempio, dei calciatori di serie A. Molti hanno quindi chiesto a gran voce la detassazione totale o parziale di questi premi.
Cosa ne pensiamo noi? Facciamo una sintesi.
1) Detassare e cioè ridurre le tasse è sempre cosa gradita e quindi in teoria positiva.
2) L’importo dei premi che il CONI paga agli atleti premiati è già uno dei più alti al mondo.
3) Rispondendo a coloro che hanno proposto l’innalzamento dei premi in luogo della detassazione, mi pare proprio eccessivo aumentarne ancora gli importi.
4) Sarebbe bello ridurre le imposte, ma per tutti i contribuenti, non solo per gli atleti premiati
5) I nostri atleti azzurri percepiscono già uno stipendio dalle forze armate, in quanto figurano come Carabinieri, Poliziotti, Finanzieri ecc. Il tutto ovviamente senza lavorare. O meglio il loro lavoro consiste nell’allenarsi nelle rispettive discipline sportive.
6) Pertanto non è molto etico pensare di ridurre le imposte sui premi olimpici.
7) Ovviamente non è molto etico neppure spendere tanti soldi per le trasferte della nazionale di calcio in occasione di campionati europei o mondiali. Ricordate gli alberghi principeschi in cui vengono ospitati gli azzurri, con centinaia di persone al seguito? Quindi ci vuole più moralità nelle spese per lo sport. E magari i soldi risparmiati si possono investire in agevolazioni ai nuovi talenti che dallo sport non hanno mai percepito un centesimo, ma semmai hanno dovuto spendere dei loro soldi per poterlo praticare. L’esempio di come si può “spingere” lo sport ce lo hanno dato gli inglesi, che in vista delle “loro” prossime olimpiadi, hanno messo gli atleti in condizione di far man bassa di medaglie sin da questa edizione.
8) A questo punto, archiviata la questione fiscale dei premi e, purtroppo, la necessità di incentivare lo sport, temo che se ne riparlerà per le olimpiadi del 20012. E speriamo di fare ancora la nostra figura come quest’anno, anche se le basi forse non ci sono.
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giovedì 10 luglio 2008
Gli studi di settore. La mappa per il 2008.
Relativamente ai redditi per il 2007 gli studi di settore sono giunti ormai al 10° anno di vita. Per questo motivo è stato opportuno ricorrere ad un “tagliando” per adeguarli maggiormente all’evoluzione dei settori oggetto di controllo.
Ma cosa sono in sintesi gli studi di settore? Sono delle metodologie informatiche-statistiche di calcolo dei ricavi o dei compensi presunti relativi all’attività di imprese e professionisti utilizzabili come strumento di accertamento.
In pratica basta inserire i propri dati contabili e fiscali nel programma Gerico realizzato per conto del Ministero delle Finanze, insieme ad altri dati relativi allo svolgimento dell’attività, per ottenere il responso, o meglio i responsi, che confermano o meno la regolarità dell’impresa o professionista.
Attualmente gli studi di settore sono 206 e sono relativi alle varie attività economiche svolte dai lavoratori autonomi. Di questi, 138 sono definitivi, cioè consentono l’utilizzo pieno ai fini dell’accertamento. In caso di adeguamento, cioè se il contribuente riconosce di aver omesso dei ricavi o compensi, è dovuta la maggiorazione del 3%, qualora gli importi dichiarati in meno siano superiori al 10% del totale calcolato da Gerico. Per i definitivi sono inoltre applicabili gli indicatori di normalità economica (INE), che servono a individuare anomalie che possono derivare da una indicazione infedele nel quadro dei redditi d’impresa o professione, nonché per quantificare i maggiori ricavi o compensi conseguenti. I nuovi indicatori introdotti da quest’anno sono relativi al costo dei beni ammortizzabili, la durata delle scorte e l’incidenza dei costi residui di gestione sul totale dei ricavi.
68 sono revisionati, vale a dire risultano dall’evoluzione di precedenti studi esistenti, e sono considerati al pari dei nuovi studi. Ciò significa che non è dovuta la maggiorazione del 3% in caso di adeguamento per importi di ricavi superiori al 10%. Agli studi revisionati si applicano, oltre agli indicatori di normalità definitivi, gli indicatori di coerenza che incidono direttamente sul calcolo della congruità. La novità di quest’anno è che è ora possibile dare giustificazioni in caso di situazioni anomale ed anche di “forzare” il calcolo proposto dal software ministeriale.
4 studi, infine sono monitorati e cioè non sono ancora utilizzabili direttamente ai fini dell’accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate. La compilazione è comunque utile a quest’ultima per selezionare eventuali posizioni anomale ai fini del controllo.
Il raggiungimento della congruità e della coerenza mette al riparo non solo dagli accertamenti basati sugli studi di settore, che sono i più frequenti, ma anche da quelli analitico-induttivi.
In sostanza i “contribuenti virtuosi” naturalmente o anche in seguito ad adeguamento, sono al riparo dagli accertamenti se l’ammontare dei ricavi o compensi non dichiarati è pari o inferiore al 40 % del totale. E’ previsto un massimo di 50.000 euro alle attività eventualmente non dichiarate. In pratica se ho dichiarato un reddito pari a 100.000 euro, non posso subire accertamenti analitico-induttivi se i maggiori compensi non sono superiori a 40.000 euro (40% del dichiarato) o, in ogni caso se non sono maggiori di 50.000 euro. Nel caso in cui si subisca un accertamento ulteriore le sanzioni pecuniarie dovute saranno maggiorate del 10% per le violazioni di omessa o infedele indicazione dei dati indicati nei modelli per gli studi di settore o delle inesistenti cause di esclusione o inapplicabilità degli stessi.
Ma cosa sono in sintesi gli studi di settore? Sono delle metodologie informatiche-statistiche di calcolo dei ricavi o dei compensi presunti relativi all’attività di imprese e professionisti utilizzabili come strumento di accertamento.
In pratica basta inserire i propri dati contabili e fiscali nel programma Gerico realizzato per conto del Ministero delle Finanze, insieme ad altri dati relativi allo svolgimento dell’attività, per ottenere il responso, o meglio i responsi, che confermano o meno la regolarità dell’impresa o professionista.
Attualmente gli studi di settore sono 206 e sono relativi alle varie attività economiche svolte dai lavoratori autonomi. Di questi, 138 sono definitivi, cioè consentono l’utilizzo pieno ai fini dell’accertamento. In caso di adeguamento, cioè se il contribuente riconosce di aver omesso dei ricavi o compensi, è dovuta la maggiorazione del 3%, qualora gli importi dichiarati in meno siano superiori al 10% del totale calcolato da Gerico. Per i definitivi sono inoltre applicabili gli indicatori di normalità economica (INE), che servono a individuare anomalie che possono derivare da una indicazione infedele nel quadro dei redditi d’impresa o professione, nonché per quantificare i maggiori ricavi o compensi conseguenti. I nuovi indicatori introdotti da quest’anno sono relativi al costo dei beni ammortizzabili, la durata delle scorte e l’incidenza dei costi residui di gestione sul totale dei ricavi.
68 sono revisionati, vale a dire risultano dall’evoluzione di precedenti studi esistenti, e sono considerati al pari dei nuovi studi. Ciò significa che non è dovuta la maggiorazione del 3% in caso di adeguamento per importi di ricavi superiori al 10%. Agli studi revisionati si applicano, oltre agli indicatori di normalità definitivi, gli indicatori di coerenza che incidono direttamente sul calcolo della congruità. La novità di quest’anno è che è ora possibile dare giustificazioni in caso di situazioni anomale ed anche di “forzare” il calcolo proposto dal software ministeriale.
4 studi, infine sono monitorati e cioè non sono ancora utilizzabili direttamente ai fini dell’accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate. La compilazione è comunque utile a quest’ultima per selezionare eventuali posizioni anomale ai fini del controllo.
Il raggiungimento della congruità e della coerenza mette al riparo non solo dagli accertamenti basati sugli studi di settore, che sono i più frequenti, ma anche da quelli analitico-induttivi.
In sostanza i “contribuenti virtuosi” naturalmente o anche in seguito ad adeguamento, sono al riparo dagli accertamenti se l’ammontare dei ricavi o compensi non dichiarati è pari o inferiore al 40 % del totale. E’ previsto un massimo di 50.000 euro alle attività eventualmente non dichiarate. In pratica se ho dichiarato un reddito pari a 100.000 euro, non posso subire accertamenti analitico-induttivi se i maggiori compensi non sono superiori a 40.000 euro (40% del dichiarato) o, in ogni caso se non sono maggiori di 50.000 euro. Nel caso in cui si subisca un accertamento ulteriore le sanzioni pecuniarie dovute saranno maggiorate del 10% per le violazioni di omessa o infedele indicazione dei dati indicati nei modelli per gli studi di settore o delle inesistenti cause di esclusione o inapplicabilità degli stessi.
venerdì 4 luglio 2008
Ma le tasse sono davvero aumentate? Tutta la verità, nient’altro che la verità.
Vorrei fare alcune precisazioni a proposito del post di BML del 31 maggio scorso.
Probabilmente il caldo ha giocato un brutto scherzo al nostro amico che, partendo da un presupposto giusto, si è perso nei calcoli. Peraltro nemmeno i nostri lettori si sono accorti di nulla, o meglio, non lo hanno manifestato.
Quindi scateniamoci nella caccia all’errore… Occhio all’esempio portato da BML relativo al pensionato con 15.000 euro di reddito. La verità è che le tasse dal 2006 al 2007 non sono aumentate affatto!!!
****
La soluzione, ovvero l’errore svelato, è il seguente.
Per il 2006 l’IRPEF dovuta è in realtà pari a 2.335 euro.
Per il 2007 il conteggio era già corretto e pari a € 2.195.
Quindi l’importo è in realtà diminuito di 140 euro, con un risparmio di circa il 6%.
Per completare il contesto consideriamo anche le addizionali regionali e comunali.
Prendiamo ad esempio la Regione Emilia Romagna e la città di Reggio Emilia.
Le addizionali per il 2006 sono: 135+30=165
Quelle per il 2007: 165+30=195
Per cui il totale imposte è pari a 2.500 nel 2006, contro 2.390 nel 2007. Quindi il “risparmio” è stato di 110 euro.
Questo per la correttezza dei conteggi, visto che la matematica non è un’opinione.
In sostanza possiamo dare l’assoluzione a Visco e a Prodi in merito all’affermazione che le aliquote sono diminuite, per i redditi fino ad una certa soglia.
Quello che però bisogna considerare è che i veri aggravi di imposta ci sono stati relativamente ai redditi d’impresa e di lavoro autonomo. Come si è più volte ripetuto, ciò che conta è l’effetto complessivo delle manovre fiscali, non quello delle singole disposizioni. Ad esempio, se da un lato si abbassano le aliquote, e dall’altro si riduce la deducibilità dei costi dai ricavi d’impresa o professione, complessivamente è probabile che le imposte complessivamente dovute aumentino. Cosa che in realtà succede. Per non parlare dell’inasprimento degli studi di settore che quest’anno vedono ridurre di parecchio il numero dei contribuenti congrui, cioè considerati “in regola” dal fisco. E su questo aspetto ritorneremo a breve con un post dedicato.
Quindi il consiglio che mi sento di dare è di leggere la propria dichiarazione dei redditi, cercare di capirla, confrontarla voce per voce con quella dell’anno predente al fine di stabilire, senza preconcetti, che cosa è cambiato, se in meglio o in peggio.
Probabilmente il caldo ha giocato un brutto scherzo al nostro amico che, partendo da un presupposto giusto, si è perso nei calcoli. Peraltro nemmeno i nostri lettori si sono accorti di nulla, o meglio, non lo hanno manifestato.
Quindi scateniamoci nella caccia all’errore… Occhio all’esempio portato da BML relativo al pensionato con 15.000 euro di reddito. La verità è che le tasse dal 2006 al 2007 non sono aumentate affatto!!!
****
La soluzione, ovvero l’errore svelato, è il seguente.
Per il 2006 l’IRPEF dovuta è in realtà pari a 2.335 euro.
Per il 2007 il conteggio era già corretto e pari a € 2.195.
Quindi l’importo è in realtà diminuito di 140 euro, con un risparmio di circa il 6%.
Per completare il contesto consideriamo anche le addizionali regionali e comunali.
Prendiamo ad esempio la Regione Emilia Romagna e la città di Reggio Emilia.
Le addizionali per il 2006 sono: 135+30=165
Quelle per il 2007: 165+30=195
Per cui il totale imposte è pari a 2.500 nel 2006, contro 2.390 nel 2007. Quindi il “risparmio” è stato di 110 euro.
Questo per la correttezza dei conteggi, visto che la matematica non è un’opinione.
In sostanza possiamo dare l’assoluzione a Visco e a Prodi in merito all’affermazione che le aliquote sono diminuite, per i redditi fino ad una certa soglia.
Quello che però bisogna considerare è che i veri aggravi di imposta ci sono stati relativamente ai redditi d’impresa e di lavoro autonomo. Come si è più volte ripetuto, ciò che conta è l’effetto complessivo delle manovre fiscali, non quello delle singole disposizioni. Ad esempio, se da un lato si abbassano le aliquote, e dall’altro si riduce la deducibilità dei costi dai ricavi d’impresa o professione, complessivamente è probabile che le imposte complessivamente dovute aumentino. Cosa che in realtà succede. Per non parlare dell’inasprimento degli studi di settore che quest’anno vedono ridurre di parecchio il numero dei contribuenti congrui, cioè considerati “in regola” dal fisco. E su questo aspetto ritorneremo a breve con un post dedicato.
Quindi il consiglio che mi sento di dare è di leggere la propria dichiarazione dei redditi, cercare di capirla, confrontarla voce per voce con quella dell’anno predente al fine di stabilire, senza preconcetti, che cosa è cambiato, se in meglio o in peggio.
martedì 17 giugno 2008
Il caro tasse. Ma Visco non le aveva abbassate?
L’ex vice ministro più odiato d’Italia, Vincenzo Visco, ha affermato in una recente intervista che lui le tasse le ha abbassate. Andiamo bene!
I casi cono due: o noi non sappiamo fare i conti, oppure cerca ancora di prendere per i fondelli!!!
Io vorrei indire un concorso per i contribuenti beneficiati dalle riduzioni d’imposta di Visco (e di Prodi). Ma temo che il premio (così come il risparmio d’imposta) non se lo aggiudicherebbe nessuno.
Vi segnaliamo un altro caso di un facoltoso contribuente che ha percepito nel 2007 unicamente redditi da fabbricati per circa 8000 euro (già al netto della deduzione forfetaria del 15%, come prevede la legge). Forse è un disoccupato, ma potrebbe essere un evasore o un mantenuto/a…. In ogni caso è meglio punirlo che cercare di capire.
Per il 2006 il calcolo per la progressività dell’imposizione, prevista dall’art. 11 del TUIR allora vigente, prevedeva una deduzione forfettaria pari a € 3.000.
Quindi il calcolo delle imposte era:
8.000 reddito
- deduzione forfetaria: 3.000
- deduzione spettante: 2.423, in base al calcolo (26.000+3.000-8.000)/26.000=0.807*3.000
= 5.576 reddito imponibile
calcolo IRPEF al 23% su 5.576= € 1.282
Per il 2007 le imposte dovute sono invece pari al 23% del reddito complessivo, e cioè
8.000*23%=1.840
E’ infatti scomparsa la deduzione per la progressività dell’imposizione e non sono più concesse detrazioni d’imposta al contribuente in esame.
Sono quindi dovute maggiori imposte per 558 €. L’incremento percentuale dell’IRPEF è così del 43,5%. E questo solo per l’IRPEF.
All’IRPEF si aggiungono infatti le addizionali, regionale e comunale, che in molte regioni e comuni sono lievitate ancor più dell’inflazione (mentre gli stipendi sono rimasti sostanzialmente uguali).
Il vero guaio di quest’anno è che l’aggravio impositivo è senza deroghe. Infatti negli anni precedenti era prevista la cosiddetta “clausola di salvaguardia” che consentiva ai contribuenti di verificare le imposte dovute in base alle normative vigenti e di pagare le imposte più basse fra quelle degli anni considerati. Ad esempio per lo scorso anno 2006, si poteva confrontare le imposte dovute con quelle calcolate in base alle normative vigenti al 31.12.2004 e al 31.12.2002, e godere del trattamento fiscale più favorevole. Ciò in quanto con il susseguirsi delle normative fiscali, il legislatore poteva non accorgersi di eventuali aggravi ingiustificati ed eccessivi nei confronti dei contribuenti, per cui concedeva di attenuarne gli effetti negativi.
Per i redditi 2007 questo non è stato più possibile, a testimonianza dell’intento rapace di Visco e di Prodi, che hanno coscientemente aumentato le imposte, impedendo ai cittadini di tutelarsi con la clausola di salvaguardia, con l’unico scopo di fare cassa.
Quanto riportato rappresenta solo un esempio di fisco vorace, ma non dimentichiamoci, per onore del vero, che anche Prodi, insieme a Visco e TPS, hanno fatto qualche modifica legislativa a favore della riduzione delle imposte, di cui abbiamo già trattato nel post dedicato alla finanziaria per il 2008. Ma ciò che resta nella mente dei cittadini è l’effetto finale, che sicuramente è stato negativo ed ha ulteriormente svuotato le tasche degli italiani. E purtroppo non è ancora finita, visto che le norme fiscali sono finora rimaste sostanzialmente invariate, a parte l’abolizione dell’ICI sulla prima casa…. SI SALVI CHI PUO’!!!!
I casi cono due: o noi non sappiamo fare i conti, oppure cerca ancora di prendere per i fondelli!!!
Io vorrei indire un concorso per i contribuenti beneficiati dalle riduzioni d’imposta di Visco (e di Prodi). Ma temo che il premio (così come il risparmio d’imposta) non se lo aggiudicherebbe nessuno.
Vi segnaliamo un altro caso di un facoltoso contribuente che ha percepito nel 2007 unicamente redditi da fabbricati per circa 8000 euro (già al netto della deduzione forfetaria del 15%, come prevede la legge). Forse è un disoccupato, ma potrebbe essere un evasore o un mantenuto/a…. In ogni caso è meglio punirlo che cercare di capire.
Per il 2006 il calcolo per la progressività dell’imposizione, prevista dall’art. 11 del TUIR allora vigente, prevedeva una deduzione forfettaria pari a € 3.000.
Quindi il calcolo delle imposte era:
8.000 reddito
- deduzione forfetaria: 3.000
- deduzione spettante: 2.423, in base al calcolo (26.000+3.000-8.000)/26.000=0.807*3.000
= 5.576 reddito imponibile
calcolo IRPEF al 23% su 5.576= € 1.282
Per il 2007 le imposte dovute sono invece pari al 23% del reddito complessivo, e cioè
8.000*23%=1.840
E’ infatti scomparsa la deduzione per la progressività dell’imposizione e non sono più concesse detrazioni d’imposta al contribuente in esame.
Sono quindi dovute maggiori imposte per 558 €. L’incremento percentuale dell’IRPEF è così del 43,5%. E questo solo per l’IRPEF.
All’IRPEF si aggiungono infatti le addizionali, regionale e comunale, che in molte regioni e comuni sono lievitate ancor più dell’inflazione (mentre gli stipendi sono rimasti sostanzialmente uguali).
Il vero guaio di quest’anno è che l’aggravio impositivo è senza deroghe. Infatti negli anni precedenti era prevista la cosiddetta “clausola di salvaguardia” che consentiva ai contribuenti di verificare le imposte dovute in base alle normative vigenti e di pagare le imposte più basse fra quelle degli anni considerati. Ad esempio per lo scorso anno 2006, si poteva confrontare le imposte dovute con quelle calcolate in base alle normative vigenti al 31.12.2004 e al 31.12.2002, e godere del trattamento fiscale più favorevole. Ciò in quanto con il susseguirsi delle normative fiscali, il legislatore poteva non accorgersi di eventuali aggravi ingiustificati ed eccessivi nei confronti dei contribuenti, per cui concedeva di attenuarne gli effetti negativi.
Per i redditi 2007 questo non è stato più possibile, a testimonianza dell’intento rapace di Visco e di Prodi, che hanno coscientemente aumentato le imposte, impedendo ai cittadini di tutelarsi con la clausola di salvaguardia, con l’unico scopo di fare cassa.
Quanto riportato rappresenta solo un esempio di fisco vorace, ma non dimentichiamoci, per onore del vero, che anche Prodi, insieme a Visco e TPS, hanno fatto qualche modifica legislativa a favore della riduzione delle imposte, di cui abbiamo già trattato nel post dedicato alla finanziaria per il 2008. Ma ciò che resta nella mente dei cittadini è l’effetto finale, che sicuramente è stato negativo ed ha ulteriormente svuotato le tasche degli italiani. E purtroppo non è ancora finita, visto che le norme fiscali sono finora rimaste sostanzialmente invariate, a parte l’abolizione dell’ICI sulla prima casa…. SI SALVI CHI PUO’!!!!
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sabato 31 maggio 2008
Novità dal pianeta unico 2008 redditi 2007. Perché si paga di più?
C’è chi pensa che ormai, con le elezioni politiche 2008 alle spalle da oltre un mese, ci siamo ormai liberati definitivamente da Prodi, Paodoa-Schioppa e, soprattutto di Visco e dal loro effetto nefasto sulle tasche degli italiani. Purtroppo non è così.
Basta accingersi a predisporre il modello unico 2008 per i redditi 2007 per accorgersi della stangata che i contribuenti italiani hanno preso con le finanziarie del governo Prodi. E io non faccio demagogia, faccio solo i conti. O meglio, il conto della serva, che è sempre più brava degli economisti e dei politici a capire se ci si perde o ci si guadagna.
Facciamo un piccolo esempio per capire bene tutti.
Tutti sanno che i lavoratori dipendenti ed i pensionati godono di detrazioni d’imposta che gli consentono di risparmiare qualcosa sulle tasse da pagare rispetto ai detentori di altri redditi. Il primo dato che stupisce è che le detrazioni previste per i titolari di reddito da lavoro dipendente sono maggiori di quelle previste per i pensionati! Probabilmente i pensionati sono considerati una fascia agiata della società e quindi sono meno degni di agevolazioni da parte del fisco. Comunque, per quanto indignati, andiamo avanti.
Prendiamo un pensionato che percepisce un reddito lordo annuo di 15.000 euro, cioè circa 1.250 € al mese LORDI. Un privilegiato quindi, e che pertanto va punito.
Ebbene, nell’unico dell’anno scorso, redatto per i redditi del 2006, godeva di una deduzione per la progressività dell’imposizione, pari a € 7.000. Tale deduzione era prevista dall’art. 11 del TUIR allora vigente che riconosceva ai pensionati un bonus di 4.000 euro (4.500 ai dipendenti), ridotto opportunamente in base ad una formula matematica, in modo da essere progressivamente decrescente all’aumentare del reddito. Il calcolo è il seguente:
(26.000+7.000+15.000)/26.000=1,85 in tal caso la deduzione teorica spetta per intero ed è pari a 7.500€
La deduzione teorica massima era quindi pari a € 7.000 per i pensionati e 7.500 per i dipendenti. Questo configura la cosiddetta no-tax area conseguibile se dalla formula richiamata risulta un valore pari almeno ad 1. In caso contrario la deduzione è ridotta in proporzione.
Il calcolo delle imposte per il 2006 è molto semplice:
15.000-7.500=7.500 imponibile
IRPEF (23%)= 1.725 €
Vediamo i calcoli per il reddito 2007
Supponiamo che il nostro pensionato non abbia ancora raggiunto i 75 anni di età.
Il calcolo per ottenere la detrazione (dai redditi 2007 si parla di detrazione e non più di deduzione dal reddito) è il seguente:
1.255+470*(15000-15000)/7500=1.255
Quindi il calcolo delle imposte è:
15.000 imponibile
IRPEF (23%)=3.450
Meno detrazione redditi di pensione= 1.255
IRPEF netta= 2.195 €
Imposte dovute in più rispetto al 2006= 470€ pari ad un incremento del 27%
Se il pensionato avesse compiuto i 75 anni nel 2007 la detrazione sarebbe stata:
1.297+(486*15.000-15.000/7.250)=1.297
L’IRPEF netta sarebbe stata: 2.153 con un aggravio rispetto al 2006 pari a 428€, tanto per tutelare i pensionati più anziani.
Ovviamente i dipendenti e i pensionati si sono già accorti dell’aggravio fiscale in quanto percepiscono la busta paga o la pensione già al netto delle ritenute. E’ però nella dichiarazione dei redditi, se si è tenuti a presentarla, che si riepilogano tutti i dati e ci si accorge della stangata complessiva.
Con tanti ringraziamenti a Prodi, TPS e Visco.
Torneremo a proporre altri esempi di calcolo delle imposte per far capire a tutti quante ingiustizie ci siano in ambito tributario e quanto lavoro ci sia ancora da fare per rendere più equo il nostro sistema fiscale.
Basta accingersi a predisporre il modello unico 2008 per i redditi 2007 per accorgersi della stangata che i contribuenti italiani hanno preso con le finanziarie del governo Prodi. E io non faccio demagogia, faccio solo i conti. O meglio, il conto della serva, che è sempre più brava degli economisti e dei politici a capire se ci si perde o ci si guadagna.
Facciamo un piccolo esempio per capire bene tutti.
Tutti sanno che i lavoratori dipendenti ed i pensionati godono di detrazioni d’imposta che gli consentono di risparmiare qualcosa sulle tasse da pagare rispetto ai detentori di altri redditi. Il primo dato che stupisce è che le detrazioni previste per i titolari di reddito da lavoro dipendente sono maggiori di quelle previste per i pensionati! Probabilmente i pensionati sono considerati una fascia agiata della società e quindi sono meno degni di agevolazioni da parte del fisco. Comunque, per quanto indignati, andiamo avanti.
Prendiamo un pensionato che percepisce un reddito lordo annuo di 15.000 euro, cioè circa 1.250 € al mese LORDI. Un privilegiato quindi, e che pertanto va punito.
Ebbene, nell’unico dell’anno scorso, redatto per i redditi del 2006, godeva di una deduzione per la progressività dell’imposizione, pari a € 7.000. Tale deduzione era prevista dall’art. 11 del TUIR allora vigente che riconosceva ai pensionati un bonus di 4.000 euro (4.500 ai dipendenti), ridotto opportunamente in base ad una formula matematica, in modo da essere progressivamente decrescente all’aumentare del reddito. Il calcolo è il seguente:
(26.000+7.000+15.000)/26.000=1,85 in tal caso la deduzione teorica spetta per intero ed è pari a 7.500€
La deduzione teorica massima era quindi pari a € 7.000 per i pensionati e 7.500 per i dipendenti. Questo configura la cosiddetta no-tax area conseguibile se dalla formula richiamata risulta un valore pari almeno ad 1. In caso contrario la deduzione è ridotta in proporzione.
Il calcolo delle imposte per il 2006 è molto semplice:
15.000-7.500=7.500 imponibile
IRPEF (23%)= 1.725 €
Vediamo i calcoli per il reddito 2007
Supponiamo che il nostro pensionato non abbia ancora raggiunto i 75 anni di età.
Il calcolo per ottenere la detrazione (dai redditi 2007 si parla di detrazione e non più di deduzione dal reddito) è il seguente:
1.255+470*(15000-15000)/7500=1.255
Quindi il calcolo delle imposte è:
15.000 imponibile
IRPEF (23%)=3.450
Meno detrazione redditi di pensione= 1.255
IRPEF netta= 2.195 €
Imposte dovute in più rispetto al 2006= 470€ pari ad un incremento del 27%
Se il pensionato avesse compiuto i 75 anni nel 2007 la detrazione sarebbe stata:
1.297+(486*15.000-15.000/7.250)=1.297
L’IRPEF netta sarebbe stata: 2.153 con un aggravio rispetto al 2006 pari a 428€, tanto per tutelare i pensionati più anziani.
Ovviamente i dipendenti e i pensionati si sono già accorti dell’aggravio fiscale in quanto percepiscono la busta paga o la pensione già al netto delle ritenute. E’ però nella dichiarazione dei redditi, se si è tenuti a presentarla, che si riepilogano tutti i dati e ci si accorge della stangata complessiva.
Con tanti ringraziamenti a Prodi, TPS e Visco.
Torneremo a proporre altri esempi di calcolo delle imposte per far capire a tutti quante ingiustizie ci siano in ambito tributario e quanto lavoro ci sia ancora da fare per rendere più equo il nostro sistema fiscale.
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mercoledì 14 maggio 2008
Redditi degli italiani in rete. Cosa dice la legge?
Gli internauti curiosi che si sono collegati al sito dell’Agenzia delle Entrate nel pomeriggio del 30 aprile scorso sono purtroppo restati a bocca asciutta ed hanno dovuto accontentarsi di leggere il comunicato stampa con cui si spiegavano i motivi della sospensione della consultazione.
In particolare venivano citati l’art. 69 del Dpr 600 del 1973 e l’art. 66 bis del Dpr 633 del 1972 che a detta dell’Agenzia giustificavano la pubblicazione degli elenchi dei contribuenti. Vediamo che cosa prevedono.
L’art. 69 del DPR 600/1973 è intitolato “Pubblicazione degli elenchi dei contribuenti” e prescrive, in sostanza, qual è il contenuto di queste liste e le modalità di pubblicazione. “Il Ministro delle finanze dispone annualmente la pubblicazione degli elenchi dei contribuenti il cui reddito imponibile è stato accertato dagli uffici delle imposte dirette e di quelli sottoposti a controlli globali a sorteggio a norma delle vigenti disposizioni nell' ambito dell' attività di programmazione svolta dagli uffici nell'anno precedente. Negli elenchi deve essere specificato se gli accertamenti sono definitivi o in contestazione e devono essere indicati, in caso di rettifica, anche gli imponibili dichiarati dai contribuenti. Negli elenchi sono compresi tutti i contribuenti che non hanno presentato la dichiarazione dei redditi, nonché i contribuenti nei cui confronti sia stato accertato un maggior reddito imponibile superiore a 10 milioni di lire e al 20 per cento del reddito dichiarato, o in ogni caso un maggior reddito imponibile superiore a 50 milioni di lire….” Il penultimo comma prescrive che “ Gli elenchi sono depositati per la durata di un anno, ai fini della consultazione da parte di chiunque, sia presso lo stesso ufficio delle imposte sia presso i comuni interessati.”
La disposizione di legge è abbastanza chiara e prevede che il cittadino interessato debba recarsi personalmente presso l’Agenzia delle Entrate o il comune per richiedere le informazioni che gli servono. Ovviamente, la persona viene identificata ed il suo accesso registrato. Mi pare improbabile che un singolo soggetto possa chiedere di entrare in possesso dell’intero elenco dei contribuenti, in quanto gli uffici non procederebbero alla consegna dei documenti.
L’art. 66 bis della legge sull’IVA disciplina la pubblicazione degli elenchi dei contribuenti in maniera analoga a quanto prevede l’art. 69 del DPR 600/73. In tal caso si fa riferimento alle dichiarazioni IVA. Il penultimo comma prevede il deposito degli elenchi, per la durata di un anno, sia presso gli uffici territorialmente competenti, sia presso i comuni, ai fini della consultazione.
E’ anche prevista la pubblicazione di coloro che hanno richiesto rimborsi IVA e di chi li ha ottenuti.
Ciò che appare evidente è che nelle disposizioni richiamate dall’Agenzia delle Entrate non c’è scritto che gli elenchi dei contribuenti possono o debbono essere pubblicati in toto su internet dando la possibilità a chiunque di “scaricare” l’intero database.
Se poi andiamo a leggere il provvedimento del 5/03/2008 emesso dal Direttore Generale dell’Agenzia delle Entrate, Massimo Romano, ora indagato dalla Procura di Roma per violazione della legge sulla Privacy, all’art. 6, è scritto: “Ai fini della consultazione i medesimi elenchi sono pubblicati in apposita sezione del sito internet http://www.agenziaentrate.gov.it/, in relazione agli uffici dell’Agenzia delle Entrate territorialmente competenti.” Ed è in questo punto che viene espressa l’assoluta novità dell’adempimento di diffusione assolto a mezzo rete. Quindi non nelle leggi, ma in un provvedimento firmato dal direttore generale, e nemmeno da un ministro o vice-ministro.
Nel documento sono anche indicate le motivazioni che citano la necessità di “perseguire la finalità di interesse pubblico per realizzare un quadro di trasparenza e di circolazione dei dati in possesso dell’Amministrazione…”
Addirittura vengono citate delle decisioni dell’Autorità Garante per la protezione dei dati personali del 2001 e 2003, le quali affermano in sintesi che “non vi è incompatibilità tra la protezione dei dati personali e determinate forme di pubblicità di dati previste per finalità di interesse pubblico o della collettività”.
Ebbene, l’urgenza di pubblicare gli elenchi prima della disfatta elettorale, già nell’aria sulla base di numerosi sondaggi, ha fatto persino dimenticare di chiedere un consulto preventivo al Garante della Privacy, che era del tutto all’oscuro del misfatto che stava per compiersi.
Ma la cosa più dubbia è proprio l’esistenza delle finalità di interesse pubblico o della collettività che motivano la pubblicazione.
La mia opinione personale, e forse non professionale, è che per conoscere i fatti altrui e soddisfare la propria curiosità è più utile sfogliare i rotocalchi rosa di cui le edicole traboccano….
E’ chiaro che non troveremo notizie sul nostro vicino di casa, a meno che non sia Gorge Clooney, ma, sinceramente, la pubblica utilità nell’alimentazione della curiosità altrui non ce la vedo proprio… Senò, anche il Grande Fratello persegue finalità di interesse pubblico!!!
In particolare venivano citati l’art. 69 del Dpr 600 del 1973 e l’art. 66 bis del Dpr 633 del 1972 che a detta dell’Agenzia giustificavano la pubblicazione degli elenchi dei contribuenti. Vediamo che cosa prevedono.
L’art. 69 del DPR 600/1973 è intitolato “Pubblicazione degli elenchi dei contribuenti” e prescrive, in sostanza, qual è il contenuto di queste liste e le modalità di pubblicazione. “Il Ministro delle finanze dispone annualmente la pubblicazione degli elenchi dei contribuenti il cui reddito imponibile è stato accertato dagli uffici delle imposte dirette e di quelli sottoposti a controlli globali a sorteggio a norma delle vigenti disposizioni nell' ambito dell' attività di programmazione svolta dagli uffici nell'anno precedente. Negli elenchi deve essere specificato se gli accertamenti sono definitivi o in contestazione e devono essere indicati, in caso di rettifica, anche gli imponibili dichiarati dai contribuenti. Negli elenchi sono compresi tutti i contribuenti che non hanno presentato la dichiarazione dei redditi, nonché i contribuenti nei cui confronti sia stato accertato un maggior reddito imponibile superiore a 10 milioni di lire e al 20 per cento del reddito dichiarato, o in ogni caso un maggior reddito imponibile superiore a 50 milioni di lire….” Il penultimo comma prescrive che “ Gli elenchi sono depositati per la durata di un anno, ai fini della consultazione da parte di chiunque, sia presso lo stesso ufficio delle imposte sia presso i comuni interessati.”
La disposizione di legge è abbastanza chiara e prevede che il cittadino interessato debba recarsi personalmente presso l’Agenzia delle Entrate o il comune per richiedere le informazioni che gli servono. Ovviamente, la persona viene identificata ed il suo accesso registrato. Mi pare improbabile che un singolo soggetto possa chiedere di entrare in possesso dell’intero elenco dei contribuenti, in quanto gli uffici non procederebbero alla consegna dei documenti.
L’art. 66 bis della legge sull’IVA disciplina la pubblicazione degli elenchi dei contribuenti in maniera analoga a quanto prevede l’art. 69 del DPR 600/73. In tal caso si fa riferimento alle dichiarazioni IVA. Il penultimo comma prevede il deposito degli elenchi, per la durata di un anno, sia presso gli uffici territorialmente competenti, sia presso i comuni, ai fini della consultazione.
E’ anche prevista la pubblicazione di coloro che hanno richiesto rimborsi IVA e di chi li ha ottenuti.
Ciò che appare evidente è che nelle disposizioni richiamate dall’Agenzia delle Entrate non c’è scritto che gli elenchi dei contribuenti possono o debbono essere pubblicati in toto su internet dando la possibilità a chiunque di “scaricare” l’intero database.
Se poi andiamo a leggere il provvedimento del 5/03/2008 emesso dal Direttore Generale dell’Agenzia delle Entrate, Massimo Romano, ora indagato dalla Procura di Roma per violazione della legge sulla Privacy, all’art. 6, è scritto: “Ai fini della consultazione i medesimi elenchi sono pubblicati in apposita sezione del sito internet http://www.agenziaentrate.gov.it/, in relazione agli uffici dell’Agenzia delle Entrate territorialmente competenti.” Ed è in questo punto che viene espressa l’assoluta novità dell’adempimento di diffusione assolto a mezzo rete. Quindi non nelle leggi, ma in un provvedimento firmato dal direttore generale, e nemmeno da un ministro o vice-ministro.
Nel documento sono anche indicate le motivazioni che citano la necessità di “perseguire la finalità di interesse pubblico per realizzare un quadro di trasparenza e di circolazione dei dati in possesso dell’Amministrazione…”
Addirittura vengono citate delle decisioni dell’Autorità Garante per la protezione dei dati personali del 2001 e 2003, le quali affermano in sintesi che “non vi è incompatibilità tra la protezione dei dati personali e determinate forme di pubblicità di dati previste per finalità di interesse pubblico o della collettività”.
Ebbene, l’urgenza di pubblicare gli elenchi prima della disfatta elettorale, già nell’aria sulla base di numerosi sondaggi, ha fatto persino dimenticare di chiedere un consulto preventivo al Garante della Privacy, che era del tutto all’oscuro del misfatto che stava per compiersi.
Ma la cosa più dubbia è proprio l’esistenza delle finalità di interesse pubblico o della collettività che motivano la pubblicazione.
La mia opinione personale, e forse non professionale, è che per conoscere i fatti altrui e soddisfare la propria curiosità è più utile sfogliare i rotocalchi rosa di cui le edicole traboccano….
E’ chiaro che non troveremo notizie sul nostro vicino di casa, a meno che non sia Gorge Clooney, ma, sinceramente, la pubblica utilità nell’alimentazione della curiosità altrui non ce la vedo proprio… Senò, anche il Grande Fratello persegue finalità di interesse pubblico!!!
venerdì 2 maggio 2008
I redditi degli italiani su internet. Sei d'accordo?
Ancora lui, Vincenzo Visco, vice ministro delle Finanze, ancora in carica per poche ore, si è macchiato di un’ultima gravissima colpa nei confronti dei tanto odiati (da lui) contribuenti.
Per chi era in vacanza, il 30 aprile si è consumata una triste pagina per la repubblica, un atto osceno in luogo pubblico, la rete, in cui le informazioni circolano in tempo reale verso tutti coloro che le cerchino…
Questa volta il più odiato vice-ministro della storia, che già si era guadagnato le stellette sul campo in numerose occasioni, ha voluto compiere la sua ultima vendetta contro gli evasori (che per lui sono tutti i contribuenti). Proprio lui, che il suo partito non ha neppure candidare alle ultime elezioni politiche, per non perdere milioni di voti, ha voluto confermare per sempre la sua fama di cattivo.
Ebbene, sul sito dell’Agenzia delle Entrate, sono apparsi gli elenchi dei contribuenti italiani del 2005, con i relativi redditi dichiarati da ciascuno. Grazie ad uno scoop di Italia Oggi, migliaia di internauti hanno potuto, nella mattina del 30 aprile, consultare liberamente quanto hanno dichiarato i contribuenti italiani. E si è così scatenata la curiosità di confrontare il proprio reddito con quello di amici, conoscenti, vicini di casa, parenti, colleghi di lavoro, personaggi famosi, politici, imprenditori, concorrenti ecc…………..
L’abbuffata è stata grassa per tutti quelli che ne hanno approfittato… tanto che il sito del ministero è andato in tilt (per eccesso di rialzo)….finché il Garante della Privacy non ha obbligato l’Agenzia delle Entrate a sospendere la consultazione on line degli elenchi.
Al di là degli aspetti giuridici, di cui si occuperà il nostro esperto fiscale in un prossimo intervento, occupiamoci del lato pratico della cosa.
1) A CHI GIOVA? Premesso che l’Agenzia delle Entrate, i Comuni e, in generale, tutti coloro che appartengono alla magistratura e alle forze dell’ordine, possono già consultare i dati dei contribuenti, qualora ne abbiano la necessità, a chi è rivolta la pubblicazione? Ovviamente alla totalità dei cittadini, che nulla hanno a che fare con i dati pubblicati. Pertanto, la conoscenza da parte loro è destinata UNICAMENTE A SODDISFARE LA PROPRIA CURIOSITA’. Quindi è totalmente inutile!!!
2) LA LOTTA ALL’EVASIONE. Qualche rincretinito ha addirittura detto che se tutti sanno il reddito dichiarato da tutti, dai confronti che la gente potrà fare, ci sarà un maggiore impulso alla lotta all’evasione! Cioè: se io vedo che il mio vicino di casa si compra la Porsche ed io so che non guadagna abbastanza per permetterselo, allora posso andarlo a denunciare alla GDF o all’Agenzia delle Entrate perché gli facciano un accertamento. BINGO. Se questo comportamento lo tengono 60 milioni di italiani, rispetto a loro conoscenti, nemici ecc…. le denunce che verranno inoltrate quante saranno? Chi si occuperà di riceverle? E chi avrà il compito di verificare se ci sono elementi che facciano supporre un’evasione fiscale? Il fatto è che c’è già chi si occupa di lotta all’evasione in Italia e non c’è bisogno di tanti piccoli Sherloch Holmes che si mettano ad indagare su cose che probabilmente non sono nemmeno in grado di capire!
3) IL DIRITTO ALLA PRIVACY. Se il reddito dichiarato dai contribuenti non è un dato sensibile e quindi tutelato dalla legge sulla Privacy, allora che cosa lo è? Diciamocelo chiaramente: A CHI FA PIACERE CHE GLI ALTRI SAPPIANO QUANTO GUADAGNA O QUANTO DICHIARA AL FISCO? Certo, moltissimi non hanno nulla da nascondere, ma perché mettersi alla berlina? Il fatto è questo: o esiste il diritto alla privacy oppure lo aboliamo e pubblichiamo su internet tutto, ma proprio tutto su tutti i cittadini, anche le cose più terribili e imbarazzanti, dalle cartelle cliniche al casellario giudiziario, passando per le abitudini ed inclinazioni sessuali ai dati del proprio conto bancario. Non vi piace più, cari curiosoni?
4) LA SOLUZIONE. CHI E’ SENZA PECCATO SCAGLI LA PRIMA PIETRA! Vale a dire, se proprio è una cosa così normale, quella di far sapere agli altri i fatti propri, allora propongo di pubblicare i dati fiscali di tutti quei contribuenti che vi acconsentano. Così sarebbe giusto, ma temo che non sarebbero molte le adesioni…..
Per chi era in vacanza, il 30 aprile si è consumata una triste pagina per la repubblica, un atto osceno in luogo pubblico, la rete, in cui le informazioni circolano in tempo reale verso tutti coloro che le cerchino…
Questa volta il più odiato vice-ministro della storia, che già si era guadagnato le stellette sul campo in numerose occasioni, ha voluto compiere la sua ultima vendetta contro gli evasori (che per lui sono tutti i contribuenti). Proprio lui, che il suo partito non ha neppure candidare alle ultime elezioni politiche, per non perdere milioni di voti, ha voluto confermare per sempre la sua fama di cattivo.
Ebbene, sul sito dell’Agenzia delle Entrate, sono apparsi gli elenchi dei contribuenti italiani del 2005, con i relativi redditi dichiarati da ciascuno. Grazie ad uno scoop di Italia Oggi, migliaia di internauti hanno potuto, nella mattina del 30 aprile, consultare liberamente quanto hanno dichiarato i contribuenti italiani. E si è così scatenata la curiosità di confrontare il proprio reddito con quello di amici, conoscenti, vicini di casa, parenti, colleghi di lavoro, personaggi famosi, politici, imprenditori, concorrenti ecc…………..
L’abbuffata è stata grassa per tutti quelli che ne hanno approfittato… tanto che il sito del ministero è andato in tilt (per eccesso di rialzo)….finché il Garante della Privacy non ha obbligato l’Agenzia delle Entrate a sospendere la consultazione on line degli elenchi.
Al di là degli aspetti giuridici, di cui si occuperà il nostro esperto fiscale in un prossimo intervento, occupiamoci del lato pratico della cosa.
1) A CHI GIOVA? Premesso che l’Agenzia delle Entrate, i Comuni e, in generale, tutti coloro che appartengono alla magistratura e alle forze dell’ordine, possono già consultare i dati dei contribuenti, qualora ne abbiano la necessità, a chi è rivolta la pubblicazione? Ovviamente alla totalità dei cittadini, che nulla hanno a che fare con i dati pubblicati. Pertanto, la conoscenza da parte loro è destinata UNICAMENTE A SODDISFARE LA PROPRIA CURIOSITA’. Quindi è totalmente inutile!!!
2) LA LOTTA ALL’EVASIONE. Qualche rincretinito ha addirittura detto che se tutti sanno il reddito dichiarato da tutti, dai confronti che la gente potrà fare, ci sarà un maggiore impulso alla lotta all’evasione! Cioè: se io vedo che il mio vicino di casa si compra la Porsche ed io so che non guadagna abbastanza per permetterselo, allora posso andarlo a denunciare alla GDF o all’Agenzia delle Entrate perché gli facciano un accertamento. BINGO. Se questo comportamento lo tengono 60 milioni di italiani, rispetto a loro conoscenti, nemici ecc…. le denunce che verranno inoltrate quante saranno? Chi si occuperà di riceverle? E chi avrà il compito di verificare se ci sono elementi che facciano supporre un’evasione fiscale? Il fatto è che c’è già chi si occupa di lotta all’evasione in Italia e non c’è bisogno di tanti piccoli Sherloch Holmes che si mettano ad indagare su cose che probabilmente non sono nemmeno in grado di capire!
3) IL DIRITTO ALLA PRIVACY. Se il reddito dichiarato dai contribuenti non è un dato sensibile e quindi tutelato dalla legge sulla Privacy, allora che cosa lo è? Diciamocelo chiaramente: A CHI FA PIACERE CHE GLI ALTRI SAPPIANO QUANTO GUADAGNA O QUANTO DICHIARA AL FISCO? Certo, moltissimi non hanno nulla da nascondere, ma perché mettersi alla berlina? Il fatto è questo: o esiste il diritto alla privacy oppure lo aboliamo e pubblichiamo su internet tutto, ma proprio tutto su tutti i cittadini, anche le cose più terribili e imbarazzanti, dalle cartelle cliniche al casellario giudiziario, passando per le abitudini ed inclinazioni sessuali ai dati del proprio conto bancario. Non vi piace più, cari curiosoni?
4) LA SOLUZIONE. CHI E’ SENZA PECCATO SCAGLI LA PRIMA PIETRA! Vale a dire, se proprio è una cosa così normale, quella di far sapere agli altri i fatti propri, allora propongo di pubblicare i dati fiscali di tutti quei contribuenti che vi acconsentano. Così sarebbe giusto, ma temo che non sarebbero molte le adesioni…..
martedì 29 aprile 2008
L'elenco clienti e fornitori. Oggi l'ultimo invio?
L’adempimento fiscale più gettonato dell’ultimo periodo è il famigerato elenco clienti e fornitori.
Esso è stato reintrodotto a partire dall’anno d’imposta 2006 ed ora è alla seconda edizione con l’anno 2007.
La storia degli elenchi è però un po’ più vecchia. In passato esistevano già…. Vennero aboliti molti anni or sono perchè considerati un adempimento inutile e particolarmente fastidioso per i contribuenti.
In seguito il Ministro Visco ha pensato bene di reintrodurli. Lo scopo è semplice. Spiare i contribuenti per carpirne i segreti e qualche elemento utile per gli accertamenti.
CHE COS’E’. L’elenco, come dice il termine, è una lista di tutti i clienti (o fornitori), completa di codice fiscale, con l’indicazione dell’importo complessivo delle operazioni intercorse con lo stesso nel corso dell’anno d’imposta. Non tutte le operazioni vanno indicate, ma solo quelle rilevanti ai fini IVA, e cioè quelle imponibili, con relativa imposta, quelle non imponibili e quelle esenti, al netto delle eventuali note di variazione.
CHI E’ OBBLIGATO. Tutti i soggetti passivi IVA che abbiano emesso o ricevuto fatture nel corso del 2007. Sono obbligati anche i soggetti non residenti con stabile organizzazione in Italia, quelli che vi operano tramite un rappresentante fiscale, i curatori fallimentari ed i commissari liquidatori, i soggetti dispensati da adempimenti, in quanto effettuano esclusivamente operazioni esenti, ex art. 36-bis.
GLI ESCLUSI. Sono esclusi i contribuenti minimi in regime di franchigia, lo Stato, le Regioni, le Province e i Comuni ed altri organismi di diritto pubblico, nonché gli organismi essenzialmente senza scopo di lucro.
LA SCADENZA. Per gli elenchi relativi al 2007 la scadenza è oggi, 29 aprile 2008. Tutti si chiederanno perché non il 30 aprile, visto che è giorno feriale. Ma purtroppo non c’è risposta…
LE OPERAZIONI ESCLUSE. Per il 2007 (come per il 2006) è consentito di indicare solo la partita IVA di clienti e fornitori e non il codice fiscale. Il quale è diverso dalla partita IVA non solo per le imprese individuali e liberi professionisti, ma anche per le società che hanno spostato la sede in una provincia diversa, oppure che hanno posto in essere operazioni straordinarie. Sono poi escluse le fatture di importo inferiore a 154,94 euro, registrate cumulativamente, e quelle relative e fatture ricevute che non sono soggette a registrazione IVA, come le nuove attività o le attività marginali ex art. 13 e 14 legge n. 388/2000.
I CONTROLLI POSSIBILI. I controlli che sono ipotizzabili grazie ai dati contenuti negli elenchi sono quelli derivanti dall’”incrocio” dei dati ottenuti dai vari soggetti. In sostanza se Tizio dichiara di aver fatturato 1000 a Caio, il quale dichiara a sua volta di aver acquistato 1000 da Tizio, nessun problema. Se ci sono delle discordanze notevoli, allora possono cominciare i guai, perché il software di controllo dell’Agenzia delle Entrate dovrebbe rilevare l’anomalia. Il condizionale è d’obbligo perché non si sa esattamente come funzioneranno le verifiche. Certo è che si dovrà trattare di differenze macroscopiche, perché suonino i campanelli d’allarme del fisco.
Diciamo che i controlli incrociati non sono un’invenzione recente, visto che sono applicati con successo da parecchi anni, in sede d’accertamento. Per esempio in sede di verifica delle cosiddette “cartiere”, cioè società che producono solo carta, fatture per operazioni inesistenti. In quel caso i verificatori procedono al controllo di tutti i clienti e fornitori con cui la società oggetto di indagine ha avuto rapporti. Ebbene, da oggi, non sarà più necessario neanche l’accesso presso l’azienda, perché l’Agenzia delle Entrate ha già tutti i dati necessari per i controlli incrociati. Per cui potrà concentrarsi solo su quelle posizioni che presentano sicuri aspetti di evasione fiscale, con notevole risparmio di tempo e minori “seccature” per i contribuenti formalmente corretti. E’ chiaro che è improbabile l’utilizzo generalizzato di software in grado di confrontare tutto ciò che le imprese hanno dichiarato in quanto ciò pone pesanti problemi di legittimità. Un po’ come le indagini finanziarie, che n0n sono attivabili sulla massa dei contribuenti al fine di selezionare le posizioni anomale. Quindi l’effetto probabilmente non sarà così devastante!
CONCLUSIONI. Comunque ci auguriamo che quello del 2007 sarà l’ultimo anno soggetto a tale obbligo fiscale e che il futuro Ministro Tremonti voglia abolirlo quanto prima.
I disagi sopportati dai contribuenti (e dai commercialisti) probabilmente non giustificano i possibili introiti che il fisco potrebbe conseguire. E poi non è corretto scaricare a valle degli oneri che sono esclusivamente propri dell’Agenzia delle Entrate, nell’ambito della propria attività di controllo.
Speriamo vivamente che il Governo Berlusconi prenda subito le distanze dal percorso intrapreso dal Governo Prodi, così non dovremo prepararci a pagare il caffè al bar con la carta di credito e ad emettere le nostre fatture con un programma del ministero che comunica automaticamente tutti i dati al fisco!
Esso è stato reintrodotto a partire dall’anno d’imposta 2006 ed ora è alla seconda edizione con l’anno 2007.
La storia degli elenchi è però un po’ più vecchia. In passato esistevano già…. Vennero aboliti molti anni or sono perchè considerati un adempimento inutile e particolarmente fastidioso per i contribuenti.
In seguito il Ministro Visco ha pensato bene di reintrodurli. Lo scopo è semplice. Spiare i contribuenti per carpirne i segreti e qualche elemento utile per gli accertamenti.
CHE COS’E’. L’elenco, come dice il termine, è una lista di tutti i clienti (o fornitori), completa di codice fiscale, con l’indicazione dell’importo complessivo delle operazioni intercorse con lo stesso nel corso dell’anno d’imposta. Non tutte le operazioni vanno indicate, ma solo quelle rilevanti ai fini IVA, e cioè quelle imponibili, con relativa imposta, quelle non imponibili e quelle esenti, al netto delle eventuali note di variazione.
CHI E’ OBBLIGATO. Tutti i soggetti passivi IVA che abbiano emesso o ricevuto fatture nel corso del 2007. Sono obbligati anche i soggetti non residenti con stabile organizzazione in Italia, quelli che vi operano tramite un rappresentante fiscale, i curatori fallimentari ed i commissari liquidatori, i soggetti dispensati da adempimenti, in quanto effettuano esclusivamente operazioni esenti, ex art. 36-bis.
GLI ESCLUSI. Sono esclusi i contribuenti minimi in regime di franchigia, lo Stato, le Regioni, le Province e i Comuni ed altri organismi di diritto pubblico, nonché gli organismi essenzialmente senza scopo di lucro.
LA SCADENZA. Per gli elenchi relativi al 2007 la scadenza è oggi, 29 aprile 2008. Tutti si chiederanno perché non il 30 aprile, visto che è giorno feriale. Ma purtroppo non c’è risposta…
LE OPERAZIONI ESCLUSE. Per il 2007 (come per il 2006) è consentito di indicare solo la partita IVA di clienti e fornitori e non il codice fiscale. Il quale è diverso dalla partita IVA non solo per le imprese individuali e liberi professionisti, ma anche per le società che hanno spostato la sede in una provincia diversa, oppure che hanno posto in essere operazioni straordinarie. Sono poi escluse le fatture di importo inferiore a 154,94 euro, registrate cumulativamente, e quelle relative e fatture ricevute che non sono soggette a registrazione IVA, come le nuove attività o le attività marginali ex art. 13 e 14 legge n. 388/2000.
I CONTROLLI POSSIBILI. I controlli che sono ipotizzabili grazie ai dati contenuti negli elenchi sono quelli derivanti dall’”incrocio” dei dati ottenuti dai vari soggetti. In sostanza se Tizio dichiara di aver fatturato 1000 a Caio, il quale dichiara a sua volta di aver acquistato 1000 da Tizio, nessun problema. Se ci sono delle discordanze notevoli, allora possono cominciare i guai, perché il software di controllo dell’Agenzia delle Entrate dovrebbe rilevare l’anomalia. Il condizionale è d’obbligo perché non si sa esattamente come funzioneranno le verifiche. Certo è che si dovrà trattare di differenze macroscopiche, perché suonino i campanelli d’allarme del fisco.
Diciamo che i controlli incrociati non sono un’invenzione recente, visto che sono applicati con successo da parecchi anni, in sede d’accertamento. Per esempio in sede di verifica delle cosiddette “cartiere”, cioè società che producono solo carta, fatture per operazioni inesistenti. In quel caso i verificatori procedono al controllo di tutti i clienti e fornitori con cui la società oggetto di indagine ha avuto rapporti. Ebbene, da oggi, non sarà più necessario neanche l’accesso presso l’azienda, perché l’Agenzia delle Entrate ha già tutti i dati necessari per i controlli incrociati. Per cui potrà concentrarsi solo su quelle posizioni che presentano sicuri aspetti di evasione fiscale, con notevole risparmio di tempo e minori “seccature” per i contribuenti formalmente corretti. E’ chiaro che è improbabile l’utilizzo generalizzato di software in grado di confrontare tutto ciò che le imprese hanno dichiarato in quanto ciò pone pesanti problemi di legittimità. Un po’ come le indagini finanziarie, che n0n sono attivabili sulla massa dei contribuenti al fine di selezionare le posizioni anomale. Quindi l’effetto probabilmente non sarà così devastante!
CONCLUSIONI. Comunque ci auguriamo che quello del 2007 sarà l’ultimo anno soggetto a tale obbligo fiscale e che il futuro Ministro Tremonti voglia abolirlo quanto prima.
I disagi sopportati dai contribuenti (e dai commercialisti) probabilmente non giustificano i possibili introiti che il fisco potrebbe conseguire. E poi non è corretto scaricare a valle degli oneri che sono esclusivamente propri dell’Agenzia delle Entrate, nell’ambito della propria attività di controllo.
Speriamo vivamente che il Governo Berlusconi prenda subito le distanze dal percorso intrapreso dal Governo Prodi, così non dovremo prepararci a pagare il caffè al bar con la carta di credito e ad emettere le nostre fatture con un programma del ministero che comunica automaticamente tutti i dati al fisco!
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mercoledì 9 aprile 2008
Elezioni politiche 2008. Per chi vota chi odia le tasse?
Dopo aver illustrato a lungo cosa propongono i vari partiti in ambito fiscale è doveroso fare qualche considerazione. L’interrogativo che si pone è: cosa vota chi odia davvero le tasse? O meglio cosa dovrebbe votare per non contraddire il suo credo (e pagare poi di tasca sua il dazio per gli errori commessi nell’urna!)
MINI GUIDA AL VOTO
1) NON E’ TUTTO ORO QUELLO CHE LUCCICA. Avrete notato che in queste elezioni politiche 2008 si è assistito a numerose invasioni di campo reciproche da parte delle forze politiche principali, PDL e PD in testa. Anzi hanno ingaggiato una vera e propria gara nel cercare di sottrarre gli elettori al proprio avversario, non proponendogli soluzioni alternative, ma in più di un’occasione, le stesse! Nel caso specifico che qui interessa (LE TASSE) state bene in guardia, perché se anche quasi tutti i partiti hanno dichiarato di volerle abbassare, chi più, chi meno, non bisogna credere alle lingue biforcute, che sono solite mentire (lo fanno di mestiere)!
2) LE TASSE NON SONO NE’ DI DESTRA NE’ DI SINISTRA. Come dice Oscar Giannino nel suo libro “Contro le tasse”, “abbattere le tasse si può, si deve e che non è affatto di destra”.
A tal proposito vi consiglio di andarvi a rileggere il post dedicato al suo libro.
Quindi non esiste una forza politica che possa accaparrarsi il diritto di ridurre le tasse, così come non ci può essere chi si arroga il merito di essere l’unico a fare la lotta all’evasione fiscale, che è una prerogativa di tutti i governi. Purtroppo i politici agitano molto i propri “cavalli di battaglia” e cercano sempre di attribuirsi qualcosa in esclusiva che gli altri non hanno. Ma non è così.
3) RESTRINGIAMO IL CAMPO DI SCELTA. Non so se avete seguito le polemiche sul cosiddetto voto utile, che consiste nel non disperdere i voti fra diverse forze politiche in campo, ottenendo il risultato di non far vincere nessuno. Ebbene, purtroppo è vero.
I programmi dei partiti minori, anche se realizzati con cura ( e in certi casi è vero!) rischiano di rimanere puri esercizi di stile!Quindi se avete poco tempo e non avete voglia di leggervi tutti i programmi elettorali in cerca di quello che può fargli risparmiare qualcosa in termini di tasse, provate a restringere il campo e concentratevi sulle forze maggiori. E cioè il PD e il PDL. Solo con una vittoria netta di uno dei due schieramenti si può garantire la vita ad un governo che possa realizzare qualcosa di buono per il paese. O anche semplicemente qualcosa!Purtroppo è così grazie ad una legge elettorale che non si è potuto cambiare, e bisogna adattarsi…
4) LA CREDIBILITA’ E LO STORICO. Abbiamo la fortuna che i due principali contendenti non sono forze politiche nuove (a parte la storiella per bambini che racconta Veltroni sulla novità del PD, che noi ovviamente non ci beviamo!). Pertanto possiamo valutare cosa in passato hanno fatto il centro destra e il centro sinistra in tema di tasse. Limitiamoci alla storia recente. In occasione delle ultime elezioni politiche 2006 l’allora candidato premier Romano Prodi, incalzato dagli avversari che sapevano come sarebbe finita, disse: NOI NON ALZEREMO LE TASSE!
Sappiamo già come è andata a finire. Per onore di cronaca ricordo l’abbassamento delle aliquote IRES e IRAP a decorrere dal 2008, ampiamente controbilanciato dai numerosi provvedimenti restrittivi per società, imprese e professionisti, che hanno di fatto peggiorato la situazione. Oltre al danno la beffa!
Dall’altra parte il centro destra, non ha obiettivamente mai alzato alcuna imposta, ne ha abolite molte, alcune ripristinate prontamente dalla sinistra (vedi imposta di successione), ed ha perlomeno sempre messo il proprio impegno per ridurle.
Quindi la credibilità di chi propone di ridurre le tasse è molto diversa.
5) IL PRINCIPIO DELL’ALTERNANZA. Comunque sia, io credo che la democrazia sia bella perché consente agli elettori di decidere chi viene confermato e chi torna a casa. E’ la regola basilare, che consente di premiare chi ha governato bene e punire chi non lo ha fatto. Per cui se c’è qualcuno che crede che Prodi abbia governato bene, farà benissimo a confermare il voto a favore del suo partito, il PD. Per tutti gli altri, non c’è altra soluzione che votare per il PDL. Non mi sembra che ci sia alternativa. Le vostre tasche, ultimamente troppo vuote, tartassate e svuotate, ve lo chiedono. Sicuramente il PDL non farà i miracoli, ma almeno, se ci sarà qualcosa che si potrà fare, lo farà.
ULTIMISSIME RACCOMANDAZIONI. Possibilmente ANDATE A VOTARE, per non lasciare decidere altri al posto vostro.
NON VOTATE SCHEDA BIANCA: pare che nei seggi accadano cose strane, tipo trasformazioni del voto nullo in voto a favore di qualche lista. Anche qui, non lasciate votare altri al posto vostro. Piuttosto non ci andate. ATTENTI A FARE LA CROCE! Quest'anno è più difficile votare. Se non ve la sentite fate allenamento sui fac-simile delle schede elettorali, per essere sicuri di centrare il simbolo del vostro partito. BUON VOTO A TUTTI.
MINI GUIDA AL VOTO
1) NON E’ TUTTO ORO QUELLO CHE LUCCICA. Avrete notato che in queste elezioni politiche 2008 si è assistito a numerose invasioni di campo reciproche da parte delle forze politiche principali, PDL e PD in testa. Anzi hanno ingaggiato una vera e propria gara nel cercare di sottrarre gli elettori al proprio avversario, non proponendogli soluzioni alternative, ma in più di un’occasione, le stesse! Nel caso specifico che qui interessa (LE TASSE) state bene in guardia, perché se anche quasi tutti i partiti hanno dichiarato di volerle abbassare, chi più, chi meno, non bisogna credere alle lingue biforcute, che sono solite mentire (lo fanno di mestiere)!
2) LE TASSE NON SONO NE’ DI DESTRA NE’ DI SINISTRA. Come dice Oscar Giannino nel suo libro “Contro le tasse”, “abbattere le tasse si può, si deve e che non è affatto di destra”.
A tal proposito vi consiglio di andarvi a rileggere il post dedicato al suo libro.
Quindi non esiste una forza politica che possa accaparrarsi il diritto di ridurre le tasse, così come non ci può essere chi si arroga il merito di essere l’unico a fare la lotta all’evasione fiscale, che è una prerogativa di tutti i governi. Purtroppo i politici agitano molto i propri “cavalli di battaglia” e cercano sempre di attribuirsi qualcosa in esclusiva che gli altri non hanno. Ma non è così.
3) RESTRINGIAMO IL CAMPO DI SCELTA. Non so se avete seguito le polemiche sul cosiddetto voto utile, che consiste nel non disperdere i voti fra diverse forze politiche in campo, ottenendo il risultato di non far vincere nessuno. Ebbene, purtroppo è vero.
I programmi dei partiti minori, anche se realizzati con cura ( e in certi casi è vero!) rischiano di rimanere puri esercizi di stile!Quindi se avete poco tempo e non avete voglia di leggervi tutti i programmi elettorali in cerca di quello che può fargli risparmiare qualcosa in termini di tasse, provate a restringere il campo e concentratevi sulle forze maggiori. E cioè il PD e il PDL. Solo con una vittoria netta di uno dei due schieramenti si può garantire la vita ad un governo che possa realizzare qualcosa di buono per il paese. O anche semplicemente qualcosa!Purtroppo è così grazie ad una legge elettorale che non si è potuto cambiare, e bisogna adattarsi…
4) LA CREDIBILITA’ E LO STORICO. Abbiamo la fortuna che i due principali contendenti non sono forze politiche nuove (a parte la storiella per bambini che racconta Veltroni sulla novità del PD, che noi ovviamente non ci beviamo!). Pertanto possiamo valutare cosa in passato hanno fatto il centro destra e il centro sinistra in tema di tasse. Limitiamoci alla storia recente. In occasione delle ultime elezioni politiche 2006 l’allora candidato premier Romano Prodi, incalzato dagli avversari che sapevano come sarebbe finita, disse: NOI NON ALZEREMO LE TASSE!
Sappiamo già come è andata a finire. Per onore di cronaca ricordo l’abbassamento delle aliquote IRES e IRAP a decorrere dal 2008, ampiamente controbilanciato dai numerosi provvedimenti restrittivi per società, imprese e professionisti, che hanno di fatto peggiorato la situazione. Oltre al danno la beffa!
Dall’altra parte il centro destra, non ha obiettivamente mai alzato alcuna imposta, ne ha abolite molte, alcune ripristinate prontamente dalla sinistra (vedi imposta di successione), ed ha perlomeno sempre messo il proprio impegno per ridurle.
Quindi la credibilità di chi propone di ridurre le tasse è molto diversa.
5) IL PRINCIPIO DELL’ALTERNANZA. Comunque sia, io credo che la democrazia sia bella perché consente agli elettori di decidere chi viene confermato e chi torna a casa. E’ la regola basilare, che consente di premiare chi ha governato bene e punire chi non lo ha fatto. Per cui se c’è qualcuno che crede che Prodi abbia governato bene, farà benissimo a confermare il voto a favore del suo partito, il PD. Per tutti gli altri, non c’è altra soluzione che votare per il PDL. Non mi sembra che ci sia alternativa. Le vostre tasche, ultimamente troppo vuote, tartassate e svuotate, ve lo chiedono. Sicuramente il PDL non farà i miracoli, ma almeno, se ci sarà qualcosa che si potrà fare, lo farà.
ULTIMISSIME RACCOMANDAZIONI. Possibilmente ANDATE A VOTARE, per non lasciare decidere altri al posto vostro.
NON VOTATE SCHEDA BIANCA: pare che nei seggi accadano cose strane, tipo trasformazioni del voto nullo in voto a favore di qualche lista. Anche qui, non lasciate votare altri al posto vostro. Piuttosto non ci andate. ATTENTI A FARE LA CROCE! Quest'anno è più difficile votare. Se non ve la sentite fate allenamento sui fac-simile delle schede elettorali, per essere sicuri di centrare il simbolo del vostro partito. BUON VOTO A TUTTI.
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mercoledì 2 aprile 2008
Elezioni 2008 e le tasse. Cosa dicono La Destra e l’Italia del Valori?
Ecco cosa propone LA DESTRA-Fiamma Tricolore che candida a premier Daniela Santanchè.
Tassazione straordinaria di banche, assicurazioni e stock options di manager con lo scopo di:
- reperire risorse destinate a finanziare il mutuo sociale per l’acquisto dell’abitazione,
- contribuire al pagamento degli interessi sui mutui ventennali a tasso agevolato, delle prime case costruite da enti pubblici per le giovani coppie,
- sostenere la nascita di nuove imprese gestite da giovani, che godrebbero di un primo periodo di no tax per le nuove iniziative, imprenditoriali e professionali, in cui non si pagherebbero imposte.
- defiscalizzazione del lavoro femminile per un importo pari ad un terzo, al fine di equiparare la retribuzione fra uomini e donne.
FLAT TAX. Introduzione in Italia della cosiddetta flat tax, vale a dire un’aliquota unica e non progressiva, uguale per tutti, per IRPEF e per IRES, senza distinzione fra persone e imprese. Per le imprese società di capitali già esiste la flat tax, ora pari al 27,5%. L’aliquota proposta per l’IRES è pari al 20%, da raggiungere in 3 anni, con riduzione di 2,5 punti percentuali all’anno.
Per le persone fisiche la flat tax verrebbe proposta solo in un secondo tempo, a causa della non florida situazione dei conti pubblici.
Minimo salariale inderogabile per tutti i lavoratori e incrementi retributivi legati alla produttività.
Detrazione degli utili reinvestiti in ricerca e formazione.
Rimborsi IVA. Accelerazione dei rimborsi a 60 giorni, per le piccole imprese, imprese artigiane e commercianti al dettaglio.
Versamento IVA. Previsto solo dopo il reale incasso delle fatture emesse.
IRAP. Graduale e progressiva abolizione, a partire da IRAP sul costo del lavoro e sulle perdite.
Studi di settore. Revisione degli automatismi su cui gli stessi si basano, cercando di legarli al territorio in cui imprese e professionisti operano.
Trasparenza fiscale. L’obiettivo è di ridurre la spesa pubblica senza tagliare la spesa sociale.
Il mezzo è il federalismo fiscale, introdotto in modo da permettere di capire chi paga le tasse, regione per regione, e come le pubbliche amministrazioni usano quei soldi.
Si vuole effettuare una riforma fiscale seria che alleggerisca la pressione fiscale su cittadini e imprese, improntata a criteri di trasparenza e territorialità.
Verrebbero introdotte due tasse nazionali:
- la prima è la tassa per pagare i servizi dello Stato
- la seconda è la tassa per la solidarietà.
Tutti pagano le tasse nazionali il cui gettito finisce in un “piatto comune”. Poi si calcola il quoziente del PIL medio pro-capite nazionale e per regione. Le regioni che superano la media nazionale non ricevono nulla della tassa per la solidarietà, che andrà ripartita fra le regioni meno ricche, sotto la media nazionale, a patto che non vi sia una significativa evasione fiscale.
Tutte le altre tasse sono stabilite e gestite dalle Regioni, in base ad un principio di concorrenza fiscale fra regioni.
L’Italia dei Valori di Antonio Di Pietro presenta un programma complessivamente meno elaborato, basato sui seguenti punti.
Introduzione del salario minimo per i giovani di 1.000/1.100 euro al mese
Reintroduzione del reato di falso in bilancio ed eliminazione del conflitto di interessi
Riduzione della burocrazia per le imprese e detassazione degli investimenti in ricerca e sviluppo
Diminuzione del carico fiscale sulle imprese.
Liberalizzazione dei servizi pubblici.
Tassazione straordinaria di banche, assicurazioni e stock options di manager con lo scopo di:
- reperire risorse destinate a finanziare il mutuo sociale per l’acquisto dell’abitazione,
- contribuire al pagamento degli interessi sui mutui ventennali a tasso agevolato, delle prime case costruite da enti pubblici per le giovani coppie,
- sostenere la nascita di nuove imprese gestite da giovani, che godrebbero di un primo periodo di no tax per le nuove iniziative, imprenditoriali e professionali, in cui non si pagherebbero imposte.
- defiscalizzazione del lavoro femminile per un importo pari ad un terzo, al fine di equiparare la retribuzione fra uomini e donne.
FLAT TAX. Introduzione in Italia della cosiddetta flat tax, vale a dire un’aliquota unica e non progressiva, uguale per tutti, per IRPEF e per IRES, senza distinzione fra persone e imprese. Per le imprese società di capitali già esiste la flat tax, ora pari al 27,5%. L’aliquota proposta per l’IRES è pari al 20%, da raggiungere in 3 anni, con riduzione di 2,5 punti percentuali all’anno.
Per le persone fisiche la flat tax verrebbe proposta solo in un secondo tempo, a causa della non florida situazione dei conti pubblici.
Minimo salariale inderogabile per tutti i lavoratori e incrementi retributivi legati alla produttività.
Detrazione degli utili reinvestiti in ricerca e formazione.
Rimborsi IVA. Accelerazione dei rimborsi a 60 giorni, per le piccole imprese, imprese artigiane e commercianti al dettaglio.
Versamento IVA. Previsto solo dopo il reale incasso delle fatture emesse.
IRAP. Graduale e progressiva abolizione, a partire da IRAP sul costo del lavoro e sulle perdite.
Studi di settore. Revisione degli automatismi su cui gli stessi si basano, cercando di legarli al territorio in cui imprese e professionisti operano.
Trasparenza fiscale. L’obiettivo è di ridurre la spesa pubblica senza tagliare la spesa sociale.
Il mezzo è il federalismo fiscale, introdotto in modo da permettere di capire chi paga le tasse, regione per regione, e come le pubbliche amministrazioni usano quei soldi.
Si vuole effettuare una riforma fiscale seria che alleggerisca la pressione fiscale su cittadini e imprese, improntata a criteri di trasparenza e territorialità.
Verrebbero introdotte due tasse nazionali:
- la prima è la tassa per pagare i servizi dello Stato
- la seconda è la tassa per la solidarietà.
Tutti pagano le tasse nazionali il cui gettito finisce in un “piatto comune”. Poi si calcola il quoziente del PIL medio pro-capite nazionale e per regione. Le regioni che superano la media nazionale non ricevono nulla della tassa per la solidarietà, che andrà ripartita fra le regioni meno ricche, sotto la media nazionale, a patto che non vi sia una significativa evasione fiscale.
Tutte le altre tasse sono stabilite e gestite dalle Regioni, in base ad un principio di concorrenza fiscale fra regioni.
L’Italia dei Valori di Antonio Di Pietro presenta un programma complessivamente meno elaborato, basato sui seguenti punti.
Introduzione del salario minimo per i giovani di 1.000/1.100 euro al mese
Reintroduzione del reato di falso in bilancio ed eliminazione del conflitto di interessi
Riduzione della burocrazia per le imprese e detassazione degli investimenti in ricerca e sviluppo
Diminuzione del carico fiscale sulle imprese.
Liberalizzazione dei servizi pubblici.
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mercoledì 26 marzo 2008
Elezioni 2008 e tasse. L'avventura continua...
Continuiamo la nostra "carrellata" sui programmi fiscali dei vari partiti politici che si sfideranno alle prossime elezioni di aprile.
L’UDC di Pier Ferdinando Casini punta alla riduzione della pressione fiscale specialmente in questi ambiti:
Lavoratori dipendenti. Recupero di parte delle trattenute fiscali e previdenziali ed in particolare per quanto riguarda gli straordinari e i premi sulla produttività.
Adeguamento delle aliquote al costo della vita, attraverso la ridefinizione degli scaglioni IRPEF sulla base del potere d’acquisto.
Detassazione degli investimenti in ricerca, innovazione e sviluppo.
Affitti. Introduzione della cedolare secca del 20% sui redditi derivanti dagli affitti di immobili. Aumento dei limiti alla detraibilità degli interessi passivi sui mutui per l’acquisto della casa, in particolare per le giovani coppie. Possibilità di parziale detrazione del canone di locazione dell’abitazione per i nuclei familiari, in base al reddito.
Ristrutturazioni edilizie. Aumento delle aliquote e del massimale per le detrazioni.
Lotta all’evasione. Anche mediante la detraibilità in dichiarazione dei redditi di una parte consistente di spese sostenute e documentate, analogamente a quanto avviene negli USA.
Statuto del Contribuente. Garanzia del suo rispetto rigoroso
Pax fiscale. Si stabilisce di non variare le regole in materia fiscale per almeno due anni, dopo il riordino.
Studi di settore. Utilizzo come presunzioni semplici negli accertamenti e impegno a revisionare i parametri in base a specificità territoriali e settoriali. Modificabilità triennale concertata fra le parti.
Riduzione della spesa pubblica. Congelamento delle spese correnti primarie con la prossima Finanziaria 2009. Dismissione di partecipazioni e di patrimonio immobiliare dello Stato e degli Enti locali e utilizzo dei proventi per la riduzione del debito pubblico.
Addizionali comunali e regionali. Blocco per legge del loro incremento.
Valorizzazione del ruolo economico e sociale delle Piccole e Medie Imprese e dei lavoratori autonomi.
Famiglia. Nuovo ruolo di soggetto tributario al fine di concedere bonus e detrazioni in proporzione al numero di componenti il nucleo famigliare. Incremento degli assegni familiari per ogni figlio a carico.
Spese mediche. Possibilità di detrarle al 100% senza tetto!
ICI. Esenzione dall’ICI per le abitazioni locate a canoni concertati.
Meno articolato il programma dello SDI di Boselli che prevede di diffondere il rispetto della legalità. E’ inoltre necessario maturare un’etica della responsabilità individuale. In campo fiscale si prevede:
Lotta all’evasione fiscale e contributiva. E’ considerata un obiettivo primario per l’Italia.
Equità nei carichi fiscali. Non si spiega cosa significhi in termini di aliquote.
Snellimento delle pratiche burocratiche, necessario per un buon rapporto fra fisco e cittadino.
L’UDC di Pier Ferdinando Casini punta alla riduzione della pressione fiscale specialmente in questi ambiti:
Lavoratori dipendenti. Recupero di parte delle trattenute fiscali e previdenziali ed in particolare per quanto riguarda gli straordinari e i premi sulla produttività.
Adeguamento delle aliquote al costo della vita, attraverso la ridefinizione degli scaglioni IRPEF sulla base del potere d’acquisto.
Detassazione degli investimenti in ricerca, innovazione e sviluppo.
Affitti. Introduzione della cedolare secca del 20% sui redditi derivanti dagli affitti di immobili. Aumento dei limiti alla detraibilità degli interessi passivi sui mutui per l’acquisto della casa, in particolare per le giovani coppie. Possibilità di parziale detrazione del canone di locazione dell’abitazione per i nuclei familiari, in base al reddito.
Ristrutturazioni edilizie. Aumento delle aliquote e del massimale per le detrazioni.
Lotta all’evasione. Anche mediante la detraibilità in dichiarazione dei redditi di una parte consistente di spese sostenute e documentate, analogamente a quanto avviene negli USA.
Statuto del Contribuente. Garanzia del suo rispetto rigoroso
Pax fiscale. Si stabilisce di non variare le regole in materia fiscale per almeno due anni, dopo il riordino.
Studi di settore. Utilizzo come presunzioni semplici negli accertamenti e impegno a revisionare i parametri in base a specificità territoriali e settoriali. Modificabilità triennale concertata fra le parti.
Riduzione della spesa pubblica. Congelamento delle spese correnti primarie con la prossima Finanziaria 2009. Dismissione di partecipazioni e di patrimonio immobiliare dello Stato e degli Enti locali e utilizzo dei proventi per la riduzione del debito pubblico.
Addizionali comunali e regionali. Blocco per legge del loro incremento.
Valorizzazione del ruolo economico e sociale delle Piccole e Medie Imprese e dei lavoratori autonomi.
Famiglia. Nuovo ruolo di soggetto tributario al fine di concedere bonus e detrazioni in proporzione al numero di componenti il nucleo famigliare. Incremento degli assegni familiari per ogni figlio a carico.
Spese mediche. Possibilità di detrarle al 100% senza tetto!
ICI. Esenzione dall’ICI per le abitazioni locate a canoni concertati.
Meno articolato il programma dello SDI di Boselli che prevede di diffondere il rispetto della legalità. E’ inoltre necessario maturare un’etica della responsabilità individuale. In campo fiscale si prevede:
Lotta all’evasione fiscale e contributiva. E’ considerata un obiettivo primario per l’Italia.
Equità nei carichi fiscali. Non si spiega cosa significhi in termini di aliquote.
Snellimento delle pratiche burocratiche, necessario per un buon rapporto fra fisco e cittadino.
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mercoledì 19 marzo 2008
Elezioni 2008 e tasse. Qual è il menu di Lega e Sinistra Arcobaleno?
Continuiamo ad elencare cosa propongono le varie formazioni politiche in tema di fisco e tasse in vista delle prossime elezioni. Al momento non faccio commenti per darvi la possibilità di meditare e capire. Leggete qui e risparmiatevi la fatica di leggervi i programmi elettorali originali.
LEGA NORD.
La Lega, come è giusto che sia, sviluppa la proposta del federalismo fiscale e individua due regimi legati ad una variabile temporale.
Regime speciale transitorio. Il primo è un regime speciale transitorio che si rende necessario per un periodo di 10 anni, necessario per affrontare e risolvere il problema della carenza di infrastrutture e di servizi. Si prevede che le regioni padane abbiano a disposizione il 90% del gettito fiscale inerente al loro territorio. Le singole regioni hanno la responsabilità della gestione del gettito e si impegnano a trasferire il restante 10% allo Stato centrale. Il 75% delle risorse attribuite alle regioni federate deve essere utilizzato per realizzare opere e infrastrutture.
Regime definitivo. Le varie regioni hanno la possibilità di affrancarsi dallo Stato centrale per ottenere l’autonomia fiscale. Ciò avviene con lo scambio fra il gettito di imposte da pagare con parti del debito pubblico. In sostanza lo Stato centrale non incassa alcuni tributi ma si libera dall’onere di pagare gli interessi sul debito pubblico ed anche della quota capitale.
Le regioni possono autonomamente stabilire la quota di debito pubblico da cui vogliono affrancarsi con un limite massimo del 90% del proprio gettito.
Nella visione della Lega le Regioni hanno autonomia legislativa impositiva, di aliquota e di accertamento delle imposte. Esse curano direttamente la riscossione delle imposte.
Il programma non approfondisce ulteriormente i meccanismi di calcolo delle imposte, le detrazioni e le aliquote applicabili, in quanto ogni regione sarebbe sovrana avrebbe la massima libertà di stabilirli a proprio piacimento.
SINISTRA ARCOBALENO.
Anche la Sinistra Arcobaleno afferma a pag. 9 del suo programma, che il fisco in Italia è ingiusto, a causa dell’evasione fiscale, dei trattamenti privilegiati per le rendite e per il fatto che i più poveri paghino in realtà più tasse, in proporzione, rispetto ai più ricchi.
Vediamo le soluzioni proposte.
Recupero, tramite la lotta all’evasione fiscale, di 50 miliardi di euro entro la prossima legislatura, a botte di 10 miliardi l’anno, di tributi e tasse evase.
Elevazione delle detrazioni fiscali per i lavoratori dipendenti ed in particolare della no-tax area, portandola fino a 12.000€, con adeguamento automatico all’inflazione.
Diminuzione del prelievo fiscale sui redditi più bassi con riduzione dell’aliquota IRPEF del 23% (sul primo scaglione) fino al 20%.
Elevazione della tassazione delle rendite finanziarie al 20%, dall’attuale 12,50%. Esclusi i piccoli patrimoni familiari.
Restituzione del fiscal drag.
Destinazione immediata di tutto l’extragettito all’aumento delle detrazioni d’imposta per il lavoro dipendente.
Portare l’importo massimo detraibile degli interessi passivi pagati sui mutui per l’acquisto della casa da 4.000 (come innalzato dalla Finanziaria 2008) a 6.000 €.
Eliminazione dell’ICI sulla prima casa non di lusso, per i redditi medio bassi(?), con aumento del prelievo per le case sfitte.
Ridefinizione delle retribuzioni orarie in modo tale da garantire una retribuzione mensile netta di 1000 €, per un lavoratore a tempo pieno. Tale minimo andrà indicizzato rispetto al tasso d’inflazione.
Ho citato tale misura, anche se non è prettamente fiscale, in quanto il programma della Sinistra Arcobaleno propone di finanziare tale aumento dei salari tramite l’utilizzo dell’extragettito derivato dalla lotta all’evasione.
LEGA NORD.
La Lega, come è giusto che sia, sviluppa la proposta del federalismo fiscale e individua due regimi legati ad una variabile temporale.
Regime speciale transitorio. Il primo è un regime speciale transitorio che si rende necessario per un periodo di 10 anni, necessario per affrontare e risolvere il problema della carenza di infrastrutture e di servizi. Si prevede che le regioni padane abbiano a disposizione il 90% del gettito fiscale inerente al loro territorio. Le singole regioni hanno la responsabilità della gestione del gettito e si impegnano a trasferire il restante 10% allo Stato centrale. Il 75% delle risorse attribuite alle regioni federate deve essere utilizzato per realizzare opere e infrastrutture.
Regime definitivo. Le varie regioni hanno la possibilità di affrancarsi dallo Stato centrale per ottenere l’autonomia fiscale. Ciò avviene con lo scambio fra il gettito di imposte da pagare con parti del debito pubblico. In sostanza lo Stato centrale non incassa alcuni tributi ma si libera dall’onere di pagare gli interessi sul debito pubblico ed anche della quota capitale.
Le regioni possono autonomamente stabilire la quota di debito pubblico da cui vogliono affrancarsi con un limite massimo del 90% del proprio gettito.
Nella visione della Lega le Regioni hanno autonomia legislativa impositiva, di aliquota e di accertamento delle imposte. Esse curano direttamente la riscossione delle imposte.
Il programma non approfondisce ulteriormente i meccanismi di calcolo delle imposte, le detrazioni e le aliquote applicabili, in quanto ogni regione sarebbe sovrana avrebbe la massima libertà di stabilirli a proprio piacimento.
SINISTRA ARCOBALENO.
Anche la Sinistra Arcobaleno afferma a pag. 9 del suo programma, che il fisco in Italia è ingiusto, a causa dell’evasione fiscale, dei trattamenti privilegiati per le rendite e per il fatto che i più poveri paghino in realtà più tasse, in proporzione, rispetto ai più ricchi.
Vediamo le soluzioni proposte.
Recupero, tramite la lotta all’evasione fiscale, di 50 miliardi di euro entro la prossima legislatura, a botte di 10 miliardi l’anno, di tributi e tasse evase.
Elevazione delle detrazioni fiscali per i lavoratori dipendenti ed in particolare della no-tax area, portandola fino a 12.000€, con adeguamento automatico all’inflazione.
Diminuzione del prelievo fiscale sui redditi più bassi con riduzione dell’aliquota IRPEF del 23% (sul primo scaglione) fino al 20%.
Elevazione della tassazione delle rendite finanziarie al 20%, dall’attuale 12,50%. Esclusi i piccoli patrimoni familiari.
Restituzione del fiscal drag.
Destinazione immediata di tutto l’extragettito all’aumento delle detrazioni d’imposta per il lavoro dipendente.
Portare l’importo massimo detraibile degli interessi passivi pagati sui mutui per l’acquisto della casa da 4.000 (come innalzato dalla Finanziaria 2008) a 6.000 €.
Eliminazione dell’ICI sulla prima casa non di lusso, per i redditi medio bassi(?), con aumento del prelievo per le case sfitte.
Ridefinizione delle retribuzioni orarie in modo tale da garantire una retribuzione mensile netta di 1000 €, per un lavoratore a tempo pieno. Tale minimo andrà indicizzato rispetto al tasso d’inflazione.
Ho citato tale misura, anche se non è prettamente fiscale, in quanto il programma della Sinistra Arcobaleno propone di finanziare tale aumento dei salari tramite l’utilizzo dell’extragettito derivato dalla lotta all’evasione.
mercoledì 12 marzo 2008
Elezioni 2008 e le tasse. La battaglia si gioca soprattutto sul piano fiscale.
Facciamo due chiacchiere su cosa propongono i vari partiti in tema di tasse. Iniziamo ad analizzare e confrontare i programmi di PDL (Popolo delle Libertà con Berlusconi candidato premier) e PD (Partito democratico con Veltroni candidato premier), scaricati in formato pdf dai rispettivi siti internet.
ALIQUOTE IRPEF: Il PD propone una riduzione delle aliquote di un punto all’anno per i prossimi 3 anni. Il PDL non parla di aliquote ma riconduce il problema al rapporto fra pressione fiscale e PIL, che attualmente è stato conteggiato al 43,3%.
PRESSIONE FISCALE: Il PDL propone la graduale e progressiva diminuzione della pressione fiscale sotto il 40% del PIL. Quindi a conti fatti un calo un po’ superiore rispetto a quanto promette il PD. Ma siamo sempre lì.
DETRAZIONI FISCALI: Il PD propone una detrazione IRPEF più alta per il lavoro dipendente. Inoltre punta a tassare di meno la quota di salario derivante dalla contrattazione di secondo livello, il cosiddetto “salario di produttività”. Si prevede poi di rendere automatico il meccanismo della restituzione del cosiddetto “fiscal drag” volto a compensare l’erosione dei salari reali per effetto dell’inflazione.
Il PDL punta invece a introdurre gradualmente e progressivamente il “quoziente familiare” cioè un meccanismo mutato dalla fiscalità d’oltralpe, che consente di ridurre le imposte a carico delle famiglie. In pratica, il numero di componenti della famiglia permette di calcolare un coefficiente che verrà poi applicato al reddito complessivo, che verrà tassato in misura inferiore, quanto più il coefficiente è alto. L’altra novità consiste nella detassazione delle tredicesime che sarà tanto maggiore, quanto più è alto il reddito del dipendente. Viene proposta anche la detassazione di straordinari e la quota di produttività legata alla contrattazione decentrata.
Molto positiva l’idea di ridurre le imposte, in particolare su 13° e straordinari, in quanto ciò consente anche di premiare la produttività, che nel nostro paese è purtroppo bassa.
REDDITI DA LOCAZIONE IMMOBILI: Il PDL vuole portare la tassazione dei redditi da locazione verso la progressiva tassazione separata con aliquota fissa, che potrebbe essere pari al 20%. Idem per il PD. In questo caso le cose si mettono bene, perché la tassazione fissa e separata dei redditi da locazione permetterà di far emergere buona parte degli affitti “in nero”, rendendo meno conveniente evadere, e garantendo un prelievo di maggiore equità fiscale.
RISPARMIO ENERGETICO: Il PD vuole rendere permanente l’agevolazione del 55% già esistente, per l’istallazione di pannelli solari, mentre il PDL promette una graduale e progressiva detassazione degli investimenti in riscaldamento e difesa termica delle abitazioni.
CINQUE PER MILLE: Il PDL vuole stabilizzare il 5 per mille ed applicarlo a favore del volontariato, non-profit, terzo settore e ricerca.
ICI: Il PDL vuole abolirla relativamente alla prima casa di abitazione, senza oneri per i comuni.
IMPOSTA DI SUCCESSIONE E DONAZIONE: Il PDL promette l’abolizione totale di quelle tasse reintrodotte da Prodi, dopo la loro eliminazione attuata dal governo Berlusconi.
BONUS FIGLI: Il PDL prevede di reintrodurre il “Bonus bebè” che in passato era di 1000 €. Promette inoltre di ridurre l’IVA sul latte e gli alimenti e prodotti per l’infanzia. Il PD vuole introdurre una “dote fiscale” di 2500 € per i figli, variabili in proporzione al reddito.
AFFITTI PRIMA CASA: Il PD propone di consentire all’inquilino di detrarre dai redditi una quota dell’affitto pagato. Il PDL punta ad un “bonus locazioni” che consenta di aiutare le giovani coppie e i meno abbienti a sostenere l’onere degli affitti.
NUOVE IMPRESE: Il PDL propone una sorta di “no-tax” sperimentale per le nuove iniziative imprenditoriali e professionali dei giovani. Favorirà poi la prestazione di garanzie pubbliche per i “prestiti d’onore” e per il finanziamento d’avvio a favore dei giovani che iniziano la loro attività d’impresa. Il PD vuole migliorare il “forfettone” per le piccolissime imprese e stabilire la non retroattività degli studi di settore. Si propone inoltre di favorire la capitalizzazione delle imprese con sconti d’imposta.
ALIQUOTE IRPEF: Il PD propone una riduzione delle aliquote di un punto all’anno per i prossimi 3 anni. Il PDL non parla di aliquote ma riconduce il problema al rapporto fra pressione fiscale e PIL, che attualmente è stato conteggiato al 43,3%.
PRESSIONE FISCALE: Il PDL propone la graduale e progressiva diminuzione della pressione fiscale sotto il 40% del PIL. Quindi a conti fatti un calo un po’ superiore rispetto a quanto promette il PD. Ma siamo sempre lì.
DETRAZIONI FISCALI: Il PD propone una detrazione IRPEF più alta per il lavoro dipendente. Inoltre punta a tassare di meno la quota di salario derivante dalla contrattazione di secondo livello, il cosiddetto “salario di produttività”. Si prevede poi di rendere automatico il meccanismo della restituzione del cosiddetto “fiscal drag” volto a compensare l’erosione dei salari reali per effetto dell’inflazione.
Il PDL punta invece a introdurre gradualmente e progressivamente il “quoziente familiare” cioè un meccanismo mutato dalla fiscalità d’oltralpe, che consente di ridurre le imposte a carico delle famiglie. In pratica, il numero di componenti della famiglia permette di calcolare un coefficiente che verrà poi applicato al reddito complessivo, che verrà tassato in misura inferiore, quanto più il coefficiente è alto. L’altra novità consiste nella detassazione delle tredicesime che sarà tanto maggiore, quanto più è alto il reddito del dipendente. Viene proposta anche la detassazione di straordinari e la quota di produttività legata alla contrattazione decentrata.
Molto positiva l’idea di ridurre le imposte, in particolare su 13° e straordinari, in quanto ciò consente anche di premiare la produttività, che nel nostro paese è purtroppo bassa.
REDDITI DA LOCAZIONE IMMOBILI: Il PDL vuole portare la tassazione dei redditi da locazione verso la progressiva tassazione separata con aliquota fissa, che potrebbe essere pari al 20%. Idem per il PD. In questo caso le cose si mettono bene, perché la tassazione fissa e separata dei redditi da locazione permetterà di far emergere buona parte degli affitti “in nero”, rendendo meno conveniente evadere, e garantendo un prelievo di maggiore equità fiscale.
RISPARMIO ENERGETICO: Il PD vuole rendere permanente l’agevolazione del 55% già esistente, per l’istallazione di pannelli solari, mentre il PDL promette una graduale e progressiva detassazione degli investimenti in riscaldamento e difesa termica delle abitazioni.
CINQUE PER MILLE: Il PDL vuole stabilizzare il 5 per mille ed applicarlo a favore del volontariato, non-profit, terzo settore e ricerca.
ICI: Il PDL vuole abolirla relativamente alla prima casa di abitazione, senza oneri per i comuni.
IMPOSTA DI SUCCESSIONE E DONAZIONE: Il PDL promette l’abolizione totale di quelle tasse reintrodotte da Prodi, dopo la loro eliminazione attuata dal governo Berlusconi.
BONUS FIGLI: Il PDL prevede di reintrodurre il “Bonus bebè” che in passato era di 1000 €. Promette inoltre di ridurre l’IVA sul latte e gli alimenti e prodotti per l’infanzia. Il PD vuole introdurre una “dote fiscale” di 2500 € per i figli, variabili in proporzione al reddito.
AFFITTI PRIMA CASA: Il PD propone di consentire all’inquilino di detrarre dai redditi una quota dell’affitto pagato. Il PDL punta ad un “bonus locazioni” che consenta di aiutare le giovani coppie e i meno abbienti a sostenere l’onere degli affitti.
NUOVE IMPRESE: Il PDL propone una sorta di “no-tax” sperimentale per le nuove iniziative imprenditoriali e professionali dei giovani. Favorirà poi la prestazione di garanzie pubbliche per i “prestiti d’onore” e per il finanziamento d’avvio a favore dei giovani che iniziano la loro attività d’impresa. Il PD vuole migliorare il “forfettone” per le piccolissime imprese e stabilire la non retroattività degli studi di settore. Si propone inoltre di favorire la capitalizzazione delle imprese con sconti d’imposta.
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mercoledì 5 marzo 2008
Nuove iniziative produttive contro regime dei minimi. Quale ti conviene adottare?
Quando un contribuente inizia una nuova attività si pone l’interrogativo se gli convenga optare per il regime delle nuove iniziative produttive oppure accettare il regime dei minimi che è quello “naturale” per i piccoli contribuenti. L’opzione riguarda ovviamente solo i primi tre anni in quanto allo scadere di tale periodo non si è più considerati nuova iniziativa produttiva.
CONTABILITA’. I vantaggi conseguibili utilizzando uno dei due regimi semplificati, rispetto al regime ordinario, consistono nel sostanziale esonero dalla redazione delle scritture contabili. E’ sufficiente numerare e conservare le fatture emesse e ricevute. Salvo comunque effettuare un minimo di annotazioni al fine di monitorare l’ammontare del fatturato e di estrapolare i dati necessari per la dichiarazione dei redditi.
STUDI DI SETTORE. Il regime dei minimi comporta poi l’esclusione dagli studi di settore per sempre e non limitatamente al primo esercizio, come avviene per le nuove iniziative produttive.
IMPOSTE. L’aliquota dell’imposta sostitutiva è più favorevole per le NIP (nuove iniziative produttive) che è pari al 10% rispetto al regime dei minimi (20%). Occorre però considerare che i contribuenti NIP non possono usufruire delle deduzioni e detrazioni d’imposta che invece spettano ai minimi. Nel caso in cui si abbiano familiari o figli a carico o importi notevoli di spese sanitarie o polizze vita o contributi previdenziali elevati, il regime delle NIP non conviene, a meno che non si abbiano altri redditi, che consentano di usufruire delle detrazioni e deduzioni.
Sia il regime dei minimi, sia il NIP, sono più convenienti, in presenza di altri redditi elevati, rispetto al regime ordinario, in quanto consentono di pagare solo l’imposta sostitutiva del 10 o del 20%, senza fare aumentare gli scaglioni IRPEF.
L’IRAP, pari al 3,9% (dal 2008), è dovuta dalle imprese NIP ma non ne sono soggetti i contribuenti minimi. In questo caso bisogna considerare che l’IRAP effettivamente dovuta non è pari al 3,9% (dal 2008) del reddito, a parte la differente deducibilità di alcuni costi ai fini delle imposte, ma entra in gioco la deduzione forfetaria pari a 8.000 euro, che consente di pagare l’imposta solo altre tale soglia.
IVA. Le nuove iniziative produttive operano in regime IVA e cioè emettono fatture soggette all’imposta sul valore aggiunto e detraggono quella relativa agli acquisti. I contribuenti minimi non sono soggetti IVA, pertanto non detraggono l’imposta assolta sugli acquisti. Questo particolare è ovviamente irrilevante nel caso di soggetti che svolgono attività esenti da IVA, come i medici.
Come già detto in un post precedente, chi è in regime dei minimi e opera con soggetti privati, potrebbe fare un vero affare nel caso in cui riuscisse a lasciare invariato il prezzo finale praticato.
Es. acquisto di un bene a 50 € più IVA 20% pari a 10 €.
Rivendita del bene a 120€ (in precedenza calcolato come 100 € + IVA 20€=120€)
Il contribuente minimo potrà “intascare” 20€ di IVA che non dovrà mai versare.
Il suo guadagno sarà pari a 120-60=60. Quindi pagherà le imposte su 60. uindi paqCiò in quanto l’IVA
divenuta indetraibile sull’acquisto del bene va sommata al costo di acquisto. In regime normale il
guadagno da sottoporre a tassazione è pari invece a 100-50=50€. Ma è pur vero che la differenza di
10 gode di una tassazione molto inferiore per i contribuenti minimi.
RETTIFICA DELLA DETRAZIONE IVA. L’altro aspetto che bisogna considerare riguarda la rettifica della detrazione che diventa obbligatoria per coloro che “passano” dal regime normale a quello dei minimi. Chi inizia l’attività come “minimo” non è interessato a tale rettifica, che consiste nella restituzione al fisco dell’IVA detratta con l’acquisto di beni strumentali acquistati nei 5 anni precedenti quello di adozione del nuovo regime. In unica soluzione oppure a rate.
Oltre all’IVA sui beni strumentali va versata pure quella sui beni in giacenza al 31.12 dell’anno precedente, detratta al momento del loro acquisto. È chiaro che in presenza di attività con beni strumentali acquistati di recente e un magazzino notevole, occorre valutare attentamente i benefici ottenibili dal nuovo regime, e la tassa d’ingresso che si dovrà pagare, che potrebbero anche vanificare i benefici ottenibili.
CONTABILITA’. I vantaggi conseguibili utilizzando uno dei due regimi semplificati, rispetto al regime ordinario, consistono nel sostanziale esonero dalla redazione delle scritture contabili. E’ sufficiente numerare e conservare le fatture emesse e ricevute. Salvo comunque effettuare un minimo di annotazioni al fine di monitorare l’ammontare del fatturato e di estrapolare i dati necessari per la dichiarazione dei redditi.
STUDI DI SETTORE. Il regime dei minimi comporta poi l’esclusione dagli studi di settore per sempre e non limitatamente al primo esercizio, come avviene per le nuove iniziative produttive.
IMPOSTE. L’aliquota dell’imposta sostitutiva è più favorevole per le NIP (nuove iniziative produttive) che è pari al 10% rispetto al regime dei minimi (20%). Occorre però considerare che i contribuenti NIP non possono usufruire delle deduzioni e detrazioni d’imposta che invece spettano ai minimi. Nel caso in cui si abbiano familiari o figli a carico o importi notevoli di spese sanitarie o polizze vita o contributi previdenziali elevati, il regime delle NIP non conviene, a meno che non si abbiano altri redditi, che consentano di usufruire delle detrazioni e deduzioni.
Sia il regime dei minimi, sia il NIP, sono più convenienti, in presenza di altri redditi elevati, rispetto al regime ordinario, in quanto consentono di pagare solo l’imposta sostitutiva del 10 o del 20%, senza fare aumentare gli scaglioni IRPEF.
L’IRAP, pari al 3,9% (dal 2008), è dovuta dalle imprese NIP ma non ne sono soggetti i contribuenti minimi. In questo caso bisogna considerare che l’IRAP effettivamente dovuta non è pari al 3,9% (dal 2008) del reddito, a parte la differente deducibilità di alcuni costi ai fini delle imposte, ma entra in gioco la deduzione forfetaria pari a 8.000 euro, che consente di pagare l’imposta solo altre tale soglia.
IVA. Le nuove iniziative produttive operano in regime IVA e cioè emettono fatture soggette all’imposta sul valore aggiunto e detraggono quella relativa agli acquisti. I contribuenti minimi non sono soggetti IVA, pertanto non detraggono l’imposta assolta sugli acquisti. Questo particolare è ovviamente irrilevante nel caso di soggetti che svolgono attività esenti da IVA, come i medici.
Come già detto in un post precedente, chi è in regime dei minimi e opera con soggetti privati, potrebbe fare un vero affare nel caso in cui riuscisse a lasciare invariato il prezzo finale praticato.
Es. acquisto di un bene a 50 € più IVA 20% pari a 10 €.
Rivendita del bene a 120€ (in precedenza calcolato come 100 € + IVA 20€=120€)
Il contribuente minimo potrà “intascare” 20€ di IVA che non dovrà mai versare.
Il suo guadagno sarà pari a 120-60=60. Quindi pagherà le imposte su 60. uindi paqCiò in quanto l’IVA
divenuta indetraibile sull’acquisto del bene va sommata al costo di acquisto. In regime normale il
guadagno da sottoporre a tassazione è pari invece a 100-50=50€. Ma è pur vero che la differenza di
10 gode di una tassazione molto inferiore per i contribuenti minimi.
RETTIFICA DELLA DETRAZIONE IVA. L’altro aspetto che bisogna considerare riguarda la rettifica della detrazione che diventa obbligatoria per coloro che “passano” dal regime normale a quello dei minimi. Chi inizia l’attività come “minimo” non è interessato a tale rettifica, che consiste nella restituzione al fisco dell’IVA detratta con l’acquisto di beni strumentali acquistati nei 5 anni precedenti quello di adozione del nuovo regime. In unica soluzione oppure a rate.
Oltre all’IVA sui beni strumentali va versata pure quella sui beni in giacenza al 31.12 dell’anno precedente, detratta al momento del loro acquisto. È chiaro che in presenza di attività con beni strumentali acquistati di recente e un magazzino notevole, occorre valutare attentamente i benefici ottenibili dal nuovo regime, e la tassa d’ingresso che si dovrà pagare, che potrebbero anche vanificare i benefici ottenibili.
giovedì 28 febbraio 2008
Il regime delle nuove iniziative produttive. Conviene ancora?
A fianco del regime dei minimi di cui si è già parlato nei post precedenti, sopravvive ancora quello delle nuove iniziative produttive (NIP) disciplinato dall’art. 13 della Legge n. 388/2000. Conviene pertanto “rispolverare” un po’ le sue caratteristiche per valutare la sua convenienza rispetto al nuovo regime dei minimi.
1) E’ applicabile agli imprenditori individuali (ed imprese familiari) ed ai professionisti operanti in forma individuale.
2) E’ dedicato alle nuove attività produttive, pertanto è escluso per chi ha già la partita IVA (o che l’ha avuta negli ultimi tre anni) ed anche per chi intende “continuare” una precedente attività esercitata come socio o associato di altri soggetti.
3) Il suo utilizzo è limitato ai primi tre anni di attività.
4) Il limite dimensionale è stabilito in base al fatturato annuo pari a € 30.987,41 per le attività di prestazione di servizi e € 61.974,83 per le altre attività.
Per coloro che rientrano nei seguenti limiti sono previsti dei notevoli vantaggi:
1) Esonero dalla tenuta di registri contabili. Occorre solo emettere le fatture per le prestazioni o le cessioni effettuate e l’eventuale certificazione dei corrispettivi, per i commercianti al minuto. E’ necessario solo numerare e conservare le fatture sia emesse, sia ricevute.
2) Non è necessario effettuare trimestralmente la liquidazione ed il versamento dell’IVA dovuta all’Erario. Essa viene conteggiata e pagata (senza maggiorazioni) solo a fine anno in occasione della compilazione della dichiarazione IVA annuale.
3) E’ dovuta un’imposta sostitutiva dell’IRPEF pari al 10% del reddito calcolato in base alla differenza fra i ricavi conseguiti ed i costi sostenuti, con le limitazioni alla deducibilità previste rispettivamente per gli imprenditori e per i professionisti.
4) Sono dovute le altre imposte quali IRAP e le addizionali regionali e comunali.
A fronte di questi vantaggi è prevista una limitazione che esclude la possibilità di fruire della deduzione e detrazioni per oneri quali spese mediche, contributi previdenziali, polizze vita ecc.. e di quelle previste per carichi di famiglia. Quindi in presenza di soli redditi derivanti da nuove iniziative produttive, nonostante il pagamento di un’IRPEF pari appena al 10%, non è detto che il regime convenga, in quanto preclude notevoli benefici fiscali dovuti alle detrazioni e deduzioni. Ciò vale anche nel caso di redditi molto bassi, che normalmente non pagano l’IRPEF, in quanto compresi nella No-tax area. Diversamente nel regime delle NIP l’imposta sostitutiva si paga comunque.
Nel caso in cui, invece, siano presenti altri redditi, da lavoro dipendente, da fabbricati o altro, anche di importo molto elevato, tale regime diventa ancora più conveniente in quanto consente di cristallizzare l’aliquota IRPEF sui redditi in regime NIP. Anche in presenza di un’aliquota marginale IRPEF molto più elevata dovuta sugli altri redditi.
Quanto al confronto con il regime dei minimi, di grande attualità in questo periodo, rimando ad un post successivo, che mi consentirà di fare anche qualche esempio.
1) E’ applicabile agli imprenditori individuali (ed imprese familiari) ed ai professionisti operanti in forma individuale.
2) E’ dedicato alle nuove attività produttive, pertanto è escluso per chi ha già la partita IVA (o che l’ha avuta negli ultimi tre anni) ed anche per chi intende “continuare” una precedente attività esercitata come socio o associato di altri soggetti.
3) Il suo utilizzo è limitato ai primi tre anni di attività.
4) Il limite dimensionale è stabilito in base al fatturato annuo pari a € 30.987,41 per le attività di prestazione di servizi e € 61.974,83 per le altre attività.
Per coloro che rientrano nei seguenti limiti sono previsti dei notevoli vantaggi:
1) Esonero dalla tenuta di registri contabili. Occorre solo emettere le fatture per le prestazioni o le cessioni effettuate e l’eventuale certificazione dei corrispettivi, per i commercianti al minuto. E’ necessario solo numerare e conservare le fatture sia emesse, sia ricevute.
2) Non è necessario effettuare trimestralmente la liquidazione ed il versamento dell’IVA dovuta all’Erario. Essa viene conteggiata e pagata (senza maggiorazioni) solo a fine anno in occasione della compilazione della dichiarazione IVA annuale.
3) E’ dovuta un’imposta sostitutiva dell’IRPEF pari al 10% del reddito calcolato in base alla differenza fra i ricavi conseguiti ed i costi sostenuti, con le limitazioni alla deducibilità previste rispettivamente per gli imprenditori e per i professionisti.
4) Sono dovute le altre imposte quali IRAP e le addizionali regionali e comunali.
A fronte di questi vantaggi è prevista una limitazione che esclude la possibilità di fruire della deduzione e detrazioni per oneri quali spese mediche, contributi previdenziali, polizze vita ecc.. e di quelle previste per carichi di famiglia. Quindi in presenza di soli redditi derivanti da nuove iniziative produttive, nonostante il pagamento di un’IRPEF pari appena al 10%, non è detto che il regime convenga, in quanto preclude notevoli benefici fiscali dovuti alle detrazioni e deduzioni. Ciò vale anche nel caso di redditi molto bassi, che normalmente non pagano l’IRPEF, in quanto compresi nella No-tax area. Diversamente nel regime delle NIP l’imposta sostitutiva si paga comunque.
Nel caso in cui, invece, siano presenti altri redditi, da lavoro dipendente, da fabbricati o altro, anche di importo molto elevato, tale regime diventa ancora più conveniente in quanto consente di cristallizzare l’aliquota IRPEF sui redditi in regime NIP. Anche in presenza di un’aliquota marginale IRPEF molto più elevata dovuta sugli altri redditi.
Quanto al confronto con il regime dei minimi, di grande attualità in questo periodo, rimando ad un post successivo, che mi consentirà di fare anche qualche esempio.
venerdì 22 febbraio 2008
Il ROL. Ecco come lo Stato punisce le imprese per le sue stesse colpe!
Al di là della complessità nell’applicazione della norma che non è sempre agevole come nella teoria, sorge l’interrogativo sulla vera essenza della legge.
L’effetto è sicuramente chiaro: fare pagare più imposte alle società di capitali. Forse per controbilanciare il calo dell’aliquota IRES dal 33 al 27,5%. Oppure per far credere che l’aliquota è il 27,5%, mentre la percentuale di imposte che si pagano è pari al doppio.
Facciamo un esempio sul 2008.
Utile civilistico ante imposte della società: 30.000 €
ROL: 90.000€ (ho ipotizzato ammortamenti per 20.000€)
Interessi passivi: 40.000€
Interessi deducibili: 30% di (90.000€+ 10.000€)= 30.000€
Interessi indeducibili: 40.000-30.000=10.000€
Altri costi indeducibili: 20.000€
Totale riprese fiscali: 30.000€
Reddito imponibile: 30.000+30.000€= 60.000€
IRES: 60.000*27,5%= 16.500€
Percentuale imposta effettiva sull’utile civilistico: 16.500/30.000= 55%
Casi come questo si presentano quotidianamente e non sono isolati.
Quindi si capisce come l’aliquota nominale d’imposta è solo pura teoria, ma è lontano anni luce dalla realtà.
Ma torniamo al ROL. Il fine a cui dovrebbe tendere la legge è quello di disincentivare la sottocapitalizzazione delle imprese. Un fine apprezzabile. Ma è giusto penalizzare così tanto le imprese per raggiungere questo fine?
E ancora. E’ meglio avere un’impresa indebitata o un’impresa fallita?
E poi basta guardare da che pulpito viene la predica… Lo Stato Italiano ha un debito stratosferico, ma si interessa dell’indebitamento delle imprese. Vediamola così: Lo Stato punisce le imprese che si indebitano troppo, tassandole proprio per questo. Con le entrate fiscali paga una parte degli interessi sul debito pubblico che aumenta a piacimento. Ergo: le imprese troppo indebitate (ma anche quelle con un debito nella norma, ma superiore al 30% del ROL) pagano gli interessi sul debito dello Stato troppo indebitato. Mi sembra una follia, ma purtroppo è realtà!
Questo è solo un esempio di come lo Stato per far cassa, utilizza tutti gli espedienti possibili per camuffare la realtà e dare giustificazioni concettualmente corrette ma errate nella sostanza.
Siamo alle solite…..
L’effetto è sicuramente chiaro: fare pagare più imposte alle società di capitali. Forse per controbilanciare il calo dell’aliquota IRES dal 33 al 27,5%. Oppure per far credere che l’aliquota è il 27,5%, mentre la percentuale di imposte che si pagano è pari al doppio.
Facciamo un esempio sul 2008.
Utile civilistico ante imposte della società: 30.000 €
ROL: 90.000€ (ho ipotizzato ammortamenti per 20.000€)
Interessi passivi: 40.000€
Interessi deducibili: 30% di (90.000€+ 10.000€)= 30.000€
Interessi indeducibili: 40.000-30.000=10.000€
Altri costi indeducibili: 20.000€
Totale riprese fiscali: 30.000€
Reddito imponibile: 30.000+30.000€= 60.000€
IRES: 60.000*27,5%= 16.500€
Percentuale imposta effettiva sull’utile civilistico: 16.500/30.000= 55%
Casi come questo si presentano quotidianamente e non sono isolati.
Quindi si capisce come l’aliquota nominale d’imposta è solo pura teoria, ma è lontano anni luce dalla realtà.
Ma torniamo al ROL. Il fine a cui dovrebbe tendere la legge è quello di disincentivare la sottocapitalizzazione delle imprese. Un fine apprezzabile. Ma è giusto penalizzare così tanto le imprese per raggiungere questo fine?
E ancora. E’ meglio avere un’impresa indebitata o un’impresa fallita?
E poi basta guardare da che pulpito viene la predica… Lo Stato Italiano ha un debito stratosferico, ma si interessa dell’indebitamento delle imprese. Vediamola così: Lo Stato punisce le imprese che si indebitano troppo, tassandole proprio per questo. Con le entrate fiscali paga una parte degli interessi sul debito pubblico che aumenta a piacimento. Ergo: le imprese troppo indebitate (ma anche quelle con un debito nella norma, ma superiore al 30% del ROL) pagano gli interessi sul debito dello Stato troppo indebitato. Mi sembra una follia, ma purtroppo è realtà!
Questo è solo un esempio di come lo Stato per far cassa, utilizza tutti gli espedienti possibili per camuffare la realtà e dare giustificazioni concettualmente corrette ma errate nella sostanza.
Siamo alle solite…..
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martedì 19 febbraio 2008
Il ROL. Cos’è e a che cosa serve.
ROL è l’acronimo di reddito operativo lordo, vale a dire il risultato della gestione aziendale al lordo delle imposte di competenza. Più nello specifico il ROL viene calcolato nel seguente modo, avuto riguardo al bilancio d’esercizio in formato UE e alle codifiche riportate all’art. 2425 del Codice Civile:
A)Valore della produzione
meno
B) Costi della produzione
Più
B) 10 lettera a) ammortamento delle immobilizzazioni immateriali
B) 10 lettera b) ammortamento delle immobilizzazioni materiali
Più
B) 8 lettera b) relativamente ai canoni di locazione finanziaria (leasing) di beni strumentali
Il ROL è semplicemente un parametro che misura la produttività e le performaces della gestione caratteristica.
Nell’ambito fiscale il ROL ha assunto una notevole importanza con la Finanziaria 2008 che ha riformulato l’art. 96 del TUIR e abrogato il 97 e il 98.
Quello che è successo dal 1° gennaio di quest’anno è una piccola rivoluzione nel campo della deducibilità degli interessi passivi per le società di capitali. In precedenza vigevano altri meccanismi volti a penalizzare le imprese sottocapitalizzate, cioè che facevano troppo ricorso all’indebitamento e quindi ai capitali di terzi.
Ora il nuovo art. 96 pone una nuova regola per le imprese soggette all’IRES. Gli interessi passivi sono deducibili solo nel limite del 30% del ROL. La quota di interessi indeducibili potrà però essere riportata agli esercizi successivi senza limiti di tempo, per mitigare gli effetti di un esercizio particolarmente oneroso sul piano della remunerazione del debito. Se, in sostanza l’indebitamento si ridurrà, e gli interessi degli esercizi successivi saranno inferiori al 30% del ROL, si potranno recuperare via via le quote non dedotte in precedenza.
Due emendamenti alla Finanziaria hanno un po’ alleggerito la situazione.
1) Per il 2008 e il 2009 al 30% del ROL si aggiungerà rispettivamente la somma di € 10.000 e 5.000. Fino a tali importi gli interessi passivi saranno comunque deducibili, anche se il 30% del Rol sarà pari a zero.
2) Dal 2010, se non tutto il 30% del Rol servirà per coprire gli interessi passivi dell’anno, la differenza fra i due valori sarà riportabile agli anni successivi.
Sfuggono dal conteggio, per espressa previsione della norma, gli interessi passivi che rientrano nel costo del bene strumentale acquistato, materiale o immateriale, così come indicato nell’art.110 comma 1, lett. b) del TUIR. Per sottrarre tali interessi passivi dal conto economico bisogna però fare attenzione alle norme relative alla capitalizzazione dei costi con l’imputazione al valore del cespite, contenute nel Principio contabile n. 12 e nel Documento Oic n. 16.
In sostanza gli interessi passivi sui capitali presi a prestito per la realizzazione di immobilizzazioni, sono capitalizzabili solo se relativi al periodo della costruzione del bene strumentale, fino al momento in cui lo stesso è pronto per l’uso.
Quanto illustrato comporterà sicuramente maggiori imposte per le società di capitali e penalizzerà maggiormente le imprese in difficoltà.
A)Valore della produzione
meno
B) Costi della produzione
Più
B) 10 lettera a) ammortamento delle immobilizzazioni immateriali
B) 10 lettera b) ammortamento delle immobilizzazioni materiali
Più
B) 8 lettera b) relativamente ai canoni di locazione finanziaria (leasing) di beni strumentali
Il ROL è semplicemente un parametro che misura la produttività e le performaces della gestione caratteristica.
Nell’ambito fiscale il ROL ha assunto una notevole importanza con la Finanziaria 2008 che ha riformulato l’art. 96 del TUIR e abrogato il 97 e il 98.
Quello che è successo dal 1° gennaio di quest’anno è una piccola rivoluzione nel campo della deducibilità degli interessi passivi per le società di capitali. In precedenza vigevano altri meccanismi volti a penalizzare le imprese sottocapitalizzate, cioè che facevano troppo ricorso all’indebitamento e quindi ai capitali di terzi.
Ora il nuovo art. 96 pone una nuova regola per le imprese soggette all’IRES. Gli interessi passivi sono deducibili solo nel limite del 30% del ROL. La quota di interessi indeducibili potrà però essere riportata agli esercizi successivi senza limiti di tempo, per mitigare gli effetti di un esercizio particolarmente oneroso sul piano della remunerazione del debito. Se, in sostanza l’indebitamento si ridurrà, e gli interessi degli esercizi successivi saranno inferiori al 30% del ROL, si potranno recuperare via via le quote non dedotte in precedenza.
Due emendamenti alla Finanziaria hanno un po’ alleggerito la situazione.
1) Per il 2008 e il 2009 al 30% del ROL si aggiungerà rispettivamente la somma di € 10.000 e 5.000. Fino a tali importi gli interessi passivi saranno comunque deducibili, anche se il 30% del Rol sarà pari a zero.
2) Dal 2010, se non tutto il 30% del Rol servirà per coprire gli interessi passivi dell’anno, la differenza fra i due valori sarà riportabile agli anni successivi.
Sfuggono dal conteggio, per espressa previsione della norma, gli interessi passivi che rientrano nel costo del bene strumentale acquistato, materiale o immateriale, così come indicato nell’art.110 comma 1, lett. b) del TUIR. Per sottrarre tali interessi passivi dal conto economico bisogna però fare attenzione alle norme relative alla capitalizzazione dei costi con l’imputazione al valore del cespite, contenute nel Principio contabile n. 12 e nel Documento Oic n. 16.
In sostanza gli interessi passivi sui capitali presi a prestito per la realizzazione di immobilizzazioni, sono capitalizzabili solo se relativi al periodo della costruzione del bene strumentale, fino al momento in cui lo stesso è pronto per l’uso.
Quanto illustrato comporterà sicuramente maggiori imposte per le società di capitali e penalizzerà maggiormente le imprese in difficoltà.
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lunedì 11 febbraio 2008
Valentino Rossi paga le tasse e si redime. E tu?
Questo potrebbe essere il nuovo spot a favore .... delle tasse! Per convincere i contribuenti a pagare il dovuto senza cercare scappatoie.
Perchè forse questa volta ci siamo. Pare che domani 12 febbraio sia il giorno della verità, in cui verrà siglata la pax fiscale fra il pluricampione di motociclismo Valentino Rossi e il fisco italiano. O meglio, per dirla in termini tecnici, verrà perfezionato il concordato fiscale fra l’Agenzia delle Entrate ed il famoso contribuente.
Dell’argomento ci siamo già occupati sia a caldo, nell’estate dello scorso anno, nell’articolo Il dottore e le tasse, sia in seguito con le indicazioni più tecniche di E ancora questa storia delle tasse, necessarie per capire qualcosa di questo tema fiscale così di attualità.
Come già ampiamente previsto e annunciato, la guerra fra Valentino e il rapace fisco italiano, è destinata a concludersi con un accordo. Abbiamo già spiegato che quella sul concordato fiscale non è una “legge ad personam” applicabile solo ai personaggi famosi, al fine (assurdo) di agevolarli, ma un istituto a cui possono accedere tutti coloro che si trovano in determinate situazioni di controversia con il fisco. E che non è vero che L’Agenzia delle Entrate ci rimetta con questi accordi, anzi, è proprio il contrario. In sintesi, tutto ciò che sta’ per essere siglato è perfettamente alla luce del sole, è legale, ed è pure conveniente per lo Stato, cioè per noi tutti.
Purtroppo questa cosa non va giù a molti, come si può scoprire navigando sulla rete, ove gli sfoghi egli insulti contro Vale sono numerosi. Forse se la gente si informasse meglio non si inc…. tanto.
E allora, come mai Valentino, se ha ragione (e non ha evaso), paga lo stesso?
Come sempre la verità sta’ nel mezzo. Da una parte c’è Valentino Rossi che si gioca sia un danno irreparabile alla sua immagine, che utilizzata nella pubblicità vale milioni, sia la perdita di tranquillità come sportivo, che deve iniziare a breve un nuovo campionato lungo e difficile, per affrontare il quale deve mettercela tutta. Dall’altra parte c’è l’Agenzia delle Entrate che non è poi così sicura di vincere il contenzioso, in quanto la questione giuridico-fiscale non è così pacifica, e, inoltre non può permettersi di perdere oltre ai soldi, anche la faccia, visto che la grande sfida mediatica non perdona chi esce sconfitto. Per cui l’accordo giova a tutti….
Compreso nel prezzo del concordato ci sarà uno spot di Vale a favore della fedeltà fiscale. Speriamo che non ci dica che le tasse sono belle...
Dell’argomento ci siamo già occupati sia a caldo, nell’estate dello scorso anno, nell’articolo Il dottore e le tasse, sia in seguito con le indicazioni più tecniche di E ancora questa storia delle tasse, necessarie per capire qualcosa di questo tema fiscale così di attualità.
Come già ampiamente previsto e annunciato, la guerra fra Valentino e il rapace fisco italiano, è destinata a concludersi con un accordo. Abbiamo già spiegato che quella sul concordato fiscale non è una “legge ad personam” applicabile solo ai personaggi famosi, al fine (assurdo) di agevolarli, ma un istituto a cui possono accedere tutti coloro che si trovano in determinate situazioni di controversia con il fisco. E che non è vero che L’Agenzia delle Entrate ci rimetta con questi accordi, anzi, è proprio il contrario. In sintesi, tutto ciò che sta’ per essere siglato è perfettamente alla luce del sole, è legale, ed è pure conveniente per lo Stato, cioè per noi tutti.
Purtroppo questa cosa non va giù a molti, come si può scoprire navigando sulla rete, ove gli sfoghi egli insulti contro Vale sono numerosi. Forse se la gente si informasse meglio non si inc…. tanto.
E allora, come mai Valentino, se ha ragione (e non ha evaso), paga lo stesso?
Come sempre la verità sta’ nel mezzo. Da una parte c’è Valentino Rossi che si gioca sia un danno irreparabile alla sua immagine, che utilizzata nella pubblicità vale milioni, sia la perdita di tranquillità come sportivo, che deve iniziare a breve un nuovo campionato lungo e difficile, per affrontare il quale deve mettercela tutta. Dall’altra parte c’è l’Agenzia delle Entrate che non è poi così sicura di vincere il contenzioso, in quanto la questione giuridico-fiscale non è così pacifica, e, inoltre non può permettersi di perdere oltre ai soldi, anche la faccia, visto che la grande sfida mediatica non perdona chi esce sconfitto. Per cui l’accordo giova a tutti….
Compreso nel prezzo del concordato ci sarà uno spot di Vale a favore della fedeltà fiscale. Speriamo che non ci dica che le tasse sono belle...
E in ogni caso, 20 milioni non sono pochi! Anche per Valentino…
E’ interessante notare come la gente a questo aspetto non pensi molto, “tanto per lui non sono niente!...”. Ma non sappiamo se, trovandosi nella stessa situazione, sarebbero così generosi e pronti a versare tali importi al fisco. Eh si, le tasse degli altri non sono mai troppo alte!
E’ interessante notare come la gente a questo aspetto non pensi molto, “tanto per lui non sono niente!...”. Ma non sappiamo se, trovandosi nella stessa situazione, sarebbero così generosi e pronti a versare tali importi al fisco. Eh si, le tasse degli altri non sono mai troppo alte!
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